Le ossessioni mi privano del piacere

Gentili dottori,

Vi scrivo per ricevere risposta ad alcuni miei quesiti. Sono in cura presso uno psichiatra per un disturbo dell'umore e in comorbilità soffro di un disturbo ossessivo compulsivo. Le mie ossessioni riguardano più temi e mi sembra che in quest'ultimo periodo vadano intensificandosi. Sono spaventato dall'idea di dover sostenere un esame di stato tra più di un anno, dal fatto che la ragazza con cui sto potrebbe uscire incinta pur prendendo tutte le precauzioni ed altre ossessioni che non mi lasciano vivere comunque tranquillo. Nello specifico ho notato che non appena inizio a fare un'attività sportiva di mio gradimento inizio ad ossessionarmi sulle modalità con cui questa andrebbe fatta, i modi migliori per migliorare la performance..insomma le ossessioni arrivano al punto tale da farmi abbandonare l'attività, per poi riprenderla quando le ossessioni stesse sembrano essersi quietate. Noto che se evito di andare a fare sport le mie ossessioni diminuiscono e quanto meno mentalmente sono più tranquillo. Di fatto però questo evitamento della situazione mi porta un notevole dispiacere perchè mi fa rendere conto di come non riesca ad affrontare un'attività che in linea di massima, comincio perchè mi piace: le ossessioni mi privano del piacere di praticarla. Sto iniziando a mettere in dubbio tutto a questo punto e sono arrivato al chiedermi: ma mi piacciono realmente le cose che faccio dato che le abbandono dopo un pò o sono queste maledette ossessioni che mi stanno portando ad odiare quasi tutto. Nello stesso discorso rientra anche la ragazza. E' mai possibile che mi debba assillare anche per una cosa piacevole come stare con una ragazza?? Forse non mi piace la ragazza stessa? Me ne piacerebbe un'altra?! Insomma, non sto capendo più nulla. Sono seguito anche da un terapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale, il quale mi ha detto basta domande e basta rimuginii, ma non riesco a tenere a freno l'impeto di tutte le ossessioni assieme, ormai coinvolgono i più svariati ambiti! Inoltre ho notato una cosa strana, non riesco a fare più di una cosa al giorno, mi spiego. Se so di dover andare a prepararmi per l'esame di stato non riesco a tollerare l'ansia di dover andare dopo aver studiato a fare sport: sono due ansie che si sommano! E' una cosa a tratti devastante..Non so più come fare, il terapeuta dice che si sta lavorando bene ma insomma, a me sembra di essere al punto di partenza. Le domande che vi pongo sono: è possibile come ho ipotizzato che faccio tante cose che, alla resa dei conti, non mi appagano e per questo le abbandono? Oppure il loro abbandono è dovuto al mio assetto ossessivo?? Inoltre è possibile che abbia difficoltà a fare più cose al giorno, dal momento che ognuna di queste mi crea ansia? Insomma vorrei capire se sto sbagliando in ogni scelta che faccio..dalla ragazza..allo sport...allo studio..ecc...o se effettivamente sono proprio queste ossessioni che mi stanno rovinando la vita. In attesa di leggervi, cordialmente.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
il Suo terapeuta ha ragione a imporLe di non farsi sempre domande.. e rimuginare.
Dovrebbe provarci almeno... per quanto le venga spontaneo farle.
Provi , sulla base dei dati che ha, a prendere una posizione e mantenerla.
Anche se possono sorgere dei dubbi.. segua la sua decisione.
Se vuole puo' porsi un tempo: un anno, 6 mesi. Solo trascorso tale tempo potra' rivedere quella posizione.
Che ne pensa? Puo' farlo?

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Esposito,

SI certo, posso farlo. Ma non so in atto, che posizione assumere, rispetto ai miei impegni. Non so a questo punto se è infatti giusto continuare a perseguire la strada che mi ha portato ad intraprenderli, peggio ancora pensare che tale indecisione è ormai deragliata anche nel campo delle attività piacevoli oltre che degli impegni. E' semplicemente questo che vorrei capire, se si parla della mia incapacità di portare a termine un qualcosa per la durata, appunto di sei mesi, un anno..ecc..o se si parla della mia testardaggine ad intraprendere attività che poi so che non porterò a termine, nonostante memore delle esperienze passate..A Lei dal mio primo racconto cosa sembra? Traspare l'immagine di un ragazzo "ossessionato" o forse testardo? Aggiungo che però, se ammettessimo quest'ultima come vera dovrei ridurre a veramente una o due cose le attività principali della mia quotidianità e peraltro sarebbero quelle che in un certo qual modo sono comunque "obbligato" a portar avanti..ad es.gli studi.Resto in attesa di un Suo gentile riscontro, cordialmente.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, mi sembra di trovare nelle sue parole e nei suoi interrogativi un itinerario interessante che può portarla a trovare la sua strada.

Per rispondere alla prima domanda, se abbandona cose che non l'appagano, penso che sia importante capire se le cose che fa, le ha scelte e ne è interessato. Se non è appagato da un'attività svolta ad esempio durante il tempo libero mi sembra giusto poterla interrompere.

Quando si chiede se invece abbandona l'attività perché è sotto pressione a causa della necessità di migliorare la performance, ad esempio, introduce un elemento importante e distintivo rispetto al piacere di fare un'attività.

In quest'ultimo caso il punto potrebbe essere un suo perfezionismo e la necessità di avere conferme di essere all'altezza di svolgere adeguatamente l'attività scelta ad esempio. Come se interiormente vivesse un senso di incertezza in se stesso?
Questa attività, che sta svolgendo, non è più godibile così, non è più un piacere. Diventa un compito che può generare fatica e ansia, come mi sembra lei stesso suggerire. Va da sé che lei si tranquillizzi interrompendola.

In un consulto precedente, mi corregga se sbaglio, ha parlato di "doverizzazioni", un termine che a me veicola il peso dell'azione del dovere contro il piacere e la possibilità di esserci. Una doverizzazione a cui, potrei dire, si è automaticamente sottomessi, finché non si rompe questa dimensione.

In sintesi la distinzione, che mi sembra emergere dalle sue parole, potrebbe essere: le cose che faccio mi interessano? Oppure sono così attento alla performance che non riesco a godermi le cose che mi interessano?

Intuire in che situazione si trova può portarla a modificare la sua vita nel modo soggettivamente corretto per lei. In un caso dovrà capire come mai svolge attività che non le interessano, in un altro caso dovrà capire il senso del suo perfezionismo e, nel tempo, modificarlo per essere più libero e potere esprimere se stesso.

Infine, quando si chiede se fare più cose aumenta l'ansia, è possibile. Sia se non la interessano sia se la sollecitano particolarmente a livello prestazionale.

Prima di salutarla, ci terrei a fare altre due riflessioni.
La prima è che credo comprensibile quando dice: "Non riesco a tenere a freno l'impeto di tutte le ossessioni". È "naturale" che le accada, cambiare è un processo ambizioso e impegnativo, ma senz'altro possibile. È necessario però tempo, un confronto riflessivo, un'apertura rispetto alla propria storia, e la possibilità di cambiare le emozioni a livello profondo. Questo è il mio pensiero che è legato al mio orientamento psicoanalitico.

La seconda e ultima riflessione riguarda una mia personale sensazione leggendo le sue parole e i suoi precedenti consulti. Potrebbe essere solo un mio vissuto, e la invito a essere liberamente critico in proposito, cioè mi sono chiesto se senta un senso di solitudine, come se stesse girando a vuoto senza poter afferrare ciò di cui ha bisogno. Non so se mi sbaglio, ma questo aprirebbe dentro di me alcune domande sui suoi vissuti personali, sulla sua storia e sulle sue relazioni più profonde.

Un saluto,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Caro ragazzo,
Riguardo la domanda che mi pone devo dirLe che i sintomi di una ossessione sono proprio costituiti dal tentare continuamente nuove cose e cercare risposte al tentativo. In modo instancabile. E questo perche' ad animare l'azione non e' il costrutto ma l'ossessione.
Indubbiamente la Sua sensazione in questo caso sara' sgradevole.
Si sentira' preda di una esigenza di "fare" senza tregua.
Ecco perche' Le consigliamo di "governare" i suoi agiti e scegliere un paio di cose da portare avanti, escludendo le alte che possano venire in mente successivamente.

La testardaggine e l'ossessione possono essere simili. Quando la testardaggine non trova argini nella realta' puo' trasformarsi in ossessione.

I migliori saluti.
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dopo
Utente
Utente
Gentili dottori,

Innanzitutto, grazie per le risposte. Sono state ottimo spunto di riflessione. In effetti mi trovo bloccato in una situazione, in cui, per l'ennesima volta, non capisco se faccio cose che non m'interessano o se pur'interessandomi riesco puntualmente a farmele disgustare..D'altronde ho cercato di riflettere su quest'aspetto e devo dire che probabilmente come accennato dalla dott.ssa Esposito, la testardaggine abbia un ruolo centrale, mi spiego. L'attività sportiva intrapresa ogni volta è sempre quella, lo sport che ha caratterizzato tutta la mia adolescenza e a cui ogni volta cerco di ritornare ma con i medesimi risultati: dopo due settimane..massimo un mese abbandono. L'ansia cresce sempre di più fino a compromettere anche altre aree, rendendomi la vita a quel punto impossibile, tento stratagemmi di tutti i tipi per resistere, per invogliarmi, ma il risultato ogni volta è inevitabilmente lo stesso. Sto quindi iniziando seriamente a pensare di essere vittima di una coazione a ripetere che mi porta sempre là e di fatto a non farmi esplorare le altre possibili opportunità. Anche la ragazza che ho ri-cominciato a frequentare potrebbe rientrare perfettamente in questa descrizione: sto con una ragazza che sostanzialmente non mi piace, anche perchè non si spiegherebbe in alternativa il fatto che non ci sia rimasto più a lungo in passato, nel caso in cui mi fosse garbata. Anche in questo caso, un eterno ritorno dell'uguale.. La questione però adesso è questa. Posto che ritorno per una questione di testardaggine e probabilmente altri fattori, sempre allo stesso punto, come si spiegano quelle innumerevoli persone che riescono ad intraprendere con ragazze che gli piacciono relazioni più o meno "soft"..senza impegno? Come fanno? Come si spiegano tutte quelle persone che fanno sport solo per salute e molto spesso con una minima quantità di piacere in quel che fanno? Tutti masochisti?! Questo è quello a cui non riesco ad arrivare..spero che possiate aiutarmi a fare luce su questo punto..Cordialmente.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Penso che se una persona piace davvero e ci sono sentimenti in gioco, la relazione difficilmente sarà soft. A meno che non ci siano altre implicazioni o problematiche per cui si resta a distanza.

Relativamente all'attività fisica, se si è purtroppo costretti per salute a svolgerla, si deve per necessità d'accordo. Ma se si può accompagnare alla necessità anche un aspetto di piacere, perché no?

Come lei dice, perché non "esplorare altre possibili opportunità"? So che non è sempre così scontato, "l'eterno ritorno all'uguale" che lei descrive in modo acuto, rendendo con chiarezza la sensazione del perpetuo ripetersi, è un meccanismo che va trasformato adeguatamente.

Inoltre, la provoco con simpatia, se gli altri sono "masochisti", vuole esserlo anche lei? O pensa che tutto sommato quello che gli altri fanno, al contrario di lei, sia sempre giusto?

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#7]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott. De Sanctis,

Mi scusi, ma leggo solo ora la sua risposta. Ho comunque riflettuto su quello che mi ha detto ed in effetti vorrei esplorare altre opportunità, ma sono memore delle esperienze passate ed ho molta paura nel ricominciare un'altra cosa daccapo e poi smetterla come sempre. Le volevo chiedere a questo proposito, potrebbe essere il mio disturbo dell'umore a crearmi questa volubilità? Nel senso che io ormai sono arrivato al punto in cui non so più cosa veramente mi piace, non posso più fidarmi di me stesso: nei periodi in cui sto bene mi piace un pò tutto, comincio a fare alcune di queste cose, inevitabilmente sopraggiunge il periodo down e comincio a vacillare fino ad odiare quello che faccio. Ha, in questo senso, il disturbo dell'umore una particolare incidenza? Oppure potrebbe essere che intraprendendo puntualmente attività che non m'interessano realmente, successivamente rinsavisco e le abbandono? Mi scusi per le domande intricate ma non so rendere meglio il concetto, si renda conto, come ho scritto sopra ormai quest'incapacità di discernere ciò che mi piace da ciò che non è un "disturbo" pervasivo, comprende ormai tutte le aree, perfino la scelta della ragazza "che mi piace". Mi rendo conto che perfino nello scegliere la ragazza non riesco a sintonizzarmi con ciò che mi piace e ciò che non, semplicemente una volta che mi sono accorto che non mi piace, a quel punto, devo fuggire e mi dico "che ho combinato?!". Adesso finchè queste decisioni nuocciono solo a me, nulla di grave, ma se cominciano a tirare in ballo persone e i loro sentimenti, io finirò per farmi il vuoto attorno. Attendo un suo gentile parere, cordialmente.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile ragazzo,
Tento anche io di formulare un'ipotesi su quanto Lei domandava: ( coloro che fanno sport solo per salute e con un minimo piacere sono tutti masochisti? )
Se le cose stessero come Lei le vede forse si', lo sarebbero.
Ma forse coloro che "fanno sport per la salute" trovano in questo obiettivo il loro "piacere".
Perseguire un obiettivo utile per se stessi e' di per se "ego-sintonico" . Secondo il modello psicodinamico a cui faccio riferimento le azioni possono essere "ego-sintoniche" cioe' essere in sintonia con il proprio Io, con gli obiettivi, la cura e l'amore per se' stessi, o al contrario "ego-distoniche" e cioe' essere in contrapposizione con i valori a cui si dovrebbe fare riferimento.
La invito a riflettere un attimo su questi due termini riferendosi a se' e alla cura che si riserva.
Poi se vuole possiamo riparlare.
I migliori saluti.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
È possibile che un senso di insicurezza non le consenta di dare valore a se stesso, alle sue idee e passioni.
Così può capitare che tenti delle strade con poca convinzione e non osi muoversi nel mondo facendo scelte autenticamente personali. Come se non sentisse la vita nelle sue mani e non fosse interessato a investire se stesso in un progetto ad esempio.
Alla fine è disorientato, non potendo "fidarsi di se stesso", come emblematicamente afferma.

I motivi per cui questo accade e perché si sviluppa in noi un senso di insicurezza, potremmo dire di sfiducia, devono essere adeguatamente approfonditi.

Venendo allo specifico della sua domanda, mi sembra di poterle dire che non è intricata. Se non ho capito male, sta dicendo: inizio un'attività che mi interessa ma a un certo punto la mollo oppure inizio un'attività che in realtà non mi interessa e fortunatamente la mollo?

In questo momento non so risponderle con precisione, ma forse sono vere entrambe le ipotesi. Possiamo chiederci perché molla nel primo caso e perché sceglie un'attività che non le interessa nel secondo. In entrambi i casi forse c'è una matrice comune che la fa agire così?

Nel mio lavoro non mi focalizzo sulla diagnosi, è necessario prendere in considerazione l'individuo nella sua interezza e complessità, e fare un profondo lavoro di trasformazione emotiva della sua persona.
Quando si pone la domanda sul disturbo, è importante che lei non pensi che sia un'entità estranea a sé, che possa essere curata dall'esterno, senza un suo intervento soggettivo. Si tratta piuttosto di considerare una situazione di sofferenza in cui si trova e di cui dovrà nel tempo prendersi cura personalmente. Così finalmente potrà essere se stesso e abitare il mondo da protagonista.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#10]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori,

Dopo aver continuato a peregrinare di farmaco in farmaco e di strategia in strategia, mi sono arreso. Sono giunto infatti alla conclusione che quello che faccio non mi piace sul serio. Questo ambito permea anche, come detto, le relazioni più intime. Altresì come già detto, non so più di chi fidarmi. Ogni mia preferenza comincia con un vero e proprio slancio importante anche fin troppo "convinto", ma mi rendo conto che questo può avere a che fare con il mio disturbo umorale. Come faccio a capire cos'altro mi piacerà? Chi devo stare a sentire, è logico, di me non mi posso fidare..Altra ipotesi a suffragare la suddetta tesi è che nonostante millemila avversità ho continuato 5 anni di studi laureandomi per due volte e cominciando un tirocinio in cui pur non trovandomi benissimo, continuo ad andare..alcune volte con più brio altre di meno..ma credo che questo rientri nella normalità. Vorrei arricchire la mia vita di altro, ho empre paura però che al primo pensiero piacevole..inevitabilmente ne seguiranno altri negativi e che faranno si che come al solito, abbandoni..Forse dicevo nei post precedenti che è veramente sconfortante pensare di arrivare ai 30 anni senza riuscire a fare 5 flessioni sulle braccia e continuando ad essere un fumatore incallito..Il dottor De Sanctis parlava prima di apertura a nuove opportunità, ma non so proprio da dove cominciare! Mi sono reso conto che chiedo medicine in continuazione al curante per "forzarmi mentalmente" ad andare a fare allenamento, ne prendo io di mia spontanea volontà e faccio pastrocchi di ogni genere, adesso per fortuna non più.. Mi sto lentamente rassegnando a tirare via lo sport dalla mia vita. Probabilmente cercherò un lavoro part-time (...a riuscire a trovarlo..)oppure farò altro. So che la richiesta potrebbe sembrare sballata, ma ci provo lo stesso: sono laureato magistrale in psicologia clinica all'università LaSapienza se dovesse esserci una qualsiasi possibilità mi scrivereste un messaggio in privato? Cordiali saluti e grazie sempre per l'attenzione!
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Sono interessanti le sue parole, perché contengono indicazioni utili, che forse non si riconosce e non riesce a cogliere?

Quando dice che non sa da dove cominciare e si chiede come fa "a capire cos'altro mi piacerà", deve partire da se stesso. Non potrà farlo se non si fida di sé. E non potranno essere gli altri a farlo al posto suo, direi anche per fortuna. La vita è sua e le direzioni da prendere, nei limiti della realtà, può sceglierle. Quanto è drammatico quando non siamo liberi? S'immagini quanto sarebbe terribile se non ci facessimo un'idea personale del mondo e non agissimo secondo la nostra testa, ma fossimo dipendenti da quella degli altri. E poi perché fidarsi degli altri sì e di lei no? Gli altri sono più capaci di lei? Io non penso.

Io capisco quello che lei vuole dire, non riesce a scegliere. Può essere confuso, e non si muove secondo un proprio sentire o piacere, in base alle sue idee, magari facendo un progetto. Però questo non è impossibile, anche se ora a lei sembra così. Può ricostruire se stesso e quella fiducia di cui stiamo parlando. Il modo adatto per farlo è un processo che avviene tramite la psicoterapia. In proposito diceva di non essere convinto del lavoro terapeutico che sta facendo. Posso chiederle da quanto tempo lo sta svolgendo e se confida al suo terapeuta i suoi dubbi?

Il mio augurio è che presto riesca a trovare la strada giusta per lei. Fa bene a chiedere informazioni circa il lavoro. Io purtroppo non riesco ad aiutarla, ma continuando a chiedere nel modo corretto e senza scoraggiarsi, non è detto che qualche porta non possa aprirsi.

Per chiarezza, noi non abbiamo un suo recapito privato. Come gli altri utenti iscritti, è protetto dall'anonimato.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#12]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott de Sanctis e dott. Esposito,

Vedendo il titolo, solo adesso mi rendo conto come in effetti il consulto abbia toccato numerosi temi. Non stento a dire che probabilmente è stata una delle più illuminanti mai tenute su questo sito. E' proprio questo, quello che è successo, il darmi spunti di riflessione che, senza esagerare, stanno contribuendo a cambiare la mia vita..dopo anni di blocchi mentali. Domani avrò il primo colloquio di selezione per un lavoro, niente di che..giusto per tenersi impegnati. Ho applicato il principio del dott. De Sanctis: esplorare altri orizzonti, focalizzandosi sulle proprie capacità, abilità, sintonizzandosi con se stessi insomma. Mi sono reso conto che quello di continuare a intestardirmi con l'attività sportiva era nient'altro che un tentatvo abbastanza discutibile, di tornare agli splendori adolescenziali: adesso mi ritrovo a dover elaborare un lutto. Ma tutto ciò è necessario per andare avanti, per aprirsi nuove strade. Con la speranza che anche questo lavoro non sia un fuoco di paglia, vi saluto, prima però vorrei chiedervi una cosa: utilizzo di mia iniziativa, sbagliando lo so, una terapia ansiolitica. Domani mi tornerebbe veramente utile, essendo il primo colloquio..nell'ottica in cui mi devo fidare di me stesso..vado senza benzodiazepina oppure,una tantum, un'occasione coe questa potrei usare le gocce? Grazie ancora, in attesa di risposta, cordialmente.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
In fondo nel sostenere un colloquio di lavoro un po' di tensione è comprensibile e umana, potremmo dire anche utile per certi versi, tutti ce l'avrebbero e non per questo bisogna necessariamente assumere farmaci. Se li assume non può sapere come gestirebbe la possibile ansia, ci pensano i farmaci. Magari non sarebbe neppure così rilevante, ma con l'assunzione del farmaco non può sapere neanche questo.

Personalmente preferisco comunque lasciare a lei questa decisione, "nell'ottica in cui" può cominciare "a fidarsi di se stesso" e quindi scegliere cosa sente più giusto per sè.

Grazie per le sue parole, gli spunti di riflessione nascono attraverso la sua narrazione e grazie al nostro scambio reciproco.

In bocca al lupo per il colloquio,
Enrico de Sanctis