Iperacusia e stress lavoro-correlato: inquadramento clinico, implicazioni psicologiche e protocollo
L’iperacusia è una condizione caratterizzata da una ridotta tolleranza ai suoni ambientali, che vengono percepiti come eccessivamente intensi, fastidiosi o dolorosi. Questa alterazione della percezione sonora può incidere in modo significativo sul funzionamento psicologico, sociale e lavorativo della persona, favorendo stress cronico, comportamenti di evitamento e una riduzione della qualità di vita. L’iperacusia, nonostante venga descritto spesso solo da un punto di vista clinico, incide nello stress lavoro-correlato; al fine di migliorare il benessere dei lavoratori, viene proposto un protocollo di intervento integrato basato sulle evidenze scientifiche in materia.
Inquadramento clinico dell’iperacusia
L’iperacusia rientra nel gruppo delle Decreased Sound Tolerance Conditions ed è distinta da misofonia e fonofobia, sebbene tali condizioni possano coesistere nella stessa persona. In ambito clinico, l’iperacusia viene definita come una risposta sproporzionata del sistema uditivo centrale a stimoli sonori di normale intensità, accompagnata da disagio emotivo, dolore o reazioni di allarme.
I modelli neurofisiologici più accreditati ipotizzano un’alterazione del cosiddetto gain centrale, ovvero un’amplificazione anomala del segnale sonoro a livello delle vie uditive centrali. Questa iperattivazione risulta fortemente interconnessa con il sistema limbico e con il sistema nervoso autonomo, spiegando la frequente associazione dell’iperacusia con ansia, ipervigilanza, irritabilità e affaticamento emotivo.
Prevalenza e comorbidità psicologiche
La prevalenza dell’iperacusia nella popolazione generale presenta un’ampia variabilità, con stime comprese tra lo 0,2% e il 17,2%, a seconda dei criteri diagnostici adottati e degli strumenti di valutazione utilizzati. La condizione risulta più frequente in contesti clinici e in popolazioni esposte a elevati livelli di stress ambientale e psicologico.
Dal punto di vista clinico, l’iperacusia si associa frequentemente a disturbi d’ansia, sintomi depressivi, insonnia, acufeni e quadri di stress cronico o burnout. La presenza di questa condizione aumenta la vulnerabilità allo stress lavoro-correlato, soprattutto in ambienti caratterizzati da elevata complessità acustica, come open space, strutture sanitarie, contesti educativi e call center.
Iperacusia e ambienti di lavoro: meccanismi di stress
In ambito lavorativo, l’iperacusia può agire come un vero e proprio amplificatore dello stress. L’esposizione continua o imprevedibile a stimoli sonori, quali telefonate, voci sovrapposte o rumori meccanici, determina una persistente attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente aumento dei livelli di cortisolo e una ridotta capacità di recupero psicofisico.
Studi sperimentali hanno dimostrato che livelli di rumore tipici degli open space, intorno ai 60–65 decibel, sono associati a un incremento del cortisolo salivare, a un peggioramento delle capacità di concentrazione e a un aumento del carico cognitivo e dell’affaticamento mentale. Nei soggetti con iperacusia, tali effetti risultano più marcati, favorendo l’evitamento delle situazioni lavorative, l’isolamento sociale e una riduzione significativa della performance.
Approccio clinico evidence based
Un intervento clinico efficace richiede una valutazione accurata che integri aspetti audiologici e psicologici. È fondamentale ricostruire la storia personale e lavorativa del paziente, valutare il livello di stress lavoro-correlato, identificare i principali trigger sonori e indagare la presenza di sintomi ansiosi, depressivi o di disturbi del sonno. Strumenti validati, come l’Hyperacusis Questionnaire, consentono di monitorare l’intensità del disturbo e i cambiamenti nel tempo.
Protocollo clinico integrato per l’iperacusia lavoro-correlata
Il protocollo di intervento proposto si sviluppa nell’arco di circa dodici settimane e prevede una progressione graduale.
Nella fase iniziale, l’obiettivo principale è la psicoeducazione e la stabilizzazione del sistema nervoso. La persona viene aiutata a comprendere i meccanismi neurofisiologici dell’iperacusia e del legame tra suono ed emozioni, riducendo la paura e il senso di minaccia. Tecniche di regolazione fisiologica, come la respirazione lenta e il grounding, favoriscono una diminuzione dell’attivazione di base. L’uso di protezioni acustiche può essere previsto in modo mirato e temporaneo, evitando l’isolamento sonoro costante.
La fase centrale del trattamento è focalizzata sull’intervento cognitivo-comportamentale e, quando indicato, sulla terapia sonora. Il lavoro clinico mira a ridurre l’iperattivazione emotiva, aumentare gradualmente la tolleranza ai suoni e rafforzare il senso di controllo. La ristrutturazione delle credenze catastrofiche legate al suono e l’esposizione graduale e controllata agli stimoli sonori rappresentano elementi centrali di questa fase, insieme alla gestione dello stress lavoro-correlato.
Nella fase finale, l’attenzione si sposta sull’integrazione lavorativa e sulla prevenzione delle ricadute. Vengono pianificati accomodamenti lavorativi ragionevoli e strategie per la gestione del carico sensoriale. L’introduzione di pratiche di mindfulness orientate alla regolazione dell’arousal e la costruzione di un piano personalizzato di prevenzione aiutano a consolidare le competenze acquisite e a ridurre il rischio di cronicizzazione.
Ruolo della CBT e della Mindfulness
Numerosi studi clinici randomizzati indicano che la Terapia Cognitivo-Comportamentale è efficace nel ridurre il distress associato all’iperacusia e nel migliorare la qualità di vita. L’integrazione con pratiche di mindfulness consente di lavorare sull’iperreattività sensoriale, favorendo una relazione più consapevole con l’esperienza sonora e riducendo le risposte automatiche di allarme.
Per concludere
L’iperacusia rappresenta una condizione clinica complessa, spesso invisibile, che può compromettere in modo significativo il benessere psicologico e lavorativo. Un approccio clinico integrato, precoce e multidisciplinare consente di ridurre lo stress, migliorare il funzionamento quotidiano e prevenire la disabilità. Il trattamento deve essere personalizzato, progressivo e orientato al recupero della qualità di vita e della partecipazione attiva alla vita lavorativa e sociale.
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