La rimuginazione ossessiva. Come risolverla?

a.devincentiis
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

Provate a risolvere un’espressione algebrica scorretta!

In un post precedente abbiamo evidenziato come un’ossessione possa nascere dal nulla effettuando semplicemente una ipotesi mentale: La trappola delle ossessioni.

Ma una volta che l’ipotesi si impianta come un tarlo nella nostra mente cosa facciamo per rimuoverla? Quanti hanno tentato di eliminare questo tarlo attraverso un percorso “logico” di ragionamento mentale? E quanti sono rimasti vittime di questo ragionamento verso il quale non sono stati più in grado di uscirne? In questa occasione sta succedendo solo una cosa, si sta RIMUGINANDO!

L’ossessivo che si cimenta nella sua rimuginazione può essere paragonato ad uno studente di matematica impegnato a risolvere una espressione algebrica. In partenza sarà convinto che il procedimento che sta utilizzando lo porterà ad ottenere un risultato, ossia la soluzione della sua espressione. Al termine dell’espressione può accorgersi che il risultato ottenuto non è quello che si aspetta o che vorrebbe ottenere, quindi si sentirà costretto a ripercorrere la procedura utilizzata e, il più delle volte, la medesima procedura, nella convinzione di essersi perso qualche passaggio o di aver saltato qualche numero.

Ripercorso il tutto, alla fine, osserva che non ottiene ancora alcun risultato o che questo continua ad essere diverso da ciò che si aspettava. Ancora una volta torna a percorrere il procedimento iniziale, ma ancora non ottiene nulla. Ecco che la convinzione di un risultato che è lì che aspetta solo di essere trovato fa si che il nostro studente torni a ribattere ancora, ancora e ancora la stessa strada già utilizzata. Ecco che la trappola cerca soluzione impossibile è scattata. “Ci sarà una soluzione” afferma lo studente, “e io la troverò” imprigionandosi da solo in questa ricerca senza uscita.

Ad un certo punto qualcuno gli fa notare che il problema non sta nella soluzione ma nel percorso procedurale utilizzato; si perché gli si fa notare che la traccia di quella espressione era scorretta e non c’era alcuna soluzione che potesse essere ricavata. In un primo momento lo studente appare scettico, non vuole mettere in discussione tutto il lavoro e l’energia spesa, ma quando si accorge che rinunciare al tentativo di soluzione gli porta un sollievo non indifferente ne appare soddisfatto. “Se non c’è soluzione INUTILE battere strade che non mi porteranno a nulla”!

L’ossessivo si pone nella stessa condizione di questo studente che cerca di risolvere una espressone che non può essere risolta. Solo che l’espressione del nostro rimuginatore è rappresentata da un dubbio che riguarda l’amore, l’affetto verso un famigliare, il suo orientamento sessuale, un’azione commessa qualche tempo prima, una parola detta o ricevuta, un desiderio perverso verso qualcuno e così via. Il rimuginatore cerca, in una di queste occasioni, una conclusione in grado di risolvergli mentalmente la questione a caccia di un certo benessere, una soluzione del tipo “ah ecco non posso essere gey- ma certo che amo il mio ragazzo- ah si in questo modo non sono certo un pedofilo- ovvio che quell’azione non mi procurerà conseguenze…..” ecc.

Ma, dal momento in cui l’espressione mentale non è in grado di portarlo là dove vorrebbe, poiché ad ogni conclusione altri dubbi emergono, torna a ripercorrere quelle manovre mentali senza interruzione nella convinzione illusoria di ottenere l’illuminazione che lo rassicurerà in via definitiva. Il disco si ripete all’infinito con un dispendio di tempo ed energia, oltre ad un disagio non indifferente.

In queste occasioni un terapeuta può avere lo stesso effetto benefico del tizio che ha fatto notare al nostro studente che l’espressione non poteva avere soluzione. La rimuginazione potrà essere interrotta solo se ci si rende conto che il lavoro mentale che si sta effettuando non porta da nessuna parte, se non alla ripetizione infinita dell’espressione. Il benessere non sarà ottenuto, quindi, dalla soluzione impossibile, ma dalla scelta di non cercarla!

Eventuali Interpretazioni profonde di dinamiche inconsce di chi è ansioso a caccia di soluzioni, o la ricerca nel passato di qualche evento che possa aver scaturito questa rimuginazione rappresentano solo numeri aggiunti alla nostra espressione che rischiano di renderla ancora più complicata e di trasformare la procedura mentale in un territorio ancora più tortuoso.

Il rimuginatore è un ricercatore senza speranza che troverà l’illuminazione solo se smetterà la sua ricerca mentale!

Per approfondire:I pensieri ossessivi possono diventare reali?

Data pubblicazione: 24 agosto 2013

199 commenti

#1
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

"Eventuali Interpretazioni profonde di dinamiche inconsce di chi è ansioso a caccia di soluzioni, o la ricerca nel passato di qualche evento che possa aver scaturito questa rimuginazione rappresentano solo numeri aggiunti alla nostra espressione che rischiano di renderla ancora più complicata e di trasformare la procedura mentale in un territorio ancora più tortuoso"

Articolo interessante, ma quella espressa è solo una visione in linea con un particolare orientamento teorico.
Nella pratica le psicoterapie psicodinamiche non solo non portano a complicare la situazione, ma si occupano dei disturbi d'ansia risolvendo ciò che li provoca (e non semplicemente aiutando a "gestire" il sintomo), essendo efficaci quanto se non magari anche di più (a lungo termine) rispetto ad approcci orientati solo al sintomo.
Ignorare la cause di un sintomo può portare a successive ricadute, mentre accertarle significa lavorare per disinnescarle.

#2
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(..)Articolo interessante, ma quella espressa è solo una visione in linea con un particolare orientamento teorico.(..)

assolutamente no! E' in linea con le evidenze cliniche riportate da molti autori.
le interpretazioni delle ossessioni sono assorbite nella rimuginazione incrementandone i sintomi.

si veda:
http://www.ibs.it/code/9788896818770/de-vincentiis-armando/lontano-dall-ansia.html

http://www.ibs.it/code/9788820485009/zzz99-bianciardi-m-telfener/ammalarsi-di-psicoterapia-il.html

#3
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

la distinzione tra approcci profondi e quelli orientati solo sul sintomo rappresenta un MITO difficile da abbattere dal momento in cui le terapie attive agiscono sulla dimensione cognitiva e percettiva che portano al sintomo.

#4
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Orientamenti diversi innazitutto sono il frutto della struttura di personalità del creatore della teoria e la scelta di un orientamento teorico rispetto ad un altro è il frutto della struttura di personalità dello psicologo.
E così come l'efficacia è relativa, dato che nessuna tecnica è magica ed è efficace di per sè, se non si crea l'alleanza terapeutica tra psicologo e cliente, cioè se le due strutture di personalità non trovano un terreno comune in cui interagire.

E poi, se tutti funzionassero allo stesso modo, non ci sarebbero differenze individuali. La formula magica per tutti esiste solo se dentro al tutti ci mettiamo essere appiattiti fatti con lo stampino che funzionano tutti allo stesso modo, senza differenze ed esigenze individuali. Insomma dei robottini da mandare a revisione.

#5
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Sottoscrivo in pieno quanto affermato dal Dr. Bellizzi. La miriade di orientamenti psicoterapici testimoniano la complessità del campo d'indagine rappresentato dalle irriducibili differenze individuali. Aveva ragione Eraclito. Non si possono trovare i confini dell'anima, tanto è profondo il suo logos.

#6
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

IN campo terapeutico, ossia nella cura della psicopatologia, oltre alla capacità del terapeuta e, sicuramente, alla necessaria alleanza terapeutica, le evidenze scientifiche di fondo sono altrettanto importanti.
(..)Orientamenti diversi innazitutto sono il frutto della struttura di personalità del creatore della teoria (..)

assolutamente d'accordo!
Freud ha imbastito un intero apparato teorico sulla sua nevrosi personale, si veda:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2311-quel-genio-di-sigmund-freud.html

Mentre Jung ha escogitato il concetto di inconscio collettivo per reagire al suo senso di solitudine. Si legga "discorso sulla metapsicologia" di Aldo Carotenuto.
Sono soprattutto le teorie di orientamento psicodinamico che scaturiscono dalle problematiche personali dei loro autori mentre quelle di stampo comportamentale hanno un origine sperimentale più scientifica a partire dagli esperimenti di Pavlov, Skinner e Watson e dalle osservazioni in campo psicofisiologico

#7
Utente 219XXX
Utente 219XXX

<<IN campo terapeutico, ossia nella cura della psicopatologia, oltre alla capacità del terapeuta e, sicuramente, alla necessaria alleanza terapeutica, le evidenze scientifiche di fondo sono altrettanto importanti.>>
La scienza esatta parte da delle ipotesi che devono essere confermate da degli esperimenti che devono dare gli stessi esiti in qualunque luogo, qualunque tempo e da chiunque questa sperimentazione venga effettuata. Mi sembra improprio parlare di evidenze scientifiche in psicoterapia. Forse sarebbe meglio parlare di scienze ermeneutiche quando ci riferiamo all'ambito psicoterapico.

#8
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...) Mi sembra improprio parlare di evidenze scientifiche in psicoterapia (....)

le riporto un articolo che potrà interessarla

Le scienze psicolgiche sono forti come le scienze fisiche!

in molte discussioni scientifiche tra gli amanti delle scienze forti (come la matematica) emerge spesso l'idea che la psicologica, in virtù del suo oggetto di studio, il comportamento umano, appartenga alle cosiddette scienze a statuto debole e, quindi, sotto un gradino più basso delle scienze fisiche e matematiche.

In un articolo pubblicato dalla rivista Skeptical Inquirer viene rammentato uno studio poco noto di Larry Hedgs ,statistico e studioso di metodologia scientifica dell'Università di Chicago, che si pose il problema della forza scientifica della psicologia.

Egli si pose come metodo di misura per la valutazione di una scienza la cosiddetta "cumulabilità empirica" ossia se una scienza ha davvero successo nel descrivere il mondo o alcuni dei suoi processi, i risultati empirici dovrebbero essere coerenti tra una pubblicazione e l'altra.

in pratica se la terra è davvero sferica e misura un certo diametro, nonostante i diversi metodi di misura utilizzati ,i risultati dovrebbero dare sempre lo stesso diametro.

Hedgs decise di confrontare questa cumulabilità empirica di una scienza considerata forte, la fisica e la psicologia, considerata debole. Egli setacciò i risultati della letteratura in fisica (in questo caso sulla fisica delle particelle) e quelli della letteratura in psicologia pubblicate in un certo numero di anni su una certa quantità di riviste specializzate (per la psicologica prese molti campi come lo studio delle differenze di genere, la valutazione scolastica, i programmi di prevenzione contro le discriminazioni raziali ecc) e confrontò i risultati .

le osservazioni furono sorprendenti, ossia la cumulabilità empirica degli studi in psicologia, in termini di coerenza e replicabilità, erano statisticamente sovrapponibili a quelli degli studi in fisica.

Hedges concluse che la convinzione che gli esperimenti di fisica producano risultati più coerenti delle scienze sociali non è confermata dai dati.

#9
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Io mi riferivo alla psicoterapia, non alla psicologia in generale. La misurazione dell'intelligenza o gli studi sulla memoria, ad es., hanno senza dubbio validità scientifica.
Sono d'accordo con Lei, è improprio classificare la psicologia come scienza "debole" rispetto alla fisica ed alla matematica.
Diversamente per la psicoterapia è una scienza ermeneutica, ma non perché sia debole o inferiore a qualsiasi altra scienza, bensì perché il suo oggetto di studio è irriducibile all'esattezza scientifica.
La psicoterapia rimane comunque uno strumento validissimo per la cura del disagio psichico.

#10
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

dipende a quale psicoterapia lei si riferisce, se parla di quelle di orientamento psicodinamico siamo d'accordo ma se facciamo riferimento a quelle di stampo comportamentale le cose cambiano dal momento in cui molte hanno un substrato sperimentale e, dal punto di vista empirico, possono vantare una certa riproducibilità

#11
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Torno a ripetere: il metodo scientifico prevede che una determinata pratica sia verificabile in tutti i casi presi in esame e sia riproducibile da chiunque, in qualunque luogo e in qualunque tempo, ottenendo gli stessi risultati. Può il comportamentismo applicato alla psicoterapia definirsi scienza ? Mi sembra proprio di no.

#12
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Gentile Utente 219318, in psicoterapia cognitivo-comportamentale utilizziamo infatti protocolli di trattamento la cui efficacia è stata sottoposta a verifiche sperimentali. Perchè? Perchè come notano diversi ricercatori (es. Morosini e Michielin, 2001) ci sono diversi motivi che possono fare dubitare dell'efficacia, in assenza di prove scientifiche di supporto, di una psicoterapia.
In particolare per quanto riguarda la remissione spontanea, il placebo, ecc... potrebbe portare a conclusioni errate sull'efficacia del proprio trattamento. Oltre all'esperienza clinica è quindi indispensabile il dato sperimentale. Anche l'intervento psicologico/terapico, come un farmaco, può avere effetto placebo.

http://www,APA.org/divisions/div12/journals.html

Cordiali saluti

#13
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Gentile utente il comportamentismo applicato alla psicoterapia può essere paragonato allo lo studio della fisiologia applicato alla medicina. Quindi può definirsi scienza a tutti gli effetti. NON ha senso definire scienza ermeneutica un modello psicoterapico di stampo comportamentale, mentre lo ha per quello psicodinamico.
Se poi a lei non piace la definizione è una sua esigenza personale!

#16
Utente 219XXX
Utente 219XXX

<<Se poi a lei non piace la definizione è una sua esigenza personale!>>

Ma non è questione di definizioni. Dai miei commenti si evincono semmai argomentazioni di sostanza.
Le psicoterapie si occupano di disagi che sono molto legati al tempo e al contesto culturale. Diversamente i risultati scientifici richiedono stabilità nel tempo e riproducibilità in diversi contesti.
Per quanto riguarda le psicoterapie cognitive dubito che ci possano essere riscontri oggettivi in senso scientifico in quanto il presupposto su cui si basano è debole. Secondo le psicoterapie cognitive la cura è legata alla risoluzione delle dissonanze cognitive che provocano un'alterazione del rapporto dell'individuo con l'ambiente in cui vive. Ma bisognerebbe stabilire quanto questa dissonanza cognitiva sia la risposta malata ad un ambiente sano o viceversa la risposta "sana" ad un ambiente malato a cui il cognitivismo cerca di far conformare il paziente.
Eviterei inoltre di paragonare la psicoterapia alla medicina utilizzando termini come placebo, farmaco o paragonandola alla fisiologia. In quest'ultima, come nella medicina, ci si basa su dati oggettivi legati all'organismo. Diversamente la psicopatologia è ben lungi dal trovare una correlazione tra disagio psichico e alterazioni cerebrali.
Per quanto si vuole standardizzare, fa bene il Dr. Bellizzi a richiamarci alle differenze individuali, altrimenti l'ermeneutica che buttiamo dalla porta, rientra dalla finestra.

#17
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Dimenticavo... cordiali saluti anche a Lei Dr.ssa Pileci :)

#18
Utente 303XXX
Utente 303XXX

per un paziente che sta per iniziare una psicoterapia quale sono io vedervi disquisire se non litigare sui vari orientamenti mette davvero la voglia di lasciar perdere...

#19
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Per un paziente che sta per iniziare una psicoterapia dovrebbe essere un onore e un privilegio sapere che ci sono studiosi che spendono la propria vita per acquisire conoscenze scientifiche e metterle a disposizione della comunità scientifica, per poter così offrire alle persone che, come Lei Utente 303552 stanno male, e hanno una psicopatologia diagnosticata.
Si figuri che ci sono anche medici che "litigano" per giungere alle cure dei tumori! Potrebbero farne a meno, per evitare di far passare la voglia ha chi sta male di curarsi, non crede?
In effetti, se ragioniamo come fa Lei, che senso ha studiare?
E che senso ha aggiornarsi in continuazione?
E di che cosa pensa si stia occupando la ricerca oggi?
E pensa forse che la ricaduta operativa di tali ricerche non sia magari sulla psicoterapia?
Oppure Lei preferirebbe rivolgersi ad uno psicoterapeuta con le conoscenze ferme ai tempi di nonno Freud? Si sentirebbe più rassicurato? ^_____^

#20
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

" per poter così offrire alle persone che, come Lei Utente 303552 stanno male, e hanno una psicopatologia diagnosticata."


per poter così offrire alle persone che stanno male....il miglior trattamento possibile!

#21
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Gentile Utente 219318,

Lei davvero pensa che non esista l'effetto placebo in una psicoterapia?
Certamente valutare l'efficacia di una psicoterapia è più complicato, ma Lei ha fonti scientifiche per affermare "Per quanto riguarda le psicoterapie cognitive dubito che ci possano essere riscontri oggettivi in senso scientifico in quanto il presupposto su cui si basano è debole. " oppure è una Sua personale opinione?

E anche queste affermazioni mi sembrano piuttosto azzardate, per non dire del tutto sbagliate: "Secondo le psicoterapie cognitive la cura è legata alla risoluzione delle dissonanze cognitive che provocano un'alterazione del rapporto dell'individuo con l'ambiente in cui vive. Ma bisognerebbe stabilire quanto questa dissonanza cognitiva sia la risposta malata ad un ambiente sano o viceversa la risposta "sana" ad un ambiente malato a cui il cognitivismo cerca di far conformare il paziente. "
Anche queste sono Sue personali opinioni o le ha lette da qualche parte?

#23
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Utente 219318 (..)Dai miei commenti si evincono semmai argomentazioni di sostanza. (..)
con tutto il rispetto si evince che non ha conoscenze nel campo della ricerca in psicoterapia, sulle differenze tra esse e, soprattutto, sui processi mentali che inducono a determinati sintomi

#24
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Mi porti Lei dei dati scientifici sulla psicoterapia che dimostrino che "una determinata pratica sia verificabile in tutti i casi presi in esame e sia riproducibile da chiunque, in qualunque luogo e in qualunque tempo, ottenendo gli stessi risultati."

#27
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Utente 219318
cominci a studiare le basi per intenderci meglio, altrimenti, senza sapere (forse) che la scienza non è solo quella di cui lei sta parlando, si rischia di darle informazioni all'infinito senza che nessuna possa soddisfare le sue richieste vista la ristrettezza del suo campo di conoscenze.
In ambito scientifico esistono diversi livelli di "restrizione" ossia il grado di conoscenza che un ricercatore ha sul suo oggetto di studio e tutte sono soggette e regole e metodi precisi di esecuzione. Per cui si va dal metodo osservativo a quello sperimentale di laboratorio. La ricerca in psicoterapia è soggetta agli stessi metodi di valutazione di altre tecniche mediche.
Studi randomizzati con gruppi di controllo e valutazione in cieco.
Esiste una vasta letteratura di studi controllati (con i loro risultati) e di studi che evidenziano gli effetti (riproducibili) sulla neurofisiologia e così via.
Se è a conoscenza di tutto questo, forse, potrebbe rielaborare le sue opinioni, altrimenti rischia di trasformarla in una battaglia ideologica sulla quale non siamo interessati.

#28
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

"per un paziente che sta per iniziare una psicoterapia quale sono io vedervi disquisire se non litigare sui vari orientamenti mette davvero la voglia di lasciar perdere..."

Caro/a Utente 303552,
non si preoccupi: molte ricerche evidenziano come ciò che rende efficace una psicoterapia sono fattori trasversali ai diversi orientamenti, come la cosiddetta "alleanza terapeutica" e quindi una serie di aspetti legati al rapporto con lo psicoterapeuta più che alla tecnica che utilizza.

Si senta quindi libero/a di scegliere l'orientamento che preferisce, a seconda di quello che è il livello di approfondimento che desidera raggiungere e il tipo di approccio che le sembra più consono alla sua sensibilità individuale.

Un caro saluto,
FM

#30
Utente 219XXX
Utente 219XXX

<<la scienza non è solo quella di cui lei sta parlando>>
La scienza di cui sto parlando si riferisce ai criteri della comunità scientifica. Criteri che permettono di dire se il risultato di una ricerca è scientifico o no.
In psicologia possono dirsi scientifiche le ricerche su intelligenza, memoria, ecc., ossia sugli apparati fondamentali della mente. Ma per quanto riguarda la psicoterapia ad oggi non ci sono riscontri oggettivi, nonostante quelli come Lei che si sforzano di appiattire la psicoterapia alla medicina. Peccato che i medici abbiano a che fare con malattie fondate su basi biologiche, mentre buona parte delle etichette diagnostiche della psicologia è convenzionale, aleatoria e soprattutto molto legata al proprio tempo.
Quella che Lei si sforza di contrabbandare come scienza è in realtà un tentativo velleitario di dare veste scientifica ad un campo che si riferisce a fenomeni non quantificabili.

#31
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Utente 219318 continua a dare dimostrazione della sua scarsa conoscenza dell'argomento, fossilizzandosi su concetti base senza il minimo criterio di distinzione tra i vari campi di applicazione di una scienza e le varie forme di indagine e/o analisi dei dati di questa!

E' sicuramente innamorato della sua teoria (ideologia) questo non le consentirà certamente di cambiare idea. Più che invitarla a leggere un libro di metodologia scientifica in psicologia e di aggiornarsi non possiamo fare, dal momento in cui i concetti che esprime evidenziano che non ha la minima idea degli studi in merito e dei trial clinici esistenti nel campo della psicoterapia.
una discussione seria merita degli interlocutori aggiornati non crede?

Ha espresso le sue idee sull'argomento, bene, ora la prego di non trasformarsi in troll!
Grazie

#32
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Salve a tutti, utenti e dottori. Sono una ex paziente curata con successo dal Disturbo Ossessivo Compulsivo e mi sono registrata per dire la mia.

Rispetto tutti gli orientamenti terapeutici, devo premetterlo, ma parlando per esperienza e dati statistici la Terapia Cognitivo Comportamentale è la più indicata per il trattamento del DOC. All'estero (States e UK soprattutto) questo è ormai assodato, ma qui in Italia pare si brancoli ancora nel buio e pensando alla quantità di persone afflitte da questo disturbo (se non ricordo male sono il 3% della popolazione negli USA) trovo la faccenda molto, molto triste.
Vivo all'estero da qualche tempo e qui i medici di base sanno riconoscere le nevrosi ossessive e sanno indirizzare opportunamente i pazienti verso strutture pubbliche e/o private. Alcuni hanno addirittura una formazione di base su CBT (Cognitive Behavioral Therapy) e tecniche di Mindfulness, e sto parlando del corrispettivo del medico della mutua italiano.

La mia esperienza con la TCC (o CBT per chi si è formato su testi di lingua inglese) è estremamente positiva. Avevo un disturbo d'ansia vecchio di almeno vent'anni e in neanche sei mesi con pratiche di esposizione ho potuto ricominciare a uscire e fare cose che non facevo da anni. Le mie ossessioni occupavano i 2/3 delle mie giornate e oggi, dopo 3 anni dalla terapia, sono capace di affrontare le ricadute e ridurle al minimo le interferenze con la mia vita.
Sono certa che alcune persone possano trarre giovamento da altri indirizzi terapeutici, ma avendo tentato inizialmente una terapia di tipo freudiano mi sembra che la tendenza comune sia quella di ostinarsi a difendere i propri studi infischiandosene di ciò che è meglio per il paziente. E' come un otorino laringoiatra che si ostina a voler curare una frattura del menisco. Credo sarebbe più etico indirizzare il paziente verso la corretta terapia, una volta individuato il disturbo. Prima di fargli perdere anni preziosi per una patologia seria ma curabilissima.

Leggo che l'autore dell'articolo (molto chiaro e ben spiegato, a mio parere) è specializzato in un altro indirizzo terapeutico, eppure ha evidenziato perfettamente il meccanismo del disturbo. Perché vi ostinate a restare ancorati a discorsi su cause prime o - peggio ancora - traumi reconditi? Non è possibile fare un passo in più e migliorare le proprie metodologie integrandole con tattiche di esposizione e prevenzione della risposta?
Non ho niente contro la psicoterapia freudiana, sia chiaro, e molte persone affette da Disturbo Ossessivo possono trarre giovamento dal parlare del proprio problema, degli effetti sulla loro vita e sulle persone care. Ma hanno anche bisogno di uscire di casa e imparare a vivere liberi delle proprie compulsioni e fidatevi, tutto il parlare del mondo con un ossessivo è fiato sprecato. E denaro sprecato per lui.

#33
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Per rispondere nel mio piccolo a Utente 219318 vorrei far notare come secondo i suoi presupposti (scientificamente ineccepibili) anche la Medicina non possa essere considerata scienza.
Possiamo affermare che la stessa patologia si curi sempre nel medesimo modo in tutti i pazienti? C'è un range di terapie d'elezione e se ho la data infezione proverò il dato farmaco, ma non posso sapere con assoluta certezza che mi curerà. Posso essere allergica o non molto ricettiva nei confronti del principio attivo in questione.

La differenza con la psicoterapia sta nel fatto che - per fortuna - il corpo umano e la sua fisiologia oggi si conoscono relativamente bene.
Nei disturbi mentali non resta che procedere allo stesso modo, in attesa di saperne di più: sulla base di dati statistici si dovrebbe cercare di applicare la terapia risultata più efficace. Se quella non funziona, si passa ad altro. Proprio come in medicina.
E lo stesso discorso si applica a quanto ho detto nel mio post precedente.

#34
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Utente 317317 grazie per la sua testimonianza

questo permette di riprendere il discorso iniziale

(..)il parlare del mondo con un ossessivo è fiato sprecato. E denaro sprecato per lui(...)
in effetti la comprensione di ipotetiche cause, nei disturbi d'ansia e, in particolar modo, nei disturbi ossessivi, non ha alcuna valenza terapeutica proprio per la modalità delle caratteristiche cognitive di un ossessivo.

Molti sono i clinici che evidenziano come le spiegazioni e/o le interpretazioni delle possibili dinamiche emotive relazionali e/o storiche del sintomo ossessivo sono assorbite dal paziente stesso integrandole nelle sue ossessioni. In definitiva si propongono come nuovi elementi sui quali rimuginare (proprio come aggiungere numeri inutili nella espressione algebrica su indicata come esempio)
alcune evidenze cliniche sono riportate in questo mio studio
http://www.ibs.it/code/9788896818770/de-vincentiis-armando/lontano-dall
oltre all'altro testo indicato qualche post fa

#35
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Ha certamente ragione, ma sono ancora in molti i terapeuti che si ostinano ad applicare i "vecchi" metodi.
La mia esperienza personale è stata avere un ossessione aggressiva (per esempio: e se stanotte mi svegliassi, prendessi un coltello e uccidessi il mio ragazzo nel sonno? con conseguente tentazione di chiudere a chiave la cucina e/o legarmi al letto) e la risposta del mio terapeuta (freudiano) dell'epoca era stata che forse avevo della violenza repressa dentro di me.
Sono certa che fosse in buona fede e mi spiace dirlo, ma quello è stato uno dei (per fortuna pochi) momenti in cui ho avuto realmente delle ideazioni suicide.

Questa è la mia personale esperienza. Ce ne sono a decine su http://psyco.forumfree.org/index.php?&act=idx

#36
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

E' un gravissimo errore pensare che nella valutazione dell'efficacia di una psicoterapia non esista il placebo, anzi ciò che avviene con i farmaci si verifica ancora di più con gli interventi psicoterapici: basti pensare a quei pz. che si sentono curati, ascoltati, supportati, accolti.
Però è indispensabile riferirsi a protocolli evidence-based, perchè solo chi NON è psicoterapeuta potrebbe temere che in questo modo la psicoterapia possa trasformarsi in un atto freddo e meccanico...
In realtà l'atto più umano ed empatico nei confronti dei miei pz. è quello di offrire loro il miglior trattamento possibile a disposizione per alleviare la loro sofferenza.
Per quale motivo l'utilizzo di un protocollo di trattamento dovrebbe escludere empatia , accoglimento, ascolto, accettazione, comprensione e umanità?
Infine la relazione terapeutica con il pz. non è, come molti credono, il feeling che può instaurarsi tra pz e terapeuta!
E' molto di più e prevede che il terapeuta sia ben addestrato (e torniamo a ciò che si è visto funziona)! I pz. molto gravi (es pz. con disturbo borderline) sono molto abili a ipercoinvolgere. Ecco perchè il terapeuta, se esperto (torniamo al bisogno di scientificità), sarà in grado (perchè si è visto che così funziona, si veda Safran e Segal, 1990) di mettere in atto quelle che definiamo "operazioni di disciplina interiore" che permette al tp. di uscire dal ciclo invalidante del pz.: questo aiuta il pz, meno il buon feeling, se a distanza di anni NON si è ancora usciti dal problema...

#37
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> molte ricerche evidenziano come ciò che rende efficace una psicoterapia sono fattori trasversali ai diversi orientamenti, come la cosiddetta "alleanza terapeutica" e quindi una serie di aspetti legati al rapporto con lo psicoterapeuta più che alla tecnica che utilizza
>>>

Flavia, le cose non stanno proprio così.

Per alcuni disturbi contano la relazione e altri fattori comuni, per altri contano molto tecniche e protocolli. Ad esempio, restando in argomento, non si esce dalle ossessioni solo relazionandosi e parlando.

Puoi scoprire tutte le cause che vuoi e compiacertene insieme al paziente, ma se ti fermi lì le ossessioni restano (quando non aumentano).

Molti terapeuti hanno la tendenza a specializzarsi in alcune classi di disturbi piuttosto che in altre, è anche per questo che può sembrare che tutti gli approcci siano ugualmente validi (lodo di Dodo).



#38
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Riguardo al placebo in psicoterapia, esiste eccome.

Ed è poco efficace.

Tempo fa fu messa a punto una forma di psicoterapia basata solo sul placebo ("The placebo therapy") per vedere quanto sarebbe stata efficace rispetto ad altre forme di terapia.

Ebbene, risultò parimenti o meno efficace del controllo.




#39
Ex utente
Ex utente

Gent.mo Dott. De Vincentiis,
ho letto con attenzione il suo articolo che ho trovato molto interessante perché mi riguarda da vicino.

Lei dice: "Il benessere non sarà ottenuto, quindi, dalla soluzione impossibile, ma dalla scelta di non cercarla". Nel mio caso, però, il raggiungimento di una soluzione o spiegazione, qualunque essa sia, mi sembra condizione imprescindibile per il raggiungimento del benessere. In altre parole, non mi accontenterò di sospendere la ricerca delle cause (e delle soluzioni) al mio rimuginare, ma avrò pace solo quando le avrò conosciute. La sua frase mi sembra andare in controtendenza rispetto al mio atteggiamento. Ho interpretato correttamente quello che lei ha scritto? Cioè: ha senso continuare la psicoterapia (che sto seguendo da un anno) per trovare una risposta al rimuginare?

Ringrazio anticipatamente per la Sua risposta (o di Suoi Colleghi).

#40
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

gentile Utente 317418
dalla discussione emerge che non tutte le psicoterapie sono adatte per tutto, quindi dipende dall'obiettivo che la sua psicoterapia si è posto. Se stiamo parlando di disturbo ossessivo e l'obiettivo è quello di cercarne le cause allora no, non ha senso, mentre se l'obiettivo è quello di modificare la forma del suo pensiero, le modalità percettive e cognitive di quel processo disfunzionale che la porta a rimuginare allora è corretto proseguire.

quando lei scrive:(..), il raggiungimento di una soluzione o spiegazione, qualunque essa sia, mi sembra condizione imprescindibile per il raggiungimento del benessere (...) non si rende conto chè proprio questa è la trappola che mentiene in vita la rimuginazione.

Ovvio se stiamo sempre parlando di disturbo ossessivo conclamato e diagnosticato. Se il problema riguarda disagi esistenziali, difficoltà di problem solving o di relazione con gli altri allora ogni psicoterapia può essere indicata.

#41
Ex utente
Ex utente

Grazie infinite, la sua risposta è esauriente e... "consolante"!
Trovo le sue parole di grande conforto.

buona prosecuzione

#42
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Parafrasando la spiegazione del collega, possiamo dire che l'ossessione è un problema di forma, non di contenuto, perciò non lo si può risolvere lavorando a livello del contenuto, occorre agire sul piano della forma.



#43
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

"l'ossessione è un problema di forma, non di contenuto"

Questo è vero solo per alcuni approcci, perché le ossessioni sono interpretabili e spiegabili con la psicoanalisi. Non a caso i contenuti sono sempre gli stessi, con poche varianti.
Sono d'accordo sul fatto che per alcune persone interpretare e capire il perché del problema sia utile, per altre no (anche perché alcuni non hanno le risorse psicologiche/culturali per addentrarsi in questo tipo di analisi).
Per questo penso che ognuno possa scegliere il tipo di psicoterapia più vicino alla propria sensibilità e anche ai propri obiettivi (focalizzati o globali, legati alla comprensione di Sé o al solo alleviamento della sofferenza ecc.).

Aggiungerei qualche altra precisazione/domanda a chi ha voglia di rispondermi nel merito:

- quando parliamo di CBT non parliamo di *una* specifica terapia, ma di *tante terapie* differenti fra loro. Sono tutte ugualmente valide pur essendo anche molto diverse? Ad es. una terapia comportamentale e una terapia cognitiva sono due interventi che divergono anche molto l'uno dall'altro.
Quali distinguo andrebbero quindi introdotti?

- le ricerche, principalmente statunitensi, servono anche (e in certi casi forse principalmente) alle assicurazioni, che sono (ovviamente) in cerca della terapia meno costosa da rimborsare al paziente e quindi di massimizzare il profitto e minimizzare l'ammontare dei rimborsi. Per questo tante ricerche considerano come obiettivo finale solo la scomparsa del sintomo e non certo il benessere psicologico globale del paziente, ricalcando un approccio di tipo medico. Non è detto però che un malessere che non si esprime più con quel sintomo sia scomparso e che non si manifesti in altro modo;

- posto che, come detto, quando si parla di CBT non si sa esattamente di quale fra i tanti approcci CBT (o solo cognitivi o solo comportamentali)si parla, le ricerche utilizzano protocolli di poche sedute e si concentrano quindi sulla CBT breve (per i motivi finanziari di cui sopra), ma la CBT comunemente erogata non è una terapia breve come quella delle ricerche: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1731-quanto-dura-la-psicoterapia.html
Parliamo quindi di cose diverse (protocolli rigidi di max 10 sedute vs. psicoterapie di mesi ma anche anni)?

Il discorso risente poi di quali obiettivi sono perseguiti: un conto è eliminare un sintomo, un altro eliminare il problema.
A volte le due cose coincidono, altre no.

#44
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> le ossessioni sono interpretabili e spiegabili con la psicoanalisi
>>>

Certo, infatti non sto parlando di spiegazioni e interpretazioni, ma di risultati. E riguardo alle ossessioni, si risolvono molto meglio lavorando sulla forma che sul contenuto.

Siamo d'accordo che ognuno dovrebbe scegliersi la forma di terapia che più gli si confà, ma a mio avviso senza dimenticare di tenere d'occhio efficacia ed efficienza, a seconda del problema.

Non solo i contenuti delle ossessioni tendono a ripetersi, ma tipicamente essi cambiano più volte nello stesso paziente, nel tempo. Anche questo indica che si tratta di un problema di forma e non di contenuto.


#45
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...)"l'ossessione è un problema di forma, non di contenuto"
Questo è vero solo per alcuni approcci,(..)

NO, non si tratta di approccio ma di come una ossessione è strutturata. Una cosa è l'interpretazione che può cambiare a seconda degli orientamenti, un'altra è l'aspetto fenomenologico che non cambia in base alla teoria.

(...)Sono d'accordo sul fatto che per alcune persone interpretare e capire il perché del problema sia utile, per altre no (anche perché alcuni non hanno le risorse psicologiche/culturali per addentrarsi in questo tipo di analisi)(..)

non si tratta di risorse psicologiche ma del fatto che l'interpretazione, per come è strutturato il difetto di forma di una ossessione, è assorbita da essa. Basta un minimo di esperienza in psicoterapia per rendersene conto (oltre alla letteratura in merito)

(..)Non è detto però che un malessere che non si esprime più con quel sintomo sia scomparso e che non si manifesti in altro modo;
(..)
Questo un ennesimo mito freudiano che non ha alcun riscontro se non contemplato dalla stessa dottrina freudiana. NON esiste alcun lavoro scientifico che dimostri il vero rapporto causa effetto tra l'eliminazione di un sintomo e la rinascita di un altro che abbia la stessa matrice.

#46
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Flavia, stai facendo una gran confusione tra due, anzi tre tipi di psicoterapia che sono molto diverse e che tu racchiudi tutte sotto la TCC. La comportamentale è una cosa, la cognitivo-comportamentale è un'altra forma di terapia e la cognitiva un'altra ancora con tre paradigmi epistemologici diversi tra loro.
Qui è spiegato molto bene anche il passaggio storico dall'una all'altra all'altra ancora: http://www.ibs.it/code/9788842061557/semerari-antonio/storia-teorie-tecniche.html

Che la psicoterapia debba durare quanto serve al pz mi sembra la cosa più scontata del mondo, dal momento che il focus è sul pz e i tempi sono quelli del pz, ma il terapeuta aiuta e facilita il pz portandolo verso il cambiamento. Per dirla con le parole di Guidano è un "perturbatore strategicamente orientato".
E' chiaro che non esistono terapie magiche, e la fatica la fa tutta il pz.
Ma le ragioni per le quali mi pare anche piuttosto ovvio che parlare e basta (interprestare) non sia sufficiente nei disturbi d'ansia e che più si parla dell'ansia e delle ossessioni, più si amplifica il sintomo, mi sembrano anche fin troppo chiare.
Fondamentale è considerare l'efficacia e l'efficienza di un trattamento.

#47
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

"Sono d'accordo sul fatto che per alcune persone interpretare e capire il perché del problema sia utile"

Se una persona ossessiva dovesse lavorare ANCHE in terapia sul perchè, sarebbe la fine, perchè lo fa già di suo ed è questo che alimenta a dismisura il problema.

#48
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Per CBT direi che si intende Cognitive Behavioral Therapy, che corrisponde alla Terapia Cognitivo Comportamentale. Da paziente non posso che concordare sul fatto che sono necessarie entrambe, anche se magari in momenti differenti della terapia (un approccio cognitivo in fase acuta sarebbe stato assolutamente al di là delle mie possibilità in quel momento).

Aggiungo anche che in questo caso la terapia non si ferma alle sedute effettuate con lo specialista, ma continua e deve continuare a livello di lavoro personale. La mia terapeuta ha decretato concluso il percorso quando queste hanno smesso di interferire con la mia vita (lavoro, affetti, sonno, ecc.), ma per sconfiggerle c'è voluto altro tempo e altro impegno da parte mia. Continuando ad applicare quanto appreso, che naturalmente vale anche per eventuali ricadute (ho notato una maggior frequenza di pensieri ossessivi durante la fase premestruale).

#49
Psicologo
Psicologo

Premetto che quello che espongo è un punto di vista, ovvero quello della TCC, e che quindi non è condiviso da altri orientamenti teorici.

Nelle terapie con pazienti che soffrono di un disagio orientato in senso ossessivo una parte molto faticosa del lavoro terapeutico, nella mia esperienza, è proprio quella di aiutarli a non dar peso ad interrogativi come "ma perchè sto pensando questa cosa? cosa significa?".

Spesso, proprio cercando di dar risposta ad interrogativi come questo, ci si incarta in infiniti tentativi di spiegazione che non solo non aiutano il paziente, ma lo aggrovigliano ancor di più nella sofferenza ossessiva. E per far questo non hanno bisogno di venire in terapia...

#50
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Per chi fosse interessato ad approfondire questa tematica, consiglio il libro di Nardone "Cogito ergo soffro" che allarga la riflessione sulle ossessioni al pensiero occidentale, offendo un inedito e interessante punto di vista.

#51
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Non mi avete però risposto: le ricerche che si effettuano sulla CBT in realtà sono effettuate su approcci CBT anche molto diversi fra loro o no?
Sono quindi terapie diverse, racchiuse sotto un unico nome, come mi sembra di capire leggendo gli articoli e parlando con colleghi specializzati in diverse scuole di psicoterapia cognitiva e/o comportamentale?

E le ricerche pubblicate in USA sono svolte o no su protocolli di max 10 sedute, che sono altro dalla TCC erogata in Italia?

#52
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Flavia, comportamentismo e cognitivismo sono diversi e si studiano al primo anno di università! ;-)
Terapia comportamentale e terapia cognitiva sono due terapie diverse che tu confondi e chiami sempre TCC. La TCC è un'altra terapia ancora!
Ti avevo quindi risposto, suggerendo anche una lettura che spiega bene il passaggio storico da una all'altra all'altra ancora, ma puoi trovare anche su Corsini-Wedding "Psicoterapia" che descrive molto bene tutti gli approcci tp (anche dinamici). La confusione che fai tu è ritenere che tutto sia TCC.

Quali sono le ricerche USA che hai letto?

#54
Psicologo
Psicologo

>>Non mi avete però risposto: le ricerche che si effettuano sulla CBT in realtà sono effettuate su approcci CBT anche molto diversi fra loro o no?

Le ricerche si effettuano su protocolli CBT o su singole componenti.
Nel primo caso si verifica l'efficacia a termine e nei follow-up di protocolli manualizzati per specifiche popolazioni cliniche, nel secondo caso si valuta il peso di una singola tecnica o di un pacchetto di tecniche nel determinare il cambiamento.

>>E le ricerche pubblicate in USA sono svolte o no su protocolli di max 10 sedute, che sono altro dalla TCC erogata in Italia?

Nì. Il limite di 10 sedute non è fisso.

Inoltre, più in generale, i "protocolli" hanno destinazioni differenti in Italia o negli USA. Lì la terapia, essendo pagata spesso tramite assicurazioni, DEVE garantire risultati in tempi ridotti; non sarebbero pensabili terapie eccessivamente lunghe o poco efficaci, se esiste un protocollo di dimostrata efficacia per il trattamento di QUELLO specifico problema. In Italia non esiste psicoterapia privata convenzionata.

Inoltre, come scrivevo prima, i protocolli sono applicabili tout-court solo nel caso di diagnosi certa, in cui non vi siano comorbidità, con pazienti-tipo. E queste condizioni, almeno nelle terapie "reali", sono davvero rare.

Un esempio? Esistono dei protocolli specifici per il trattamento del DOC da contaminazione, basati fondamentalmente sull'ERP. Ma se il paziente è depresso, come spesso accade a chi soffra di un DOC da molto tempo, molto difficilmente si coinvolgerà nelle difficili esposizioni che il protocollo richiede.

Ecco che il trattamento della depressione, ad esempio tramite riattivazione comportamentale e ristrutturazione cognitiva, diventa essenziale e propedeutico al trattamento del DOC stesso. E non c'è protocollo che possa prevedere le infinite variazioni che possono sussistere.

Ma se non esistessero i protocolli o i trial clinici, non sapremmo che la destrutturazione della triade cognitiva depressiva e la riattivazione comportamentale sono un trattamento elettivo nelle depressioni.

#56
Ex utente
Ex utente

Ho letto attentamente questo interessante articolo e ho la discussione tra voi professionisti e utenti molto stimolante.
Aggiungo la mia opinione: sono una ragazza che soffre d'ansia e di pensieri ossessivi non invalidanti, ma comunque presenti a periodi a seconda dello stress; non trovo nella psicoterapia psicodinamica (anche qui bisognerebbe aprire una parentesi, perchè è chiaro che anche questa è una macro-categoria)un aiuto risolutivo per il mio problema.
In 5 anni di terapia abbiamo sviscerato ogni possibile causa e concausa delle mie ossessioni pure e dei pregressi attacchi di panico; del mio modo di "funzionare", di "stare nelle relazioni", di "essere un giudice severo di me stessa", ecc.. Un bel percorso di crescita personale. Mi è servito? Come percorso di scoperta di me, dei miei punti di forza, delle mie criticità, SI.
Se potessi tornare indietro lo rifarei o preferirei orientarmi su un approccio più direttivo e "strategico"? Rispondere a questa domanda è difficile per un paziente ed è ancora + difficile districarsi nel mare degli orientamenti psicoterapeutici. E' difficile e sconfortante, a volte, vedere che gli specialisti stessi non sono d'accordo su quelle che sono le basi e le finalità degli strumenti terapeutici. C'è chi dice che cio' che + conta è l'alleanza terapeutica (e questo spesso lo fanno gli appartenenti all'area psicodinamica, che basano una gran parte del loro approccio sulla relazione terapeutica), chi dice che cio' che + conta è l'approccio farmacologico (i vecchi psichiatri un po' integralisti), chi dice che cio' che + conta è l'approccio globale al paziente e al suo contesto di vita (approccio biopsicosociale??), chi dice che bisogna basarsi sulle evidenze scientifiche e le prove empiriche(TCC, TBS e altri).
Ora, da studentessa di Psicologia Clinica apprezzo le disquisizioni sui metodi e sugli orientamenti: dove c'è discussione ci sono sicuramente punti di vista diversi che possono scontrarsi o incontrarsi e permettere una crescita dei partecipanti.
Da paziente xo', a volte, mi ritrovo un po' spiazzata, perchè: un conto è essere un terapeuta e decidere quale orientamento piace di + , vuoi per la propria forma mentis, vuoi per la sensibilità individuale. Tutt'altro conto è stare li col proprio sintomo e la propria ansia e impiegare ANNI a trovare una cura idonea x gestire o -si spera- eliminare un sintomo fastidioso.
Il risultato, nel mio caso, è che con un supporto di tipo psicodinamico mi sento "scoperta" e "vulnerabile" nei momenti di crisi. E non credo sia una mia mancanza di sensibilità o di capacità analitico-introspettiva o che la causa sia il fatto che la mia terapeuta non è preparata! Credo che per ogni disturbo ci sia una psicoterapia d'elezione e nel caso dei disturbi d'ansia quella psicoterapia sia una terapia + direttiva e meno orientata all'insight.
Mi chiedo: tra di voi, terapeuti psicodinamici, c'è chi ha mai provato sulla PROPRIA PELLE cosa vuol dire avere un'ossessione? Attacchi di panico?
Le interpretazioni vi sono/sono state d'aiuto? Bastavano ad eradicare il problema? Il mio intervento non voleva essere polemico, tutt'altro.
Per favore,xo', non rispondetemi solamente che "non c'è bisogno che il terapeuta provi un disagio perchè sia un buon terapeuta".

Un saluto a tutti e buon lavoro!

#57
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> Se potessi tornare indietro lo rifarei o preferirei orientarmi su un approccio più direttivo e "strategico"?
>>>

È una domanda lecita e importante. Ma se studia psicologia avrà probabilmente già imparato che cos'è la dissonanza cognitiva.

Aver speso molto impegno e risorse per fare qualcosa o per seguire un certo percorso, rende più difficile affermare a se stessi: "Se tornassi indietro non lo rifarei".

Perché in tal caso bisognerebbe trovare il modo di giustificare (sempre a se stessi) come mai si è continuato per la stessa strada anche dopo che i dubbi erano già sorti.



#58
Ex utente
Ex utente

Ha ragione, ma io mi sono ripromessa di intraprenderlo da ora in avanti quel percorso (TCC, TBS, non ho ancora deciso!), xchè non voglio tirare avanti il mio problema solo xche ormai ho intrapreso quella psicoterapia psicodinamica...
Cordiali saluti :)

#59
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Intervengo un po' in punta di piedi a questa discussione tra esperti in quanto non ho le competenze teoriche e tecniche per poterlo fare. Ho vissuto però sulla mia pelle tutto ciò di cui si sta parlando e, avendo letto tutti gli interventi, mi trovo molto d'accordo con l'ultima utente intervenuta; anch'io vengo da un lungo passato di psicoterapia psicodinamica (più di una) per la cura di pensieri ossessivi e ultimamente ansia e depressione. Mi è servito? Io sono molto contenta di avere intrapreso questi percorsi, perchè in buona parte mi hanno fatto diventare quella che sono: se dicessi che non li rifarei in un certo senso rinnegherei la me stessa di adesso. Mi sono realmente serviti per sradicare i problemi? Scrivo proprio per questo, perchè ho dei dubbi. I miglioramenti mi pare a volte di vederli, ma avvengono talmente lentamente che mi chiedo se non ci sarebbero ugualmente, anche senza terapia. La consapevolezza acquisita tramite la psicoterapia è importante, anche se credo che diventare totalmente consapevoli dei propri meccanismi ossessivi sia davvero difficile se non impossibile in quanto sono talvolta diventati automatici e "inconsci" (mi si passi il termine) nella persona che li mette in atto, o forse è meglio dire, li subisce. Bene, a due anni e mezzo dall'inizio di questa ultima psicoterapia sono piena di dubbi: servirà o non servirà? ha senso portarla ancora avanti? con la terapeuta ne ho parlato diverse volte, lì per lì mi tranquillizzo poi dopo un po' ritorna il dubbio che io stia sprecando tempo e denaro in una terapia che non mi sta servendo a risolvere il problema. Scrivo proprio per questo: la rimuginazione ossessiva immagino possa portare ciclicamente a mettere in dubbio anche l'efficacia della proprio terapia; ma per questo devo catalogarla come pura e semplice conseguenza del disturbo ossessivo oppure come fonte di una insoddisfazione che va al di là del disturbo e quindi da ascoltare? Spero di essere stata chiara.
Cordiali saluti.

#60
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> avvengono talmente lentamente che mi chiedo se non ci sarebbero ugualmente, anche senza terapia
>>>

In effetti esiste questa possibilità.

Ogni ricerca seria sull'efficacia della psicoterapia deve tener conto di quelli che in metodologia si chiamano effetti storia e maturazione. Il semplice passare del tempo può portare cambiamenti. Questo è anche uno dei motivi per i quali è più difficile parlare di efficacia nelle terapie che durano molto tempo. È stata la terapia, o è stato che nel frattempo la persona ha "capito" cose che avrebbe capito comunque?

>>> la rimuginazione ossessiva immagino possa portare ciclicamente a mettere in dubbio anche l'efficacia della proprio terapia; ma per questo devo catalogarla come pura e semplice conseguenza del disturbo ossessivo oppure come fonte di una insoddisfazione che va al di là del disturbo e quindi da ascoltare?
>>>

La rimuginazione ossessiva può portare a dubbi anche sulla terapia stessa, ma in ultima analisi, se è presente, potrebbe voler dire che probabilmente la terapia non ha funzionato fino in fondo.


#61
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Esattamente, ha colto il problema e diciamo che è quello che spesso mi dico anch'io. Faccio però molta fatica a decidermi, a prendere una qualsiasi decisione attiva. Forse non è ancora il momento. Grazie della risposta!

#63
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(..)Faccio però molta fatica a decidermi, a prendere una qualsiasi decisione attiva. Forse non è ancora il momento (..)
gentile utente 275332, non è il momento di guarire?

#64
Utente 275XXX
Utente 275XXX

"gentile utente 275332, non è il momento di guarire?"
Gentile Dottore, certo che, detta così, la questione prende tutta un'altra forma.
Le spiego, a volte da pazienti si brancola un po' nel buio, è difficile avere la sicurezza di dire "questa terapia non funziona, cambio!". La mia terapeuta quando le riporto i miei dubbi spesso mi fa notare che io ho dubbi su tutto, riportandomi degli esempi, e questo è vero, come contraddirla? Dice che io faccio fatica ad accettare l'imperfezione che è intrinseca in ogni cosa (e quindi anche nella terapia), e anche questo è vero. Mi fa notare che spesso quando una cosa non va esattamente come credo io, preferisco andarmene piuttosto che rimanere e anche questo è innegabile. Insomma, in sintesi, mi fa notare che l'atteggiamento che ho verso la terapia è un atteggiamento che ho verso la vita ed è la ragione per cui sono lì. Andandomene, ripeterei ne più ne meno lo stesso meccanismo che mi porta a soffrire nella mia quotidianità. Vede, a questo punto per me diventa difficile prendere una decisione.

#65
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Gentile utente, la terapie ha sicuramente potuto darle una maggiore consapevolezza e, quindi, favorite una certa crescita interiore, tuttavia, da quello che scrive, sembra che l'obiettivo di eliminazione della rimuginazione ossessiva non riesce a portarlo a termine. Ora non si tratta più di ripetere o meno lo stesso meccanismo che la fa soffrire, ma di trovare la cura adeguata. Come ribadito sopra non tutte le terapie sono adatte a tutto.

#66
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Bene, ma rimanendo nella terapia attuale il problema si sta risolvendo oppure no?

Perché serve a poco sapere cosa si ha, se poi non si riesce a risolverlo.

Questo è uno dei "rischi" di alcune terapie, quando non funzionano: che il paziente sa tutto e ha capito tutto, ma non fa progressi.

Mi permetta di azzardare un'ipotesi. Il motivo per cui ha difficoltà a cambiare terapia è duplice: da una parte perché ormai ha preso confidenza con l'attuale terapeuta e avrebbe difficoltà a cambiarlo; e poi perché, come segnalavo all'altro utente alcuni giorni fa, ammettere che un impegno durato anni non ha prodotto i risultati sperati è sgradevole, perché significherebbe dover ammettere di aver allocato tempo e risorse in modo improduttivo.


#67
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Dr. De Vincentiis:
"Ora non si tratta più di ripetere o meno lo stesso meccanismo che la fa soffrire, ma di trovare la cura adeguata. Come ribadito sopra non tutte le terapie sono adatte a tutto."
Certo, ma questo l'ho scoperto solo ora, leggendo questo articolo e i vostri commenti (e sono arrivata a fare queste letture perchè, di mia spontanea volontà, ho cominciato a leggere libri di psicologia e ho scoperto casualmente la terapia breve strategica, mi ha incuriosito e ho fatto qualche ricerca su internet), nessun medico e psicologo con cui ho parlato di persona mi ha mai detto che esistono terapie più indicate per certi disturbi e, credo, non è affatto scontato che un paziente sappia queste cose...
Dr. Santonocito:
Il problema si sta risolvendo? Beh, come detto nel primo post qualche miglioramento a volte mi sembra di vederlo, ma avviene molto lentamente. La sua ipotesi credo sia corretta. Mi chiedo però: in questi casi non sarebbe meglio che anche il terapeuta, davanti ai ripetuti dubbi riportati dal paziente, valutasse l'ipotesi di porre fine alla terapia, insieme al paziente?

#68
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> Mi chiedo però: in questi casi non sarebbe meglio che anche il terapeuta, davanti ai ripetuti dubbi riportati dal paziente, valutasse l'ipotesi di porre fine alla terapia, insieme al paziente?
>>>

È una domanda più che lecita.

Quando un professionista non si sente in grado di fornire ulteriore aiuto, in qualunque campo, dovrebbe farlo chiaramente presente al cliente/utente/paziente.

Tuttavia, dando per scontata la buona fede del terapeuta, e dobbiamo farlo, dato che non sarebbe corretto fare illazioni su un caso e una collega che non conosciamo, è possibile dire che alcune forme di terapia non pongono l'efficienza (cioè il tempo necessario a produrre risultati) al primo posto. L'assunto teorico è che a forza di insistere prima o poi si debba arrivare in fondo. Purtroppo però l'esperienza mostra che dopo un certo numero di sedute ogni terapia ha già dato tutto ciò che poteva dare, almeno per certe classi di disturbi. A quel punto continuare non implica più una relazione proporzionale fra tempo/risorse spese e risultati ottenuti.

Perciò se la sua terapeuta lavora in base all'assunto appena accennato, sarà difficile che sia lei a mettere fine alla terapia.

D'altra parte se non vengono prescritte tecniche specifiche è difficile che le ossessioni se ne vadano per conto proprio.

In conclusione, è probabile che si troverà sola con se stessa nel prendere questa decisione.



#69
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

<<Eventuali Interpretazioni profonde di dinamiche inconsce di chi è ansioso a caccia di soluzioni, o la ricerca nel passato di qualche evento che possa aver scaturito questa rimuginazione rappresentano solo numeri aggiunti alla nostra espressione che rischiano di renderla ancora più complicata e di trasformare la procedura mentale in un territorio ancora più tortuoso.>>

Questa è un'affermazione che non corrisponde alla realtà dei fatti e basata probabilmente su una scarsa conoscenza della terapia dinamica contemporanea, oltre che su una visione stereotipata della terapia psicodinamica.

La ricerca ha peraltro ampiamente dimostrato non solo l'efficacia delle terapie basate su approcci psicodinamici per l'ansia, ma conferma la loro validità anche rispetto agli approcci focalizzati, essendo capace di sostenere nel tempo i progressi iniziali, che peraltro, nei disturbi d'ansia sono tipici di ogni terapia.

La scelta tra i due tipi di terapie è una scelta soggettiva che dipende anche dalla dimensione etica del soggetto, ma non attiene a presunte superiorità di un metodo rispetto all'altro, le ipotesi di maggior efficacia di un metodo non trovano alcun riscontro unanime da parte della comunità scientifica.

Aggiungo anche per i non addetti ai lavori, che in psicologia l'efficacia, per fortuna, non è l'unico parametro utile.

#70
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

in attesa che il dottor Raggi porti letteratura a sostegno di ciò che dice intanto io porto letteratura a sostegno del fatto che non tutte le terapie sono uguali ed hanno la stessa efficacia

"Interventi psicosociali di provata o probabile efficacia in Clinical Evidence (ce), in roth e Fonagy
(RF) e per la American Psychologial Association (APA)"

http://psicoterapia.centrocognitivo.it/psicoterapia/wp-content/uploads/2011/10/Efficacia-degli-interventi_morosini-gigantesco-mirabella-picardi.pdf

http://www.apc.it/public/file/Efficacia%20delle%20psicoterapie_breve.pdf

sugli effetti collaterali dell'interpretazione psicodinamica in certe patologie
http://www.ibs.it/code/9788820485009/zzz99-bianciardi-m-telfener/ammalarsi-di-psicoterapia-il.html

http://www.ibs.it/code/9788850224753/nardone-giorgio/manuale-sopravvivenza-per.html

http://www.ibs.it/code/9788896818770/de-vincentiis-armando/lontano-dall-ansia-e-dalla.html

#71
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Dr. Raggi, va bene aprire ad altri indirizzi terapeutici (conosco persone affette da DOC che si sono trovate bene con terapia psicodinamica), ma negare l'attendibilità delle statistiche sull'efficacia della TCC mi sembra assurdo.
L'unanimità della comunità scientifica probabilmente non ci sarà mai, ma non c'è nemmeno sulla chemioterapia. E quindi?

Un paziente affetto da DOC è un individuo al massimo della fragilità emotiva e intellettuale, non è come una persona "normale" davanti a diverse scelte terapeutiche. C'è chi rimane invischiato in percorsi terapeutici inefficaci perché, ammettiamolo, è difficile per un ossessivo in fase acuta distinguere successi da insuccessi o discernere il grado di invadenza del disturbo. Ci si rimette al proprio terapeuta che, a occhio, in Italia difficilmente consiglierebbe un indirizzo terapeutico che non è il proprio.

Un ossessivo in fase acuta spesso non riesce neanche a leggere una frase di un articolo di costume senza ritrovarsi con la testa da tutt'altra parte. Ragionare con un ossessivo è come cercare di alzare la voce sopra un rumore di fondo intensissimo. Bisogna prima portarlo da un'altra parte, lontano dal rumore, poi, magari, se ne parla.

#72
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

gentile utente,
non credo di aver negato l'efficacia della TCC; dove ha letto questo? O forse si riferiva ad altri interventi non miei?

A parte questo, però, a beneficio anche di altri utenti, le faccio notare che se lei dice <<Ragionare con un ossessivo è come cercare di alzare la voce sopra un rumore di fondo intensissimo>> cosa sulla quale posso essere anche parzialmente d'accordo, non si sta riferendo alla terapia psicodinamica, ma forse ad altri tipi di terapia. La terapia psicodinamica infatti non si baasa sul "ragionamento".

Comunque, anche per rispondere al dott. De Vincentiis, aggiungo che le statistiche sono in generale molto utili, ma: 1) esistono statistiche esattamente contrarie a quelle citate , vedi anche il mio articolo: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1499-l-efficacia-della-psicoanalisi-freud-jung-avevano-ragione.html
2) L'attendibilità statistica è una questione molto complessa che merita un discorso troppo lungo per essere affrontato in questa sede. La statistica non prova ne conferma ne dimostra nulla, ma offre un punto di vista su una possibile tendenza.
3) Dire che una terapia è efficace non significa negare l'efficacia di altre terapie. L'efficacia degli interventi cosiddetti "basati sull'evidenza" (EBM) citati dal dr. De Vincentiis, sono a mio avviso qualcosa che, forse, può funzionare in campo medico ma non certo psicologico. La psicologia, ahimè, non può essere eterodiretta da un meccanismo composto di variabili e indicatori oggettivi, semplicemente perchè non ha proprio nulla di "oggettivabile". Essa ha solo il punto di vista intimamente irriducibile del soggetto. E' una scienza differente da quella medica, pertanto gli psicologi che utilizzano parametri medici per tentare di "misurare" le variabili psicologiche, specie se queste variabili sono relative alla dimensione etica del soggetto - il suo benessere - sono destinati ad allontanarsi dalle scienze psicologiche e a sconfinare in un tipo di scienza che non è più psicologia, ma si avvicina a qualcosa di simile alla biologia o alla medicina. La scienza psicologica è noetica ed ermeneutica, e non riduttiva.
Ovviamente si tratta di punti di vista, però, per chi volesse approfondire il tema consiglio la lettura di questo articolo comparso recentemente sulla rivista scientifica che si occupa proprio della medicina basata sull'evidenza, dove, citando gli autori:
<<un radicato concetto di scienza basata sull’evidenza ha prodotto una serie di correlati e conseguenze riportati e stigmatizzati da riviste specializzate e dalle linee-guida. Seguendo pedissequamente questa tendenza, molti ricercatori sono saltati su questo carrozzone imitando i loro colleghi medici e riempiendo i lavori scientifici di concetti tratti da tale “movimento di pensiero” basato sull’evidenza
si dimostra utile nel dimostrare come le scienze mediche siano colonizzate (territorializzate) da un omnicomprensivo paradigma di ricerca scientifica – che appartiene al post-positivismo- ma anche e soprattutto dimostra i processi secondo i quali un’ideologia dominante permette di escludere forme alternative di conoscenza, con una modalità “fascista”.>>

Aggiungo ancora che nello specifico non fatico affatto (e lo faccio regolarmente) ad inviare un paziente ad un terapeuta con indirizzo differente dal mio. Ma la scelta non la faccio perchè un ENTE sovraordinato mi dice che così dev'essere.
Si tratta invece di scelte che devono essere ben ponderate, fatte sulla base della diagnosi clinica effettuata sul paziente. Considero tanti fattori: il suo temperamento, il suo carattere, la sua inclinazione, il suo stile di personalità.
Non è semplice indirizzare la terapia. Magari fosse così facile come alcuni credono.
Cari saluti.

#75
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Bisogna soltanto avere l'umiltà di ammettere che non tutto è efficace per tutto senza affannarsi a cercare affermazioni autoimmunizzanti (come direbbe Popper) per sostenere ciò che non è evidente.
Il terapeuta deve ammettere la necessità di allargare la sua tecnica terapeutica perché l'esperienza e l'evidenza clinica ha dimostrato l'inutilità di alcuni interventi per casi specifici.
Cosi' come alcuni studi evidenziano come la TCC sia poco significativa nei disturbi psicotici e bipolari così come la TBS non ha un modello ben radicato per affrontare le tossicodipendenze.
NON vedo perché uno psicoanalista non debba vedere i limiti di un intervento di tipo psicodinamico per certi disturbi d'ansia.

Sta al terapeuta approfondire ed allargare il suo modello di intervento, perfezionarsi, acquisire nuove competenze tecniche o rimandare altrove. Avere la pretesa che il proprio modello di intervento sia efficace per tutto senza la necessità di integrarlo è sicuramente fuorviante per la salute del paziente.

#76
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Così come è possibile osservare i limiti di un intervento, ovvio, ammettiamo anche (evidenze cliniche e letteratura) che può esistere una pratica elettiva per problemi specifici.
La terapia famigliare ad esempio è particolarmente elettiva per i disturbi dell'infanzia, del comportamento alimentare e delle dipendenze (oltre ai conflitti famigliari)
La terapia psicodinamica per certe forme di depressione e, soprattutto, nei disturbi di personalità.
La cognitivo comportamentale e la terapia strategica sono particolarmente elettive nei disturbi di ansia piuttosto invalidanti (DOC; fobie, panico)

#77
Dr. Roberto Callina
Dr. Roberto Callina

In completo accordo con il collega Raggi, vorrei solo aggiungere, a beneficio soprattutto degli utenti, che, così come non è possibile unificare tra loro tutte le correnti cognitive, comportamentali e cognitivo-comportamentali, allo stesso modo sarebbe riduttivo parlare di un'unica forma di terapia psicodinamica.
Esistono, innanzitutto, correnti di pensiero differenti (freudiana, adleriana, junghiana) e tutte le moderne terapie dinamiche non si rifanno ai principi storici della psicoanalisi freudiana classica; ci sono così quelli che potremmo definire i neo-freudiani, i neo-adleriani e i neo-junghiani, oltre a molte altre correnti che si rifanno ad altri modelli specifici.
Pensare solo agli studi di Freud come fondamento delle terapie dinamiche contemporanee sarebbe come parlare delle terapie cognitivo-comportamentali ancorandosi esclusivamente agli studi di Pavlov, Skinner e Watson.
La teoria di Alfred Adler, per esempio, seppur in una prospettiva psicodinamica, non sempre utilizza l’interpretazione di dinamiche inconsce come focus operativo dell’intervento.
L’obiettivo è sempre quello di smantellare le finzioni del paziente; finzioni che hanno una dimensione emotiva, cognitiva e comportamentale e che sono dinamicamente orientate verso uno scopo, per lo più, inconsapevole.
A mio parere sarebbe riduttivo parlare di orientamenti di uno o dell’altro tipo senza precisare, come ha ben fatto il collega Bellizzi, che ogni individuo è un essere unico e irripetibile, così come lo sono il suo stile di vita, la sua personalità, le sue attitudini verso la vita, i suoi pensieri, i suoi comportamenti e le sue emozioni; per questo motivo è necessario che l’intervento terapeutico sia “cucito” sul paziente come un abito su misura.
Solo l’incontro della coppia creativa terapeuta-paziente può determinare quali siano le strategie migliori di intervento, indipendentemente dal paradigma teorico cui ognuno di noi fa riferimento.

#78
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

dottor Callina, condivido in parte il tuo pensiero, il paziente è unico e irripetibile, d'accordissimo, e l'intervento va cucito su misura, ancora d'accordo, ma certe dinamiche cognitive sono sovrapponibili e su di esse si può creare tutta la complicità tra terapeuta e paziente ma se non entri nel merito di certe dinamiche distorte con interventi ad oc e, il più delle volte, già osservati e standardizzati, non otterrai mai la soluzione di uno specifico sintomo. Per il resto non posso che concordare.

#79
Dr. Roberto Callina
Dr. Roberto Callina

dottor De Vincentis, a mio modestissimo parere c'è solo una contraddizione in ciò che scrivi. Se condividi l'unicità individuale di ogni essere umano come puoi pretendere di standardizzare l'intervento in merito a certe dinamiche distorte? :-)

Condivido con te il senso generale del tuo articolo: di fronte a una ruminazione sarebbe inutile, e controproducente, utilizzare il ragionamento rischiando di colludere con il paziente nella ricerca di risposte.
Le motivazioni che stanno alla base di una distorsione cognitiva di questo genere sono però differenti e non standardizzabili ed è su quelle che, personalmente, ritengo utile intervenire.

#80
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

nessuna contraddizione, il paziente è unico per la sua storia , la sua cultura ed il suo modo di intendere la vita, mentre certe trappole cognitive, come quella su descritta, sono sovrapponibili e non occorre essere particolarmente creativi per un intervento efficace (almeno in queste)
Questo è il punto, ci sono dottrine che vedono motivazioni alla base di certe distorsioni, altre semplicemente autoinganni appresi senza alcuna motivazione di fondo. Il fatto è che un intervento che non preveda motivazioni di fondo risulta essere efficace e veloce e, contrariamente ai miti, definitivo. Senza togliere nulla agli altri interventi , si intende.

#81
Utente 219XXX
Utente 219XXX

Diceva Aristotele che "dell'individuale non v'è sapere". E questa discussione sembra proprio avallare questa ipotesi. Mi sembra poi una forzatura isolare determinati fenomeni psichici dal tutto di cui fanno parte. Questo tutto è caleidoscopico e si presenta in un determinato modo a seconda della prospettiva da cui lo si guarda e per questa ragione trovo difficile che si arrivi ad un accordo unanime.

#82
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

> Il fatto è che un intervento che non preveda motivazioni di fondo risulta essere efficace e veloce e, contrariamente ai miti, definitivo.

Ma in questo caso, è un intervento terapeutico, o psicoeducazionale?

#83
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

dipende da cosa intendiamo, poichè, dal punto di vista strategico e cognitivo comportamentale, ristrutturare una modalità cognitiva e percettiva distorta che induce ad un sintomo è un intervento terapeutico.
Ammetto che dottrine differenti attribuiscono significati differenti anche ai concetti. E di questo dobbiamo solo prenderne atto, purtroppo!

#84
Utente 317XXX
Utente 317XXX

Senza voler offendere o sminuire nessuno e nessun orientamento terapeutico, mi sembra che non sia molto chiaro cosa succede in TCC (mi tocca approssimare perché sono una paziente e non un'esperta nel campo).
Faccio un'esempio pratico, sperando di essere utile. Poniamo l'ossessione "violenta" di temere di fare del male fisico al prossimo, involontariamente o volontariamente. Senza indagare se è venuto prima l'uovo o la gallina capita che a un certo punto vi siano immagini intrusive anche pesanti e uno dei ragionamenti più comuni (sperimentato in prima persona e sentito da altri "malati") è: "Se penso questa cosa, che non è normale ed è deprecabile, allora potrei esserne capace / come faccio a essere sicuro che non metterò in pratica questo pensiero?". La distorsione cognitiva alla base di questo ragionamento è l'importanza eccessiva che a volte diamo a un pensiero (dalla fantasia sessuale all'idea di picchiare un collega di lavoro o entrare nudi in un centro commerciale mulinando le braccia in aria), che ipoteticamente può esistere nella mente di chiunque. Un malato di DOC arriva ad analizzarlo continuamente, tutti i minuti di tutte le ore delle sue giornate e messo davanti all'obiezione "Beh, ma se ne hai tanto timore significa che non vuoi farlo" si limita a sgranare gli occhi e dire che non può saperlo con certezza. Per dire esiste anche l'ossessione del suicidio, l'aver paura di potersi suicidare. A pensarci "razionalmente" può sembrare surreale (e lo è, come tutte le ossessioni), ma per chi ci è dentro è un problema tangibile.
Potrei andare avanti per pagine e pagine, il punto è che nella terapia che ho fatto (TCC, se a qualcuno interessa posso anche dire dove e con chi) per prima cosa mi è stato insegnato a espormi ai pensieri senza cercare di scacciarli o sostituirli. All'inizio è quasi impossibile e viene da chiedersi se il terapeuta ha una vaga idea del dolore mentale e fisico che questo provoca, poi un passo alla volta si realizza che dopo essere aumentata fino a diventare intollerabile l'ansia diminuisce. E si impara a osservare il fluire dei propri pensieri, qualunque sia il loro contenuto, senza giudicare o "attivare" meccanismi di difesa come l'ansia.
E' lo stesso per un'ossessione da contaminazione: si espone il paziente chiedendogli di ritardare il rituale (lavaggio mani o simili) di 5 minuti in 5 minuti, fino a sradicarlo del tutto.
Fatto questo, che è la parte comportamentale, si può passare ai meccanismi cognitivi. Si analizzano le connessioni fra A e B (nel mio caso "se penso una cosa esiste un rischio tangibile che accada) e si va a ristrutturare questo meccanismo. Questo non sarebbe minimamente possibile in una prima fase, visti anche gli studi che mostrano come in un ossessivo l'attività cerebrale (del lobo frontale, se non sbaglio) sia differente e la sensazione di non avere risorse mentali a disposizione ha in effetti qualche fondamento. E' come essere costantemente sotto esame o, per assurdo, in pericolo di vita. Fare una terapia psicodinamica in quelle condizioni non è pensabile.
Mi scuso per il minestrone di concetti e citazioni, le mie fonti sono:
http://www.leebaerphd.com/the-imp-of-the-mind/ (questo libro non è stato tradotto in Italia)
http://www.leebaerphd.com/getting-control/
http://jeffreymschwartz.com/books.htm
http://www.ocfoundation.org/treatment.aspx

#86
Dr. Roberto Callina
Dr. Roberto Callina

Gentile Utente 317317,
penso che nessuno qui voglia mettere in dubbio i risultati di una TCC condotta da un professionista preparato.
Sono lieto che abbia tratto benefici dalla sua esperienza.
Il punto è un altro, però.

Credo che tutti noi professionisti conosciamo perfettamente cosa accade in una terapia cognitivo-comportamentale, avendo una preparazione "di base" comune, seppur con le opportune differenze individuali, oltre all'obbligo deontologico di una formazione continua.
Quello che invece non sembra chiaro a lei è che risultati analoghi si possono ottenere con terapie di orientamento psicodinamico, nelle quali, forse, lei non ha un'idea così chiara di quanto accade.

Le terapie psicodinamiche contemporanee non si concretizzano, come il mito cinematografico "alla Woody Allen" vuole far credere, nella ricerca ossessiva delle cause inconsce del problema.

Così come l'attuale TCC è fortemente influenzata, nella sua pratica clinica, dalle ricerche che provengono da altri orientamenti teorici (si veda, a puro titolo di esempio, l'importanza che viene attribuita alla relazione terapeutica), allo stesso modo molte terapie psicodinamiche sono lontane anni luce dalle teorizzazioni della prima e della seconda topica freudiane.

Tutto questo non per sminuire il suo contributo ma solo per un'informazione più puntuale per quegli utenti che, forse, non hanno tutte le sue conoscenze teoriche.

Un caro saluto

#88
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Continuo a seguirvi con grande interesse, e a questo punto mi si pone un'altra domanda. Ho iniziato molto giovane ad andare in terapia (psicodinamica) anch'io per ossessioni di tipo violento. Per quando grazie alla terapia questi pensieri ossessivi di tipo violento se ne siano andati quasi del tutto, con gli anni e con le terapie (ne ho affrontate altre due, una delle quali ancora in corso, entrambe psicodinamiche e nonostante ciò molto molto differenti tra loro) ho capito che questa mia tendenza ossessiva, che si è inizialmente resa palese attraverso questi pensieri violenti, in realtà fa parte del mio modo di pensare nella sua complessità: è quindi necessario un lavoro ampio, sull'intera mia personalità, non sul singolo disturbo ossessivo che mi si presenta (che oggi può essere un pensiero violento, domani di tipo omosessuale, domani ancora riguarda una semplice scelta che devo prendere, anche minima). Allora mi chiedo: una terapia di diverso tipo (cognitivo-comportamentale, breve strategica, ecc.) che non prevede, credo, un lavoro così ampio sulla personalità del soggetto nella sua totalità, come fa a sradicare completamente il problema? Non sono un'esperta ed è probabile che abbia fatto confusione sul modo di lavorare di certe psicoterapie, se così fosse chiedo venia :)

#89
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

gentile utente 317317, sottoscrivo le osservazioni del dr. Callina: lei non ha fatto una terapia psicodinamica ma una TCC, che le è giovata. Dunque può parlare come fa della sua esperienza positiva, ma non può a nessun titolo e nemmeno come paziente parlare di terapie psicodinamiche, che infatti dimostra di non conoscere neppure vagamente.

Lei dice <<il punto è che nella terapia che ho fatto (TCC, se a qualcuno interessa posso anche dire dove e con chi) per prima cosa mi è stato insegnato a espormi ai pensieri senza cercare di scacciarli o sostituirli (...) E si impara a osservare il fluire dei propri pensieri, qualunque sia il loro contenuto, senza giudicare o "attivare" meccanismi di difesa come l'ansia.>> - e poi conclude - <<Fare una terapia psicodinamica in quelle condizioni non è pensabile.>>

Le faccio notare 1) che tra premesse e conclusioni non c'è nesso argomentativo. 2) Chi le ha detto che nella terapia psicodinamica invece si fa il contrario di quanto lei premette? Forese quialcuno le ha detto che in psicoterapia psicodinamica, qualunque essa sia, si rimugina suo pensieri? O li si cerca di scacciare? - Guardi che queste sono solo fantasie che non trovano riscontro nella prassi clinica psicodinamica, ma nemmeno in quella più stereotipata di cui parla il dott. De Vincentiis e che probabilmente sconta ancora la presenza qualche psicoanalista dinosauro che si rifà all'ortodossia più classica. Ciò però avviene anche in TCC! Non credo che tutti i colleghi TCC siano aggiornati e mentalmente aperti come il Dr. De Vincentiis, o sbaglio? Ci sono anche lì tanti terapeuti che applicano senza se e senza ma i protocolli standardizzati di 50 anni fa.

Infine, credo che comunque la questione sia riferibile ad una differente etica di fondo tra le terapie psicodinamiche in generale (post adleriane, post lacaniane o post freudiane o junghiane che siano) e le cosiddette terapie focalizzate: le terapie strategiche e le TCC. Con ciò non sto dicendo che un etica è preferibile all'altra, ma semplicemente che vi sono due etiche distinte e a mio parere non conciliabili.

L'idea di "guarigione" delle TCC non è l'idea di "guarigione" della psicodinamica (e non parlo nemmeno della psicoanalisi, ma mi riferisco proprio alla terapia psicodinamica).

Per estrema sintesi: la psicodinamica non immagina che la guarigione coincida con la scomparsa del sintomo - il sintomo è invece un'opportunità per l'individuo ed ha un significato psicologico, la cui comprensione può condurre l'individuo al cambiamento e dunque alla guarigione ANCHE dal sintomo. Lacan, Freud, Adler, Jung, hanno idee differenti su questo significato, ma sul principio di partenza concordano praticamente tutti loro e i loro epigoni.

La psicopatologia ha dunque un significato profondamente diverso per i due grandi orientamenti: psicodinamica e TCC

Per le TCC la guarigione avviene infatti con la scomparsa del sintomo ela psicopatologia è un semplice accidente, un evento da curare e di cui liberarsi il più presto possibile. Il soggetto deve tornare funzionante il prima possibile.

Ciò che trovo poco utile è la pretesa da parte di alcuni colleghi, come il dr. De Vincentiis ha mostrato in questa sua news e nei successivi commenti, di voler "decidere" cosa sia scienza e cosa no sulla base di un determinato tipo di approccio che ovviamente esclude categoricamente gli altri. Nessuno contesta l'efficacia sul sintomo della TCC, è invece poco scientifico proprio il cercare di contestare l'efficacia della psicoterapia psicodinamica con argomenti settari e privi della necessaria ariosità intellettuale per comprendere cosa epistemologicamente sia o meno scienza.

Capisco che la psicoanalisi, proprio per la sua etica differente faccia ancora molta paura, nonostante ormai sia praticamente soppiantata dalle TCC, ma tant'è.

Due etiche differenti, a ciascuno la sua scelta.

Cordialmente








#90
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(..)come fa a sradicare completamente il problema?(..)
Gentile utente 275332 come ha avuto modo di spiegare il dottor Santonocito qualche post fa, il doc è un problema di forma e non di contenuto, per farla semplice cambiando la forma di elaborazione di un problema si può perfettamente sradicare il problema.

Nulla toglie all'importanza di rivedere i contenuti e la struttura di una organizzazione disfunzionale di personalità con la terapia psicodinamica.

Per rispondere al dottor Raggi, invece, purtroppo il problema sta proprio nello status scientifico di alcune dottrine, ma con questo non voglio sminuire nessuno e sicuramente, come si suol dire (e lo si evince in qualche mio post precedente) "do a Cesare quel che è di Cesare" con la consapevolezza che (non so perché non tutti vogliono vederla) che NON tutti gli approcci sono adatti per tutto. Ragionarci su questo concetto per far apparire il contrario significa andare contro, studi, statistiche evidenze e letteratura, roba che io non sento di fare.

HA la sua importanza la terapia psicodinamica? E chi lo nega! Così come ce l'hanno le altre ma non posso negare che alcune siano più elettive (vedi sopra).
NON è una battaglia ideologica in favore o sfavore di un orientamento ma solo in favore del paziente che dovrà scegliere, dandogli, così, la facoltà di effettuare una scelta informata.

e quando scrive: (..)La psicopatologia ha dunque un significato profondamente diverso per i due grandi orientamenti(..)

non posso che concordare ed evidenziare che, purtroppo, proprio questo è motivo di conflitto e discussione scientifica che di certo non può terminare in questa sede

#91
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Dottor Raggi, il discorso è chiaro e molto affascinante. A me non piace pensare l'individuo come una macchina da curare e anzi mi ha sempre interessato sapere cosa i miei disturbi hanno da dirmi, dove vogliono condurmi: sarà per questo che ho intrapreso sempre delle terapie psicodinamiche e non mi sono aperta ad altri orientamenti. Il fatto è che la psicoterapia, a mio avviso, non si nutre solo di "mi piace pensare" ma anche di risultati raggiunti; se non migliora concretamente la vita del paziente, se il paziente non si "sblocca" anche dopo tanti anni di terapia psicodinamica ma rimane invischiato nei suoi problemi e meccanismi mentali ha senso continuare in quella direzione solo per essere coerenti con la propria "dimensione etica"? La ringrazio se vorrà rispondermi. Cordiali saluti :)

#92
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Caro utente 275332,
certo che le rispondo e con piacere.

Ho 2 cose da dire a proposito:

1) <<la psicoterapia, a mio avviso, non si nutre solo di "mi piace pensare" ma anche di risultati raggiunti>> - concordo con lei. E per rispondere amnche al Dr. De Vincentiis <<non posso negare che alcune siano più elettive (per guarire dal sintomo nda)>> - le dico che è proprio - come ho cercato dio spiegare più sopra - sul significato di parole come "risultato" e "guarigione" che abbiamo punti di vista - ripeto - etici - differenti tra lettura psicodinamica del sintomo e TCC.

Dunque, chi dice che il paziente migliora quando cessa il sintomo? Qual'è il significato di miglioramento? Lei sente di essere guarito nel momento in cui cessa il sintomo? Bene, la TCC fa per lei ed avrà buone possibilità di "guarire" secondo quella logica. Ma non credo sia così per lei altrimenti non avrebbe scelto un orientamento che non si LIMITA al sintomo come quello psicodinamico.
Molti pazienti si illudono di "guarire" scacciando via la ragione (che la psicodinamica contempla) della psicopatologia che attraverso il sintomo manifesta bisogni dell'individuo spesso molto distanti dal sintomo stesso. Banalmente ciò avviene anche in medicina: il paziente vuole solo che cessi il mal di pancia, ma spesso c'è altro e limitarsi a "guarire" solo il sintomo può essere altamente iatrogeno. La psiche in questo è ancora più complessa del corpo e queste equivalenze tra mancanza di sintomi e benessere sono del tutto impossibili.

Premesso quanto sopra vendo al punto 2 della sua questione e rispondo senza tentennamenti: non ha alcun senso, per quanto mi riguarda, ostinarsi per anni in un qualsiasi percorso incluso quello psicoanalitico se non si comprende, si accetta e si è soddisfatti del senso di ciò che si sta facendo. Ovviamente ciò non vale affatto dopo i primi incontri, in cui tutte le resistenze del paziente sono più attive. Ma se dopo anche solo un anno ancora si mette in dubbio la sensatezza del proprio percorso e non si è ottenuto alcun risultato, fidatevi, non sono resistenze e cambiate in fretta terapeuta.








#93
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(..)Ma se dopo anche solo un anno ancora si mette in dubbio la sensatezza del proprio percorso e non si è ottenuto alcun risultato, fidatevi, non sono resistenze e cambiate in fretta terapeuta.(..)
Mai stato così d'accordo con il dottor Raggi!

#94
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Beh se sono riuscita addirittura a mettervi d'accordo su una cosa, allora devo prendere questa possibilità in seria considerazione :)
Scherzi a parte, grazie di tutte risposte. Riaffronterò il problema con la terapeuta dato che rimuginando da sola non credo che arrivarei a nessuna conclusione. Grazie ancora

#95
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Utente 317317,

La chiara descrizione che ci ha offerto del suo percorso, conclusosi con successo, esemplifica bene il concetto di ossessione come problema più di forma che di contenuto. In particolare le prescrizioni di non opporsi ai pensieri intrusivi, evitando di interpretarli, e il ritardare progressivo dei rituali sono tutti esempi di modifica della forma in cui il problema si manifesta, propedeutici al successivo lavoro di ristrutturazione e consolidamento.

Utente 275332,

>>> ho capito che questa mia tendenza ossessiva, che si è inizialmente resa palese attraverso questi pensieri violenti, in realtà fa parte del mio modo di pensare nella sua complessità: è quindi necessario un lavoro ampio, sull'intera mia personalità
>>>

Potrebbe aver “capito” questo solo perché la dottrina dei terapeuti che ha visto era tale da offrirle o indurla ad arrivare a questo tipo di spiegazione e non ad altre.

Il suo potrebbe non essere un problema bisognoso di lavoro sulla personalità, ma un problema basato su una modalità rimuginatoria di pensiero alimentata dall’ansia e dalla preoccupazione.

Ha perfettamente ragione a dire che le ossessioni si possono manifestare nel tempo in modo diverso, ad es. come paure di contaminazione, di poter fare del male a qualcuno o di essere omosessuali, ma questo è un problema di forma, come stavo spiegando. Non ha nulla a che vedere con la personalità, il meccanismo che ne sta alla base è sempre l’ansia. Si può essere ansiosi e introversi oppure ansiosi ed estroversi.

>>> Allora mi chiedo: una terapia di diverso tipo (cognitivo-comportamentale, breve strategica, ecc.) che non prevede, credo, un lavoro così ampio sulla personalità del soggetto nella sua totalità, come fa a sradicare completamente il problema?
>>>

Se la mia ipotesi è corretta, la sua domanda sarebbe mal posta perché starebbe appunto dando per scontato che l’ossessività sarebbe un problema di personalità, cosa in generale non vera.

Qualunque modello della personalità, da quello più semplice di Eysenck che prevedeva tre soli fattori, passando per il Big Five che ne contempla cinque principali, fino a quello di Cattell che ne postula 16, la tendenza all’ansia non è influenzata da tutti questi fattori, ma solo da uno o due. Ad esempio nell’odierno Big Five - che comunque non è un modello psicopatologico della personalità - sarebbe la coscienziosità.

L’ossessività non è in generale legata alla personalità - a meno che non si tratti di disturbi pervasivi della personalità - e l’ossessività patologica si può risolvere lasciando all’individuo la personalità che ha.

Riguardo poi all’affermazione che terapie come TCC o TBS non prevedrebbero un lavoro esteso sulla personalità, essa è imprecisa perché anche quando un lavoro *diretto* sulla personalità non è effettuato, non di rado eliminando una patologia invalidante si assiste come effetto a una riorganizzazione spontanea delle modalità ridondanti di risposta della persona al proprio ambiente, che in taluni casi può essere spettacolare.

>>> Il fatto è che la psicoterapia, a mio avviso, non si nutre solo di "mi piace pensare" ma anche di risultati raggiunti
>>>

Infatti è così, o almeno così dovrebbe essere.

Il fatto che alcune forme di terapia abbiano un taglio più di problem solving che di viaggio alla scoperta di se stessi, cioè che vedano innanzitutto il problema da risolvere e cerchino di definirlo nel modo più preciso e focalizzato possibile, significa solo un orientamento pragmatico del terapeuta. Esso non è in contraddizione con un lavoro più approfondito, se la persona ha ancora voglia di farlo dopo aver risolto il problema (cosa che però in genere non succede; quando si sta bene, si preferisce andare a fare esperienza nel mondo e divertirsi, piuttosto che stare in stanza di terapia).

In ultima analisi è il paziente che deve decretare se il suo problema è stato risolto o no, prima ancora del terapeuta. Lo psicoterapeuta è l’esperto del problema, ma è sempre il paziente il massimo esperto della *percezione* del suo problema. Ecco perché, ad esempio, in TBS sono previsti follow up a una certa distanza dalla fine della terapia, per verificare la bontà del lavoro fatto e il mantenimento dei risultati ottenuti.

Succede che a volte dei pazienti smettano improvvisamente di venire in terapia dopo poche sedute. Ma per quanto questo possa essere frustrante per il terapeuta si scopre, richiamando il paziente a distanza di mesi, che nella maggior parte delle volte il problema era stato già risolto.


#96
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Dr. Santonocito, chiarissimo, come sempre! La domanda sul lavoro sulla personalità sì probabilmente è frutto di una mia conoscenza superficiale di certi concetti; ho letto poco tempo fa un libro sul DOC ("Manie, paure e idee fisse" di Franck Lamagnère) dove si diceva che molto spesso la persona affetta da DOC ha alla base una personalità di tipo ossessivo e allora, forse ingenuamente, mi è venuto da pensare che fosse necessario un ampio lavoro sulla personalità. Però ora ho capito.
<<In ultima analisi è il paziente che deve decretare se il suo problema è stato risolto o no, prima ancora del terapeuta. >>
Purtroppo ha ragione, è proprio così. E' questo è il problema, sono riuscita a interrompere una terapia solo quando la terapeuta ha fatto qualcosa che non mi è piaciuto ed ero molto arrabbiata. Se invece il rapporto è buono, mi risulta quasi impossibile anche se sono piena di dubbi. Comunque, grazie dei chiarimenti.

#97
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> un libro sul DOC ("Manie, paure e idee fisse" di Franck Lamagnère) dove si diceva che molto spesso la persona affetta da DOC ha alla base una personalità di tipo ossessivo
>>>

Non conosco il libro in questione, però posso dirle che questo è un equivoco in cui sembrano incorrere alcune scuole di pensiero in psicologia clinica: non riconoscono l'ossessività patologica come disturbo isolato, ma solo come disturbo di personalità. Siccome i sintomi sono tenaci e rigidi, qualcuno deve aver pensato: "Accidenti, allora dev'essere che proprio la persona è fatta così".

Ma, come ho cercato di spiegare, questo non è vero. L'esperienza clinica di qualunque terapeuta dotato di sufficiente sensibilità e apertura mentale può rilevare che le ossessioni-compulsioni sono in generale indipendenti dalla personalità.

Infatti anche il DSM, uno dei manuali più usati da psichiatri e psicologi per la classificazione dei disturbi psicopatologici, distingue fra disturbo ossessivo-compulsivo (asse I) e disturbo di personalità ossessivo-compulsivo (asse II): perché sono quadri patologici diversi.

Saluti



#98
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

<<Non ha nulla a che vedere con la personalità, il meccanismo che ne sta alla base è sempre l’ansia. Si può essere ansiosi e introversi oppure ansiosi ed estroversi.>>

A beneficio dell'utenza, ed onde evitare che il lettore possa immaginare cose sbagliate, aggiungo a quanto espresso dal dott. Santonocito le seguenti integrazioni:

Estroversione o introversione sono orientamenti o dimensioni (per utilizzare un gergo più neutro) della personalità. L'ansia è prima ancora che un sintomo, uno stato mentale naturale. Come sintomo è presente con minore o maggiore intensità in tutte le principali forme psicopatologiche. La personalità è una cosa diversa dalla sua dimensione.

Le ossessioni si accompagnano di solito all'ansia spesso, ma in ogni caso possono anche essere un sintomo e non un disturbo ne di tipo ossessivo compulsivo ne di personalità ossessivo compulsiva. Non sempre il disturbo primario alla base di pensieri ossessivi è un disturbo d'ansia, ma occorre una diagnosi clinica accurata per comprenderne la natura.

#99
Ex utente
Ex utente

In merito a quest'ultimo commento del Dr. Alessandro Raggi: "Le ossessioni si accompagnano di solito all'ansia spesso, ma in ogni caso possono anche essere un sintomo e non un disturbo ne di tipo ossessivo compulsivo ne di personalità ossessivo compulsiva."
In che senso le ossessioni possono essere solo un sintomo, slegato da un disturbo?

Cordiali saluti

#100
Utente 265XXX
Utente 265XXX

Beh che dire..articolo molto interessante e sinceramente sono molto contento di aver potuto leggere questo confronto tra specialisti di differente orientamento,l'ho trovata un'attività molto stimolante che però mi ha fatto sorgere un dubbio che vorrei esporre tanto ai dottori De Vincentis,Pileci e Santonocito,quanto al Dottor Raggi o alla dottoressa Massaro.
Leggendo questo articolo,pur non essendo esperto in materia,mi pare che si arrivi abbastanza agilmente alla conclusione che certi indirizzi terapeutici,come quelli psicodinamici,siano alquanto inefficaci nel trattare i disturbi d'ansia o doc vari e in più mi pare che ci sia anche la buona probabilità che questi indirizzi possano aggravare il problema.La domanda è,ma questo può essere vero?cioè,da profano in materia,mi chiedo come sia possibile che così tanti psicoterapeuti di indirizzo non cognitivo comportamentale o strategico continuino a curare pazienti affetti da ansia e pensiero ossessivo senza curarsi della totale mancanza di risultati o addirittura dell'aggravarsi di certi sintomi.Voglio dire che se certi psicoterapeuti(psicodinamici o psicoanalitici) continuano a trattare anche i pazienti affetti da ansia e doc vari senza mandarli via vorrà dire che certi risultati li raggiungeranno pure no?Se davvero certi indirizzi fossero così inefficaci per la cura di certi,se non dannosi,non avrebbero iniziato certi specialisti a dire ai propri pazienti "guardi,per certi disturbi,come quelli legati all'ansia,ci sono indirizzi molto più adatti del mio"

Io se fossi uno psicoterapeuta che in 20 anni di carriera non ha mai fatto guarire neanche un paziente affetto da ansia smetterei di curare questa disfunzione,evidentemente invece certi risultati li ottengano anche loro.

Non sono del settore,voglio pensarla così perché voglio essere in buona fede e non pensare che ci siano migliaia di psicoanalisti e terapeuti psicodinamici che continuano a trattare i disturbi d'ansia infischiandose dell'inefficacia dei loro metodi.anche perché parlandoci chiaro,leggendo questo articolo sembra che le possibilità di successo di certi indirizzi per i disturbi ansiosi siano veramente bassine bassine..

Ripeto che non vuole essere una domanda in polemica ne con i cognitivisti ne con nessun altro,anche perché non ho le conoscenze per poter polemizzare con nessuno di voi.E' semplicemente una domanda nata dal voler pensare in buona fede.
Grazie a chi vorrà rispondermi.

#101
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Gentile Utente,
non posso che condividere la sua perplessità. Non esistono psicoterapie efficaci o inefficaci in assoluto, ma solo psicoterapie inefficaci o efficaci per quella specifica persona in quello specifico momento.
In tanti casi fallisce o funziona la TCC come in altri casi falliscono o funzionano la psicoanalisi o l'ipnosi, per fare due esempi diversi, perché un conto sono le teorie e le ricerche basate sui grandi numeri e un altro conto è la clinica e quindi la trattazione del singolo individuo.
Ovviamente questo accade perché a orientamenti terapeutici diversi corrispondono letture e interpretazioni diverse del problema e queste possono essere più o meno adeguate al singolo paziente, rendendosi efficaci o inefficaci nella sua trattazione.

Purtroppo non si può sapere in anticipo con certezza quale tipo di psicoterapia sarà utile a risolvere un certo problema, anche perché il "peso" del terapeuta nel processo di cambiamento è tutt'altro che indifferente e i fattori in gioco sono tanti: due psicoterapeuti che utilizzano la stessa tecnica possono infatti ottenere risultati molto diversi in base a quanto sono "bravi", esperti, empatici ecc., valorizzando quella tecnica con le proprie qualità o svilendola. Lo stesso avviene in campo medico e in molti altri ambiti.

Un caro saluto,
Flavia Massaro

#102
Psicologo
Psicologo

Gentile utente, giusto per confondere un pò le acque vorrei aggiungere che non tutti i modelli di terapia sono concordi nel considerare cosa è "guarigione", o addirittura nel perseguire un'idea di "guarigione".

Ad esempio, per un terapeuta cognitivo-comportamentale l'idea di "guarigione" corrisponde con il raggiungimento degli obiettivi di terapia concordati durante la valutazione iniziale.

Per questo motivo, ad esempio, la definizione di obiettivi concretamente valutabili diviene molto importante: in TCC, "diventare una persona migliore", "trovare il mio posto al mondo", "sentirmi a posto con me stesso" o "accettarmi pienamente" non sono obiettivi di terapia, bensì "desideri" del paziente, legittimi, ma modulabili in obiettivi di terapia come ad esempio "imparare ad affrontare i conflitti con mia moglie discutendo con lei in modo assertivo", "scegliere un percorso universitario e perseguirlo, preparando almeno due materie per il primo appello e presentandomi agli esami", "interrompere le mie ruminazioni sugli errori che ho commesso nella mia vita ed impegnarmi a cercare attivamente un lavoro", etc.

Letti così devo dire che suonano molto meno affascinanti, ma hanno dalla loro il vantaggio di essere raggiungibili e "misurabili".

Spesso, in TCC, "guarigione" implica anche "riduzione o eliminazione dei sintomi" (non sempre, dipende dall'esito della valutazione e dagli accordi tra paziente e terapeuta); questo obiettivo, per altri modelli di terapia, non solo non è utile, ma addirittura potrebbe essere controproducente.

Per questo motivo non è affatto semplice confrontare modelli di terapia molto differenti: difficilmente un analista ortodosso si proporrà di interrompere le compulsioni e ridurre il tempo di rimuginazione di una persona con Disturbo Ossessivo, mentre questi target sono fondamentali per chi intraprende una TCC.

Condivido solo in parte il pensiero della collega dott.ssa Massaro. E' vero che esiste la "variabile terapeuta" che può fare la differenza tra due percorsi, pur condotti con lo stesso approccio tecnico; ma è anche vero che, personalmente, considero ogni approccio (almeno quelli scientificamente più fondati e con una tradizione di ricerca e clinica alle spalle) probabilmente più indicato alla trattazione di specifiche tematiche e problemi, e meno per altri.

Ad esempio, sulla scorta dei dati di ricerca sull'efficacia (ed efficienza) delle terapia, considero gli approcci sistemico-relazionali e psicodinamici più indicati di quello cognitivo-comportamentale per il trattamento di alcuni disturbi di personalità ed alimentari (come le Anoressie), mentre un disturbo Borderline di personalità può beneficiare sia di trattamenti psicodinamici che della terapia comportamentale-dialettica.

Il discorso potrebbe continuare a lungo, ed articolarsi per ogni singolo disturbo o trattamento. Esistono enti e programmi, ad esempio negli USA, che valutano l'efficacia e l'efficienza delle politiche sanitarie, comprese le psicoterapie:

http://nrepp.samhsa.gov/CERResources.aspx

Un aspetto che mi sembra interessante sono le conclusioni cui è giunta la seconda task force dell'American Psychological Association - Division 29, che raccomanda di porre maggior attenzione alla cura della relazione terapeutica e non solo al modello di terapia adottato:

http://www.divisionofpsychotherapy.org/continuing-education/task-force-on-evidence-based-therapy-relationships/conclusions-of-the-task-force/

Sono conclusioni vecchie di tre anni, ma pongono enfasi su un tema in realtà poco controverso (quasi tutti gli orientamenti teorici sostengono l'importanza dell'alleanza terapeutica e della relazione terapeutica), sebbene valorizzato differentemente dai singoli modelli teorici e dalle correnti di pensiero in psicologia.

#103
Utente 265XXX
Utente 265XXX

@Dottor Calì,innanzi tutto grazie della risposta,poi "trovare il mio posto nel mondo" ,"diventare una persona migliore", "sentirmi a posto con me stesso","accettarmi pienamente" beh in effetti più che obbiettivi di una terapia sembrano frasi da bacio perugina;-) ma in casi invece come mancanza di autostima ed insicurezza oppure il non saper cosa fare di lavoro nella vita(che mi sembrano obbiettivi ben più concreti) la tcc può essere utile oppure no?per mancanza di autostima non intendo cose tipo l'assertività..io ad esempio da quel punto di vista non ho mai avuto problemi..anzi sono sempre riuscito ad impormi(forse anche troppo) fin da piccolo,però ho insicurezza e poca autostima su altre cose..ad esempio temo di non piacere mai alle donne(anche se ho le prove che non è così) e di non essere mai all'altezza di stare con loro..mi sento sempre sotto esame in loro presenza..eppure ripeto,ne con loro ne con gli uomini mi faccio mettere i piedi in testa,anzi.
Per questi problemi,così come per il non sapere cosa fare nella vita,può essere utile la tcc oppure è un approccio che si limita a scacciare l'ansia di certecose senza renderti però di fondo una persona più sicura di sé? Grazie

@Dottoressa Massaro,grazie della risposta,un carissimo e cordiale saluto anche a lei;-)

#104
Psicologo
Psicologo

>> in effetti più che obbiettivi di una terapia sembrano frasi da bacio perugina;-)

è quello che penso anche io... ^___^

>>ad esempio temo di non piacere mai alle donne(anche se ho le prove che non è così) e di non essere mai all'altezza di stare con loro..mi sento sempre sotto esame in loro presenza..

A volte, questo accade quando diamo troppa "credibilità" ai nostri pensieri, ed a tutte quelle cose inevitabili e stupide che ci passano per la mente quando affrontiamo qualcosa anche solo minimamente "attivante". "Chissà cosa penserà di me", "Farò una cattiva figura", etc., ad esempio.

In TCC non si impara a "scacciare l'ansia". Si impara a non lasciarsene sopraffare, a non ingigantirla inutilmente, ad accorgerci che siamo liberi di scegliere anche quando le cose vanno male. A non farci condizionare dai nostri pensieri ed a non scambiarli per la realtà, a comportarci in modo quanto più possibile simile a come vorremmo e non cedere all'impulso di scappare o cercare effimere rassicurazioni.

Se lei potesse imparare queste cose, si sentirebbe altrettanto insicuro?

Riguardo a "non sapere quale lavoro fare nella vita", a meno che lei non sia vittima di qualche forma di rimuginazione cui indugia, forse più che una psicoterapia sarebbe più indicato un job center o un bel bilancio delle competenze, perchè nessuna delle terapie che conosco può derogare dal codice deontologico, che ci vieta ogni intromissione nelle scelte di vita importanti delle persone con cui lavoriamo, indipendentemente dal nostro orientamento teorico.

#105
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

>>> temo di non piacere mai alle donne(anche se ho le prove che non è così)
>>>

È probabile che le prove di cui dispone siano insufficienti. Nel senso, che magari sul piano razionale *sa* che le donne non la disprezzano, ma *sente* che non è così.

Quindi ciò che le manca non sono prove, è l'esperienza del fallimento. Ogni ansioso/insicuro di solito evita ciò di cui ha paura e così facendo la rinforza ancora di più. Ad esempio la paura del rifiuto da parte delle donne farà cercare all'ansioso ogni modo possibile per non essere rifiutato. E così facendo, senza rendersene conto, si consolida in lui il sentimento (in modo circolare) che quella è davvero una cosa paurosa, quindi faccio bene a evitarla!

Pertanto se ritiene essere questo il suo problema, una TCC o anche la strategica breve, entrambe forme attive e prescrittive di terapia, non possono che fare al caso suo. Ma deve essere motivato a uscire dal suo problema.

#106
Utente 265XXX
Utente 265XXX

" se lei potesse imparare queste cose si sentirebbe altrettanto insicuro?" E' buffo sa' dottore?ho sempre pensato che fosse la mia insicurezza a crearmi l'ansia ma di recente sto iniziando a chiedermi se non sia invece l'ansia a crearmi tutta questa insicurezza!mi pare che un approccio come il suo vada in questa direzione.Visto?non è poi vero che la TCC non va a fondo alle cause del problema,a volte è semplicemente colpa nostra che confondiamo cause ed effetti! leggi:andiamo a scavare nelle tue insicurezze per trovare la causa del tuo sintomo(ansia) quando invece forse si dovrebbe lavorare sull'ansia per vivere meglio in generale!e come può questo non giovare alla nostra sicurezza personale?.

Dottor Santonocito,ha ragione su tutto quello che mi ha scritto,specie sulla paura del rifiuto.Io sono motivato al cambiamento,l'unico problema è che sono molto affezionato alla mia terapista,che però ha un approccio non adatto alla mia situazione(e l'ho capito solo ora).E' convinta che trovando il momento nel mio passato in cui ho iniziato a pensare troppo e ad essere troppo ansioso si potranno risolvere questi problemi.Il problema,e questo magari può anche servire da spunto di riflessione per voi del settore,è che una terapia del genere ti rende anche meno attivo nel presente!ad esempio da quando vado in terapia mi viene meno di buttarmi(con le ragazze) ed impegnarmi per superare certi miei blocchi(paura del rifiuto) perché il messaggio che mi arriva in terapia è che il vero snodo è nel mio passato e li c'è la vera soluzione!non certo in un mio impegno nel presente dove,troppo pieno di complessi dall'infanzia,non potrò mai essere libero a pieno,non senza aver lavorato sul passato.
Capisce anche da solo che una visone del genere purtroppo ti toglie un bel po' di stimoli per lavorare nel presente.Comunque cambierò,anche se a malincuore,orientamento terapeutico,anche se devo ammettere che già leggendo gli articoli vostri su medicitalia(mi riferisco ad esempio a lei,de vincentis,calì,pileci) mi ci sono ritrovato così tanto che mi sento già molto meglio!ma non basta bisogna andare da uno specialista di persona e lo farò!
un cordiale saluto a tutti e due.

#107
Utente 362XXX
Utente 362XXX

Buongiorno Dottore. Ho letto con interesse i suoi articoli riguardo il pensiero ossessivo e la rimuginazione. Vorrei chiederle un consiglio, perché mi ci ritrovo moltissimo.
Ho 22 anni, sono una ragazza che decisamente rimugina moltissimo, e da qualche anno sono in psicoterapia presso una psicologa molto nota della mia città. Ho iniziato a soffrire di pensieri ossessivi e attacchi di panico circa due anni fa, quando mia madre e suo marito si sono lasciati, per poi ritornare insieme poco tempo fa. Tutto questo ha causato una situazione altalenante e per me, che sono una persona molto rigida, dicotomica talvolta, non è stato un bene, soffrendo già dell'abbandono da parte di mio padre quando ero piccola. Rapporto che con lui è stato comunque recuperato.
In quel periodo i pensieri ossessivi erano del tipo "E se facessi del male a mia madre?" "Se fossi epilettica(tant'è che non andavo più al cinema, privandomi di una cosa che amo)?" "Se stessi impazzendo?". La mia psicologa mi ha fatto capire che tutto derivava da una mia paura di perdere il controllo e questo mi ha aiutato, tanto da smettere di avere certi pensieri.
È successo che adesso dinanzi a me si prospetta un grande cambiamento: mi trasferirò in Inghilterra per frequentare un master molto importante. Da allora sono tornati i pensieri ossessivi, molti dei quali riguardano il mio ragazzo, con cui sto da molto tempo e per la maggior parte sono del tipo "E se lo volessi lasciare?" "Lo devo lasciare?" "E se non stessimo più bene insieme?". Da premettere che abbiamo passato un periodo un po' turbolento recentemente.
Il pensiero monta dentro di me, provocandomi ansia finché non scoppio a piangere e quasi mi convinco che voglio lasciarlo, quando invece io lo amo moltissimo e mi manca solo se ci penso.
Ho smesso la psicoterapia solo in estate per due mesi. E alla fine questo problema torna a presentarsi, causandomi tanto dolore.
Aggiungo che, ho sofferto di depressione tempo fa e ho dovuto prendere degli ansiolitici poiché non riuscivo ad uscire di casa per l'ansia.
Secondo lei dovrei cambiare terapeuta? Esiste una soluzione definitiva per me o devo convivere a vita con questi disturbi?

#108
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

gentile ragazza, la psicoterapia deve fornire strategie che potranno essere applicate anche senza più l'intervento terapeuta.
Se questo non è rimasto allora bisogna rivalutare l'intervento
o con lo stesso terapeuta o con uno nuovo.
saluti

#109
Utente 362XXX
Utente 362XXX

Grazie mille dottore per la sua risposta, valuterò attentamente.

#110
Utente 195XXX
Utente 195XXX

Cari dottori,
molto interessante questo articolo. A periodi mi si ripresentano i pensieri ossessivi, che negli anni (si presentano solo in periodi di maggiore stress) hanno cambiato tematiche (paura delle malattie, paura di perdere la memoria, paura di essere lesbica senza saperlo). L'ultimo del momento è la paura di non amare davvero il mio ragazzo e di essere "segretamente" lesbica anche se dentro di me so che non è cosi: ammiro la bellezza femminile e a volte ho una "punta" di invidia x caratteristiche che magari a me mancano (o penso che mi manchino, xche in realtà sono molto dura con me stessa e a tratti rigida).
Vedo una bella ragazza e la guardo e la mia mente subito pensA: ecco, l'hai guardata! Non è che x caso ti piaccia? Non sarai mica lesbica senza saperlo? Forse ne sei attratta? E allora li inizio a "far le prove" e cerco di pensare a cosa proverei se la baciassi, a come sarebbe il futuro con una donna e + ci penso e - trovo la risposta definitiva al 100%..
So che sono sintomi dell'ansia, ne ho parlato tante volte con la mia terapeuta...e allora PERCHE' OGNI VOLTA mi viene da credere al contenuto?? Dovrei farli scorrere e riconoscere da come si presentano che sono solo pensieri ossessivi...se ci riesco poi spariscono e sto bene per settimane e settimane...se mi ci invischio invece rimangono e rimugino e sto male!!
Sono stufa! Pensavo che la psicoterapia psicodinamica mi aiutasse a risalire alle cause dell'ansia e fosse risolutiva!

#111
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Cara Utente,
nella psicoterapia psicodinamica/psicoanalitica la ricerca delle cause remote e inconsce dei sintomi è per definizione elemento fondante e preliminare al lavoro che si effettua per ottenere un cambiamento, quindi si può ipotizzare che quella che ha effettuato non fosse una psicoterapia psicodinamica (visto che non siete risalite alle cause dell'ansia)o che ha effettuato solo pochi colloqui.
Il fatto che la psicologa le abbia più volte detto che i suoi pensieri sono sintomo d'ansia costituisce solo una valutazione della natura ansiosa del disagio, ma non ci dice nulla del lavoro che avete (o non avete) svolto per identificarne le cause e per rimuoverle.
Non è possibile che più che di una psicoterapia si sia trattato di un percorso di sostegno psicologico?
Non scarterei questa ipotesi.
Ne riparli con la nostra collega, se è ancora seguita da lei.

Un caro saluto,
d.ssa Flavia Massaro

#112
Utente 195XXX
Utente 195XXX

Cara dottoressa Massaro, sono stata in terapia per 5 anni quindi non direi che è stata una terapia di sostegno! Le cause dell'ansia sono venute fuori (attaccamento insicuro, dipendenza affettiva, traumi in famiglia che hanno slatentizzto il tutto). Ma il fatto di aver sviscerato tutto e di averci lavorato TANTO sopra non mi ha comunque risolto del tutto il problema.
E' stato un bel percorso ma diciamo che non posso dire di esserne totalmente "uscita" :)

#113
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Gentile utente, sulla base di quello che dice e sulla base delle premesse di questo articolo è ora di cambiare.

#114
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Cara Utente,
non tutti i casi sono uguali e l’efficacia di una psicoterapia dipende da tanti fattori, non ultimi il radicamento e la gravità della patologia e la presenza di un quadro allargato (familiare) di disagio, che non riguarda solo il singolo paziente. Lei non soffre di un singolo sintomo, ma tratteggia una situazione piuttosto complessa, forse afferente all'area dei disturbi di personalità, nella quale possono essere inoltre presenti elementi ambientali (familiari) che alimentano la sua dipendenza e/o ostacolano il completo cambiamento.
In tal senso il sintomo “pensiero ossessivo” può costituire solo una piccola parte di un quadro ben più complesso, che non è da escludere richieda di per sé molto lavoro e molto tempo per modificarsi (a seconda della diagnosi).
Sottolineerei positivamente il fatto che i pensieri ossessivi attualmente si presentano solo a periodi e che sente di aver fatto importanti passi avanti: non posso sapere se il quadro richieda ulteriore lavoro di stampo psicodinamico, ma nel dubbio può tranquillamente rivolgersi ad un terapeuta di differente approccio per lavorare sulle ossessioni.
Le suggerisco in ogni caso di parlarne con chi l’ha seguita in questi anni per fare il punto della situazione, capire se la psicoterapia attuale le ha già dato tutto quello che poteva darle e individuare quali possibili elementi ostacolano il completamento del suo cammino.
Le faccio tanti auguri,
Flavia Massaro

#115
Ex utente
Ex utente

Gentile Dottor De Vincentiis,

la cito in relazione a quanto risposto al collega Raggi:

"Il terapeuta deve ammettere la necessità di allargare la sua tecnica terapeutica perché l'esperienza e l'evidenza clinica ha dimostrato l'inutilità di alcuni interventi per casi specifici."

ecco, mi sarebbe piaciuto poter avere avuto la possibilità di godere della stessa umiltà da parte dei miei professori (tutti rigorosamente di indirizzo cognitivo comportamentale) durante il corso di laurea, concluso anni fa, presso la scuola di partito...ops...una nota Facoltà di Psicologia. Una professoressa in particolare fu quasi colta da scompenso quando alcuni di noi si azzardarono a ricordarle che la ricerca in psicosomatica non inizia con Wittkower negli anni '50 ma con un certo Sigismondo Freud e certi noti studi sull'isteria...

tutto questo non per criticare Lei ma per ricordare che l'umiltà ha sempre latitato il campo della psicologia.

#117
Ex utente
Ex utente

"NON è una battaglia ideologica in favore o sfavore di un orientamento ma solo in favore del paziente che dovrà scegliere, dandogli, così, la facoltà di effettuare una scelta informata"

l'esatto opposto di quello che succede nelle facoltà di psicologia italiane (e credo nel resto del mondo occidentale), purtroppo. non stupisce essere ancora fermi a discorsi da metà novecento.

#118
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...)he la ricerca in psicosomatica non inizia con Wittkower negli anni '50 ma con un certo Sigismondo Freud e certi noti studi sull'isteria...(..)
peccato che storicamente la maggior parte dei casi clinici del signor Sigismondo Freud furono tutti dei fiaschi inesorabili senza esiti terapeutici.
Nella speranza che non venga anche a lei uno scompenso la invito a leggere il libro di Onfray Michel Crepuscolo di un idolo. Smantellare le favole freudiane.
saluti

#119
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...)l'esatto opposto di quello che succede nelle facoltà di psicologia italiane (e credo nel resto del mondo occidentale), purtroppo. non stupisce essere ancora fermi a discorsi da metà novecento.(..)
vedo che concorda con me, cosa propone in merito?

#120
Ex utente
Ex utente

peccato che il disturbo di conversione, storicamente mutuato dagli studi sull'isteria di Freud, fosse ancora presente nel dsm IV.

detto questo, sono il primo a cestinare Freud...insieme ai discorsi narcisistici su chi ha ragione e chi torto.

#121
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

da ciò che scrive si evince la sua confusione tra diagnosi, sintomi e rapporti di causa effetto. Quindi la invito ad informarsi (studiare) prima di intavolare una discussione sulla psicodinamico e psicosomatica. Grazie.

#141
Ex utente
Ex utente

Gentili dottori ho letto con molto interesse i post e la discussione sulle varie dottrine ..mi sono trovato in questa sessione perché ho richiesto un consulto al dottor. De vincentiis il quale mi ha l'invito questa pagina ..da qui mi sono ritrovato in una "guerra"di dottrine che mi hanno un po riempito di ulteriori dubbi.
Come potete leggere dalla mia richiesta di consulto soffro di ossessioni sessuali che hanno avuto diversi contenuti da quello omosessuale a quello pedofilo e incestuoso ma non sono le uniche tematiche ,infatti con il tempo ho capito che un atteggiamento ossessivo lo riscontro anche su altre tematiche anche se iin maniera meno forte di quella sessuale. .
Ora vi chiedo al di là delle differenze dottrinali e dei differenti orientamenti ,se è vero ,secondo la psicoanalisi , che la causa di un ossessione sessuale puó derivare da una presunta omosessualitá latente,considerando tutto quanto scritto da Freud sul mancato superamento del complesso di Edipo , allora chi soffre di un ossessione violenta nasconde una sua natura criminale ? E chi pedofila realmente è attratto dai bambini e sono solo le sue resistenze che trasformano un desiderio in ossessione? Quindi secondo questo principio saremmo tutti gay, pedofili,assassini repressi?
Forse traggo delle conclusioni sbagliate ma questo tipo di approccio sinceramente mi terrorizza e non fa altro che aumentare la mia ansia ed i miei pensieri ossessivi.
Spero, come dicevo prima ,che le vostre risposte non siano dettate da diversi approcci e dalle diverse dottrine di appartenenza ma solo sincere .
Grazie

#142
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...) la causa di un ossessione sessuale puó derivare da una presunta omosessualitá latente.... (..)

Gentile utente, deve sapere che le stesse dottrine psicoanalitiche non fanno certe affermazioni così definite rigidamente una volta per tutte. Se è vero che secondo alcune dottrine un disturbo ossessivo può avere dei significati profondi che vanno analizzati e dispiegati NON è vero che un contenuto omosessuale debba necessariamente essere legato ad una dinamica omosessuale o a qualche impulso latente e così via.

Per farle un esempio, sempre secondo dottrina, una ossessione omosessuale può avere significati "profondi" legati addirittura ad una ricerca di identità, o ad una pulsione legata ad un piacere derivante da un atteggiamento passivo e sottomesso verso un partner comunque di sesso opposto e che nulla ha a che fare con l'omosessualità, ma simboleggiato mediante il tema della omosessualità!

Quindi si commette un grande errore prendere alla lettera definizioni e teorie che vanno valutate caso per caso e dai significati diversi per ogni individuo. Oserei dire che il suo timore possa nascere da una ovvia errata lettura di alcune teorie psicoanalitiche.

detto questo rimarco e sottolineo quanto affermato nel articolo che apre questo post. salut

#143
Ex utente
Ex utente

La ringrazio dottor de vincentiis mi aveva turbato il commento di un utente che raccontando il contenuto violento delle sue ossessioni aveva avuto una risposta dal suo psicanalista relativa ad una possibile violenza repressa così come il discorso della dottoressa Massaro sull'importanza del contenuto del l'ossessione e non sulla forma ..affermando che una ossessione violenta nasce da una violenza repressa ho fatto uno più uno ed ho considerato che allora anche una ossessione omosessuale nasce da una omosessualità repressa ..ma seguendo questo ragionamento mi domando:
Sembra quasi che da un lato c'è chi consiglia di non dar peso al contenuto dell'ossessione quasi a voler nascondere la causa per paura di far soffrire il paziente ed accettare la cosa che più teme e dall'altro ,la psicanalisi, che invece fa un lavoro quasi rivolto ad accettare una presunta omosessualità o indole violenta dimostrando che esse si celano dietro un ossessione ...come a dire caro paziente non credere alla tcc tu hai solo bisogno di accettare lentamente scavando in te stesso che sei omosessuale o violento e che anche attraverso sofferenze quando lo capirai starai meglio ..
quindi non si tratta solo di un approccio diverso e di una metodologia diversa ma anche di una convinzione diversa?
Per la tcc io avrei una disfunzione cognitiva e comportamentale che non riguarda il tema della mia ossessione ,per la psicoanalisi invece ho un problema di accettazione di una omosessualità latente ..quindi come orientarsi per un eventuale terapia ?
Grazie

#144
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Gentile utente mi preme farle osservare che le sue argomentazioni sono il frutto della sua dinamica ossessiva che la spinge a cercare rassicurazioni! Ed è il classico lavoro che mantiene in vita le sue paure!
se vuole uscirne deve effettuare un percorso psicoterapico focalizzato e attivo sul problema. Viste le sue preoccupazioni e la modalità con la quale le affronta le consiglio vivamente una terapia di stampo cognitivo-comportamentale o di tipo strategico-breve!
saluti

#145
Ex utente
Ex utente

Lo so ed ha ragione ...purtroppo ci sono ricaduto dopo anni che stavo bene ...mi sono reso conto che soffro più di dubbi ossessivi che del contenuto stesso dell'assessione..però non mi ha risposto alla domanda di prima su psicoanalisi e tcc e sulla differenza non tanto di scelta di intervento ma proprio di valutazione del problema ..uno stesso sintomo per lei è una cosa e per la psicoanalisi è praticamente il contrario ..perciò non è facile indirizzarsi .da un lato un problema cognitivo e dall'altro un problema di accettazione della mia omosessualità latente ..le chiedo solo di rispondermi a questo
Grazie ancora

#146
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Gentile Utente,

sarebbe una semplificazione affermare che per la psicoanalisi i suoi pensieri sono automaticamente segno di un’omosessualità repressa che non riesce ad accettare: come le ha ben spiegato il dr. De Vincentiis, il processo di attribuzione di un significato al sintomo in psicoanalisi è altamente individualizzato e avviene attraverso strumenti e tecniche (libere associazioni) che si impiegano proprio in ragione della necessità di analizzare il singolo paziente nella sua singola realtà psichica, senza potersi basare su letture da ritenersi aprioristicamente corrette o errate.

Nel cercare una spiegazione lei si imbatte ovviamente in risposte generiche e in scritti che non possono riguardare il suo singolo caso, ma che costituiscono un'esposizione di massima della teoria psicoanalitica (e aggiungerei anche: dei concetti più facilmente comunicabili, da momento che la psicoanalisi è piuttosto complessa e non sempre riducibile ad un livello divulgativo comprensibile per i non addetti ai lavori).

Per quanto riguarda i contenuti dei pensieri ossessivi, a volte l’ossessione rappresenta direttamente il contenuto inaccettabile per l’Io cosciente, altre no, e non è possibile determinare a priori quale sia il suo caso.
E’ poi altrettanto vero che per la psicoanalisi nell'inconscio hanno sede tendenze inaccettabili per l’Io, che è possibile portare alla luce e rendere innocue superandone la rimozione, e aggiungo anche che si tratta di tendenze/pulsioni potenzialmente comuni a tutti, legate alle tappe dello sviluppo infantile dell’individuo, che però provocano dei sintomi solo quando è presente un conflitto inconscio che non è stato ancora risolto.

Di conseguenza solo se si sottoponesse individualmente a psicoanalisi potrebbe effettuare un lavoro che le desse delle risposte su di lei e solo su di lei.

Per quanto riguarda il tipo di psicoterapia da scegliere può tranquillamente prendere la strada che sente più consona a lei stesso perché tutte le terapie trattano tutti i disturbi, anche se utilizzano strumenti differenti e si poggiano su concettualizzazioni diverse della natura del disagio psichico.

Un caro saluto,
Flavia Massaro

#147
Ex utente
Ex utente

Mi scusi ma mi ha confuso ..cosa intende quando dice che a volte l'ossessione rappresenta il contenuto inaccettabile dell'io cosciente ?ed inoltre "nell'inconscio hanno sede tendenze inaccettabili per l’Io, che è possibile portare alla luce e rendere innocue superandone la rimozione, e aggiungo anche che si tratta di tendenze/pulsioni potenzialmente comuni a tutti, legate alle tappe dello sviluppo infantile dell’individuo, che però provocano dei sintomi solo quando è presente un conflitto inconscio che non è stato ancora risolto." Cosa vuol dire esattamente ? Slater tizzone una omosessualità repressa ?

#148
Ex utente
Ex utente

Volevo dire slatentizzare una omosessualità repressa .quindi per voi chi ha questi pensieri è un omosessuale che deve solo accettarlo ancora ? E la sua vita reale ? I suoi interessi sessualità verso le persone del sesso opposto ? Sono solo una finzione ?mah mi sembra tutto assurdo

#150
Ex utente
Ex utente

Resto in attesa di una risposta Grazie

#152
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Caro Utente,

nessuno ha parlato di "slatentizzare" alcunché e nessuno le ha detto che ha queste ossessioni perchè è gay, perchè non possiamo averne la benché minima idea dal momento che non conosciamo nè lei nè la sua storia.
Le ho invece detto che per arrivare a chiarire quale sia la sua realtà individuale è necessario un percorso individuale, cosa che vale per qualsiasi tipo di approccio terapeutico perchè nessuno psicologo può effettuare una valutazione a distanza.

Non può pensare che qualcuno che non la conosce sia in grado di dirle esattamente come stanno davvero le cose, quindi la invito a scegliere un percorso terapeutico e a porre in quella sede tutte le domande che sta ponendo a noi.

Cordiali saluti,
Flavia Massaro

#153
Utente 195XXX
Utente 195XXX

Salve, ho letto con interesse la discussione. Ho sofferto di pensieri ossessivi in passato e sono stata in cura da una terapeuta di orientamento dinamico per alcuni anni. Ora sto bene, anche se ho periodi di stress in cui si ripresenta qualche debole pensiero intrusivo, ma ormai so come gestirlo.
La mia terapeuta ha sempre attribuito questo tipo di pensiero ossessivo alle mie insicurezze fisiche: sono sempre stata "perfezionista" e mi confrontavo spesso con le altre che ritenevo + belle di me. Da li, un giorno, era partito il pensiero--> "e se guardassi le altre perchè in realtà mi piacciono e non solo x un confronto?"--> e via di avvitamenti ossessivi.
Quando col tempo mi sono sentita meglio con me stessa, e ce n'è voluto di tempo e di lavoro, piano piano i sintomi si sono gradualmente affievoliti e spariti.
Precedentemente, ero stata da un'altra terapeuta (psicoanalista freudiana) che invece attribuiva questo tipo di pensiero ad una ricerca di identità. Mi disse, al tempo, che non sapevo ancora che direzione prendere nella mia vita, non ero pronta a trasferirmi fuori di casa e vivevo con conflitto questa voglia di indipendenza ma questa contemporanea mancanza di coraggio di spiccare il volo ed autonomizzarmi dai miei genitori... E allora mi veniva l'ansia e mi veniva quell'ossessione.
Ho avuto anche altre ossessioni in passato, che poi ciclicamente andavano via e poi tornavano, a seconda dei periodi.


Non mi è mai stato detto che chi ha un determinato tipo di pensiero allora inconsciamente vuole il contenuto della sua ossessione!!!! Se cosi fosse, io dovrei essere desiderosa di essere malata di tumore, omosessuale, aggressiva, senza memoria, psicotica, ecc... :) NOi non siamo il contenuto delle nostre ossessioni!

#155
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Cara Utente,

la sua testimonianza di persona che è stata curata per sintomi ossessivi con trattamenti di stampo psicodinamico/psicoanalitico è importante per due motivi: perchè lei è guarita con trattamenti di questo tipo e perchè ci dice di aver ricevuto risposte personalizzate per quanto concerne la causa e la natura delle sue ossessioni.

Non è infatti possibile dare a priori una risposta valida per tutti i casi: nessun tipo di interpretazione - che si tratti di interpretare sintomi, sogni, fantasie, atti mancati ecc.- è attuabile al di fuori di un contesto di analisi individuale del singolo paziente, che porterà alla luce le cause del disagio del singolo e attribuirà ad esso un significato concettualizzandolo secondo l'orientamento teorico del terapeuta.

Un caro saluto,
Flavia Massaro

#156
Psicologo
Psicologo

Gentile utente 195964,
quello che molto mi colpisce del suo racconto è come, a volte, nella pratica clinica le "carte" un pò si mischino.
In terapia cognitivo-comportamentale, ad esempio, "allentare" il perfezionismo è spesso considerato un obiettivo molto importante, così come nella mia esperienza (ma anche in letteratura) la sintomatologia ossessiva può "esplodere" con maggior intensità in quelle fasi della nostra vita in cui siamo chiamati a scelte importanti.

Un passaggio in particolare mi incuriosisce: quando ci scrive "Ora sto bene, anche se ho periodi di stress in cui si ripresenta qualche debole pensiero intrusivo, ma ormai so come gestirlo".

Se le va, potrebbe raccontare a noi (ma soprattutto all'utenza che segue questo blog) COME ha imparato a gestirlo? Cosa fa, quando, nei momenti di maggior "pressione", torna a far capolino qualche intrusione?

#157
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Utente 195964,

>>> Noi non siamo il contenuto delle nostre ossessioni!
>>>

Assolutamente d'accordo. Non tutto ciò che pensiamo o sentiamo ha valore e il problema di molti ossessivi è che in un certo senso sono troppo affezionati ai loro pensieri intrusivi, e si rifiutano o sono incapaci di rifiutarsi di considerarli come scarti della mente. Riuscendo a diminuire la salienza e l'urgenza che si attribuisce loro, invece, preoccupazione e ansia automaticamente diminuiscono.

Tuttavia occorre dire, senza voler sminuire il percorso che lei ha fatto, che quando una o più psicoterapie durano anni e anni diventa sempre più probabile l'intervenire dei ben noti effetti storia e maturazione. In sostanza, man mano che la terapia si allunga diventa sempre più difficile distinguere quanto possa aver influito la terapia e quanto la persona sarebbe arrivata da sola (o per altre vie non psicoterapeutiche) a capire e a cambiare. Le terapie brevi e focalizzare invece soffrono meno di tale artefatto.

#160
Utente 195XXX
Utente 195XXX

@dott. Calì: in effetti ho imparato a lasciar scorrere i pensieri negativi senza "rispondere" al dubbio osessivo grazie a tecniche di psicoterapia breve strategica che ho appreso durante 6 sedute di TBS. Avevo cercato una integrazione al mio percorso psicodinamico perchè, per quanto davvero mi abbia aiutato tantissimo, era a mio avviso un po' carente dal punto di vista "operativo" e non mi forniva strumenti pratici che mi insegnassero a non rispondere alle ossessioni.
Quindi, poi, io ho appreso queste tecniche e le utilizzo ogni volta che mi servono, anche se -come ho detto- ormai sto bene!

Nei momenti peggiori (quando soffrivo anche di attacchi di panico), le tecniche TBS mi sono state molto utili, mentre la psicodinamica è utile nel lungo periodo e, alle volte, per un disturbo d'ansia acuto può farti sentire un po' "scoperto" e magari si tende a ricorrere all'ansiolitico di turno, se non si conoscono tecniche da attuare.

@dott.ssa Massaro: come mai in terapia psicodinamica non si utilizzano tecniche da poter usare al bisogno? (Come nel caso dell'att. di panico ad es.). I pz secondo me sarebbero molto + propensi ad intraprendere un percorso di psicoanalisi sapendo che anche questo offre la possibilità di apprendere delle tecniche, oltre che comprendere le cause dei disturbi.
E' controintuitivo tutto ciò per l'orientamento dinamico? Cosa fa lei se un pz ansioso con att. di panico o ossessioni le chiede quale tecnica potrebbe utilizzare in tali momenti?
La mia terapeuta psicodinamica mi diceva solo di cercare di non pensarci, ma ovviamente sappiamo bene che in quei momenti è impossibile!

@dott. Santonocito: concordo sull'effetto maturazione e cambiamento! Dopo 5 anni ci sono stati troppi fattori intervenienti per poter attribuire il "merito" alla sola terapia dinamica. Diciamo che è stato un bel mix :)

#161
Psicologo
Psicologo

Gentile utente, non entro nel merito di terapie che non pratico, come quelle psicodinamiche. "Apprendere a lasciar scorrere i pensieri negativi senza rispondere", in effetti, è esattamente l'essenza della metodica di intervento cognitivo-comprotamentale ed anche strategica più efficace per fronteggiare le problematiche DOC, ovvero la cosiddetta "esposizione con prevenzione della risposta".

Ha imparato uno strumento abbastanza potente, la cosa interessante è che il solo fatto di applicarla modifica tante convinzioni che spesso abbiamo sui nostri stessi pensieri (come il fatto che sono importanti, che bisogna rispondere ad ogni dubbio, che pensando e ripensando troveremo soluzione ai nostri dilemmi, etc.).

Grazie per il suo contributo!

#164
Utente 195XXX
Utente 195XXX

Grazie a voi per questo bellissimo servizio che medicitalia.it, per la pazienza con la quale rispondete alle domande degli utenti e per la passione che evidentemente mettete nel vostro lavoro! Buone Feste!

#165
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

Dice così perché è già guarito ;)
Ma ci sono anche utenti che non si accontentano della nostra pazienza e vorrebbero guarire per email!
Buone feste anche a lei

#167
Dr.ssa Flavia Massaro
Dr.ssa Flavia Massaro

Cara Utente,

probabilmente combinare le 2 metodiche è stata nel suo caso la scelta vincente.

Per rispondere alla sua domanda, nel corso dei trattamenti di natura psicodinamica non si utilizzano o insegnano al paziente tecniche particolari per affrontare direttamente il sintomo perchè il focus è su ciò che si trova "a monte" del sintomo stesso e sulla decodifica del suo significato.

Evitare di "inseguire il sintomo", concentrandosi su di esso come se coincidesse in toto con "il problema", e lavorare invece su ciò che lo causa (con riferimento al passato e all'inconscio) è fondamentale nelle psicoterapie psicodinamiche e la scomparsa della sintomatologia è diretta conseguenza di questo lavoro.

A volte, come è successo nel suo caso, nel corso di un trattamento psicoterapico ad ampio spettro (che mira a ristrutturare la personalità del paziente) si ricorre all'integrazione di altri tipi di intervento che possono essere di natura psicologica (TBS, ipnosi, Training Autogeno, PNL, EMDR) o farmacologica (terapia psicofarmacologica che contiene i sintomi mentre si lavora sulle cause “profonde” del disagio, sempre in accezione psicodinamica): ciò che conta è che questa integrazione abbia funzionato bene e che lei abbia così potuto sciogliere diversi nodi e imparato a fronteggiare i sintomi quando qualcuno di essi si ripresenta, anche se purtroppo non ha ancora risolto del tutto il suo problema.
Le auguro sicuramente di riuscirci!

Buon 2015,
Flavia Massaro

#168
Ex utente
Ex utente

Buongiorno dottore,
articolo molto interessante, io però avrei una domanda, come facciamo a considerare le ossessioni come un'espressione dalla traccia sbagliata dal principio? Io intendo ossessione come pensiero, non i percorsi mentali che si fanno per arrivare al risultato.
Spero in una sua risposta.
Buona giornata

#169
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

le ossessioni creano angoscia, ci si vorrebbe liberare della loro presenza e si comprende, il più delle volte, la natura irrazionale della cosa.
L'ossessione verso un progetto da portare a termine, un lavoro ecc non è necessariamente patologica lo è nel momento in cui diventa il centro della vita di una persona. molte sono le occasioni in cui è la domanda iniziale ad essere scorretta,
soprattutto quando si parte da una ipotesi che ci spaventa a priori e senza fondamento. " e se facessi del male"? è un esempio di affermazione che non ha alcuna concretezza nella vita di chi la formula!

#170
Utente 324XXX
Utente 324XXX

Dico la mai. Faccio una premessa.... ho fatto psicoterapia per anni avendo buoni risultati (psicoterapia ad orientamento dinamico - quindi ho analizzato il mio passato molto approfonditamente). In un prodotto della mia vita recente ahimè sono stato travolto da pensieri ossessivi e ripetitivi nei confronti dei quali la psicoterapia dinamica non ha avuto risultati. Piano piano ho capito che l'approccio doveva essere diverso. Ossia, spesso si corre il rischio, in preda alle ossessioni, di voler cercarne le ragioni andando a compiere delle analisi sul proprio passato che possono essere inutili. Così si verifica ciò che ha detto il Dott De Vincenti ossia che si rende il percorso analitico più tortuoso poiché erroneamente si vanno ad attribuire o a ricercare le soluzioni dell 'ossessione in cause e motivazioni già magari elaborate che poi entrano in un loop infinito. Essendo io un soggetto che ha vissuto e per certi versi ancora vive dal di dentro il problema posso affermare che le strategie analitiche da utilizzare nei confronti dei pazienti non devono essere per forza standardizzate in orientamenti id pensiero o di metodo netti. È vero che funziona ed è valida la TCC così come è vero che funziona la psicoterapia ad orientamento psicodinamica così come altre. Secondo me è necessario che l professionista acquisisce esperienza nel capire che fase sta vivendo il paziente è in base a ciò regolarsi. Nella fase più acuta delle ossessioni gare analisi introspettiva risulta inutile visto che l'entità dell' ossessione potrebbe avere una dimensione così forte da confondere qualsiasi ragionamento introspettivo e creare nuovi spettri. Pertanto nella prima fase, per me è stato utile fare questo, è necessario interrompere quanto possibile il loop mentale in modo tale da consentire nel breve al paziente di riappropriarsi per quanto possibile di uno straccio di lucidità e in un secondo momento esplorare il passato o altro. Diversamente sarebbe come pretendere ad un paziente in preda al panico di ragionare, gli è impossibile. Ma se il paziente viene tranquillizzato e viene istruito su come rapportarsi rispetto alle sue momentaneo emozioni disfunzionali questo consente al paziente stesso di riappropriarsi di un minimo di potere di controllo indispensabile per poter fare un qualsiasi percorso analitico. Spesso gli psicologi per ovviare questo passaggio consigliano la somministrazione di psicofarmaci che fondamentalmente hanno la funzione di creare artificialmente una giusta condizione psicologica per fare poi analisi. Le ossessioni vanno disinnescare innanzitutto nell immediato capendo come funziona l'ossessione. Solo dopo ne va compresa la causa è elaborata. Diversamente, parlo per esperienza, non se ne esce o se ne esce con molta più difficoltà. A voi professionisti pertanto nell interesse dei vostri pazienti suggerisco di essere più aperti mentalmente a strategie combinate. .... sono più efficaci.

#171
Utente 324XXX
Utente 324XXX

Chiedo venia per gli errori grammaticali ma il tablet ha inserito automaticamente alcune parole.....

#172
Utente 393XXX
Utente 393XXX

É un ossessione da 5 anni o no???

Salve a tutti ,sono una ragazza di 23 anni e non so più come sbloccarmi da questa situazione, per favore aiutatemi! Sto da ormai 5 anni con Sergio, lui era l'uomo con cui desideravo il futuro e con cui avevo trovato il mio equiibrio, prima che succedesse una cosa, ossia l'aver saputo che Giacomo ( ragazzo che mi è sempre piaciuto al liceo) si lasciò con la sua allora ragazza. Il sapere di quella notizia mi provocò una sorta di piacere/ soddisfazione e da lì inizio il mio INFERNO.
Inizio l'ossessione di amare Giacomo per quella sensazione, avevo paura di poterlo vedere, lo evitavo oppure mi testavo in sua presenza x capire, soffrivo tantissimo alternavo stati d'ansia dove fumavo tantissimo ad una totale apatia, avevo paura di non amare più Sergio e piangevo tantissimo, sembrava provassi qualcosa per Giacomo e avevo paura ...tutto questo stato di sofferenza/ossessione/paura durò ben 4 anni, quando all'improvviso non provai più ansia o paura e iniziai a credere di amare davvero Giacomo senza più ansia. Non ho più ansia fisica, il mio ragazzo non mi piace più, quando abbiamo rapporti ho la sensazione che sia sesso, quando lo guardo mi sembra che non mi vada bene e che vorrei fosse giacomo, ho la sensazione che voglio lasciarlo ma mi manca il coraggio, ho la sensazione che non lo amo più, come se fosse indifferente per me, non sento più la sofferenza, la paura che avevo anni fa. Giacomo, prima avevo paura di vederlo e andavo in ansia, adesso sento emozioni fortissime per lui, brividi, voglia, batticuore e mi sembra di essere felice perché mi spunta il sorriso, sembra che ci voglio un futuro con lui e che lo Amerei per sempre, anche se prima avevo paura di poterlo amare ora sembra proprio che io lo ami ! Ma é possibile che tutto si sia capovolto in questo modo??Istintivamente mi sembra di amarlo per quello che provo e sono felice e non so nemmeno se voglio tornare a stare bene col mio fidanzato tanto che mi sento felice per l'altro, e invece sempre l'istinto mi fa rifiutare il mio ragazzo.Secondo voi il mio DOC è diventato realtà? O quello che provo sono inganni della mia mente,fantasie?Quando mi dicono ' lascia il tuo ragazzo' io sento che lo farei ma poi non lo faccio e mi viene un pò da piangere ma non so per quale motivo, forse perché se lo lasciassi l'altro comunque non mi vorrebbe? Sembra che ho paura di lasciarlo per questo e che lo usi perché l'altro non mi vuole. La mia ossessione sembra divenuta realtà, ora sembra tutto vero perché provo emozioni forti, e mi piace il suo carattere, e ogni altra cosa di lui. Sembra anche che mi manchi, che io stia male senza di lui.
Inoltre sembra che voglio che il mio ragazzo si trovi un altra, e quando lo penso mi eccito sessualmente ! Poi ho pensieri di morte verso di lui ma anche questi invece di terrorizzarmi sembrano piacermi( cosa ho che non va?)Come é possibile tutto questo? Io non so come fare, non me la sento di andar in terapia
cosa mai possono dirmi ?

#173
Utente 425XXX
Utente 425XXX

Buon giorno Dottore. Una sua collega, in merito al mio caso, mi ha consigliato di contattarla per esporle il mio problema. Non sapendo come fare, provo a lasciare un commento qui. Le riporto quanto detto alla sua collega:

Mi chiamo Francesca e ho 23 anni. Sono sempre stata una ragazza solare, allegra e spensierata. Da quando ho iniziato l'università (ormai 4 anni fa) ho iniziato a soffrire di ansia in seguito ad uno svenimento che ho avuto in facoltà e che mi ha segnato coltivando in me la paura di potermi sentire male in pubblico nuovamente. Ancora oggi non riesco a frequentare le lezioni in tutta tranquillità ma sono molto migliorata. Prima non uscivo nemmeno più di casa ora invece ho ripreso in mano la mia vita anche se con un ansia generalizzata di sotto fondo. Ho lavorato molto su me stessa e so di non avere motivi specifici per star male, è solo ansia, paura di star male, non centrano problemi all'università, a lavoro o in famiglia. Da un anno a questa parte ho però iniziato a soffrire di "ossessioni" come la paura di far del male a chi amo o la paura di farmi del male da sola. A volte questi pensieri si calmano per diverse settimane per poi ritornare cosi, di punto in bianco, non appena mi sveglio. Diciamo che ho momenti di alti e momenti di bassi in cui penso: " ma come facevo a stare cosi?" e poi riaccade di nuovo. Ora, c'è un altro problema che mi tormenta da qualche mese: il mio ragazzo. Io e lui siamo fidanzati da 9 anni, eravamo molto piccoli quando ci siamo conosciuti. Tra me e lui c'è un bellissimo rapporto di complicità, ridiamo, scherziamo e ci amiamo. A volte però mi viene questo pensiero "e se non lo amassi veramente?" e li inizio a sentire un vuoto che non mi fa stare bene ne con me stessa e ne con lui. Questa sensazione di malessere la porto con me anche con le amiche. Questa estate è stato per un mese via ed io sono stata molto male, molto gelosa, ho avuto un atteggiamento da persona innamorata. A volte però mi rivengono in mente queste sensazioni, un pò come le ossessioni sopra descritte: alterno momenti in cui dico "ma come? lo amo cosi tanto, come ho potuto pensare quelle cose" a momenti " forse non è cosi". Cioè non è una cosa costante. Ci sono volte che davvero sono sicura e convinta di amarlo, momenti che durano settimane e poi di punto in bianco ricado in questa "depressione". Sono felice della mia vita, ho una famiglia unita e che mi appoggia, un ragazzo che mi ama, l'università va benissimo..ho tutto. Eppure non so perché mi succedono queste cose. Come se quando sto bene pensassi: "ehi, ma come stai bene?" come se non mi sembrasse vero. Sono stanca, molto. Vorrei dunque un vostro parere. Vi ringrazio in anticipo.
Cordiali saluti.

#174
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

gentile ragazza ha "semplicemente" evidenziato la classica dinamica ossessiva che, come vede , si autoalimenta. ha letto questo articolo su riportato? è così che con il suo eventuale terapeuta dovrà improntare la terapia, evitando quelle azione che , nel tentativo di risolvere l'ossessione lo alimenta.
Sta già facendo terapia? se si di che tipo?

#175
Ex utente
Ex utente

Mi ritrovo pienamente in questa descrizione:
"C’è di più; certe ossessioni possono addirittura nascere da un desiderio totalmente opposto dal loro contenuto. Si può amare così tanto una persona che il timore di perderla fa scaturire l’ossessione di abbandonarla gettandoci in confusione. “amo così tanto la mia ragazza che mai vorrei lasciarla, non so come farei senza di lei, starei male se la lasciassi, chissà come mi sentirei se lo facessi davvero! Mio Dio perché penso queste cose? Allora potrei anche farlo? Ma se penso che potrei farlo allora c’è qualcosa che non va"? Ed ecco che una sequenza apparentemente logica ma irrazionale da il via ad un'ossessione insostenibile". Tuttavia non riesco più a capire cosa sia vero e cosa no. Dallo scaturire del primo pensiero (accompagnato da ansia e crisi di panico) è passato un anno, la situazione è peggiorata e mi pare proprio di non amare più, di non provare più alcun tipo di desiderio nei suoi confronti. Ora sono tentato, anzi diciamo che ho deciso, di interrompere il rapporto, perché questo rimuginare me l'ha reso indesiderabile (non c'è più gioia, mai) e insopportabile. Posso affermare di essere depresso, oltretutto, perché al distacco ormai irrecuperabile, credo, dalla mia ragazza, si accompagna un'assenza totale di voglie, crisi di pianto e panico pressoché continue, ansia e "rifiuto". Continuo a chiedermi strenuamente se possa esistere una soluzione senza lasciarla, ma non trovo risposta.

#176
Utente 470XXX
Utente 470XXX

Ho letto con vivo interesse e devo dire non senza una nota d’ansia (nel senso più generico del termine) il confronto epistemologico nato da un articolo divulgativo sulle ossessioni. Chiaramente se mi ritrovo qui è perché il tema mi tocca particolarmente in quanto soffro di questa sintomatologia da diversi anni, forse dall’infanzia, anche se fortunatamente a fasi alterne. I contenuti delle mie ossessioni sono stati nel corso degli anni diversi, alcuni abbastanza comuni, come la rimuginazione ossessiva di essere insonne, o di diventare pazza, altri anche più bislacchi, un’ossessione ricorrente è per esempio, quella che io definisco l’ossessione dell’ossessione. Qualsiasi evento, anche banale, mi tocchi personalmente o che io osservi nelle vite degli altri mi fa porre la domanda: “Ma quest’evento si può dimenticare? Come si fa a dimenticare? Se dovesse accadere a me non lo dimenticherò di certo”. Tuttavia, negli anni non ho mai sviluppato alcuna compulsione, almeno non tangibile (credo) e non ho mai manifestato a nessuno i contenuti dei miei pensieri ossessivi per profondo senso di vergogna. Quando ero soggiogata dalle ossessioni, mi credevo depressa, mi credevo (e mi credo ancora) strana e piangevo, piangevo tanto, manifestando al prossimo un generico senso di tristezza alla quale difficilmente davo forma. Sette anni fa poi è nata mia figlia e dopo il parto le ossessioni mi fiaccarono l’animo con grande violenza. Tutti mi dicevano che avevo una depressione post partum, io invece mi sentivo di essere impazzita, le ossessioni erano paralizzanti. Andai da un dottore, uno psichiatra, e questi mi disse che avrei dovuto prendere diversi farmaci e smettere di allattare, per poi cominciare una psicoterapia. Mi rifiutai, non volevo privare mia figlia del mio latte e mi recai da un altro psichiatra (un amico me lo aveva consigliato perché aveva fatto terapia con lui, non so però per che tipo di problema). Quest’ultimo dottore, senza esplicitarmi una diagnosi, si offrì di farmi psicoterapia due volte a settimana e senza farmaci. Lo stampo della terapia era psicanalitico, Freud e Lacan, i punti di riferimento principali, ma non so se ha una specializzazione in psicanalisi. Mi feci seguire per un po’ di tempo, e dopo sei- sette mesi riuscìì a reimmergermi nel vortice della vita. Così pensai di non avere più bisogno della terapia, e decisi, da sola, di terminare (senza però concordarlo con lui). La vita poi è andata avanti, tra alti e bassi, e con le ossessioni sempre lì in agguato a darmi fastidio, ma senza invalidarmi i pensieri. Negli ultimi mesi però, in seguito a un forte dolore, sono ripiombata in un vortice ossessivo sfiancante e sono così tornata dallo stesso medico. Ho palesato a lui le mie perplessità circa la terapia. “La psicanalisi va bene? Dovrei forse approcciarmi a una terapia differente?” Leggendo alcuni articoli in rete e sempre cercando di vagliare le fonti, ho imparato che le ossessioni vengono in genere curate con la TCC e sovente gli psicofarmaci sono necessari. Ovviamente il mio dottore sostiene che la terapia di stampo psicanalitico sia più adatta a me e alla mia persona (sono una ex ricercatrice universitaria in studi umanistici e oggi insegnante). Comunque, alla fine, ho ricominciato la terapia con lo stesso dottore, anche perché conosce la mia storia e ciò mi conforta, ma credo di stare opponendo molta, troppa resistenza a questa forma di terapia perché sono molto provata dentro e sinceramente le elucubrazioni sul ‘riconoscimento del desiderio’ mi sfiancano, mi fanno stare peggio, aggiungono paura e ansia alle ossessioni che già mi debilitano. Io per la mia forma mentis sarei propensa a dire che la conoscenza dei perché e il riconoscimento della propria storia e del proprio desiderio siano le armi per combattere i sintomi, leggendo (da ignorante in materia quale sono) alcune cose di Lacan mi sono ritrovata in pieno in certe teorizzazioni, però non va bene lo stesso perché i sintomi aumentano invece di diminuire. Il mio dottore non dà peso ai sintomi, anzi li ignora del tutto, ma io in questo modo non so gestirli. Io non sono esperta della materia e onestamente non voglio diventarlo, però vorrei capire da voi esperti se le vostre differenze epistemologiche portino poi a prassi terapeutiche concretamente molto diverse tra loro oppure se queste divergenze restino soprattutto nel campo della teoria per poi far coesistere metodologie e approcci differenti sul ‘campo di battaglia’. Fare terapia ha un dispendio economico notevole, la sofferenza sapete bene che logora chi la vive dentro e chi la vive di riflesso, quindi curarsi bene è prioritario. Questo ‘dialogo’ tra esperti onestamente mi ha disorientato perché in alcuni momenti sembra sfociare nel campanilismo proprio della fede e quindi mi viene da pensare che uno psicanalista non riconoscerà mai che i suoi metodi vadano bene per qualcosa sì e per qualcos’altro no e altrettanto farà il cognitivo-comportamentale, entrambi convinti della bontà scientifica dei propri metodi. Io sulla mia pelle sto sperimentando che parlare di infanzia, adolescenza, desideri, relazioni, amori, paure alimenta i sintomi, poi leggo articoli come questo e dibattiti come questo e giungo alla conclusione che sto sbagliando terapia e buttando soldi. Saluti

#177
Dr. Giuseppe Santonocito
Dr. Giuseppe Santonocito

La risposta è che approcci diversi partono da presupposti epistemologici diversi, e ciò si manifesta ovviamente anche nella diversità di modus operandi. Gli approcci psicoanalitici/psicodinamici più tradizionali sono meno propensi a dare indicazioni pratiche e precise su cosa fare e non fare, mentre gli approcci brevi - di qualunque tipo - di solito sono più prescrittivi. Le terapie TCC e strategiche per partono invece dal presupposto che per molti comuni disturbi psichici sia essenziale condurre la persona a fare cose diverse, per poter sperimentare sensazioni diverse e di segno contrario a quelle che la fanno soffrire. In tal modo, potrà svilupparsi un atteggiamento diverso e quindi il cambiamento divenire permanente.
Detto questo, i disturbi di matrice ossessiva possono in certi casi essere molto resistenti e richiedere l'uso di farmaci. Ma prima - parere personale - se fossi in lei tenterei di nuovo con la sola psicoterapia, utilizzando un diverso approccio.

#178
Utente 470XXX
Utente 470XXX

Vi ringrazio. Porteró in terapia questo articolo e magari altra bibliografia specifica sul tema (se magari siete così gentili da indicarmi qualcosa di valido ma a me comprensibile, ve ne sarò grata). Ora mettermi alla ricerca di un altro terapeuta mi costa fatica però forse necessito di un approccio diverso perché intuitivamente sento che ho da imparare dei meccanismi di gestione e di comprensione dei miei sintomi senza accartocciarmi sui perché e sui contenuti dei sintomi stessi. Forse aveva ragione il buon Svevo quando diceva che la psicanalisi è ottima a 'descrivere' ma non a guarire.

#179
Ex utente
Ex utente

Salve, io credo che la rimuginazione uccida una mente debole e ti Porta quasi sempre allo stesso punto di partenza, la vera forza di cambiare strada viene dettata dal senso di amor proprio, e sapere che la vita a volte ti riserva anche cose belle non solo situazioni senza un perché....

#180
Utente 545XXX
Utente 545XXX

Buonasera, sintomo della rimuginazione è anche quando si ripete spesso un ragionamento a volte legato al tipo di lavoro che si fa ?? Ad esempio succede di ragionare sul calcolo corretto dei giorni o su alcune cose banali che però siccome vengono rimuginate spesso diventato pensieri frequenti

#181
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

Utente 545952 si, se la cosa diventa ripetitiva e senza portare alcun risultato concreto

#182
Utente 545XXX
Utente 545XXX

Grazie per la sua risposta. Quindi può definirsi sintomo, non solo un’ azione ma anche un continuo ripetere un ragionamento che può essere anche semplice, come ad esempio la costruzione e la elaborazione di una frase o di un calcolo (come se si volesse spiegare il perché quel calcolo dev essere fatto così) o come dicevo nella mia prima richiesta il ragionare come si conteggiano i giorni settimanali. Come si può intervenire per evitare che questi pensieri diventino ricorrenti e fastidiosi ?Grazie ancora per la risposta

#183
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

l'intervento "fai da te" è quasi sempre fallimentare, come si fa c'è scritto in questo articolo, ma ovvio è necessario un supporto specialistico

#184
Utente 563XXX
Utente 563XXX

Salve ho 22 anni ho un doc che si è concentrato in ossessioni violente e autolesive adesso quasi del tutto scomparse, e in doc omosessuale con maggiore forza, credo perchè sia quello che per qualche motivo inconscio temo di più, sono seguito da una psicologa, con cui facciamo un misto di tcc e analisi, ho imparato a gestire le ossessioni molto bene, ho ricadute ormai della durata del massimo di due o tre giorni da sei mesi a questa parte, ed avvengono sempre e soltanto nel momento in cui cerco di scavare e di analizzarmi, per ricadute intendo quando temo nuovamente che i pensieri omosessuali possano essere reali, anche se ripeto riesco a gestirle egregiamente, peró il dubbio che mi sorge è questo, è opportuno secondo voi cercarne la causa o visti i risultati positivi nel lasciarli scorrere mantenere chiuso il vaso di pandora.

#185
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...)ed avvengono sempre e soltanto nel momento in cui cerco di scavare e di analizzarmi,(..) appunto!
NON c'è nessuna causa di ricercare, la ricerca di quest'ultima addirittura ne incrementa i sintomi, coma potrà ben capire dall'articolo.
saluti

#186
Utente 563XXX
Utente 563XXX

Il mio dubbio nasceva dal fatto che nonostante io riesca a gestirli senza farmi sopraffare suddetti pensieri sono comunque presenti durante la giornata, E dunque volevo capire se per eliminarli definitivamente, dovrei adesso che posso avvicinarmi a loro senza scottarmi troppo, intraprendere una strada analitica per capirne l’origine.

#187
Utente 563XXX
Utente 563XXX

Anche perchè il mio caso è particolare, il mio vecchio psichiatra senza ascoltarmi appena ho parlato di omosessualità mi ha spinto ad avere rapporti omo senza dubitare che io potessi avere un doc, e dopo due anni a incitarmi ho ceduto con il mio coinquilino, dopo è successo di tutto, un periodo bruttissimo, perchè come puó ben intuire, aver reso reale un’ossessione anche tutte le altre mi sembravano reali, fin quando non sono finito a leggere del doc, poi confermato da un altro psichiatra e dalla psicologa.

#188
Utente 569XXX
Utente 569XXX

Salve le racconto la mia esperienza (se cosi' possiamo definirla)..
Sono un uomo,Ho 36 anni e sono fidanzato da poco piu' di 3 ...

Mentre stavo facendo l'amore con la mia ragazza , e stavo per raggiungere l'orgasmo, mi è apparso nella mente il faccino delle nipotina della mia compagna.(siamo spesso con lei)

Mi si è gelato il sangue , ho iniziato a pensare che magari avevo raggiunto l'eiaculazione pensando a lei... l'ansia ha preso il sopravvento:
Cosi' mentre ero x strada , ed incontravo dei bambini, l'ansia aumentava e pensieri che nn desideravo, erano presenti nella mia testa.
Questi pensieri hanno creato nn pochi disagi...

La prima cosa che ho fatto è cercare una spiegazione su internet , e sapere che sono pensieri filtranti alla quale nn dobbiamo dare peso, e scoprire che nn ero l'unico, mi ha tranquillizzato un pò.

Ma cercare i sintomi su internet ha anche degli aspetti negativi , leggendo le varie testimonianze mi sono imbattuto nel doc dell'omosessualità...
E mi sono chiesto se un disturbo del genere avrei potuto averlo anch'io.
Cosi' ho iniziato a scavare, scavare nei miei ricordi e mi è venuto in mente che un giorno di tanti anni fa, ero sullo scooter con un mio amico, e un pensiero dal nulla mi attraverso' la mente. Come se io volessi avere un contatto fisico (da dietro) con lui... Questo pensiero lo accantonai immediatamente xkè nn mi riguardava,forse xkè probabilmente frequentavo una ragazza (come ho fatto per tutti questi anni ) ed ero piuttosto convinto della la mia eterosessualità.
Quel pensiero non mi eccitò e nè tanto meno ero attratto da lui. Provai disgusto!

Continuando a scavare mi ricordai anche che mentre ero alle elementari o medie (nn ricordo bene, sono trascorsi tanti anni) , giocando con mio fratello (piu' piccolo di me) feci un movimento con il bacino, e provai piacere. Quel piacere lo riprodussi con l'aiuto di un cuscino...
A scuola (elementari o medie) i miei amici scherzando mi chiamarono gay come facevano anche con gli altri ... Ma io iniziai a pensare che probabilmente lo ero x davvero perchè appunto facevo sesso con il cuscino... Inizia ad essere poco sicuro di me stesso.
Poi alle superiori confrontandomi con i miei amici , capi' che era una cosa abbastanza comune.. Tante paranoie per nulla !! e probabilmente queste paranoie hanno lasciato il segno se ad oggi ho questo disturbo.


Tutto questo è successo circa un mesetto fa, e continuo ad avere questi pensieri filtranti !

dottore adesso mi dica lei, so perfettamente che sono pensieri filtranti a cui io nn devo dare peso, ma la mia domanda è : ma prima o poi andranno via se continuo a nn dargli importanza ??

#189
Utente 569XXX
Utente 569XXX

xkè nessuno mi risponde ?!

#190
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

(...)Continuando a scavare (..)
questa è una cosa da nn fare, perchè può solo aumentare le ossessioni!

#191
Utente 569XXX
Utente 569XXX

dottore la ringrazio per la risposta.

Ma cosa bisogna fare?? io quando sono in intimità con la mia ragazza , ho questi pensieri intrusivi che mi creano disagio.
Quel ricordo venuto in mente dopo tanti anni, cosa ne pensa lei?

Dottore la mia psicologa pensa che si puo' diventare gay da un momento all'altro.


La ringrazio per un eventuale risposta.

#192
Dr. Armando De Vincentiis
Dr. Armando De Vincentiis

innanzitutto cambi psicologa, faccia una terapia direttiva di tipo cognitivo comportamentale o breve strategico

#194
Utente 569XXX
Utente 569XXX

dottore perchè pensa che io debba cambiare psicologa??

Cmq le dirò io come mi sto comportando per quanto riguarda questi pensieri: lascio che vengano, ma non le do importanza e spero che cosi' facendo, si ridurranno sempre piu' fin quando spariranno del tutto.

Mi dica lei adesso cosa fare.

La ringrazio per le risposte.

#195
Utente 569XXX
Utente 569XXX

dottore perchè pensa che io debba cambiare psicologa?
Mi dica lei adesso cosa fare per quanto riguarda i pensieri intrusivi..

La ringrazio per le risposte.

#196
Ex utente
Ex utente

Racconto la mia esperienza.Io ho usato la transazionale e devo dire che l'oggetto della ossessione divento Bambino Adulto e Genitore.Essendo una persona iperattenta a me stesso,il problema prese una piega spaventosa.Il mio disturbo insorge intorno all'eta' dei 17anni,quando i miei genitori si separarono per un disagio psichiatrico molto severo di mia Madre.Da allora,la mia mente inizio'a concentrarsi in modo ossessivo su se stesso con una attenzione a qualsiasi gesto psichico del sottoscritto.Le informazioni come Lei ha una simbiosi con sua Madre o non so il contatto si ferma a metà peggioravano il disturbo al punto che ogni parola la interpretavo come la distruzione di me stesso.Il mio disturbo era come una sintonizzazione affettiva ad una catastrofe senza assunzione di una propria responsabilita`.La Gestalt con esposizione a forti cicli di allarme mi porto' a nausea,vomito,ansia attacchi di panico,ansia generalizzata tremore terrore verso l'ambiente.A questo punto,devastato dalla Psicoterapia che mi aveva ossessionato il disturbo con cicli di allarme,finii tra le braccia di uno Psichiatra.Lo psichiatra non ha mai usato questa tecnica cosi' aggressiva.La psicoterapia era diventata un incubo.Appena mi vedeva il Terapeuta mi attaccava,io mi sintonizzavo agli allarmi e la mia mente andava in default perche' il Terapeuta diceva cose assurde!Parole come Pensiero Magico,Simbiosi o puntualizzazioni(si dice posso e non devo!)nonché aggressioni continue posso assicurare che non migliorano il disturbo ma lo alimentano.La cosa e' leggermente migliorata con un neurolettico a basso dosaggio ma resta secondo me un problema di sintonizzazione Primaria a Genitori con Personalita' Ossessiva.Se A mi allarma B mi allarma e tu mi attacchi per A e B io cerco una soluzione logica a qualcosa che e' semplicemente un allarme che ha come opzione due allarmi.E'irrisolvibile se non si risponde a mente lucida.Il Doc e' una malattia che insorge con ansia e con l'arrivo di un pensiero catastrofico improvviso devastante Puo'anche essere un semplice impulso e purtroppo la persona subisce questo funzionamento della mente che vede secondo me nel controllo attentissimo di Se' l'occasione per scoprire la catastrofe che nn hai previsto

#197
Ex utente
Ex utente

Salve dottore, avere pensieri intrusivi corrisponde per forza di cose ad avere il DOC? O si possono avere sfumature diverse ? Grazie

#199
Ex utente
Ex utente

Grazie. A me diciamo che è stata diagnosticata una sindrome ansioso-depressiva con tratti ossessivi, ma più che altro resto un po’ incartata nel ragionamento di quello che ho e sul fatto che i pensieri non vadano via, più che su un argomento specifico, che di solito fa parte del DOC a quanto leggo.
Per questo mi chiedevo se ci fosse comunque una differenziazione tra il disturbo ossessivo compulsivo e il pensiero intrusivo ripetitivo.
Buona serata

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