Calcolo a stampo 3,7 cm

Buonasera,
il 24 settembre sono stata sottoposta ad un intervento di nefrolitotrissia percutanea per un calcolo a stampo di 3,7 cm localizzato nel bacino renale dx.
Purtroppo non è andato a buon fine, poichè i dottori mi hanno riferito che poco dopo l'inizio dell'intervento ho iniziato a perdere tanto sangue e per evitare il rischio di setticemia non sono potuti andare avanti.
Sono stata dimessa in data 30/09 e nel referto viene riportato "ematoma perirenale".
Secondo i medici il mio rene dx era troppo compromesso e questo ha causato la forte emorragia. Nei mesi precedenti avevo infatti avuto episodi ripetuti di febbre fino a 42 ed ematuria con presenza di coaguli nelle urine.
Al momento ho uno stent doppio J e per ripetere un nuovo intervento dovrò attendere che l'ematoma si riassorba (mi hanno detto un mese o forse due).
Visto che la percutanea ha avuto queste complicazioni potrebbe prospettarsi l'ipotesi di un intervento a cielo aperto?
Per quanto tempo potrei tenere lo stent senza avere problemi?
Già nel 2013 avevo subito un intervento di litotrissia endoscopica per un calcolo di 1,8 cm e dopo 20 giorni lo stent si era quasi calcificato.
Bevo 3 lt di acqua al giorno come mi è stato consigliato ma cio' nonostante le mie urine sono sempre torbide mentre le prime urine del mattino hanno sempre presenza di sangue.
Ringrazio chiunque voglia porre attenzione alla mia situazione
Cordiali saluti
[#1]
Dr. Paolo Piana Urologo 38.3k 1.7k 17
Le indicazioni alla litotrissia percutanea (PCNL) per un calcolo di 37 mm sono certamente corrette, almeno in prima battuta. Purtroppo la complicanza emorragica è una delle più comuni ed imprevedibili, anche se tutto sommato piuttosto rara, in questo tipo di interventi. Comunque hanno fatto molto bene i nostri Colleghi a sospendere, evitando possibili ancor più gravi complicanze. Qualsiasi stent moderno può essere mantentuto teoricamente in sede almeno qualche mese, certo è che se vi sono stati precedenti di incrostazione precoce, ne si deve tenere conto. La situazione merita quindi una soluzione sollecita, diremmo che 4-6 settimane possono essere considerate un tempo accettabile. Visti i precedenti, riteniamo che la maggioranza dei nostri Colleghi penserebbe prudentemente ad una soluzione alternativa alla percutanea. Può fare eccezione qualche Collega che della percutanea abbia davvero un'esperienza vastissima e, ci creda, non ve ne sono molti. La chirurgia a cielo aperto resta quindi sempre una possibilità, d'altronde ancor oggi anche nei centri di riferimento più quotati, ogni annno almeno alcuni casi su mille necessitano di questa soluzione. L'alternativa che si sta sviluppando è la laparoscopia, convenzionale o robotizzata. Con questa tecnica è possibile ottenere il risultato dell'intervento a cielo aperto (calcolo estratto intero, non necessità di frammentare, assenza di residui) ma con una invasività nettamente inferiore e tempi di degenza di molto abbreviati. Anche qui comunqui molto conta la competenza specifica dell'operatore su tecniche molto particolari e tuttora non uniformemente diffuse.
Per il resto, con lo stent in sede, l'aspetto delle urine può essere assolutamente variabile, ma questo non ha alcuna reale importanza e non deve preoccupare.

Paolo Piana
Medico Chirurgo - Specialista in Urologia
Trattamento integrato della Calcolosi Urinaria
www.paolopianaurologo.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buonasera Dottor Piana, La ringrazio molto per la sua risposta che mi aveva molto rassicurato. Le riscrivo nuovamente per aggiornarla sulla mia situazione e per chiederle di nuovo un parere. Premetto che sono abbastanza disperata.
Ad oggi, dopo quasi due mesi dal tentativo di intervento, mi ritrovo punto e a capo.
Le spiego meglio. Sono tornata in ospedale per dei controlli ecografici per verificare se l'emorragia si era riassorbita. L'ultimo controllo lo avevo fatto il 22 ottobre (quindi circa un mese dopo) e mi hanno detto che l'emorragia si era riassorbita all'80%.
Mi hanno detto che sarei stata chiamata a fine novembre per sostituzione dello stent e TAC. Io avevo pensato che se fosse stato tutto nella norma avrebbero potuto sottopormi ad un nuovo intervento per liberarmi finalmente del mio sgradito ospite. Ma così non sembra.
Torno in ospedale qualche giorno fa per due motivi:
1) la mia ginecologa facendomi un'ecografia aveva riscontrato materiale amorfo in vescica di circa 3 cm e, non essendo esperta in materia, mi aveva consigliato di parlarne con l'urologo
2) ho ormai da diverse settimane dei dolori insopportabili specialmente quando urino. E' come se non riuscissi mai a svuotare completamente la vescica, come se puntualmente avessi un reflusso, tanto che, da seduta, non riesco ad urinare completamente e sono costretta a mettermi in piedi. Essendo una donna può immaginare che non sia un'impresa facile. Mi sveglio spesso la notte per il dolore e a volte riesco a stento a camminare.
In ospedale mi hanno detto che non avevo nulla in vescica, solo un'infiammazione. Mi hanno fatto un controllo ecografico dal quale si è appurato che l'emorragia si è completamente riassorbita.
Nonostante ciò mi hanno detto che per l'intervento se ne parla a gennaio e che posso tirare avanti altri due mesi con lo stent.
Io temo sia quello a causarmi dolori e infiammazione e inoltre sono preoccupata per una possibile calcificazione.
Io purtroppo non riesco a capire... e più faccio domande più non ricevo risposte.
Hanno detto che ancora non sanno come intervenire, se con percutanea o per via endoscopica. Ho chiesto se potevano darmi una terapia antidolorifica e mi hanno detto di continuare a prendere il Toradol.
Se non fossero in grado di risolvere il mio problema non me lo dovrebbero dire e magari indirizzarmi presso un'altra struttura?
Nel frattempo ho prenotato una visita in un'altra clinica dove fanno interventi in laparoscopia.
Non voglio mettere in dubbio la professionalità di nessuno, ma vorrei solo che qualcuno mi desse delle risposte.
La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità.
[#3]
Dr. Paolo Piana Urologo 38.3k 1.7k 17
I suoi disturbi sono certamente legati allo stent, sono motlo comuni - dieremmo quasi costanti - in tutte le persone che sono costrette a portarli. Per questo motivo, tranne casi particolari, si cerca sempre di utilizzarli per il tempo minimo indispensabile. Questo si scontra però con le disponibilità e le liste d'attesa delle struttire di urologia, assediate costantemente da pazienti con problemi purtroppo anche più gravi dei calcoli ... Ovviamente è suo diritto cercare delle soluzioni alternative. Per il resto, non avendo a disposizione la documentazione completa, è impossibile per noi giudicare con precisione, ma pur trattandosi dell'approccio per noi più comune, trattare per via esclusivamente endoscopica attraverso le vie urinarie naturali un calcolo di 37 mm è in linea di massima difficilmente proponibile. Così ci siamo già espressi nella nostra precedente risposta. Abbiamo in effetti trattato in questo modo nel tempo anche calcoli di tali dimensioni, ma si trattava di casi molto particolari e comunque sono stati sempre necessari 2-3 tempi di intervento successivi.
[#4]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio molto Dott. Piana.
Nel frattempo ho eseguito una nuova ecografia che ha mostrato che il mio calcolo sta aumentando. Me ne hanno riscontrati 7 al rene dx, di cui 2 attigui al calcolo di 37 mm che stanno formando un "blocco" di 47,5 mm a ridosso della pelvi renale.
Il nuovo specialista da cui sono andata propende (previa visione di una UROTAC che eseguirò a breve) per un intervento in laparoscopia da effettuare questa volta presso una struttura ospedaliera specializzata in questo tipo di interventi.
Mi hanno prescritto un farmaco per alleviare il dolore e delle analisi delle urine per verificare la presenza o meno di infezioni che richiedano un trattamento antibiotico.
Quindi anche se ci saranno tempi di attesa mi sento più fiduciosa.
Grazie ancora e buon lavoro