Binge watching.

Il binge watching: le abbuffate da serie TV

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Alcuni nuovi termini, di solito inglesi, nascono per indicare nuovi fenomeni di costume. Altri sembrano semplicemente il risultato della voglia di affibbiare ad ogni fenomeno, per quanto conosciuto, un nome nuovo: è forse il caso del binge watching.

In particolare, si utilizza il termine psichiatrico binge, che indica l'abbuffata alimentare (binge eating), allargato poi ad ogni altro comportamento di consumo ripetuto e insistito in un periodo di tempo ristretto, proprio come se l'inizio del consumo ti tirasse poi dietro un'escalation e quindi un'intossicazione probabile.

Cosa si intende per binge watching?

In questo caso si fa riferimento al consumare “dosi” di spettacolo visivo, che ovviamente devono corrispondere a unità consumabili separatamente, con inizio e fine, come i biscotti di una scatola.

Ora, la caratteristica di questo comportamento è la stessa di altri comportamenti considerati piacevoli e desiderabili:

  • l'aspettativa positiva,
  • l'effetto gratificante a posteriori,
  • la voglia di continuare con una successiva “dose”.

Così parlando, stiamo parlando di fisiologia del desiderio, fino a prova contraria.

La differenza fenomenologica del binge watching è, se mai, il fatto che la persona può vedersi consecutivamente i capitoli di una serie, magari nel corso della stessa nottata.

Quando nasce il binge watching?

Un tempo la diversità stava nel fatto che le puntate delle serie non erano trasmesse in sequenza, ma proposte una per una, con repliche in fasce orarie meno frequentate. In altre parole, anziché avere un pacco di biscotti uguali, è come averne uno di biscotti “assortiti”. C'erano contenitori di cartoni animati (Bim Bum Bam uno dei più celebri) così come altri di telenovelas (Pomeriggio con Sentimento ad esempio). C'erano poi anche fasce orarie occupate da telefilm o cartoni animati alternati o “a grappolo”.

Stare ore alla tv non è fenomeno nuovo, ma risale al periodo di esplosione della tv commerciale, quando cominciarono ad essere organizzati “contenitori” per accompagnare spettatori attraverso la visione di diverse puntate di telefilm o telenovelas diverse.

Il meccanismo all'epoca era diverso: le puntate duravano poco e lo spezzettamento era legato alla possibilità di mettere la pubblicità durante il film senza avvisarti di quando sarebbe terminato.

La formula di oggi è diversa: hai il pacchetto già pronto e i pacchetti sono numerosissimi. Se hanno successo, proseguono con nuovi pacchetti (stagioni).

Il binge watching è una dipendenza?

Sul piano medico ci sono alcune cose importanti da precisare. In primis, il termine binge è stato usato ancor prima di sapere se quale fosse un limite rilevante sul piano medico. Alcuni partecipanti ai sondaggi sono stati indotti a considerare se la loro fosse una dipendenza senza che fosse definita oggettivamente tale categoria.

I risultati dei vari studi di definizione del fenomeno sono attesi. Una parte di chi abitualmente vede serie tv ne lamenta conseguenze negative in rapporto alla quantità e avidità della spinta a guardare. In questo caso si tratta di serie con prevalenza di azione.

I criteri utilizzati a volte peccano di ingenuità: autodefinire un limite o supporre che un comportamento sia fuori controllo solo in base ad un limite definito da chi non ama quel tipo di consumo. Guardare due episodi in fila è già rilevante? Farlo più di una volta la settimana è rilevante? E così via dicendo.

Chi guarda le serie tv?

Altro equivoco: c'è chi guarda serie perché le trova stimolanti e si appassiona e chi le guarda per colmare la noia e sentirsi in compagnia di qualcosa. Il movente “triste” non definisce di per sé una patologia, specie se poi il ruolo consolatorio o di compagnia è effettivamente svolto.

C'è chi guarda tv dalla mattina alla sera dopo aver deciso di chiudere con la propria vita sociale, al punto da rimenre letteralemtne rinchiuso nella propria stanza (hikikomori): ma in questo caso l'aspetto patologico che colpisce può mai essere il tempo speso a guardare la tv e non se mai l'auto-segregazione? In altre parole, uno chiuso in casa, se qualche motivo anche patologico lo spinge a questo, come dovrebbe però passare il tempo in questo suo esilio dalla vita sociale?

Trent'anni fa le generazioni adulte si stupivano che i ragazzi trascorressero tempo davanti alla prima tv commerciale e ridicole quantificazioni promosse in ambito scolastico fissavano sull'ora la durata massima di esposizione “sana” alla tv. Magari guardando documentari (non si riusciva a non piazzare lì questo buon consiglio...). Ovviamente quasi nessuno guardava un'ora di tv e la ragione tipica non era per documentarsi. Se qualcuno avesse detto di guardare tv perché era solo e si annoiava, sarebbe stato bersagliato per questo e non sul vero problema (solitudine e noia), ma sul modo in cui cercava di compensarla.

Un esempio collettivo di questo discorso sono i dati riguardanti la pandemia. Durante la pandemia, ci si poteva forse aspettare che calassero le ore di tv? E in particolare che calassero il numero di serie che si possono macinare.

Per approfondire:La generazione Z a rischio dipendenza

Cosa dicono gli studi?

Gli studi ad oggi non concludono che si possa “misurare” niente altro se non il tipo e l'entità di questa abitudine, ma senza poter distinguere forme “patologiche” che costituiscano un problema indipendente.

Paragonandolo ad altri comportamenti, come il consumo di pornografia, il bere, il mangiare cibo ipercalorico, la questione rimane che in primo luogo sono tutti comportamenti che possono accompagnare sia umori depressi che umore euforici e che, ovviamente, sono vissuti in maniera diversa a seconda dell'umore.

Visti dall'esterno e, soprattutto, da parte di chi non ha la stessa abitudine, certi comportamenti possono sembrare devianti in quanto diversi per generazione, cultura o orientamento morale. Ciò però niente ha a che vedere con l'idea che il binge watching sia una forma di dipendenza che si sviluppa guardando le serie.

In teoria, è poco probabile che si dipenda da qualcosa di narrativo. Troppo lento. Certo, serie composte da episodi in cui accadono sempre cose eclatanti o graficamente shockanti possono creare un certo legame, esattamente come il cibo spazzatura, ma consumare un cioccolatino è comportamento molto più immediato che non guardare un episodio di almeno 25-30 minuti.

E la dipendenza richiede, oltre che ripetizione, rapidità nel rapporto con lo stimolo.

Data pubblicazione: 04 luglio 2023

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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