Empatia online.

Esiste l'empatia online? Altroché!

salvocatania
Dr. Salvo Catania Oncologo, Chirurgo generale, Senologo

Recentemente ho letto, purtroppo su questo sito, il parere di uno psicologo che scrive:

<<Che cos’è l’empatia? È la capacità di leggere i sentimenti e le emozioni dell’altro, un processo d’immedesimazione che ci rende partecipi del suo mondo psichico.

Dato che si sta parlando di sentimenti ed emozioni, è evidente che un terapeuta sarà più capace di empatia, cioè di capire meglio l’altro, quando potrà vedere i segni indicatori delle emozioni svolgersi davanti a sé: l’espressività del volto, dei movimenti, della postura, del modo di parlare della persona.>>

E sin qui siamo d’accordo, ma poi...

<<Può esistere una cosa come l’empatia online? Con i mezzi telematici odierni è possibile connettersi in videoconferenza attraverso internet, in modo economico e alla portata di tutti. Potrebbe sembrare, quindi, che colmato il gap visivo e auditivo con una videocamera e una connessione Adsl, fosse possibile riprodurre la stessa situazione di quando si è di fronte l’uno all’altro.

Ebbene, non è così. Fra le varie aree che studiano la comunicazione non verbale ne esiste una, la prossemica, che analizza gli effetti della distanza sulle relazioni interpersonali.>>

<< Parlare di “empatia online” è pertanto fuorviante. L’empatia, per definizione, ha bisogno di vedere sull’altro i segni delle emozioni mentre queste si svolgono, in tempo reale, cosa che non può avvenire per email.>>

Ma quando mai!!! L'empatia non ha assolutamente bisogno di “vedere(*)”!

*A proposito di vedere (siamo ancora a sostenere i "neuroni a specchio"?) ho ricevuto questa mail da parte della dr.ssa Chiara Schiroli, psicoterapeuta non vedente, che ha visto, con i mezzi suoi, questo blog e che mi scrive:

>>E' molto interessante questo dibattito. Mi ci aggiungo solo per evidenziare un piccolo dettaglio che a mio avviso complicherà un po' le cose. Io sono non vedente, quindi sono abituata a non vedere le persone che ho davanti, amici e pazienti. Il non vederle, però, non mi rende immune dal "contagio" emotivo che posso assorbire da loro. In fondo, un'emozione la si percepisce non solo con lo sguardo, ma anche con tutti gli altri sensi: modo di parlare, atteggiarsi e così via. 
Per questo non sono così convinta che la psicoanalisi classica freudiana rendesse i terapeuti così immuni dalle emozioni degli altri. 
A presto.

Chiara Schiroli

io aggiungo [66, 67, 68]

Negli ultimi anni lo sviluppo sulle definizioni di empatia, riflesso in molti articoli, editoriali e libri, ha modificato questa concezione (**)

Empatia questa sconosciuta

Certamente la prossemica facilita la comunicazione empatica perchè favorisce il “riconoscimento” dei pensieri e sentimenti di altri, ma ormai buona parte della letteratura accreditata viaggia in una direzione del tutto differente, perché non basta riconoscere, è più importante avere la “capacità di rispondere” con un sentimento corrispondente.

La capacità di rispondere viene facilitata dalla prossemica, ma non è necessario essere presenti, perché si attivi il circuito dell’empatia, tant’è che molti pazienti cambiano il curante e lo psicologo perché non hanno trovato questa capacità nell’altro versante reale.

1) La prossemica facilita il riconoscimento ma non c’entra nulla con la capacità di rispondere!

Prossemica

[diapositive che utilizzo nei miei Corsi e Master sulla relazione medico-paziente a riprova del fatto che anche il sottoscritto tenga in gran conto il contesto, il setting, in cui si svolge la relazione. In così gran conto che introducendo il tema del contesto della relazione mostro persino le foto del Toguna' da me scattate durante le gare nel deserto del Mali http://www.senosalvo.com/il_deserto_parte_IX.htm attraversando la terra dei Dogon, popolo primitivo e mistico. 
Il togunà, che vuol dire casa della parola, è una sorta di gazebo costruito con dei pali di legno intarsiati con molta fantasia dove il seno rappresenta il simbolo della fertilità. E' ricoperto da uno spesso tetto di foglie di miglio e la sua struttura non è casuale, perché al fresco di questo gazebo vengono prese le decisioni più importanti del villaggio. L’altezza del gazebo è studiata per evitare che accese decisioni degenerino in risse poiché è impossibile alzarsi senza sbattere la testa.]

Slide Empatia

Si può tenere sulle ginocchia il paziente e far finta di abbracciarlo e non accendersi affatto il circuito dell’empatia. Medici e psicologi spesso sono accusati di essere superficiali e frettolosi ed incapaci di trasmettere empatia pur se seduti a 20 cm di distanza dal paziente.

Sì, perché si tratta proprio di un circuito che fa capo ad una unità anatomo-funzionale.

O funziona o non funziona, anche se, quando funziona, i livelli di empatia sono variabili dal basso livello, al medio, e alto livello. Baron-Cohen addirittura in previsione delle conclusioni degli studi che si occupano di empatia ha previsto che in futuro il livello di empatia zero sarà probabilmente sostituito dal termine "male".

I medici nazisti torturavano milioni di ebrei di persona e non certo attraverso la rete virtuale ed erano capacissimi di “riconoscere” le sofferenze delle loro vittime.

Gli autori dei femminicidi riconoscono benissimo le sofferenze delle vittime, anzi proprio il riconoscimento di queste costituisce l'arma principale di ricatto per tenerle in pugno per anni.

Si può viceversa risiedere oltreoceano e non aver mai conosciuto l’interlocutore e mandare lo stesso in fibrillazione il circuito dell’empatia, indipendentemente quindi dalla prossemica.

2) Questo è un bell’esempio di empatia virtuale

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-ragazze-fuori-di-seno-nascita-di-un-forum-di-medicina-narrativa.html e come esperimento lo porteremo a termine (e vedremo cosa accadrà) con i partecipanti a questa discussione il 21 novembre 2013 a Milano.

In questa discussione le pazienti definiscono bene il concetto di empatia. Ad es. "Tramite lo strumento telematico mi sento più libera di esprimere emozioni che neanche al mio psicologo "vis a vis" riesco a trasmettere. E poi lo posso fare in tempo reale perchè posso scriverle nel momento in cui si manifestano, mentre con lo psicologo devo aspettare il giorno dell'appuntamento ".

E' anche un bell'esempio di Auto-Mutuo-Aiuto-Virtuale.

Definizione di empatia

Ormai riguardo all’empatia se proprio vogliamo considerare una definizione, quella più semplice, ma comprensibile possiamo partire da:

  • c'è empatia quando smettiamo di focalizzare la nostra attenzione (single-minded), per adottare invece un tipo di attenzione “doppia” (double-minded).

Single minded vuol dire prestare attenzione solo alla propria mente, ai propri pensieri o alle proprie percezioni. Avere una attenzione doppia significa tenere allo stesso tempo anche in considerazione la mente di qualcun altro.

Quando l’empatia è spenta, pensiamo solo ai nostri interessi. Quando l’empatia è accesa, ci concentriamo anche sugli interessi di altre persone.

Questa definizione non tiene conto del rapporto tra empatia e cervello, cioè ignora il processo ed il contenuto di ciò che accade durante l’empatia. Ciò che qualcun altro sta pensando o provando e di rispondere a quei pensieri e sentimenti con una emozione corrispondente.

Per semplificare allora possiamo dire che la empatia è la nostra capacità di identificare ciò che qualcun altro sta pensando o provando e di rispondere a quei pensieri e sentimenti con una emozione corrispondente.

Ora è chiaro che di persona sia più facile la fase di riconoscimento (leggendo sul volto ad esempio il chiaro riflesso dei pensieri), ma è molto più importante la capacità di rispondere con una emozione corrispondente.

E questa o c’è o non c’è, come hanno dimostrato numerosi studi che hanno utilizzato la Risonanza Magnetica Funzionale che identifica le sedi che si “accendono” in caso di risposta empatica [(Functional Magnetic Resonance Imaging (fMRI)].

Empatia

Altre importanti conferme derivano da numerosi studi, alcuni ancora in corso, che hanno studiato un campione di soggetti morti e che in vita avevano avuto questo singolare comportamento.

  • Miti, educati, moderati per tutta la vita sino a che hanno avuto un incidente con trauma cranico importante che aveva compromesso alcune sedi anatomiche provocando un radicale cambiamento dei comportamenti.

Cioè dopo l'incidente questi soggetti diventavano:

  • maleducati, sboccati, asociali e senza alcuna inibizione sociale.

Alcuni Centri di ricerca [in particolare quello di Hanna Dammasio (Yowa U.)] hanno potuto esaminare i crani, ben conservati, dopo la morte di questi soggetti, e tramite le moderne tecniche di neuroimaging hanno dimostrato che questi soggetti “avevano perso l'empatia”, si fa per dire!

Pertanto l’empatia, compresa quella virtuale, sulla base di tutti gli studi più accreditati è negata solo... da chi non ce l’ha!

Parte di questi concetti è possibile approfondirli su The Science of Evil. Ora c’è disponibile anche l’edizione italiana

La scienza del male

Oppure si può approfondire questo tema su “qualche” studio originale, ne allego “alcuni”, tra i tantissimi, riferimenti.

(**) Quando nel 2011 ho pubblicato su questo sito un mio studio quinquennale sul consulto online elaborando i dati del Rating raccolti in 5 anni

https://www.medicitalia.it/salute/senologia/6-consulti-online-in-senologia.html

sono rimasto molto sorpreso che gli utenti in numero significativo (10%) dei casi valutassero "empatico" il ruolo del consulente virtuale. Incuriosito, ho allora scritto una mail al Prof. Andrea Pinotti, che insegna Estetica alla Statale di Milano che aveva appena pubblicato un bellissimo libro [51] dal titolo EMPATIA, storia di una idea da Platone al post-umano, ma già in passato aveva scritto altre monografie su questo tema (Estetica ed empatia....).

Il prof. Pinotti, tutt’altro che sorpreso, mi  diede una risposta articolata, il cui stralcio è riassunto nella tabella a seguire, allegandomi nello stesso tempo altra bibliografia a riprova che su questo tema esiste GIA' letteratura [52]:

  • "Credo che quei risultati che mi comunica vadano in direzione di una trasformazione dell'esperienza empatica nell'epoca della comunicazione telematica.
  • L'empatia, che pensiamo sempre come basata su una comunicazione vis a vis, va pensata come una capacità elastica, capace anche di assimilare le possibilità offerte dai dispositivi elettronici di comunicazione a DISTANZA. "

L'equivoco sull'empatia virtuale e la sua maldestra negazione, probabilmente nasce dal pregiudizio fondato sul nulla che Internet non trasmetta emozioni.

Ho allegato nella bibliografia il link di un sito [69] https://www.empathybelly.org/

Provate a visitarlo. Forse qualche idea preconcetta sulla definizione di empatia potrebbe essere rivisitata.

Ci troverete una dettagliata descrizione del simulatore di gravidanza "Pancia empatica" (The Empathy Belly Pregnancy Simulator), che promette di farvi provare che cosa voglia dire essere incinte.

Si tratta di un dispositivo a più componenti, che non si limita a dotarvi di una pancia pesante e di un seno gonfio da indossare, ma che attraverso un'accurata simulazione medica, vi mette in grado di fare esperienza di più di venti sintomi tipici della gravidanza, fra i quali aumento di peso, calci e stiramenti degli arti del feto; il respiro corto; l'aumento della pressione sanguigna, l'accelerazione del polso e l'innalzamento della temperatura corporea; la pressione sulla vescica e lo stimolo frequente a urinare; il mal di schiena; lo spostamento del baricentro e l'ondeggiamento nella camminata; l'affaticamento e l'irritabilità and.........."much, much more". Stranamente non ci sono le nausee.

L'applicabilità è indicata soprattutto per il compagno che voglia rendersi conto in maniera più consapevole di quello che sta provando la partner. Per la prima volta può sperimentare cosa voglia dire muoversi per molti mesi con un pancione e due seni che scoppiano ed una colonna vertebrale sottoposta alle sollecitazioni del peso, piantata come una spada conficcata sulla schiena. Se non scoppia un incendio empatico nei confronti della partner forse è preferibile lasciarlo al suo destino a gravidanza portata a termine.

La ditta che lo produce si rivolge a medici ed educatori, offrendo loro uno strumento didattico straordinariamente efficace, soprattutto per la formazione del personale medico e paramedico ostetrico impegnato nel counseling prenatale.

Lo strumento viene offerto (è questo è importante) anche ad attrici che devono recitare una parte di donna gravida e forse anche ad attori, se pensiamo a Marcello Mastroianni nel "Niente di grave: suo marito è incinto" o a Schwarzenegher in "Junior".

Ma se non avete più desideri di gravidanze, nello stesso sito potete acquistare on line i "polmoni empatici" ("Empathy lungs") un simulatore di COPD (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) che vi procura i sintomi dell'enfisema, della brochite cronica e dell'asma. La filosofia educatrice per i fumatori incalliti è " Mostramelo coinvolgendomi e lo terrò a mente".

Qui con pancia e polmoni, l'empatia è evidentemente intesa in senso molto fisico e anatomico, sintomatico e - al di là di certe ironie che potrebbe suscitare- è certamente un caso estremo ma che opportunamente ci ricorda che forse troppo spesso tendiamo a fare dell'esperienza empatica un momento affettivo tutto fatto di di spiritualità ed interiorità, finendo così per trascurare che l'affetto ha sempre e comunque un risvolto corporeo, che l'emozione è moto dell'animo e insieme movimento somatico, che il senso complessivo del sentire è al contempo sentimento e sensazione.

In tal senso parlavo di "scippo" dell'empatia da parte della psicologia quando cerca di appropriarsene in esclusiva nonostante "l'empateia" fosse stata coniata dal teatro greco ed estesa alla medicina greca 2467 anni prima che venisse valorizzata dalla psicologia.

 

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  131. Building Empathy in Online Courses http://www.igi-global.com/article/building-empathy-online-courses/70917
  132. Building Empathy in Online Courses
  133. Distance no barrier in buiding Empathy http://www.massey.ac.nz/massey/about-massey/news/article.cfm?mnarticle_
  134. Online Empathy, 2006 https://www.igi-global.com/chapter/online-empathy/18098
  135. The neuroanatomicalbasis of empathy.Is empathy impaired following damage to the ventromedial prefrontal cortex? http://ir.uiowa.edu./etd/781/
  136. Empathic exchanges in online cancer support groups, 2011 http://www.ncbi.nlm.nih.gov./pubmed/21318917
  137. Empathy and emotion recognition in people with autism.....2013 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23174401
  138. A multidimensional approach to individual differences in empathy http://www.citeulike.org/user/voiklis/article/3410177
  139. Empathy online https://citeseerx.ist.psu.edu/doc_view/pid/548dbc3abc68f146c32c54fc03e4f60f52f458e2
  140. The Empathy Quotient Scale, 2003 http://okcupid.com/tests/the-empathy-quotient-scale
  141. The original Empathy Test
  142. Free online Empathy and Compassion Curriculum Project
Data pubblicazione: 14 luglio 2013 Ultimo aggiornamento: 19 agosto 2013

206 commenti

#1
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Pensare che per essere empatici si debba "vedere" in senso letterale equivale a dire che un non vedente è per forza di cose impossibilitato ad essere empatico.

Una evidente sciocchezza che non merita nemmeno troppe spiegazioni per essere definita tale.

Ci sono persone con 10 decimi che non sarebbero empatiche nemmeno se il mondo dovesse finire domani.

Ma sei sicuro che questo sia un collega psicologo iscritto all'albo?

#2
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Cacio sui maccheroni per me !(^___^)

Infatti io ho scritto "RICONOSCERE" e...quando mai...VEDERE (*)!

(*) ovviamente se si vede è più facile riconoscere.

#3
Dr. Mario Corcelli
Dr. Mario Corcelli

ho ricevuto proprio ieri questa mail
"Egregio dr Corcelli, sono uno studente di medicina al suo ultimo esame: medicina legale! Stia tranquillo, non voglio chiederle ripetizioni, ma semplicemente ringraziarla perchè, a dispetto del mio libro pessimo, sono riuscito ad ottenere un ottimo voto e dunque potermi laureare in tempo grazie ai suoi ottimi post in cui spiega egregiamente molti argomenti! Scusi se la contatto per questo, ma sentivo il bisogno di ringraziarla velocemente. Buon lavoro e auguri per tutto! L."

Ho risposto al giovane collega, e, pur senza esserci mai "visti", si è rafforzato un rapporto di empatia, che era già iniziato, da parte sua, con la lettura dei miei post, tanto che ci siamo promessi di poterci incontrare di persona, distanze permettendo, per una chiacchierata dal vivo.

Ecco un esempio concreato di empatia on line!

#4
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Esempi di empatia on-line li abbiamo avuti anche in occasione di notizie di perdite di persone conosciute in versione digitale, ma anche di eventi lieti.
Forse per innescare l'empatia è necessario il contatto diretto (analogico), ma una volta appresa, la si può sperimentare anche in via digitale.
Qualche volta mi è capitato di sentirmi dire, durante sedute di ipnosi "ora provo più empatia verso quella persona" e la volta successiva raccontare di come fosse cambiata la relazione con quella persona.

C'è anche la celebre foto che avversava l'empatia in cui era raffigurata una madre in una bidonville o in una favela con il volto completamente distrutto dall'espressione che era ben compatibile con la situazione di estrema miseria e povertà e sofferenza, ed il bambino, suo figlio, raggiante e sorridente: stesso scenario ma due emozioni completamente diverse.

#5
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Ad un collega psichiatra che mi ha anticipato che interverrà in questa discussione e che mi chiede cosa intendessi io, ovviamente semplificando, nel collocare il meccanismo dell'empatizzazione di un individuo a diversi livelli, da zero ad elevato.

Intendevo dire che gli studi allegati in bibliografia mostrano l'esistenza di un circuito cerebrale, per questo definito circuito dell'empatia, un circuito sottoattivo nelle persone che commettono atti di crudeltà (=livello 0) e via via di un livello di empatia più elevato nelle persone con capacità di risposte empatiche.

Tutto dimostrato grazie alla risonanza magnetica funzionale, che ha dimostrato che quando entra in gioco l'empatia non è coinvolto l'intero cervello, ma una decina di regioni fra loro interconnesse (altre in via di riconoscimento : Frith, 2003). La prima regione nel circuito è la corteccia media prefrontale, che si può immaginare come un "hub" per l'elaborazione dell'informazione sociale ed è importante per confrontare il proprio punto di vista con quello di qualcun altro.
La cosa stupefacente è che questa regione è suddivisa in una regione dorsale ed una ventrale e che contemporaneamente mentre la parte dorsale è coinvolta nella rappresentazione (="meta-rappresentazione") dei pensieri e dei sentimenti degli altri, quella ventrale è coinvolta nella rappresentazione dei NOSTRI pensieri e sentimenti. Ma questa regione fa anche ben altro : secondo il neuroscienziato Damasio è dimostrabile che la regione ventrale memorizza la valenza emotiva. Se una azione è gratificante, è emotivamente positiva, mentre se è punitiva, è emotivamente negativa. Damasio parla di un "marcatore somatico" ipotizzando che ci sia un marcatore per ogni azione che compiamo e che ripeteremo solo le azioni con marcatori somatici a valenza positiva.
Ci vuole un volume per descrivere questo circuito di cui fanno parte anche la CORTECCIA ORBITO-FRONTALE, l'OPERCOLO FRONTALE, il GIRO FRONTALE INFERIORE, la CORTECCIA CINGOLATA ANTERIORE e L'INSULA ANTERIORE, la GIUNZIONE TEMPORO-PARIETALE, il SOLCO TEMPORALE SUPERIORE, la GIUNZIONE TEMPOROLOPARIETALE, la CORTECCIA SOMATOSENSORIALE, il LOBULO PARIETALE INFERIORE, l'AMIGDALA,quest'ultima coinvolta nell'apprendimento emotivo e nella regolazione delle emozioni.

Studi su pazienti neurologici che hanno subito danni localizzati su entrambe le amigdale( ne abbiamo una per ogni emisfero) hanno dimostrato che questi pazienti erano INCAPACI di riconoscere le emozioni di paura sul volto degli altri....nonostante ci VEDESSERO BENISSIMO !!!!!

L'amigdala ha avuto recentemente un grande momento di popolarità perchè il neuroscienziato Joseph LeDoux, Università N.Y., colloca l'amigdala al centro del "cervello emotivo" a conferma dei suoi ampi studi sul modo in cui si impara a "temere qualcosa". E il fascino dell'amigdala lo influenzò a tal punto che , essendo anche un appassionato musicista, finì per dare il nome alla sua band musicale : THE AMYGDALOIDS !

<<Cosa vuol dire livello zero di empatia ??>>
Il grado zero di empatia significa non avere consapevolezza di come ci si condiziona con gli altri. Ci si sente disorientati sulle ragioni per cui i rapporti non funzionano. La conseguenza è che ci si crede totalmente nel giusto circa le proprie idee e convinzioni, e si giudica in errore o stupido chiunque non le condivida.
In casi meno estremi (1,2) questo livello porta ad essere verbalmente aggressivi, con un livello vicini allo 0 si è "predisposti" persino ad omicidi o stupri.

#8
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Baron-Cohen è semplicemente un genio: i suoi studi sulla metacognizione e sui deficit metacognitivi (non solo in pz autistici) hanno cambiato notevolmente le nostre conoscenze sia sui disturbi psicopatologici gravi (es disturbo borderline e/o antisociale e di personalità in genere)in cui si sa che il pz è sempre affetto da seri deficit a livello metacognitivo; per questa ragione il pz. fa fatica soprattutto nelle relazioni interpersonali, non riuscendo a pensare e ad immaginare quale tipo di reazione potrebbe avere l'altro (quindi è spinto anche a delinquere). Ma anche il modo di stare in terapia (es lettino o vis- a- vis)per noi psicoterapeuti è molto importante: già la psicoanalisi che non prevedeva di guardarsi in faccia durante l'interazione impostava comunque una relazione empatica.
Anche molti cognitivisti oggi utilizzano la chaise longue in studio, creando comunque un clima empatico e accogliente.
Bello il commento di Fernando sull'empatia anche nel nostro gruppo (es quando domandiamo ai Medici qualche aiutino on line per noi o i nostri parenti...): vi ricordate il caso del papà dell'Armando? :-)
Per non parlare di tanti Utenti che ci scrivono privatamente per ringraziare, domandare, ecc... e che magari abitano dall'altra parte d'Italia ma asseriscono di essersi sentiti capiti più su un sito di consulenza che col proprio curante in carne ed ossa!

#10
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania
#11
Utente 278XXX
Utente 278XXX

Li vedono, eccome se li VEDONO, alcuni medici e psicologi (ne ho cambiato 2)sul volto, sulle mani tremanti, i segni della nostra sofferenza, ma non si ACCENDE nulla!

#12
Utente 278XXX
Utente 278XXX

Li vedono, eccome se li VEDONO, alcuni medici e psicologi (ne ho cambiato 2)sul volto, sulle mani tremanti, i segni della nostra sofferenza, ma non si ACCENDE nulla!

#13
Utente 278XXX
Utente 278XXX

Una considerazione frutto di lunga frequentazione dei luoghi di cura (ma vale anche per gli psicologi) a causa della mia malattia e dei miei familiari : i medici e psicologi più empatici sono quelli allo stesso tempo più umil e competenti, quelli meno empatici sono nella mia esperienza supponenti e con qualche dubbio legittimo sulla loro competenza.

#14
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Ho finalmente trovato il riferimento. Cercavo nei consulti, ma invece non è un consulto ma un post nel blog di uno psicologo.

Considerare l'empatia come epifenomeno della visione oculare è un errore anche abbastanza grossolano. Un peccato però, perché invece l'assunto di base, che doveva essere argomentato meglio e con informazioni non improvvisate, è a mio avviso assolutamente corretto: non si può fare psicoterapia online.

#15
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Sono Francesca, un utente del blog Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno. Mi sono spesso chiesta che cosa è stata per me questa esperienza on line, dove sono capitata per uno strano scherzo del destino ( premetto che dedicavo pochissimo tempo a internet e e non ho mai partecipato ad un forum). Penso che questo spazio dove sono intervenute molte persone è stato fondamentale nella mia chiamiamola "guarigione psicologica" , ricordo come se fosse ieri la mia disperazione ,questo era diventato il mio rifuio dove chiedevo informazioni, ma soprattutto urlavo la mia disperazione. ricordo molto bene le parole del dott. Salvo che mi rassicuravano, mi facevano vedere le cose anche da un punto di vista diverso, quelle parole che non parlano solo di malattia e di morte ( cosa che la mia testa faceva di continuo), piano piano anch'io sono uscita da questa "bolla" e aiutata dal dott. Salvo e dal dott. Calì e da tutte le persone che sono intervenute nel forum ho cominciato a parlare di "altro" , di vita, una vita diversa da quella di prima ma arricchita da questa splendida esperienzaa e dalle splendide persone che ne fanno parte.
Certo, al di fuori del forum sono stata aiutata da tante altre persone, la mia famiglia, l'oncologa, la psicologa e il chirurgo, che sono stati per me dei punti di riferimento importantissimi.
Non vedo le due cose in contrapposizione, posso soltanto dire che da questa esperienza ho percepito tantissimo amore , mentre dalle persone vicine me lo aspettavo, non avrei mai immaginato di incontrarlo in un forum . queste persone non le tocco, non le vedo, non so com'è la loro voce , ma leggo i loro pensieri, le loro parole sento che sono con me. ho capito che l'empatia è "sentire" , ma non occorrono i cinque sensi, perchè si sente con il cuore.

un abbraccio a tutti , ma soprattutto al dott. Salvo.
Francesca

#16
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Sì sono d'accordo :ci sono medici empatici che ti incontrano nei corridoi a DISTANZA e si accendono da lontano come un fiammifero e danno un senso alla tua giornata. Altri con cui discuti per tempi lunghi e restano degli estranei anche dopo anni di controlli.

#17
Utente 287XXX
Utente 287XXX

se dev'essere un dottore medico a insegnare agli psicologi che l'empatia non c'entra neiente con la vista siamo messi male!
Questa deriva di molti psicologi che credono di ridurre tutto a un giochetto parlando di postura, linguaggio non verbale, neuroni, perdono (loro si!) "di vista" che la psicologia è lo studio della psiche, dello sguardo che va oltre la vista, del saper sentire e del saper comunicare che non va inteso solo in senso concreto, materialistico, ma psichico. Comunque meno male che ci sono medici come lei!

#18
Utente 309XXX
Utente 309XXX

x utente 287505..però non perdiamo questa bella occasione di potere discutere di un sentimento che interessa moltissimo tutti gli utenti, soprattutto quelli gravemente ammalati, spostando il baricentro verso una contrapposizione tra medici e psicologi, anche perchè gli psicologi sin qui intervenuti hanno assunto un atteggiamento non lontano da quello dei medici.
Il vantaggio dei forum come questi, e per questo apprezzabilissimi, è quello di far sentire la nostra voce e non necessariamente con connotazioni polemiche a favore o contro qualcuno.Sarebbe bello quindi tornare al tema qui emerso : per essere empatici è NECESSARIO VEDERE ?

#19
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Alessandro che non si possa fare psicoterapia online è una presa di posizione non supportata da alcuna ricerca scientifica, ma solo dal timore e dalla poca conoscenza delle dinamiche che si scatenano on-line.
Però, posso pure essere d'accordo, sul fatto che non si possa fare psicoterapia on-line. Ma da psicologo mi chiedo cosa possa fare on-line lo psicologo, e se proprio il copyright psicoterapia sia preso, allora come possiamo definire l'intervento psicologico on-line?
Ma gli psicologi fanno solo psicoterapia o fanno anche altro? A parte fare gli scrittori, ovviamente? :)

#20
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Per evitare equivoci ho aggiunto ulteriore testo ed immagini alla news.

x Utente 309703 grazie per l'assist. Concordo con Lei : qui si parla di contenuti e non di persone. Io non devo insegnare niente a nessuno ma ho espresso solo un parere.
L'empatia è un sentimento di tutti anche se il termine è medico e non solo perchè la psicologia se ne è disinteressata per quasi un secolo, si fa per dire, o se vogliamo essere precisi nè della medicina nè della psicologia perchè la parola deriva dal greco "&#949;&#956;&#960;&#945;&#952;&#949;&#943;&#945;" (empatéia, a sua volta composta da en-, "dentro", e pathos, "sofferenza o sentimento"), che veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico.

#Fernando e Alessandro : non allarghiamo la discussione alle "possibilità di far terapia " del mezzo telematico. Siamo fuori tema.

Parliamo di empatia e soprattutto di "empatia virtuale ! Grazie

#22
Utente 258XXX
Utente 258XXX

Buonasera,per me l’empatia virtuale è possibile perché senza sentirne la voce o vederne il linguaggio gestuale la persona con cui stai interagendo è reale e lo stato emozionale traspare da ciò che scrive, il modo di esprimersi, la punteggiatura, soprattutto se la comunicazione è in corso da un po’ di tempo ci si accorge di un cambiamento nel “tono generale” e quindi sì, si intuisce se la persona è serena, felice, preoccupata, arrabbiata, divertita …. A volte si intuisce anche da ciò che non scrive!

#23
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

A seguito di uno scambio di mail con alcuni psichiatri e psicologi del sito ho ricavato la sensazione che , soprattutto con alcuni psicologi, parlare di empatia virtuale equivale a sbattere contro un muro. Mi stupisce perchè si tratta di un tema ormai trito e ritrito e che io pensavo ormai non più in discussione.

Per fortuna si tratta di casi veramente isolati. Basta fare una ricerca in rete e sono diversi i siti di psicologi che trattano il tema non certo come se fosse tabù.

http://www.rosalbacarlino.it/articoli-comunicazione-virtuale.html

Solo per allegare un esempio.

Mi stupisco perchè non solo all'estero ma anche in Italia sono stati pubblicati diversi saggi su questo tema ed addirittura assegnate tesi.

Ne allego una tra le tante perchè la sintesi (scopi della ricerca, campione esaminato e conclusioni) l'avevo salvata 4 anni fa nel mio archivio. La sintesi vi risparmierà (ma forse vale la pena leggere tutto il testo) le quasi 300 pagine della ricerca

http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/1028/cardinali_955330_tesi.pdf?sequence=1

Dottorato di Ricerca in Scienza della Cognizione e della Formazione,
Università Ca’ Foscari Venezia (A.A 206-2009)

• Scopo ricerca

Alla luce degli interrogativi di partenza la presente ricerca ipotizza, da un lato che la rete consenta l’attivazione del processo empatico. In particolare che le interazioni virtuali evidenziano l’empatia , neurofisiologici; dall’altro, che
la prospettiva del simulazionismo discussa nel II capitolo, possa servire allo scopo di dimostrare la possibilità dell’empatia in rete. In particolare che le operazioni che governano la lettura della mente abbiano una significativa base linguistica
riscontrabile nell’uso di indicali e nell’impiego di parafrasi e metafore

La ricerca si pone pertanto i seguenti obiettivi:
• Verificare se l’empatia, uno dei fondamenti primitivi dei rapporti interpersonali, risulti incrinata dai mutamenti tecnologici, dato che, in relazione alla virtualità delle interazioni in rete, la condizione di vicinanza
fisica, da sempre ritenuta condizione necessaria alla sua realizzazione, scompare.

• &#61607; Ridefinizione del processo empatico nell’apprendimento in rete secondo:
a) un modello multidimensionale in cui componente affettiva, componente
cognitiva e motivazionale co-occorrono nel generare una risposta empatica
b) un modello che integri i contributi delle neuroscienze che individuano le
basi neurofisiologiche dell’empatia.
c) un modello interazionista, superamento del riduzionismo meccanicista di
obsolete basi concettuali che tendono a limitare fortemente le nostre capacità
di porre in relazione empatica, sia sul piano interpersonale che sul piano
intrapsichico, entrambe le potenzialità che sono connaturate alla funzionalità
parallela dei due emisferi cerebrali.
• &#61607; Elaborazione di una scala di valutazione del quoziente di relazionalità
all&#8223;interno delle comunità di apprendimento online.
Campione

Il campione
Il campione oggetto della ricerca è costituito dal totale dei partecipanti ai corsi della SSIS Veneto IX ciclo Area Comune – sede di Venezia, Padova e Verona - A.A. 2007/2008 I semestre (seguiti in qualità di osservatore esterno) e al Corso di Perfezionamento in “Modelli speculativi e ricerche educative nell’interazione
multimediale” dell’Università degli Studi Roma Tre – A.A. 2007/2008 (seguito in qualità di tutor online), di cui sono state analizzate le interazioni dei forum.

Ai corsi della SSIS Veneto IX ciclo Area Comune – sede di Venezia, Padova e Verona – hanno partecipato 457 iscritti ripartiti in gruppi ciascuno gestito da un Tutor online

• Conclusioni
La ricerca ha raggiunto dunque i seguenti obiettivi delineati nel capitolo III:

• &#61607;l’empatia, uno dei fondamenti primitivi dei rapporti interpersonali, non risulta incrinata dai mutamenti tecnologici nonostante la virtualità delle interazioni in rete, e la condizione di vicinanza fisica non scompare.
Dunque la condizione di vicinanza fisica, da sempre ritenuta condizione necessaria alla sua realizzazione non risulta più essere tale.

• L’apprendimento in rete ridefinisce il processo empatico secondo:
a) un modello multidimensionale in cui i componenti neurofisiologici,
cognitivi, pragmatici, intenzionali, emotivi, sociali co-occorrono nel
generare una risposta empatica.
b) un modello che integra i contributi delle neuroscienze che individuano
le basi neurofisiologiche dell’empatia.
c) un modello interazionista, superamento del riduzionismo meccanicista
di obsolete basi concettuali che tendono a limitare fortemente le nostre capacità di porre in relazione empatica, sia sul piano interpersonale che sul piano intrapsichico, entrambe le potenzialità che sono connaturate alla funzionalità parallela dei due emisferi cerebrali.
• Si è elaborata una scala di valutazione del quoziente di relazionalità all’interno delle comunità di apprendimento online per la quale si è fornito anche un modello teorico di riferimento.














#24
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Cedo alla tentazione perfida di fare uno scherzo ad Alessandro Scuotto (^__^) perchè ci nasconde che a Napoli nell'autunno scorso ha presentato un libro di Eugenio Capezzuto [La molteplicità condivisa. L'empatia come cognizione sociale.]

Che tratta un tema cruciale, come abbiamo visto, e cioè la CONOSCENZA ALTRUI (nella news io parlo di "riconoscere" più che vedere ).
La comprensione delle menti altrui è un problema col quale la filosofia si cimenta da sempre ed ancor più profondamente da quando Descartes ha introdotto una separazione tra res cogitans e res extensa. Il problema non si risolve se non ricostituendo l’unità dell’uomo attorno a un principio unificatore: l’empatia.

http://www.youtube.com/watch?v=x3A8C8T0n74

#25
Utente 310XXX
Utente 310XXX

Ma perché prenderci in giro nel voler definire a tutti i costi l'empatia se poi questo serve a poco all'atto pratico ? Io ho un ottimo rapporto empatico con il mio oncologo curante che mi segue da anni. Ma questo solo sulla carta, perché in pratica lui non ha alcuna possibilità REALE di esprimerla la sua empatia, strangolato dagli impegni istituzionali (una visita ogni 20 minuti). Infatti nei nostri incontri non riesco neanche ad esprimere i tanti dubbi che mi trascino appresso. Lui mi concede di scrivergli qualche mail ed in tali occasioni ritrovo la empatia del mio oncologo, forse perché mi risponde quando ha tempo e quindi è più disponibile ad ascoltare.
Se devo quindi esprimere un parere riferito alla empatia virtuale e reale, sono costretta ad ammettere che in una scala da 0 a 10 quella virtuale trasmessa dal mio oncologo è 9 e quella reale 5.

#26
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Gentile Utente 310893,

parecchio tempo fa a dire il vero anche tra noi professionisti abbiamo discusso della stessa questione che Lei pone alla nostra attenzione e di quanto il consulto on line, in effetti, anche per noi sia qualcosa di diverso rispetto alla consulenza reale, dove per tantissime ragioni (non ultima il tempo limitato a disposizione del pz e del professionista) anche noi non siamo nelle condizioni di fornire la stessa qualità ad esempio da un punto di vista di informazioni.
Spesso anche il consulto psicologico prevede di aprire quei frame psicoeducativi che risultano molto utili all'utente che si sente rassicurato (ad es. molte persone non sanno come funzionano le nostre emozioni e come si attivano, nè a che cosa servono, oppure molti chiedono "E' normale se...").
Durante le consulenze di persona il tempo può essere un fattore che ostacola il medico e/o lo psicologo e spesso il professionista può esser visto come uno frettoloso proprio perchè non ha modo di spendere qualche minuto in più per informare il pz della patologia e della prognosi nè per comunicare con lui. Qui si scatenano le ansie del pz e difatti la maggior parte delle richieste su questo sito, anche in area medica, tradiscono ansia, ma anche quel bisogno di maggior attenzione e di risposte che il pz vorrebbe dal medico durante la visita di persona.

#27
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

E comunque spesso, è facile cogliere nelle parole dell'Utente (nella fredda mail) non solo l'ansia, ma molte altre emozioni e stati mentali (ciò di cui parla Baron-Cohen): delusione, tristezza, confusione, rabbia, ecc...
L'utente non ha dunque bisogno, come talvolta accade, di chiudere la propria richiesta dicendo: "Scusate, ma sono molto preoccupato dalla situazione", perchè tutto questo passa già attraverso la mail.

#28
Utente 137XXX
Utente 137XXX

Che l'empatia esista ne sono più che convinta per esperienza personale. La prima volta che ho chiesto un consulto online a Medicitalia ero in un momento particolare della vita, stressata da cortisone e antibiotici e da medici di "pacche sulla spalla", per capirci. Avevo esposto il mio problema più che altro per poter dialogare con qualche medico. Mi rispose SUBITO Il Dott. Salvo Catania che non conoscevo, che con poche parole, chiare e precise, mi aiutò. In quel momento ho sentito un medico che non mi conosceva, rendersi partecipe del mio dolore e mi trasmetteva un calore umano, una comprensione sincera.
Ho avuto modo di conoscerlo poi in seguito sui suoi blog e su diversi argomenti che riguardano noi, ma non ho dubbi che trattandosi di Persona Speciale, lui l'empatia ce l'ha eccome!
In seguito mi ha consigliato di entrare a far parte delle RFS e posso confermare senza ombra di dubbio che il percorso mio e delle altre compagne di avventura denota l'importanza del dialogo virtuale. All'inizio ci si racconta e si condivide esperienze comuni e informazioni, poi un po' alla volta subentra un'amicizia tra persone che non si sono mai viste, che ha dello straordinario. L'aiuto virtuale è il risultato dell'atmosfera che si è creata tra di noi, dove ognuna è libera di dire ciò che non direbbe mai in modo reale un po' per timidezza, un po' per riserbo. Un'atmosfera ricca di sentimenti ed emozioni che traspirano nel momento che leggi i post e subito dopo vuoi rispondere. L'empatia virtuale che è alla base della nostra discussione è di un'importanza unica per persone che hanno una uguale esperienza da affrontare, ma con diversità caratteriali ed emotive.
Altrettanta empatia arriva dai nostri medici disponibili in tempo reale che non solo danno consigli utili da persone serie e competenti, ma loro stessi entrano in comunicazione con le RFS condividendo emozioni, sentimenti e gioia di vivere.
Mi fermo qui perché sto chiaccherando troppo, ma volevo ringraziare ancora una volta la Persona Speciale che ci permette tutto questo.
Grazie Dott. Catania e Dott. Calì. Lori

#29
Utente 137XXX
Utente 137XXX

Scusate, RFS sta per utenti del blog "Come si calcola il rischio reale per il tumore al seno. "
Dott. Catania, facendo riferimento al suo articolo dove dice < la empatia è la nostra capacità di identificare ciò che qualcun altro sta pensando o provando e di rispondere a quei pensieri e sentimenti > vorrei aggiungere il mio pensiero. Se qualche utente (RFS) non si sente di dialogare con noi pur leggendo , e ne sono sicura, i vari post forse può essere per timidezza, forse per rifiuto di raccontarsi essendo riservate e poco propense al dialogo anche nel reale, o forse ancora perché preferiscono confrontarsi di persona con l'interlocutore per un senso di fiducia. Indubbiamente l'empatia qui non c'è perché vuol dire che noi non siamo riuscite a trasmettere niente o quasi.
E ancora io credo che la verifica dell'appuntamento di novembre non cambierà affatto il nostro modo di interpretare l'amicizia conseguente a questa empatia virtuale, forse, e dico forse, può cambiare verso i medici che fino ad ora ci permettiamo di considerare persone amiche e può essere che vis a vis ci colga il rispetto e la consapevolezza di avere davanti un professionista che cura le nostre "miserie". Naturalmente è una modesta opinione tutta da verificare. Spero di non essere andata fuori tema. La saluto Lori

#30
Ex utente
Ex utente

Gli operatori sanitari (medici e psicologi) hanno il diritto e anche il dovere di misurare tutto: congruità della Prevenzione, efficacia dei mezzi diagnostici ed efficacia delle terapie.

Ora si vuole misurare anche il proprio livello di empatia e persino pretendere l'assenso passivo dei pazienti?
Sono consapevole che livello empatico e di gradimento non sempre coincidano. Ma almeno la valutazione del livello di empatia dell'operatore sanitario la vogliamo lasciare ai pazienti ? O si vuole seguire l'esempio delle Ferrovie dello Stato che misurano gli standard dei loro servizi senza sentire il parere dei viaggiatori?

In base a questo diritto ritengo che non ci sia alcuna differenza tra empatia online ed empatia reale :questa se c'è è alta, media, bassa oppure nulla.
Voler affermare che sia possibile registrare un alto livello di empatia solo per quella reale, fa sorgere il fondato sospetto che si voglia propagandare solo quella che sfugge ad ogni controllo oggettivo e verifica metodologica. Nei Paesi dove i sistemi di Rating sono molto diffusi, questi sono molto impietosi con gli operatori che si mettono in discussione sulla rete e che però dopo un iniziale apprendistato finiscono per essere premiati proprio perchè si mettono alla prova di varie verifiche, mentre quelli che se ne fregano dei risultati che derivano dai sistemi di Rating vengono spazzati via.
Per tale ragione il livello empatico della " empatia online" risulta, proprio perchè sottoposto a continue verifiche, significativamente di livello medio-elevato, rispetto a quella reale che si perde nel chiuso degli studi pubblici e privati di psicologi e medici.

#31
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Grazie Lori per la sua testimonianza per me particolarmente preziosa perchè la nostra relazione virtuale BIDIREZIONALE (e ci tengo a sottolinearlo per rilevare che non sia necessario VEDERE per assumere la caratteristica principale della comunicazione) è ormai datata da più anni di scambi virtuali, che vanno dalla semplice informazione (terapie e prognosi) alla comunicazione (no informazione) delle "cattive notizie" riguardo alla scoperta delle sue metastasi delle quali abbiamo finito per parlarne sempre meno per dar spazio alle emozioni(altro che virtuali !!!!) ed ai progetti della sua vita.

#32
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

A parte vanno i miei ringraziamenti all' Utente 310893 e Utente 292032.
Non so se ve ne siate rese conto, ma l'impostazione che avete dato alle vostre repliche è rigorosamente scientifica per il vostro tentativo di misurare e tradurre in cifre un sentimento, esattamente quello che si propongono di fare tutti gli scienzati quando si accingono a pubblicare le conclusioni dei propri studi per potere essere compresi facilmente dai potenziali lettori.

# 310893 >>>Se devo quindi esprimere un parere riferito alla empatia virtuale e reale, sono costretta ad ammettere che in una scala da 0 a 10 quella virtuale trasmessa dal mio oncologo è 9 e quella reale 5.>>
Conclusione semplicemente geniale, perchè è la sintesi di 50 anni di studi, tant'è che i vari Baron-Cohen, Bonnie Auyeung, Carrie Allison ecc ecc hanno ideato un Quoziente di Empatia
(QE), con una versione per bambini ed una versione per adulti, sino a spingersi sui livelli vicini allo zero, sfiorando l'autismo o la Sindrome di Asperger.

# Utente 292032 >>Nei Paesi dove i sistemi di Rating sono molto diffusi, questi sono molto impietosi con gli operatori ecc ecc>>

Lei non me la racconta giusta (^__^) per essere così informata sui sistemi di Rating di Inghilterra,Germania e Stati Uniti.
Di cosa si occupa nella sua vita ?
Complimenti comunque per le sue conclusioni cui francamente non avevo ancora pensato. I sistemi di rating costituiscono in alcuni Paesi l'oggetto degli incubi notturni di molti professionisti non solo della salute, perchè sono in grado di rovinare la loro reputazione in poco tempo, proprio perchè queste valutazioni fatte anonimamente dai cittadini si basano su valutazioni che non riguardano affatto la competenza del professionista, ma piuttosto ciò che ruota attorno ad una prestazione professionale. Si va infatti dalle capacità comunicative (ovviamente virtuali !!! mentre ancora qui stiamo a discutere che sia necessario vedere !!!), ai tempi di attesa, dalla efficacia della cura alla puntualità, dalla velocità di risposta ai quesiti posti dal paziente fino al suo grado di soddisfazione.


#33
Dr.ssa Franca Scapellato
Dr.ssa Franca Scapellato

Sono convinta che l'empatia online esista; se si comunica con altre persone abbastanza a lungo è quasi impossibile non cogliere aspetti del carattere o dei sentimenti dell'altro. Manca tutta la comunicazione non verbale, che è importante, dall'atteggiamento corporeo al tono della voce, ma nonostante questo noi umani siamo "attrezzati", secondo me, per immedesimarci nell'altra persona.
Personalmente frequentando sia MI che forum non medici (non parlo di chat, o social network, in cui la comunicazione ha caratteristiche diverse)non solo ho sperimentato sensazioni di vicinanza con persone che non ho mai visto dal vero, ma quando, piuttosto spesso, ho avuto modo di incontrare persone che avevo conosciuto in rete ho verificato che il loro carattere, la loro personalità, era proprio quella che mostravano su internet. Se si può fare amicizia in rete,o se si possono avere scambi professionali emotivamente "carichi", vuol dire che l'empatia c'è.
La psicoterapia online invece mi lascia perplessa. E' già difficile curare una persona quando ce l'hai davanti e puoi analizzare anche tutta la gamma delle comunicazioni non verbali del paziente e le tue di terapeuta; limitarsi a qualche riga scritta magari neanche nello stesso momento, ma spedita più tardi, funziona lo stesso? Secondo me no. Come se un chirurgo operasse con una mano legata dietro la schiena. C'è un bel libro da cui è stato tratto un film ancora più bello "84 Charing Cross Road" (con Anne Bancroft e Anthony Hopkins)che descrive un'amicizia epistolare tra una lettrice americana e un libraio londinese a cavallo della 2a guerra mondiale. I due non si incontreranno mai, ma la loro amicizia sarà ugualmente intensa e reale (non per niente si basa su una storia vera). Dalle lettere la personalità di lei, estroversa, impulsiva e brillante, si ricava benissimo, così come quella di lui, corretto e riservato ma anche capace di umorismo e di grande empatia. E il pc non l'avevano ancora inventato...

#34
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Grazie Franca . Sulle potenzialità dello strumento telematico per far terapia ovviamente si aprirebbe uno scenario che ci porterebbe lontano. Infatti di questo non ne dovremmo discutere qui.

Io ho aperto questa news perchè c'è chi cerca di distinguere una empatia vis a vis da quella a distanza e addirittura (che considero una fragorosa sciocchezza) cerca di distinguere l'empatia medica da quella psicologica, facendo intendere quasi che la prima sia prevalentemente unidirezionale e informativa e la seconda bidirezionale e comunicativa.

L'empatia è medica nella sua tradizione, perchè introdotta in medicina 2467 anni prima che venisse scippata dalla psicologia ed è una sola e la cosa che mi lascia basito che si discuta su concetti che erano chiarissimi persino 45 anni fa quando io studiavo Medicina e nessuno di noi aveva la più pallida idea cosa fosse la comunicazione digitale.

Infatti, ma l'allego come cimelio storico sulla storia della comunicazione (non parliamo quindi di informazione ) il lungo studio di Paul Watzzlawick, che stilava nel 1967 (!!!!!!!), attraverso gli ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE, il concetto di BI-DIREZIONALITA' : gli individui coinvolti in una comunicazione sono SEMPRE sia emittenti sia riceventi, anche quando chi parla non riceve risposte ecc ecc

Attenta al quarto assioma, tra i cinque assiomi della comunicazione
1) E' impossibile non comunicare
2) stabilisce un rapporto tra il contenuto e la relazione che c'è tra i comunicanti
3)Evidenzia la connessione tra la punteggiatura della sequenza di comunicazione e la relazione che intercorre tra i comunicanti
4) ATTRIBUISCE AGLI ESSERI UMANI LA CAPACITA'DI COMUNICARE SIA ANALOGICAMENTE CHE DIGITALMENTE.
5)Riconosce che tutti gli scambi comunicativi si fondano o sulla uguaglianza o sulla differenza e quindi possono essere simmetrici o complementari

Quindi Paul Watzzlawick nel 1967, Emma Rooksby nel 2010 ed altri dicono ESATTAMENTE LE STESSE cose riguardo ai sofisticati rapporti
tra il processo comunicativo e lo strumento attraverso il quale la comunicazione avviene. Concettualmente si tratta di cose separate, ma in grado di influenzarsi reciprocamente....e nessuno in questi 40 anni, tranne lo psicologo del nostro sito, ha mai posto come condizione necessaria perchè si realizzi un processo comunicativo che emittente e ricevente si trovino in un contesto di "vis a vis".

#35
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Dai commenti privati che ricevo mi preme fare queste precisazioni per evitare alcuni equivoci.

1) Ribadisco che si ha una grandissimo vantaggio a comunicare con una persona PRESENTE ed a distanza minima dal medico o psicologo per ragioni che non sto certo a spiegare perchè si ha a disposizione per decodificare lo stato emotivo altrui non solo il linguaggio verbale (+ qualità della voce) , ma anche quello non verbale (prossemica, gestualità, mimica del volto, comportamento visivo, aspetto esteriore ecc ecc).

MA QUESTO NON C'ENTRA NULLA CON L'EMPATIA, , che può persino mancare pur disponendo di un setting favorevole.

2) Che bella scoperta :è molto sfavorevole la condizione di una comunicazione virtuale, ma non vuol dire affatto che il livello di comunicazione soprattutto( VERO LORI ?????) se non sporadica, non possa raggiungere risultati soddisfacenti al punto da " accendere" una risposta bidirezionale empatica.

Una nostra utente valuta, in una scala da zero a 10, l'empatia REALE del suo oncologo = 5 e quella virtuale, quando comunicano attraverso mail, = 10. Più chiaro di così ?




#36
Psicologo
Psicologo

Intervengo qui, ma non nel merito della questione "empatia online sì/no/meglio a casa/meglio sul PC". E' una questione che, posta in questi termini, mi intriga poco.

Il mio breve intervento è solo per postare un saluto carissimo alle RFS qui intervenute: non so se quello che anima il nostro blog rientri nella definizione di empatia, ma in quelle di condivisione, sensibilità, calore umano, accoglienza, simpatia e... ASF di certo sì!

E se questo accade è per questo Club Inclusivo (il contrario di Esclusivo!), che ha messo insieme persone tanto diverse ma anche tanto vicine.

#37
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Caro Gianluca,
hai appena scritto su

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno.html

>>leggere che sono uno di voi mi ha colpito profondamente, perchè è proprio così che mi sento. Grazie!>>

E che cosa sarebbe questa se non empatia, anche se i quasi quaranta partecipanti al forum non si sono mai VISTI ed incontrati nella vita reale con te ?

Qui scrivi
>>non so se quello che anima il nostro blog rientri nella definizione di empatia, ma in quelle di condivisione, sensibilità, calore umano, accoglienza, simpatia e... ASF di certo sì!>>

Ora comprendo bene che la tua posizione debba restare diplomatica, e che io rispetto e mi fermo qui, ma credo che tu non potessi assumere una posizione così chiara rispetto a questo tema perchè "
condivisione, sensibilità, calore umano, accoglienza, simpatia ..." sono i parenti più prossimi in senso di sinonimi della empatia. Hai solo omesso unipatia, esse-uno, "lo faccio per te" e li hai elencati tutti i sinonimi della empatia.

Ti do atto che ci sia stato chi, come Lauren Wispè, ha cercato disperatamente ad esempio di tenere rigorosamente separate la simpatia e la empatia, rimarcando la connotazione affettiva della simpatia rispetto alla natura cognitiva dell'empatia : la prima ha a che fare con una relazione emotiva alla situazione dell'altro che tende a suscitare una risposta in termini di azione; empatia piuttosto con una conoscenza dell'altro e delle esperienze, positive o negative che siano, che sta vivendo.

Non sto certo spiegare a te la differenza tra simpatia ed empatia secondo Darwell, per il quale però ci sono 3 stadi intermedi, da uno stadio freddo di empatia proiettiva (projective empathy), uno stadio off-line ed uno stadio più caldo (protho,sympathetic empaty). La stessa risposta simpatetica che ritroviamo in Hoffmann, quella cioè che ci mette in grado di superare le nostre emozioni egoistiche, inducendoci ad agire al fine di aiutare la vittima innanzitutto per il suo bene, e non per il nostro.

Senza accorgercene continuiamo nella letteratura a scivolare dalla simpatia alla empatia e viceversa, quella che Batson chiama "genuine empathy" e Hoffmann il "sympathetic distress" e Darwell la "sympathy". Ma non perchè ci sia confusione....ma perchè sono SINONIMI e se lo è sinonimo la simpatia, figuriamoci la CONDIVISIONE (questa non ti doveva scappare se volevi mantenere una posizione "neutra" sulla empatia (^____^)]

Più tardi, appena trovo cinque minuti, ti allego ( e le inserisco anche nel blog) tutte le voci bibliografiche di questo mio commento.

#38
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Ho fatto prima ad aggiungerli nel blog e questo è il copia-incolla

57) Batson C.D. "The altruism question", Erlbaum (NJ), 1991

58) Darwall S. 2Empathy, sympathy, care" In Philosophical Studies, 1998

59)Hoffman M.L. " Is empathy altruistic ?" in Psycological Inquiry, 1991

60) Wispè L " The distinction between sympathy and empath" in Journal fo Personality and Social Psycology 1886

61) Hahoda G. "The shift from sympathy to empathy" In Journal of the History of the Behavioral Sciences, 2005

62) Wood M. " Slavery , empathy and pornography, Oxford University 2002

#39
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Comunque Gianluca, il 21 novembre a Milano verificheremo con l'incontro di una trentina di persone che hanno avuto una relazione virtuale senza mai essersi visti se stiamo parlando di simpatia, condivisione o altro !

Intanto per tuo uso personale (^____^) ti allego un provocatorio esperimento di EMPATIA 2.0


http://economiaefinanza.blogosfere.it/2012/08/empatica-arriva-il-braccialetto-che-legge-le-emozioni.html

(^____^)....e non ha bisogno di vedere !!!

Si chiama RADIOGRAFIA EMOTIVA !! (^___^)

#40
Psicologo
Psicologo

Salvo, non è per semplice "diplomazia" che mantengo una posizione di distacco da questo dibattito.

Semplicemente, io sono un clinico, non un ricercatore. E sulla questione "empatia" il mio contributo soltanto clinico può essere. Quindi, mi tengo lontano dalle disquisizioni esclusivamente "teoriche", perchè di teorie è pieno il mondo, ma di buone teorie no.

Secondo il mio personalissimo osservatorio, entrambe le posizioni ("l'empatia online non esiste" / "l'empatia online è addirittura maggiore di quella offline") sono riduttive.

1: "l'empatia online non esiste". Più dell'intervento che citi al #37, quello che riporterei è il post 1096:

>>Dott.cali'..... Ma siamo sicuri stia bene? Tra le righe si legge un tantino di amarezza...

E' ESATTAMENTE come mi sentivo in quel momento, mentre scrivevo quelle righe.
Ora, è possibile che Patrizia abbia tirato ad indovinare; ma mi sembra un tantino improbabile. Senza contare le numerose (ma sempre discrete) comunicazioni di affetto, che giungevano in un momento in cui mi hanno fatto star bene.

Ricapitolo: "L'empatia online non esiste" non è la mia esperienza.

2: "L'empatia online è addirittura maggiore di quella offline". Anche questo non rientra nella mia esperienza.
In studio, nelle ore che trascorro settimanalmente a contatto con le persone in carne ed ossa, ci sono dei momenti, direi anche abbastanza numerosi, in cui accade un fatto che per me rimane ancora sorprendente.

Capita che, mentre una persona parla, un leggero trasalimento, una smorfia, una piccola esitazione nella voce "pizzichino il mio senso di psico-ragno". Se in quel momento penso che possa essere utile, mi capita di chiedere a quella persona di rallentare un attimo, di "riavvolgere la bobina" ed osservare la sua esperienza "al microscopio". Spesso, anzi, direi spessissimo, un barlume di emozione era passato appena sotto la piena consapevolezza della persona; ma era entrato in gioco un meccanismo molto potente (l'evitamento delle emozioni dolorose), che aveva "protetto" quella persona dal suo vissuto doloroso.

Questo fenomeno richiede NECESSARIAMENTE la presenza "fisica" dei due interlocutori. Non escludo che si possa avere una esperienza empatica anche online, ma mi sento di escludere che si possa trattare di una "empatia di grado pari o superiore" rispetto a quella di persona.

Qualche altra considerazione sparsa. Spesso, sento dire "quella persona è molto empatica", o "parla / comunica / si esprime molto empaticamente". E' un utilizzo improprio del termine "empatico", e questo spiega molti fraintendimenti, a mio avviso.

Infatti, che io possa vivere un'esperienza di coinvolgimento empatico con una persona è un fatto del tutto PRIVATO, a meno che io non lo confronti con il mio interlocutore. In altri termini, che io senta o non senta il coinvolgimento empatico LO SO IO, non il mio interlocutore.

Questi potrà sentirsi compreso, accolto, potrà avere la sensazione, nelle nostre parole, espressioni del volto, mimica, prossemica, etc., che il suo vissuto emotivo sia entrato in risonanza con il mio. Ma finchè non lo metteremo a confronto, rimarrà solo una SENSAZIONE. Ed i meccanismi di idealizzazione potentissimi che passano per la Rete possono enfatizzare questo fenomeno, a volte amplificandolo parecchio.

Un'ultima considerazione e poi mi fermo.

Chiunque mi conosca bene (familiari, amici, etc.), in questo periodo BASTA CHE MI GUARDI IN FACCIA per capire come mi sento. Cioè, può ottenere la stessa percezione che ha avuto Patrizia, leggendo le mie parole, ma con un'intensità ed una facilità che solo il contatto vis a vis garantiscono.

Che poi ci possano essere delle barriere alla comunicazione delle proprie emozioni "di persona", e che la Rete possa aggirare queste barriere, non è un fatto sorprendente. Quanti di noi si proteggono dalle emozioni e dal comunicarle, perchè ad esempio comunicare la tristezza equivarrebbe a dichiararsi fragili, e scatenerebbe a sua volta un vissuto di imbarazzo, vergogna e disagio DA EVITARE?

Ecco che la Rete, proteggendo a mio avviso da queste "emozioni sulle emozioni", può facilitare l'autoapertura di molte persone. Ma a mio avviso lo fa perchè aiuta le persone ad "evitare" tutte le emozioni e sensazioni negative che spesso molto di noi provano nel dichiarare agli altri come si sentono, guardandoli negli occhi.

Sintesi: secondo me l'empatia online può esistere, ma non credo proprio che sia superiore a quella offline (forse la sintesi bastava... ^___^)

#41
Utente 258XXX
Utente 258XXX

Dr. Calì, mi ritrovo in quello che ha esposto sull'autoapertura.
E non era solo Patrizia ad avere avuto quella percezione!
Un caro saluto dalla Ragazza :) Fuori di Seno Antonia.

#42
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Caro Gianluca,
la tua sintesi è un bel macigno per me :>>Sintesi: secondo me l'empatia online può esistere, ma non credo proprio che sia superiore a quella offline>>

>> secondo me l'empatia online può esistere>>

Diciamo esattamente la stessa cosa : la differenza, se ci rifletti è marginale, ed è che per me, trattandosi di una capacità elastica talvolta pur partendo da una condizione di svantaggio, può essere addirittura superiore.

Ma non starò certo a discutere con te di questo...(^____^)

#43
Utente 137XXX
Utente 137XXX

Rif. Post .33
Giusto dott. Catania il Suo chiarimento e preziosa spiegazione. Grazie

@dott. Cali' ora si che La riconosco, nuovamente presente con il Suo modo di argomentare che mi piace anche se non condivido in pieno quello che scrive. Avremo occasione di risentirci perché devo rileggere con più attenzione e magari capire meglio , intanto sono contenta di risentirLa ! Salutoni

@ Fiorella , ti sento serena e mi fa molto piacere. Inutile dirti che se non ci sentiamo il nostro pensiero , di tutte le RFS, e' sempre con te. Un abbraccio Lori

#44
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Se ti leggi Emma Roobksby (2007), con migliaia di citazioni del suo studio, come ha definito "empatia in CMC" (empathy in Computer-mediated communication) :>> una empatia in cui il corpo proprio cinestetico e patemico, che abbiamo visto giocare un ruolo cruciale nella fondazione dell'esperienza empatica, viene radicalmente ridimensionato a tutto vantaggio di una esperienza disincarnata e virtuale, in cui è piuttosto l'immaginazione a fare la parte del leone [VUO DIRE QUINDI CHE NON SIA INDISPENSABILE VEDERE ???]. E' sufficiente pensare a come interagiamo nel cyberspazio delegando i nostri avatar a rappresentarci nella comunità virtuale per renderci conto del lavoro ancora tutto da fare in questo campo in frenetica trasformazione, in cui il reale e il finzionale si mescolano nella ibridazione immaginativa del "come se" : un ambiente, come hanno ipotizzato Bolter e Grusin nel loro REMEDIATION (1999), in cui il tradizionale Io cartesiano si dissolve a tutto vantaggio di una relazione di "immersione" nella comunità virtuale che a sua volta produce empatia sui generis>>

#45
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Comincio a ricevere le risposte via mail di alcuni personaggi, per me importanti e carismatici, esterni a Medicitalia cui avevo inviato questa news per un commento con l'invito a leggere anche i nostri commenti.

Li riporterò qui.

Iniziamo da Sandro Spinsanti, che conosco da 35 anni e che incrocio frequentemente a presentare relazioni sulla Etica e Comunicazione.
Spinsanti ha una produzione "letteraria" da far paura e soprattutto
molti l'avranno conosciuto perchè ha insegnato Etica medica alla Facoltà di Medicina della Cattolica e bioetica all’Università di Firenze.
http://www.zam.it/biografia_Sandro_Spinsanti

>>Caro Salvo, ti allego una mia riflessione sull’empatia .

Coltivo la riflessione sull’etica in medicina da molto tempo: non mi meraviglio che tutto ciò che riguarda la relazione tra chi cura e chi riceve le cure costituisca il tema portante di questo ambito disciplinare. L’empatia ne è un’articolazione concreta, tanto da sfidarci a chiedere: si può essere un buon medico (infermiere, fisioterapista, tecnico di radiologia…) se non si è empatici? E ancora: come valutano i cittadini un servizio sanitario, quando hanno l’impressione che in coloro che si occupano dei loro bisogni manchi l’empatia? Di recente mi è capitato di sentire da parte di una signora che ha telefonato a un servizio di cure palliative per un proprio familiare che ha notato nella telefonista una mancanza di empatia, per cui ha deciso di rivolgere le proprie ricerche altrove!
Dal mio punto di vista quello che ancora non si è sviluppato è una riflessione sul “buon uso dell’empatia”. Lo considero un tema satellite rispetto a quello della “giusta distanza”. La relazione può essere compromessa dalla troppa distanza, ma anche da una eccessiva vicinanza (alla lunga quest’ultima costituisce per il professionista anche una minaccia di burn-out!). Il punto fondamentale è mettere a fuoco che non esiste una misura standard di vicinanza/empatia: varia da paziente a paziente. L a sfida è proprio quella di creare una relazione “su misura” (sartoriale, a differenza degli abiti forniti, a misura unica, dai grandi magazzini…). Ci sono persone che preferiscono puntare sulle competenze del medico, piuttosto che sulle sue capacità empatiche. Si riconoscono piuttosto nel modello del Dottor House (“Preferiresti un medico compassionevole che ti tiene la mano ma ti lascia morire, o uno che ti tratta male ma ti salva la vita”?) e sottoscrivono volentieri l’affermazione di Alexandre Dumas figlio: ”Il buon chirurgo opera con le mani, non con il cuore”. Molti altri malati, invece, si affidano solo a professionisti che sentono emotivamente partecipi.
La difficoltà dell’etica medica ai nostri giorni è legata al pluralismo dei modelli: non esiste più una misura unica - magari sanzionata da giuramenti e codici – alla quale il paziente si deve adattare. Bisogna inventare tante relazioni quante sono le persone che chiedono cure.>>




#46
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

A proposito di vedere (siamo ancora a sostenere i "neuroni a specchio" ?) ho ricevuto questa mail da parte della dr.ssa Chiara Schiroli, psicoterapeuta non vedente, che ha visto, con i mezzi suoi, questo blog e che mi scrive :

>>E' molto interessante questo dibattito. Mi ci aggiungo solo per evidenziare un piccolo dettaglio che a mio avviso complicherà un po' le cose. Io sono non vedente, quindi sono abituata a non vedere le persone che ho davanti, amici e pazienti. Il non vederle, però, non mi rende immune dal "contagio" emotivo che posso assorbire da loro. In fondo, un'emozione la si percepisce non solo con lo sguardo, ma anche con tutti gli altri sensi: modo di parlare, atteggiarsi e così via.
Per questo non sono così convinta che la psicoanalisi classica freudiana rendesse i terapeuti così immuni dalle emozioni degli altri.
A presto.

Chiara Schiroli>>

#48
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Sempre più interessante questo scambio.
Credo che sia importante avere un atteggiamento diverso da alcuni colleghi psicologi che sembrano aver dimenticato che la psicologia ha il compito di studiare il comportamento umano, non solo per determinare se alcuni comportamenti siano possibili o meno, ma piuttosto per studiare e spiegare come alcuni comportamenti si manifestano e si modificano a seconda delle esigenze, delle risorsse.
Più che stbilire a priori un comportamento, l'atteggiamento di osservare un fenomeno e comprenderlo. Dire che l'empatia online non è possibile credo sia psicologicamente scorretto e poco scientifico. La psicologia è scienza quando si basa su fatti, e diventa filosofia quando si basa su opinioni.
Più che chiedersi se l'empatia sia o meno possibile, forse l'atteggiamento corretto è chiedersi come l'empatia, caratteristica naturale, si manifesta ai tempi dell'online. Come il fattore online influenza il comportamento empatico. Credo questo sia l'etteggiamento scientifico corretto.

La collega non vedente ci conferma (<i>ciechi noi in questo caso che non abbiamo visto l'empatia ai tempi dei non vedenti</i>) che l'empatia esiste anche senza l'occhio.

Altrove si rifletteca anche su questa situazione: quelle volte in cui l'empatia sparisce non appena vediamo la persona? In cui il vedersi ed incontrarsi distruggono l'empatia.

Magari scopri che l'altro è di una razza diversa, che ha un'abilità diversa etc etc ed altre emozioni prendono il sopravvento sull'empatia... solo perchè l'occhio ha avuto la sua parte!

#49
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Ciao Fernando giustamente siamo stati riportati in topic dopo un breve excursus sulla possibilità di fare o meno psicoterapia online. Per restare in argomento volevo sottolineare che il punto inaccettabile degli psicologi che sostengono queste tesi è nell' affermare che l'empatia si può avere solo vedendo (con gli occhi ) confondendo le teorie di palo alto sulla possibilità di creare empatia attraverso l'uso di comportamenti di ricalco. Tra l'altro il ricalco può contemplare o meno il rispecchiamento (mirroring) dunque come la si prenda la tesi è sbagliata. Purtroppo però e mi spiace, non è la prima volta che le pur sempre rispettabili opinioni personali vengono lasciate passare per informazioni. Avrebbero maggiore dignità se espresse come opinioni infatti.

#50
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Fernando,
non casualmente ho usato il termine riferito all’empatia di “scippo” da parte della psicologia di una parola che non è di nessuno. E'da questo “scippo”, non giustificato da alcuna base scientifica che nascono certi messaggi inquietanti da parte di alcuni, veramente pochi, tuoi colleghi.

Il termine empatia ce lo sbattono ogni giorno i pazienti in faccia “Si metta nei miei panni”. ( to be in someone’s shoes = mettersi nelle scarpe invece dei panni, come preferiscono gli inglesi ).Nessuno ci ha mai chiesto “Ha visto come sono conciati i miei panni o le mie scarpe” ? (^___^).

Storicamente lo scippo riguarda un breve periodo storico nella intera storia dell’empatia.

Storia senz’altro complessa quella dell’empatia , ma se facciamo eccezione per il periodo in cui si cominciò a parlare di “neuroni a specchio”, la necessità di “vedere” in senso lato è assente per quasi 2500 anni ed è ribadito questo concetto, sulla scarsa o relativa importanza di vedere, soprattutto da quando si parla di comunicazione virtuale (intorno al 2007 circa).

Quando parliamo di empatia forse è meglio parlare al plurale , poiché l’empatia si dice in molti modi, molti modi che si riferiscono ad una costellazione di esperienze anche assai diverse tra di loro, al punto che ci troviamo a disperare a volte di poterle ricondurre a un denominatore comune.

La sostanza della questione era ben nota già a Platone : il suo rapsodo Ione sa che se piange mentre declama le sue poesie , riuscirà a far piangere il pubblico, anche se ci sono spettatori ipovedenti, che si “immedesima” con lui.. Aristotele sfrutta questa conoscenza per il teatro perché il pubblico si identifica nell’eroe tragico. Da qui nasce l’”empateia”.

Però come si faccia ad empatizzare è altro discorso e qui caso mai nascono i problemi
*E’ una operazione mentale o corporea? *Consapevole o inconsapevole?
*Diretta o indiretta ?Razionale o istintiva ? Logica o emotiva ? Innata, ereditaria o acquisita?
*E’ un talento, un dono o una abilità che si può apprendere e potenziare ? E’ un dovere o un piacere ?
*E quegli “altri” chi sono ? Umani o anche animali ? Consanguinei ? dello stesso sesso ? Della stessa etnia ?

Nella storia delle idee l’empatia non ha avuto vita facile e quindi non è affatto vero che si facciano risalire le sue prime apparizioni nel XIX secolo, quando l'empatia parlava tedesco (Einfuhlung ), sino a che nel 1909, anni dominati dalle ricerche psicologiche di ambito anglosassone che riportarono il termine in Empathy ed Empathie forse per prendere cautamente le distanze da quel precedente modello del secolo precedente.

Possiamo dire che solo negli anni 30 del secolo scorso il termine è diventato di uso comune nel vocabolario psicologico (Nel 1934 Journal of Exp.Psychology descriveva un dispositivo fotografico per la rilevazione di reazioni empatiche a livello motorio].
Risale agli anni 50 la moda degli Empathy test . Addirittura uno di questi registrava la corrispondenza fra l’alto punteggio ai test e i successi negli affari in 32 venditori di automobili.
Questo mi fa venire subito in mente un bellissimo libro di Arianna Brioschi del 2012 che racconta a futuri manager “dall’Homo sapiens all’Homo2.0, come l’empatia….sia l’anima del commercio. E neanche quindi nell’e-commerce ci sono tracce sulla necessità di vedere !

Quello che forse ha complicato tutto, ma è solo una piccola fase della storia dell’empatia, la scoperta negli anni novanta, prima nei macachi e poi nell’uomo, di una particolare popolazione di neuroni visuomotori nella corteccia cerebrale deputata all’elaborazione di informazioni concernenti i comportamenti altrui : i celeberrimi NEURONI A SPECCHIO, che da alcuni vengono spacciati per la …BIBBIA, mentre accesa è rimasta la discussione intorno alla natura e al ruolo dei neuroni a specchio che anima lo stesso ambito neuroscientifico.

La risposta…alla Bibbia è venuta negli anni successivi. E’ sufficiente una rapida occhiata a qualsiasi catalogo online o semplicemente di Amazzon per rendersi conto delle decine e decine di titoli sfornati.
Il resto che riguarda la letteratura più recente l’ho scritto già.

#51
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Scusa Alessandro concordo ma non faccio riferimenti a te perchè scrivevamo insieme.

#52
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Penso che l’equivoco sulla possibilità di provare empatia online o vis a vis possa derivare da diversi aspetti.

2) un motivo di confusione deriva dalla scoperta recente dei neuroni specchio che sembrano dare tante spiegazioni dei processi cognitivi e cerebrali connessi nei processi conoscitivi nelle relazioni interpersonali ma anche nella relazione empatica. Sicuramente i neuroni specchio possono spiegare tanti processi dell’empatia e della compresnione dell’altro che passano per la visione, ma come visto altrove la vista non sembra il solo elemento fondamentale necessario alla comprensione empatica.

1) una parte della psicologia clinica sin dalle origini si è giustamente focalizzata sull’importanza del setting clinico e della capacità di capire l’altro/il paziente, definendo l’empatia come fenomeno cognitivo non per forza carico emotivamente (il “come se”). Tuttavia per studiare l’empatia, e forse questo potrebbe spiegare alcuni equivoci, vengono sempre utilizzati non solo strumenti cognitivi (vignette rappresentanti delle scenette) ma soprattutto visivi (cioè si mostrano foto raffiguranti volti di persone che esprimono una qualche emozione) in cui si misura la capacità di riconoscere le emozioni ma anche la reazione emotiva istintiva (che non sempre è percettibile a occhio nudo né è cosciente). Molte ricerche su autistici e schizofrenici utilizzano questi strumenti.
L’aspetto cognitivo dell’empatia sarebbe la capacità di interpretare, capire e vivere una situazione, insomma mettersi al posto dell’altro. Mi viene in mente la canzone dei Depeche Mode “Try walking in my shoes” che utilizza un’espressione figurata utilizzata anche in altre lingue (il francese “se mettre dans les baskets de l’autre” o "dans sa peau" e l’italiano “mettersi nei panni dell’altro”) e mi vengono in mente tanti nostri politici da mister “bamboccione” a madame “choosy” che non sono dotati di questa capacità e non sanno mettersi nei panni degli altri.

Un esempio di empatia di questo tipo (l’immedesimazione) accade quando vedendo qualcuno fare una brutta figura ci vergogniamo per lui, cioè viviamo in prima persona una esperienza di disagio per l’altro. Anche se questo spesso capita vedendo una persona compiere un’azione, penso che entrino in gioco altri aspetti più cognitivi anche mnemonici legati all’esperienza e ci si immedesimi nell’altro.
Qui entra in ballo anche un altro aspetto ed è qui che voglio arrivare: quando si vive un emozione mettendosi al posto dell’altro e si empatizza, credo si utilizzi anche la propria esperienza. Tuttavia se da un lato l’esperienza rappresenta il nostro bagaglio di emozioni vissute, viste, interpetate, condivise, percepite etc, rappresenta anche quelle immaginate perché non possiamo avere esperienza di tutto, ma di molto si e questa aumenta all’aumentare dell’età (dell’esperienza).

I moderni questionari sull’empatia cercano di misurare anche l’empatia che si può esperire leggendo un libro, dove certamente non si è di fronte all’altro ma si è in un racconto di fantasia. La grandezza (e fortuna) di certi scrittori è l’abilità di farci vivere delle emozioni e di condividerle con noi; nei libri si è di fronte solo al testo quando si empatizza con il personaggio.
Quindi mi sentirei di assimilare quest’esperienza empatica della lettura a quella che possiamo vivere qui online dove leggiamo solamente i testi di chi ci scrive senza avere la persona di fronte ma possiamo con uno sforzo di immaginazione vivere il problema di chi scrive dall’altra parte e dare una risposta empatica. Anche se questa non è sempre necessaria.

In conclusione l’empatia sarebbe qualcosa di istintivo che permette di capire le emozioni dell’altro. Ma se consideriamo i libri, questa non implica per forza il contatto visivo ma la capacità di immedesimarsi, di mettersi nei panni dell’altro, di Immaginare, di conoscere e di capire.

#53
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Eccellente Massimo !
>>I moderni questionari sull’empatia cercano di misurare anche l’empatia che si può esperire leggendo un libro>>

E non solo ! Negli Stati Uniti ed in Canada circolano dei video (Telegenic Videos, Toronto) utilizzati per misurare l'empatia in occasione di role playng in cui vengono impiegati attori che RECITANO e simulano situazioni in cui è necessario comunicare cattive notizie. Nonostante la simulazione di sentimenti "falsi" perchè non provati ma solo recitati, l'empatia viene misurata sulla base della capacità di immedesimarsi (come scrivi chiaramente tu) e non certo per il linguaggio verbale o non verbale utilizzato dagli attori che potrebbe essere addirittura fuorviante.

Occorre dire che ora questi video non servono più per misurare l'empatia perchè nessuno dubita più riguardo ai requisiti sulle capacità empatiche, ma vengono utilizzati per affinare le tecniche di comunicazione e specialmente per allenare gli operatori sanitari ad allestire un setting in cui prevalgono ad esempio le domande aperte sulle domande chiuse. Perchè sappiamo bene che l'Università ci addestra a produrre solo domande chiuse (es. nella raccolta dei dati anamnestici)

#54
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Credo infatti che molta della confusione riguardante l'empatia sia proprio legata alla scelta di termini come "neuroni specchio" e "mirroring" e dal fatto che il tutto sia condotti da esseri visivi che utilizzano come canale preferenziale la vista. E' normale che vi sia una distorsione in tal senso. Ed è anche normale che se la mia empatia è legata al canale visivo io tenda ad identificare il visivo come motore principale.
E' anche vero che dire di *vedere una cosa* è un'affermazione più veritiera rispetto a dire *sento una cosa*, come se il vedere fosse più concreto rispetto al sentire.
Adesso va molto di moda leggere le emozioni attraverso le espressioni facciali, e di nuovo passa un messaggio del tipo le emozioni si vedono sul volto. Vero, ma non solo sul volto.
Alcuni dicono che empatia è *entrare in risonanza* con l'altro, mettendo in evidenza l'aspetto vibratorio, sonoro ed elettromagnetico delle emozioni.
Bellissimo l'esempio degli attori, anche se poi, dimostrebbe anche che l'empatia non esiste... dato che non entro in risonanza con l'emozione vera, provata dal soggetto, ma con quella emozione che ho raffigurato dentro di me perchè l'altro, recitando, ha stimolato quelle emozioni in me... ;)

#55
Dr.ssa Franca Scapellato
Dr.ssa Franca Scapellato

Caro Salvo,
mi è piaciuto molto lo scritto che hai riportato del prof Sandro Spinsanti, in cui si parla tra l'altro della giusta distanza. A mio parere l'empatia anche on line quando c'è permette di capire quale debba essere la distanza giusta, che non necessariamente è quella che il paziente chiede in modo esplicito: alcuni vorrebbero una grande vicinanza, quasi una fusione (con conseguente con-fusione) ed è proprio l'empatia che guida invece il medico a dare la giusta distanza, l'attenzione, ma anche il riserbo. Altre persone, lo si capisce da come scrivono, troverebbero minaccioso un atteggiamento troppo comprensivo ed empatico, per cui in quei casi è empatico rispondere in modo distaccato.
Rimango convinta che il mezzo internet renda la comunicazione più semplice e immediata ma non inventi niente: per secoli la gente si è addirittura innamorata per corrispondenza, senza parlare di sodalizi scientifici e letterari basati su missive recapitate da corrieri a cavallo o navi, e di emozioni e di empatia ne passavano in quei carteggi...

#56
Dr. Alessandro Scuotto
Dr. Alessandro Scuotto

Ho seguito con interesse questo blog dal suo inizio e ringrazio Salvo per la citazione in #24.

Desidero riprendere quanto hanno rilevato Massimo Lai e successivamente Fernando Bellizzi sulla confusione generata dal termine "neuroni specchio".
Ci si lascia legare al significato letterale dell'oggetto "specchio" anziché considerare l'aspetto simbolico della parola; mentre in effetti noi, in italiano, utilizziamo il termine rispecchiare per lo più in senso figurato (essere l'espressione di..).

I "neuroni specchio" entrano a pieno titolo nella costituzione dell'unità anatomofunzionale che elabora l'apprendimento tramite imitazione ed è implicato nell'empatia, ma la loro attivazione non è esclusivamente connessa alla vista, bensì a tutte le percezioni sensoriali.

Segnalo questo lavoro italiano del 2009 (Journal of Neuroscience) condotto con risonanza magnetica funzionale su persone cieche dalla nascita e che valuta la risposta cerebrale a stimoli sonori.
La conclusione del lavoro è la dimostrazione che il sistema dei neuroni specchio NON richiede l'esperienza visiva per svilupparsi e funzionare. All'organizzazione specifica per le aree sensoriali si sovrappone una organizzazione sopramodale in grado di elaborare le informazioni in maniera indipendente dall'afferenza sensoriale.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19657025

#57
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Cara Franca,
se non si tenesse conto della “giusta distanza” tutti gli oncologi ci ammaleremmo di bourn-out. Ma forse anche tutti gli psichiatri, anche se noi abbiamo in più un lutto al giorno di persone che seguiamo da anni.
Questa osservazione mi ha fatto ricordare che eri presente anche tu (c’era anche Lorenzo Cecchini con la sua relazione sull’attività di Medicitalia) quattro anni fa al Convegno a Modena “Medico cura te stesso” ed io nella mia relazione (“Il bourn-out e il deserto" !) spiegavo come il deserto “per rigenerarmi” fosse da me utilizzato periodicamente per non lasciarmi coinvolgere da quella potenziale malattia.
L’equivoco sull’empatia virtuale nasce proprio dal pregiudizio che sia improprio il termine di “comunicazione virtuale. Ma quando MAI !
Alcuni non si rendono conto, ma solo per fare un esempio sulle tante applicazioni disponibili, del gran numero di Master sul Marketing centrati proprio sulla empatia . Si proprio così ! Una volta le campagne pubblicitarie si fondavano sul bombardamento di spot pubblicitari. Ora i consumatori sono più smaliziati e pertanto il concetto di empatia è diventato centrale per il loro coinvolgimento . In questi corsi infatti si spiega che al consumatore occorre offrirgli almeno più di una delle 4 E : alcune di queste presuppongono una profonda conoscenza del fenomeno empatico : Entertaiment, Engagement (= coinvolgimento emotivo), Education, Exchange of Value.
Perché diventa sempre più importante lo studio dell’empatia nell’e-commerce ? Perché si è passati dalla globalizzazione dei mercati alla frammentazione degli stessi ed è pertanto necessario rivolgersi al coinvolgimento di target mirati e personalizzati.
Tutto ciò utilizzando come strumento comunicativo il Web, dando per scontato il superamento di alcuni classici pregiudizi che sono alla base della distorta cultura secondo la quale non si possa parlare di comunicazione virtuale.
I pregiudizi su Internet (SBAGLIATI) più comuni sono :
1) Internet non è in grado di comunicare in modo impattante

Chi considera Internet qualcosa di povero e di limitato come potenzialità comunicativa , forse ignora che il Web è uscito dalla fase preistorica , forse perché l’evoluzione editoriale non è andata di pari passo con l’evoluzione del mezzo e si confonde gran parte della comunicazione online che vediamo in giro ( es. gli onnipresenti sgraziati e ingombri di testo) è ferma al web 1.0.
2) Internet è freddo e non trasmette emozioni :
MA QUANDO MAI ! Ci sono festival del Web che ormai presentano risultati della comunicazione online da meritare di poter essere inseriti nel training obbligatorio per medici, psicologi, e apprendisti stregoni.
L’avevo già scritto su spazio medici quando di ritorno dal festival di Cannes sul Web, avevo assistito ad uno spettacolo che mi aveva messo i brividi, anche perché proiettato in un contesto studiato ad arte (perché rivisto a casa le emozioni sono state inferiori ). Era stato presentato tra gli altri un sito studiato con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti della droga
www.trydrugs.net

Il sito è costruito in modo da far “assaggiare” agli utenti a livello virtuale, droghe via via sempre più pericolose. Gli effetti provocati , per via del cursore incontrollabile, sono moooolto (nella discussione ex-tossicodipendenti confermavano di provare le medesime emozioni) realistici perchè mimano fedelmente quelli provocati dalle droghe.

3) In Internet non c’è cultura

E qui ci vorrebbe un volume per confutare questo pregiudizio e ci porterebbe fuori tema.

#58
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Grazie Alessandro per il link ed il commento dello stesso. Farà molto piacere a psicologi e psicanalisti non vedenti che ci stanno leggendo.
Ne inviterò alcuni di questi al nostro incontro di Milano del 21 novembre

#60
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Mi ha colpito molto l'articolo
http://www.psicologo-milano.it/disabilita/328-psicologo-non-vedente.html/
Anch'io all'università avevo una collega non vedente, che si è laureata e che poi è diventata terapeuta.

Vorrei riprendere poi quanto dice il dr. Massimo Lai: è vero che la maggior parte delle volte si lavora su stimoli visivi (il primo che mi viene in mente è il Blacky test che viene somministrato anche ai bimbi molto piccoli e in cui i piccoli pz. riconoscono lo stato d'animo dell'altro), però noi psicoterapeuti, nei nostri training lavoriamo tantissimo anche con i trascritti delle sedute e con le registrazioni audio delle sedute.
Quindi talvolta capita, nelle lezioni di gruppo, di lavorare su pz che non abbiamo mai incontrato personalmente nè visto...

#61
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Certo Angela, anche noi facciamo i role playing (ma non in medicina purtroppo!), penso che sia molto importante apprendere a mettersi nei panni dell'altro. Lo studio del caso da noi è diverso, purtroppo.

Grazie Alessandro per la citazione interessante in #56.

#62
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Bello anche il link a The Empathy Belly [69) http://empathybelly.org/home.html]: creare e stimolare l'empatia facendoti provare quello che prova la donna quando è in dolce attesa e si lamenta della difficoltà di muoversi in due, sia come sensazioni fisiche e che come disagi! Quando le parole non bastano o non vengono credute, la stimolazione sensoriale è necessaria! Risponde perfettamente al "try walking my shoes"! :)

#63
Psicologo
Psicologo

Angela, una domanda un po' "provocatoria". È vero che si può lavorare anche su trascrizioni o registrazioni audio, ma nella tua esperienza clinica è la stessa cosa?

Non sono un convinto sostenitore dell'idea "se non vedi non puoi empatizzare", ma avere una persona carne, ossa, vestiti, sguardo, petto che si alza e abbassa, occhi che sfuggono, È LA STESSA COSA CHE LEGGERLO?

#64
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Tra l'altro, a proposito di metacognizione: si tratta di una funzione NON innata, ma che si sviluppa a partire dai quattro anni di età. Quindi la capacità di leggere gli stati mentali altrui, le intenzioni, ecc... si sviluppa e si affina col tempo.

In tal senso tutti noi, se non abbiamo un deficit metacognitivo importante, siamo perfettamente in grado di comprendere lo stato mentale altrui e le intenzioni anche solo attraverso uno scritto (es lettere d'amore già nominate dalla dr.ssa Scapellato, piuttosto che libri che riescono a trasmetterci il punto di vista di un personaggio: esistono libri scritti talmente bene che è quasi impossibile non immedesimarsi con uno dei personaggi, anche quando lo riteniamo molto distante da noi...).

#65
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

@ Gianluca.
I trascritti della seduta servirebbero anche per altre finalità, ma si è già discusso della terapia on line e non mi pare questa sede. Dico che certamente puoi empatizzare anche senza vedere di persona il pz.

#66
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Gianluca,
guarda che qui se rileggi bene tutti gli interventi riconosciamo quasi tutti che SIA E' LA STESSA COSA....ovviamente.

Non è stato mai messo in discussione questo aspetto.

Quel che è stata messa in discussione è l'enormita' di

>><< Parlare di “empatia online” è pertanto fuorviante. L’empatia, per definizione, ha bisogno di vedere sull’altro i segni delle emozioni mentre queste si svolgono, in tempo reale, cosa che non può avvenire per email.>>

>>> HA BISOGNO DI VEDERE !!>>

#67
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Intanto ho fatto delle aggiunte soprattutto bibliografiche sul testo della news che ora si chiude con....ed è di questo che stiamo discutendo. Riporto integralmente l'aggiunta finale

>>L'equivoco sull'empatia virtuale e la sua maldestra negazione, probabilmente nasce dal pregiudizio fondato sul nulla che Internet non trasmetta emozioni.

Ho allegato nella bibliografia il link di un sito [69]

www.empathybell.org


Provate a visitarlo. Forse qualche idea preconcetta sulla definizione di empatia potrebbe essere rivisitata.

Ci troverete una dettagliata descrizione del simulatore di gravidanza "Pancia empatica" (The Empathy Belly Pregnancy Simulator), che promette di farvi provare che cosa voglia dire essere incinte. Si tratta di un dispositivo a più componenti, che non si limita a dotarvi di una pancia pesante e di un seno gonfio da indossare, ma che attraverso un'accurata simulazione medica, vi mette in grado di fare esperienza di più di venti sintomi tipici della gravidanza, fra i quali aumento di peso, calci e stiramenti degli arti del feto; il respiro corto; l'aumento della pressione sanguigna, l'accelerazione del polso e l'innalzamento della temperatura corporea; la pressione sulla vescica e lo stimolo frequente a urinare; il mal di schiena; lo spostamento del baricentro e l'ondeggiamento nella camminata; l'affaticamento e l'irritabilità and"much, much more" . Stranamente non ci sono le nausee.

L'applicabilità è indicata soprattutto per il compagno che voglia rendersi conto in maniera più consapevole di quello che sta provando la partner. Per la prima volta può sperimentare cosa voglia dire muoversi per molti mesi con un pancione e due seni che scoppiano ed una colonna vertebrale sottoposta alle sollecitazioni del peso, piantata come una spada conficcata sulla schiena. Se non scoppia un incendio empatico nei confronti della partner forse è preferibile lasciarlo al suo destino a gravidanza portata a termine.

La ditta che lo produce si rivolge a medici ed educatori, offrendo loro uno strumento didattico straordinariamente efficace, soprattutto per la formazione del personale medico e paramedico ostetrico impegnato nel counseling prenatale.

Lo strumento viene offerto (è questo è importante) anche ad attrici che devono recitare una parte di donna gravida e forse anche ad attori, se pensiamo a Marcello Mastroianni nel "Niente di grave : suo marito è incinto" o a Schwarzenegher in "Junior".

Ma se non avete più desideri di gravidanze, nello stesso sito potete acquistare on line i "polmoni empatici" ("Empathy lungs") un simulatore di COPD (Chronic Obstructive Pulmonary Disease) che vi procura i sintomi dell'enfisema, della brochite cronica e dell'asma. La filosofia educatrice per i fumatori incalliti è " Mostramelo coinvolgendomi e lo terrò a mente".

Qui con pancia e polmoni, l'empatia è evidentemente intesa in senso molto fisico e anatomico, sintomatico e - al di là di certe ironie che potrebbe suscitare- è certamente un caso estremo ma che opportunamente ci ricorda che forse troppo spesso tendiamo a fare dell'esperienza empatica un momento affettivo tutto fatto di di spiritualità ed interiorità, finendo così per trascurare che l'affetto ha sempre e comunque un risvolto corporeo, che l'emozione è moto dell'animo e insieme movimento somatico, che il senso complessivo del sentire è al contempo sentimento e sensazione.

In tal senso parlavo di "scippo" dell'empatia da parte della psicologia quando cerca di appropriarsene in esclusiva nonostante "l'empateia" fosse stata coniata dal teatro greco ed estesa alla medicina greca 2467 anni prima che venisse valorizzata dalla psicologia.>>




>>

#68
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Allora anche la comunicazione telefonica NON sarebbe empatica, secondo tale premessa. Eppure, lo sappiamo bene, ci sono aspetti della comunicazione che sono estremamente importanti, più di quella verbale (es non verbale e paraverbale).

#73
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Angela con la tua osservazione credo che tu abbia centrato il focus del problema . Perchè una altra ragione del perchè venga negata l'empatia " a distanza" il volerla considerare a tutti i costi come fenomeno esclusivamente "spirituale", si fa per dire, mentre tutti sono pronti ad ammettere che gran parte dei parametri oggettivi (quelli che interpretano il linguaggio del corpo sono soggettivi) per misurare il livello di empatia sono tutti corporei : Risonanza Magnetica funzionmale, frequenza cardiaca, temperatura corporea, e persino attraverso la conduttanza cutanea ( una concordanza fra i due nell' attivazione del sistema nervoso autonomo). Tutti parametri registrabili anche in una relazione non "vis a vis".

Ribadiamo per l'ennesima volta che questi parametri siano, ma solo teoricamente, più sensibili se la distanza tra ricevente ed emitente è minima. Talvolta accade il contrario.

Purtroppo quando si presentano questi dati oggettivi spunta sempre il giapponese che resiste nella giungla anche se la guerra è finita da venti anni che esclama " ma questa non è empatia !"

#74
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Chiedo scusa per l'overdose di refusi ortografici (funzionmale,emitente...ecc)

#75
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Chiedo profondamente scusa se mi permetto di fare un appunto a medici e psicologi che mi sembra importante e che premetto subito non vuole essere polemico, ma solo costruttivo.
Su questo argomento che ci tocca molto da vicino soprattutto i pazienti segnati da esperienze di malattie gravi , iniziate, se ci riferiamo alla relazione, con una sentenza di morte. Potete quindi immaginare quanto si possa essere sensibili ai sentimenti di condivisione, accoglimento, ecc ecc e che se poi si possano inquadrare o meno nella definizione di empatia non ce ne frega molto. Per noi interessa trovare qualcuno pronto ad ascoltarci, ad informarci, ad assisterci, a prenderci per mano in un percorso che non ci porta alla scelta del vestito adatto alla discoteca, ma come meglio vivere e anche come meglio morire. Che ce ne frega se si chiama empatia quella del curante che ci aiuta o che si chiami in altro modo!
Già una compagna di avventura vi ha fatto notare che non ce ne frega nulla che “ si spacchi il capello in due” per definire l’empatia. Non ce ne frega nulla se lo strumento che ci può aiutare sia reale o virtuale. E chi lo decide COSA CI AIUTA VERAMENTE ? Sono già quindici gli interventi di utenti che vi scrivono a chiare lettere che hanno trovato più empatia virtuale che reale. L’hanno scritto il 100% degli intervenuti. Faccio il giro in un altro blog e leggo che anche lì il 100% degli intervenuti ripete la stessa cosa. E dove è finita la vostra capacità di ascolto ? Nessuno si sogna di dire che questa evidenza abbia valore scientifico ( e chi se ne frega), ma resta pur sempre una evidenza inconfutabile. Del resto se noi avessimo trovata una empatia reale soddisfacente non saremmo qui arrampicati sul mouse per ricercarne una compensatoria. E se su questo strumento restiamo aggrappati vuol dire che lo strumento sia ai nostri occhi adeguato per star meglio. O volete farci credere che noi non siamo in grado di capire cosa sia l’empatia ? Questo sarebbe certamente ancora più grave e irrispettoso, perché chiamatela come volete ma ciascun umano si commuove, piange, urla, sbraita dinnanzi a qualsiasi strumento virtuale e paradossalmente talvolta scappa da un medico o psicologo che ci sa fare con le belle parole colorandole di umanità, ma a livello sensoriale emana solo cubetti di ghiaccio.
Voi che fate ? Continuate imperterriti a “definire” all’infinito l’empatia mantenendo il livello della discussione su un piano inaccessibile a noi “povere pazienti”.

#78
Dr. Alessandro Scuotto
Dr. Alessandro Scuotto

Mi permetto di raccogliere i suggerimenti dell'utente 309703 perché compongono, a mio avviso, un insieme di stimolazioni importanti.

Probabilmente la "definizione" di empatia è più importante per lo studioso che non per le parti coinvolte, così come all'artista può importare poco l'inquadramento del critico. A questo punto il "che ci importa di..." è provocatorio, ma appropriato.

Tuttavia è bene operare delle distinzioni proprio per rispettare la domanda <COSA CI AIUTA VERAMENTE?>.
Un atteggiamento consolatorio NON è un atteggiamento empatico, anche se può scivolare inizialmente gradito nel cuore, ma alla fine lascia più gelo dei "cubetti di ghiaccio" ai quali si fa riferimento. Nel rapporto empatico vi è un solido fondamento di rispetto reciproco che stabilisce un rapporto orizzontale per dignità, anche se squilibrato (non orizzontale) per conoscenza ed esperienza.

L'espressione "sentenza di morte" è molto dura e fortemente colpevolizzante: dovremmo lavorare insieme, pazienti e medici, per escluderla. La sentenza è una azione volontaria, intrapresa per giusta causa, ma in applicazione di leggi formulate in modo arbitrario (con tutte le ragioni possibili); la "diagnosi" anche grave, cui consegue una prognosi non favorevole, è soltanto una deduzione.
In breve il medico che esprime una diagnosi NON ha la possibilità di mutarla, e questa è una consapevolezza talvolta dolorosa: può tentare di modificare la prognosi (il destino) della persona che gli si affida, operando in scienza e coscienza attraverso la terapia; e può intervenire sulla dignità della persona, recuperandone il valore apparentemente calpestato dalla malattia.

E' vero che non è importante se lo "strumento" sia reale o virtuale. Ma questa discussione, e gli interrogativi che la precedono, nasce dalla considerazione sull'operato di professionisti (medici e psicologi) su un sito come questo su cui scriviamo. In breve: ha senso la relazione utente/professionista attraverso il mezzo virtuale?

E' questo che si sta cercando di fare; considerare l'empatia in termini scientifici può sembrare (e qualche volta lo può essere) accademia, ma il tentativo di dar senso a ciò che si fa ha, in fondo, un briciolo di nobiltà.

Mi scuso se, per eccesso di sintesi, alcune parti di quel che ho scritto possono risultare non del tutto chiare: nell'eventualità, mi riprometto di chiarire ulteriormente il pensiero.

#79
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

#Utente 3097o3. Sul perchè "imperterriti" continuiamo a spaccare il capello della definizione di empatia ha già risposto il collega Alessandro Scuotto e credo che si possa apportare ulteriore scarso contributo.
Intanto la ringrazio per avere ben delineato l'empatia "dalla parte di...".
Non è affato vero che si tenga in scarsa considerazione il parere dei pazienti-utenti, tant'è che già prima del suo intervento avevo raccomandato nel blog che ha citato di scrivere QUI le loro osservazioni sull'empatia
https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno.html

>> Rendi privato questo commento
1125. Dr. Salvo Catania il 23/07/2013 ha scritto:
Laura, Francesca, Antonia, Fiorella ecc ecc, ma perchè non mi scrivete il vostro parere su

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/3598-esiste-l-empatia-online-altroche.html

Noi medici e psicologi continuiamo la nostra discussione ma vi assicuro che conta molto di più il VOSTRO parere.

Grazie >>

Con in bella evidenza >>ma vi assicuro che conta molto di più il VOSTRO parere.>>

Poichè Lei scrive di avere letto quel blog mi è testimone di averlo scritto prima delle sue "tiratine di orecche" sulla nostra improbabile capacità di ascolto (^____^)

#80
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

E aggiungo la personale esperienza nel dire che il portare l'attenzione su questioni più accademiche rappresenta anche quel luogo sicuro e quella forza per essere vicini a chi entra in contatto con quella *presenza di morte* e che condivide, suo malgrado, con noi quelle emozioni forti. Per me rappresenta quella difesa che mi permette di accogliere la sofferenza e l'angoscia altrui senza perdermi in quel turbinio di emozioni ma permettendomi di mantenere quella distanza ed al contempo discretta vicinanza.
Nell'ultimo intervento subito (quindi da paziente) nel consenso informato tra le conseguenze c'era scritto solo <rischio morte>.
Io dissi qualcosa tipo: "simpatici. diritti al punto".
il tizio col camice (non ricordo proprio chi fosse): "ti siamo vicini"
io: "non lo dubito, ma quello sotto i ferri sono io..."
lui: "ma chi sta sopra i ferri farà di tutto per evitare che accada e darà del suo meglio per risolvere il tuo problema"
Ecco credo questa risposta sia stata adatta ed abbia dato che adeguato senso di vicinanza distanza che era indicativo di quella empatia nel percepire la mia paura, ma allo stesso tempo quella distanza che dava sicurezza e che mi permetteva di impanicarmi senza contagiare l'altro.
Non so se ho reso l'idea...

#81
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

1)Domanda provocatoria,ribadendo per la centesima volta che il messaggio è sempre più efficace se "vis a vis" per ovvie ragioni.
Ma se il colloquio che riporti si fosse svolto...al telefono ad esempio (ed io azzardo persino)... o via mail sarebbe stato sufficientemente efficace da determinare >>dava sicurezza e che mi permetteva di impanicarmi senza contagiare l'altro>> ???

2) Nell'altro blog che l'utente ha appena allegato, Antonia scrive
al mio invito di scrivere sul blog giusto il loro parere sull'empatia.
>>
Devo dire che per me è più facile colloquiare qui, non so spiegarLe ...... c'è un'atmosfera particolare.
Io comunque La autorizzo a prendersi tutto ciò che vuole e a riportarlo sull'altro blog.>>

Vuol dire allora che si può "costruire" anche un setting ideale virtuale ? Quale la tua interpretazione ? In quel blog si sentono già accolte e trovano difficoltà ad esprimersi qui ? Eppure basterebbe un copia incolla mantenendo l'anonimato.
E' una scoperta che mi intriga molto....

#82
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Forse perché nel primo blog le utenti/pazienti si sono espresse liberamente mentre qui invitate si sentono sotto esame e queste toglie loro la spontaneità necessaria per esprimersi.

#83
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

E' un esempio di timidezza virtuale ^___^

#84
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Caro Salvo,
la fai troppo complicata, nel senso che un conto è constatare fatti ed osservare comportamenti ed un conto è immaginare!
Come mi sarei comportato se l'infermiera era sexy e seducente: avrei fatto l'uomo coraggioso? *"Mandi a casa l'anestesista! Sono un uomo vero io!" * "Pericolo Morte? E che problema c'è: tanto risorgo!" :)
Chi può dirlo come sarebbero andate le cose.
Concordo con Massimo: là sono stati spontanei, qui gli è stato detto *sii spontaneo*, generando quel paradosso evidenziato da Watzlawick!

Sempre in tema interventi subiti, potrei anche dirti che tecnicamente sono stato poco empatico con mia moglie e molto pratico: ogni volta davo disposizioni in caso di morte e consegnavo foglietto con pin delle carte e codici internet banking. L'ordine era preleva tutto ed evita di pagare tasse di successione! :)
Forse ero poco empatico o forse evitavo l'empatia volutamente perchè non in grado di gestire la sua ansia e la sua paura e cercavo sicurezza nel concreto. :?

Starò violando la privacy della moglie? :?
Lei ad esempio aveva molto sostegno virtuale dato che aveva organizzato una mailing list in cui informava tutti sugli sviluppi dei vari interventi, e racconta che le davano conforto i messaggi e le telefonate delle persone che per svariati motivi non erano presenti in analogico (di persona, ho fatto il nerd, adesso).

#85
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Le mie erano solo domande e non affermazioni e le risposte le considero esaustive. Grazie

#86
Utente 258XXX
Utente 258XXX

No, non si tratta di timidezza o di una questione di spontaneità è che l'altro blog, nato per uno scopo, si è evoluto in quello che attualmente è un Gruppo di mutuo auto aiuto virtuale (GRAZIE Dr. Catania!)


>>Dott.cali'..... Ma siamo sicuri stia bene? Tra le righe si legge un tantino di amarezza...

E' ESATTAMENTE come mi sentivo in quel momento, mentre scrivevo quelle righe.
Ora, è possibile che Patrizia abbia tirato ad indovinare; ma mi sembra un tantino improbabile. Senza contare le numerose (ma sempre discrete) comunicazioni di affetto, che giungevano in un momento in cui mi hanno fatto star bene.

TUTTE Le RFS hanno "sentito".

Ricapitolo: "L'empatia online non esiste" non è la mia esperienza.

Neanche per me.

Buona notte!

Antonia

#87
Psicologo
Psicologo

Cara Antonia, la cosa curiosa è che io mi ero approcciato alla partecipazione al "nostro" blog con curiosità, ma anche con scetticismo.

Cioè, prima di parteciparvi pensavo che la questione dell'empatia online fosse parecchio "gonfiata" ed ero molto perplesso sulla possibilità di scambiarsi emozioni online.

Già dall'inizio della mia partecipazione questa convinzione ha cominciato a vacillare. Ora non ne sono più convinto.

Comincio a pensare che più che di "empatia" si possa parlare di "empatie". Ma queste considerazioni sono più adatte ad un blog "tecnico" come questo, più che ad un Gruppo di Auto-Mutuo Aiuto Virtuale come il nostro. Qui si parla di "teoria e tecnica", lì di noi.

>>TUTTE Le RFS hanno "sentito"

E la cosa curiosa, cara Antonia, è che io "ho sentito che avete sentito". Questo, prima, avrei detto che non era possibile. Invece, oggi mi ricredo, perchè un'esperienza mi ha insegnato qualcosa.

Mi ha colpito moltissimo l'intervento dell'utente 309703 (preferirei poterla chiamare con un nome di battesimo, piuttosto che un numero da Banda Bassotti! ^___^), soprattutto nella parte in cui scrive:

>>Del resto se noi avessimo trovata una empatia reale soddisfacente non saremmo qui arrampicati sul mouse per ricercarne una compensatoria.

Allora, forse, la questione che mi sento di aprire personalmente è: quale approccio al paziente lo aiuto DAVVERO a sentirsi compreso, accolto, informato, trattato con la dignità che si DEVE ad un essere umano, ma allo stesso tempo AIUTATO DAVVERO?

E mi tornano in mente le considerazioni di Massimo Lai e Franca Scapellato: e cioè che per poter aiutare qualcuno bisogna "ritagliare sartorialmente" un rapporto che vada bene CON QUELLA PERSONA ed IN QUEL MOMENTO, e che comprenda non solo la capacità di "vedere" l'altro, ma anche e soprattutto quella di mettersi nei suoi panni, ricordandoci di rimetterci i nostri al momento di agire.

#88
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Nel nostro blog ormai e` nostro, sembra di essere in una saletta a prendere te` con pasticcini alla curcuma e discutere tra " vecchi" amici , qui e' un po' diverso l' intervento di tante piu' persone che non conosciamo ( dott Bellizzi ho poco tempo ma ho letto attentamente il suo post 77 , non so cosa le sia successo, ma so per esperienza che la paura della morte mette il gelo nei rapporti con le persone piu` care), e argomenti molto interessanti ma che sono tecnici e poco " empatici" nel senso che se nel nostro blog si parla di sarde al beccafico l' argomento e` leggero e mi strappa un sorriso cosa rarissima , qui si parla di empatia e per capire ci vuole molto tempo, un po' di concentrazione in piu` e questa sett non ho voglia di " studiate". non sono molto d' accordo con l' utente 30 e qualcosa , sarebbe bello chiamarlo per nome. io ho sentito molta empatia da parte dei miei medici in " carne ed ossa" , e dalla mia famiglia, per quanto riguarda gli altri sono stata io ad averli un po' allontanati, mi sono sentita incompresa, qui no perche` qui le persone che ho incontrato hanno avuto il mio stesso problema, hanno sentito e provato le stesse cose che sento e che provo io. certo che sara' bello conoscersi a novembre anche se chissa` perche` ho un po' paura.
Aggiungo alla mia esperienza raccontata nel post 14 che stare nel blog mi ha aiutato nei rapporti con i miei medici che devo dire si sono dimostrati attenti e sensibili . Sono stata dalla psicologa , ma uns volta ogni quindici giorni e a volte ho dovuto saltare a causa di impegni familiari, be' devo dire meno male che c' era il dottCali' , il dott Salvo e tutte le RFS.
francesca

#89
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Caro Gianluca,
con il tuo ultimo interveto credo che si possa portare a casa già una dicreta concordanza se però teniamo sempre conto che

NESSUNO MAI HA VOLUTO SOSTITUIRE IL CONSULTO REALE CON IL CONSULTO ONLINE e ciò ovviamente vale per l'EMPATIA VIRTUALE.

L'eqiuvoco nasce dal voler "misurare" con gli stessi parametri il reale dal virtuale.

SONO COSE DIVERSE quindi è fuorviante metterle a confronto, ma ciò non vuol dire che perchè non si possono paragonare allora...vuol dire che quella virtuale non esiste.

Su questo aspetto ti riporto esattamente quanto scrivevo nello studio del 2011 sul consulto online

https://www.medicitalia.it/salute/senologia/6-consulti-online-in-senologia.html

>>Siamo consapevoli che il consulto virtuale non possa mai sostituire quello reale.
Già è un po’ imprudente lo stesso termine “consulto” che in medicina ha un significato ben preciso (convocare un collega esperto, una persona che, avendo accertata esperienza e pratica in una materia, consiglia e assiste il proprio cliente nello svolgimento di atti, fornisce informazioni e pareri) mentre nel nostro studio assume un significato più neutro (opinione, parere, consiglio...).
Questo per l'ovvio motivo che nel consulto online si può sapere solo quello che puo' essere descritto a parole, dalle parole del paziente stesso. Sarebbe come fare diagnosi solo leggendo l'anamnesi raccolta dall'ultimo arrivato fra gli studenti. E' macchinosa la raccolta diretta e interattiva di informazioni, manca tutta la visita clinica, e nella documentazione che viene riferita ci sono parimenti limitazioni: non solo manca tutta l'iconografia, ma anche quando si tratta di copiare delle semplici analisi, il paziente tipicamente copia solo i valori asteriscati, ignorando che anche quelli normali apportano informazioni preziose.
A fronte di tutte queste perplessità sul consulto online c’è però l’evidenza che anche nella vita dei consulti “reali”, esistono rischi dovute ad incompetenza, superficialità, frettolosità , incapacità a comunicare le informazioni più elementari o anche di peggio...
Non sono infrequenti i casi in cui l’utente scrive "scrivo a voi per l'interpretazione di questo referto (o esame o sintomo ecc.) perchè sono andato dal mio medico e dallo specialista. Nessuno dei due ha saputo darmi spiegazioni su quello che ho o non ho. Non mi hanno visitato e il mio medico non ha neanche voluto vedere l'esame"
Forse proprio in questo contesto si colloca come “complementare” il consulto online con tutti i problemi cui lo studio cerca di dare delle risposte. Si colloca in quel “vuoto istituzionale” che tutti nella pratica clinica conosciamo, medici e pazienti.>>





#90
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Non me ne ero accorto prima (è di ieri) ed ho appena letto la l'ultima news di Valeria Randone

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3622-l-amore-eterno-esiste-e-si-trova-in-chat.html

su uno studio che io avevo messo in bbliografia su questo blog [54]
perchè riporta alcuni dati veramente interessanti e che già un anno fa , ma riguardava un altro studio statunitense, avevo riportato su spazio medici quando i primi vagiti oscurantisti e negazionasti della empatia virtuale cominciavano su questo sito a prendere corpo.

I dati non hanno bisogno di alcun commento, anche se la fantasia "psicologica" ce ne presenterà di interpretazioni di cotte e di crude (^_____^) :

I MATRIMONI SONO PIU' DURATURI SE LA RELAZIONE NASCE ATTRAVERSO LO STRUMENTO VIRTUALE.

C'è solo un piccolo sottogruppo che si difende ancora statisticamente e ben rappresentato dalle persone che "crescono insieme" sin dall'infanzia.

Ho appena scritto questo commento sul blog di Valeria Randone


>>>Mi intriga molto questo tema e non certo perché sia interessato ad una nuova esperienza matrimoniale.
Mi interessa sotto ben altro aspetto che esula dallo scopo di questa news .
Avevo già inserito questa voce bibliografica sul mio blog

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/3598-esiste-l-empatia-online-altroche.html

già da una decina di giorni prima che venisse pubblicata la tua news
[54) “Marital satisfaction and break-ups differ across on-line and off-line meeting venues”, in Proceedings of the National Academy of Sciences” 2013
http://www.pnas.org/content/110/25/10135
]
a sostegno di alcune mie affermazioni a favore dell’esistenza della empatia virtuale e quindi in aperto nettissimo contrasto con alcuni tuoi colleghi viceversa negazionisti.

Ora io non entro nel merito delle interpretazioni date in questa pagina perché non è questo il tema della discussione, ma se teniamo conto dei dati dello studio da te riportato, l’evidenza più importante è che il tasso di fallimenti dei matrimoni sia superiore per quelli in cui la relazione iniziale si è verificata nel mondo reale rispetto a quelle iniziate come virtuali.

Mi permetto di fare una ipotesi : io sono rimasto all’acronimo anglosassone Chreat che contempla tutte le caratteristiche principali per un “duraturo matrimonio” (Chemystry, Hedonism, Acceptance, Respect, Trust, EMPATY) e , la mia è una domanda e non è una affermazione , se fosse proprio l’EMPATIA VIRTUALE il fattore principale della relazione che porta ad un più elevato tasso di durata del matrimonio ?

Perché certamente nella relazione virtuale la chimica manca, l’edonismo è più sfumato, e la fiducia e la lealtà non sono state ancora sottoposte al vaglio del reale ?

Se hai un parere a tal proposito ti sarei grato se oltre che qui tu potessi trascriverlo su

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/3598-esiste-l-empatia-online-altroche.html
dove stiamo discutendo sull’empatia virtuale.
Grazie mille

#91
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

[anche se forse andrebbe nell'altro blog..]

Cara Antonia,

grazie dell'interessamento. Che mi è successo? Robetta: diagnosi di diverticolite e perforazione diagnosticate come stress (sa, lo psicologo che fa lo psiconcologo è ovviamente stressato), subocclusione di una biforcazione congenita del colon invisibile agli esami strumentali... 6 interventi, dato che ho collezionato tutte le complicazioni possibili ed immaginabili del post operatorio: persone normali se ne fanno una sola, di solito.

#92
Dr.ssa Valeria Randone
Dr.ssa Valeria Randone

Rendi privato questo commento
4. Dr.ssa Valeria Randone il 25/07/2013 ha scritto:
Ciao Salvo,
alle tue interessanti domande, non ho delle risposte certe...
L' amore, le coppie,l' alchimia di un incontro, che sia virtuale o reale, è così complesso che comprenderne in assoluto le dinamiche è un compito arduo, che necessita uno studio continuo e soprattutto di pari passo con le modifiche epocali.
L' etere ha sicuramente stravolto il modo di approcciarsi all' altro, forse l'evitamento visivo, facilità un avvicinamento emozionale, forse lenisce solitudini mascherate, forse l' assenza di fisicità, rende i partners più autentici, non so dirti con certezza...
È un mondo nuovo, ancora da studiare e tanto.
Grazie per le tue interessanti riflessioni
Un saluto

#93
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

>>È un mondo nuovo, ancora da studiare e tanto.>>

D'accordissimo, e questo è un bel passo avanti per dimostrare di voler comprendere senza pregiudizi la duttilità elastica della comunicazione virtuale, capace anche di assimilare le possibilità offerte dai dispositivi elettronici di comunicazione a DISTANZA,
che stride con l'imprudente e obsoleto

<< Parlare di “empatia online” è pertanto fuorviante. L’empatia, per definizione, ha bisogno di vedere sull’altro i segni delle emozioni mentre queste si svolgono, in tempo reale, cosa che non può avvenire per email.>>

che ha provocato questa discussione. grazie a te.

#94
Utente 277XXX
Utente 277XXX

Dr.ssa Randone e Dr. Catania, faccio veramente fatica a seguire il vostro Ragionamento. Pubblicate i risultati di uno studio in due blog diversi evidentemente perchè gli attribuite un certo valore. Se no non l'avreste pubblicato. Aspettate i tempi di digestione dei lettori perchè venga accettato e quando questo accade, che fate voi ? Ne ridimensionate subito il suo valore con il
>>È un mondo nuovo, ancora da studiare e tanto.>>

Ora se io faccio i conti pratici da casalinga, mi hanno insegnato che "l'empatia è alla base della durata e della qualità di qualsiasi relazione, compreso il matrimonio". Se i matrimoni più duraturi sono quelli iniziati virtualmente mi è facile essere coerente concludendo quanto sia importante l'empatia virtuale in una relazione.
O forse c'è qualcosa che mi sfugge nel mio ragionamento ?

#95
Utente 277XXX
Utente 277XXX

Dr.ssa Randone e Dr. Catania, faccio veramente fatica a seguire il vostro Ragionamento. Pubblicate i risultati di uno studio in due blog diversi evidentemente perchè gli attribuite un certo valore. Se no non l'avreste pubblicato. Aspettate i tempi di digestione dei lettori perchè venga accettato e quando questo accade, che fate voi ? Ne ridimensionate subito il suo valore con il
>>È un mondo nuovo, ancora da studiare e tanto.>>

Ora se io faccio i conti pratici da casalinga, mi hanno insegnato che "l'empatia è alla base della durata e della qualità di qualsiasi relazione, compreso il matrimonio". Se i matrimoni più duraturi sono quelli iniziati virtualmente mi è facile essere coerente concludendo quanto sia importante l'empatia virtuale in una relazione.
O forse c'è qualcosa che mi sfugge nel mio ragionamento ?

#97
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Gentile Utente,

uno studio è solo l'inizio di un processo scientifico di comprensione del fenomeno, e quindi poi di una applicabilità a livello sistematico e quindi un possibile utilizzo in chiave di terapia o di semplice benessere.
Facendo i conti pratici da casalinga saprà anche che "una rondine non fa primavera".
LE faccio un esempio: io posso pure esaltare le capacità curative del brodo di mia nonna, e posso, affermare il brodo di nonna cura tutti i mali. Poi magari un mio vicino dice che anche il brodo di sua nonna cura. E così via.
La scienza psicologica ha il compito di osservare il fenomeno, vedere quali caratteristiche e quali elementi sono importanti, per spiegarlo ed eventualmente utilizzarlo e diffonderlo.
Il brodo di una nonna in particolare ha effetti curativi oppure qualsiasi brodo di qualsiasi nonna funziona? Funziona solo con i nipoti specifici, oppure il legame di parentela è irrilevante?
E' il brodo, o la fonte a cui attingono l'acqua?

Che uno studio e che diversi dati raccolti vadano in quella direzione, non vuol dire che il fenomeno non debba essere spiegato e compreso meglio.
Poi può darsi che la casalinga ci abbia visto giusto, e che la scienza abbia confermato l'intuizione della casalinga!

Non è quindi confusione, ma un fenomeno evidente ancora da esplorare e comprendere.

Sa, è un pò come la legge di gravità e la sua scoperta ad opera di Newton. La legge di gravità esisteva ed operava prima che Newton la scoprisse. Nrewton l'ha spiegata ed ha permesso di utilizzarla a pieno come fenomeno controllato e prevedibile.

#98
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Riflessione sull'empatia ed il matrimonio...

Secondo me il *matrimonio d'amore* si regge solo sull'empatia... se c'è empatia, c'è coppia.
Falliscono i *matrimoni di scopo* che non hanno empatia e quindi gli individui si allontanano.
Per matrimonio di scopo, intendo quelli egoistici, d'interesse, di contratto, di disperazione, edonistici, sessuali etc etc
Non che questi elementi non siano influenti o che non abbiano un ruolo, ma quando sono determinanti rispetto all'empatia.
E' la differenza tra *due cuori e una capanna* e * due cuori, ma dentro un castello!* :)

#99
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Gentile utente credo che il dr. Bellizzi Le abbia estesamente chiarito che dire >>c'è ancora tanto da studiare>> non voglia minimamente sottostimare il valore dello studio presentato.

Da parte mia che ci sia ancora da studiare lo riconfermo anche perchè i dati di questo studio sono inattesi e pertanto sorprendenti, ma non autorizzano considerazioni conclusive e definitive.

Effettivamente siamo usciti dalla preistoria del Web , ma ancora le potenzialità dello strumento vanno considerate...... "in fasce".

#100
Dr.ssa Valeria Randone
Dr.ssa Valeria Randone

Gentile Signora,
affinché un amore nasca e soprattutto si mantenga vivido nel tempo, nonostante l'usura del quotidiano, necessita di capacità d'ascolto dell'altro, alchimia psico-fisica, rispetto, empatia, interesse, curiosità.........e di una serie di infiniti elementi necessari a concimare e nutrire, giorno per giorno, la relazione di coppia.
Tramite il web se ne possono trovare sicuramente alcuni, altri necessitano della fisicità.
Come già detto dai Colleghi, il tempo, gli studi e l'apertura mentale di noi clinici verso il nuovo, ci porterà verso nuovi ed interessanti ricerche.

#101
Dr. Armando Ponzi
Dr. Armando Ponzi

Vi regalo una frase dedicata a mia moglie per i 25 anni di matrimonio:
'L'amore che non finisce è quello che usi tutti i giorni'

#102
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

A conferma dei dati di questi studi, proprio e ieri il Times di Londra riporta un ennesimo altro studio della Future Foundation che conferma quelli esposti da noi con altre osservazioni interessanti anche se intuibili : per esempio che in questi anni c’era sempre meno gente che sposava l’high-school sweetheart, come chiamano gli inglesi, l’innamorato/a dei tempi della scuola.

Quasi tutti gli studi confermano che l’innamorato/a della scuola ha maggiori garanzie sulla durata del matrimonio. In contrasto con un solo studio che raccomanda “ se non sposi il primo di cui ti innamori, il matrimonio dura di più”. E’ evidente che non ci siano certezze condivise.

Quel che pare certo è che oggi questa tendenza a non sposare più il primo amore, secondo il Times, che riporta i dati dello studio di Future Foundation, si è invertita con il diffondersi dei social network e di Facebook in particolare. Questo perché, si è scatenata una vera caccia virtuale allo/ alla sweethear della scuola, che permette di ritrovare i fidanzatini più lontani nel tempo ed allo stesso tempo favorire il riaccendersi di relazioni sopite che possono portare al matrimonio, dopo avere scartando l’ottavo, il cinquantesimo, l’ennesimo amore.

#104
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Non mi sembra affatto OT.
>>L'amore liquido è proprio questo: un amore diviso tra il desiderio di emozioni e la paura del legame".>>

Tutto ormai è liquido. L'amore , la democrazia online (vedi elezioni online ormai diffuse in tutto il mondo che hanno valore come quelle reali. In Italia apripista i grillini).

Piuttosto che negarlo questo nuovo modo di vivere andrebbe meglio studiato. Per studiare non si può certo partire...dalla sua negazione come se fosse inesistente.


#105
Utente 278XXX
Utente 278XXX

Dalla parte della paziente mi preme osservare che si discute sull'esistenza della empatia virtuale,ma nessuno fa osservare quanto sia rara anche l'empatia reale. So bene che la mia sia solo una provocazione di parte, ma scaturisce dall'osservazione che si dia per scontata l'empatia come presente in tutte le relazioni reali.

#106
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Ma stiamo ancora a discutere sull'esistenza della empatia virtuale ?
Proprio sui neuroni specchio, Vittorio Gallese, uno dei due neuroscienziati scopritori ha rilasciato numerose interviste con la chiara conclusione "I neuroni specchio si attivano di più quando l'azione osservata è realmente eseguita di fronte all´osservatore da una persona in carne ed ossa. Ma si attivano anche quando la presenza dell'altro è solo virtuale, ad es.apparendo su di un monitor."

Più chiaro di così ?

#107
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Ma stiamo ancora a discutere sull'esistenza della empatia virtuale ?
Proprio sui neuroni specchio, Vittorio Gallese, uno dei due neuroscienziati scopritori ha rilasciato numerose interviste con la chiara conclusione "I neuroni specchio si attivano di più quando l'azione osservata è realmente eseguita di fronte all´osservatore da una persona in carne ed ossa. Ma si attivano anche quando la presenza dell'altro è solo virtuale, ad es.apparendo su di un monitor."

Più chiaro di così ?

#108
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Gentile utente...a me lo dice ? (^__^). La ringrazio di avere citato Vittorio Gallese, uno dei maggiori neuroscienziati contemporanei, scopritore negli anni Novanta, insieme ad altri ricercatori dell'Università di Parma coordinati da Giacomo Rizzolatti, dei "neuroni specchio", forse la scoperta italiana recente più citata nella letteratura internazionale (la ricerca di "mirror neurons" su Google dà più di mezzo milione di risultati).

Una delle interviste cui fa cenno Lei, dove Gallese sostiene che
I NEURONI DELL'EMPATIA SI ATTIVANO ANCHE QUANDO LA PRESENZA DI ALTRI E' VIRTUALE, la può ritrovare nella bibliografia da me allegata [71]. Ma non è l'unica.

#109
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Mi sono sbagliato perché la ricerca pubblicata sui risultati di "mirror neurons" su Google di mezzo milione di risultati è vecchia. L'ho verificata 10 minuti fa ed è di circa 1 milione (995.000) di risultati. Mi risparmio di trarre conclusioni per non sparare...sulla Croce Rossa (^__^).

#110
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Per completezza allego "sulla necessità di vedere " perché si attivi l'empatia un altro stralcio di intervista di Gallese.

http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=655

>>*DOMANDA.Si racconta che non sarebbe mai diventato uno fra i più celebri neuroricercatori se a quel tempo non avesse rubato le noccioline a una delle Sue scimmie.

*RISPOSTA
Sì, fu veramente una scoperta fortuita. Stavamo registrando nella scimmia l’attività elettrica dai neuroni che regolano il movimento. Sempre, quando le scimmie allungavano la mano verso il cibo, questi neuroni diventavano attivi. Allora sentivamo uno scoppiettio nelle nostre apparecchiature. Ma quando io stesso, una volta, tesi il braccio verso le noccioline, lo scoppiettio si manifestò ugualmente – come se la scimmia si fosse mossa. Eppure stava solo a guardare, tranquilla. Dopo un attimo capimmo che il cervello della scimmia si comportava effettivamente come se si immedesimasse nelle azioni di chi stava effettuando l’esperimento. Quando l’animale osserva il movimento di un altro, questi neuroni riflettono il comportamento della persona di fronte. Per questo li chiamammo “neuroni specchio”.

DOMANDA
Di fatto, a cosa esattamente si rivolgono i neuroni specchio? Dobbiamo assolutamente vedere i movimenti di un altro?

*RISPOSTA
No. Nei nostri esperimenti si attivavano anche se allungavamo la mano verso un oggetto invisibile alle scimmie. Gli animali potevano solo sentirci.

#111
Utente 310XXX
Utente 310XXX

Ho avuto la sensazione, rilevata da più utenti, che in questi commenti non si tenga in gran conto del parere di noi pazienti nel definire cosa sia empatia e cosa no. E che per alcuni di noi non ci siano dubbi di aver potuto ritrovare un contesto empatico virtuale efficace proprio in alternativa a quello carente reale.
La seconda osservazione mi viene suggerita perché stavo sfogliando Repubblica di oggi.
Mi ha molto sorpresa la lista di questi dati su "che cosa succede ogni 60 secondi su online" :
° 2milioni di ricerche su Google
°41 milioni di post su Facebook
°204 milioni di email inviate
°571 nuovi siti
°70 registrazioni nuovi domini
°1,5 milioni di connessioni con altri
° 72 video caricati su YouTube
° 20 milioni di foto viste (Flickr)
°3600 foto ogni minuto (Instagram)
° 20.000 nuove foto (Tumblr)

Una vera interconnettività tra la maggior parte degli abitanti della terra che comunicano in vario modo.
Sarebbe possibile una tale situazione in assenza assoluta di empatia virtuale ?

#112
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Ne teniamo in gran conto eccome! E la sua osservazione sui dati dell'interconnettività in tempo reale in tutto il mondo mi ha fatto pensare viceversa a pareri opposti di alcuni psicologi paragonabili alla cultura di alcune tribù della regione del Natal in Africa, la cui formula di saluto è "Sawu bona", che significa "Io ti vedo". L'altra persona risponde con "Sikhona" che significa "Sono qui". L'ordine dello scambio è importante "Finchè non mi vedi io non ci sono, NON ESISTO".

Ma nel frattempo sono stati introdotti nella vita quotidiana moderna nuovi strumenti virtuali come ad esempio il telefono. Infatti quanto abbiamo affrontato riguardo al sistema specchio non vale solamente per ciò che osserviamo (lo dicono a chiare lettere gli scopritori dei neuroni specchio). Vale anche per altri stimoli, ad esempio per ciò che UDIAMO. Tra le varie popolazioni neuronali esistono infatti neuroni bimodali, capaci di rispondere allo stimolo uditivo.
>>>L’empatia, per definizione, ha bisogno di vedere sull’altro i segni delle emozioni >> Ma quando mai !!

Tra i neuroni specchio ce ne sono alcuni che ci permettono di riconoscere o comprendere l'azione compiuta (ad esempio di un individuo che ci corre alle spalle)da un altro, anche solamente in base ai suoni che percepiamo.
Come i neuroni specchio per l'aspetto visivo, anche quelli bimodali per l'aspetto uditivo appartengono a popolazioni neuronali che codificano per specifiche azioni e quindi costituiscono "parole" di un vocabolario motorio.

Quindi è possibile "OSSERVARE CON LE ORECCHIE"...e non solo.
Quante volte al telefono già al "PRONTO" ci siamo fatti una idea moooolto precisa (qualcuno dirà che siamo predisposti ad averla!) sullo stato d'animo della persona che ci ha risposto. Sulla base di questa idea precisa ad un semplice pronto noi infatti replichiamo
"Scusami, se ti ho disturbato, ti richiamo ?"
Questa è una vera presupposizione (generata dalla predisposizione). Abbiamo presupposto SENZA VEDERE che la persona che ci ha risposto fosse in una situazione particolarmente inadatta a parlare con noi, quindi ci siamo adeguati a questa nuova sensazione agendo di conseguenza e proponendo una alternativa.
Spesso ci sentiamo rispondere "No tranquillo, dimmi pure"

#113
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

Gentile Utente 310893,

non è che non crediamo alle persone come utenti: delle volte non crediamo neanche alle persone come professionisti! Fa parte del metodo scientifico confutare per vedere quanto regge una teoria o un'ipotesi. Bisogna fare le prove di carico per vedere quanto regge una struttura. Ma dobbiamo anche capire bene come e quando si manifesta.

Che esista anche un'empatia online lo sappiamo anche noi che frequentiamo le aree riservate ai professionisti. Gli scambi emotivi ci sono anche tra i professionisti, il più delle volte legati al mondo delle idee di ciascun professionista.

Però delle volte si parla di questioni personali ed abbiamo avuto manifestazioni di condivisione di emozioni, sia di eventi luttosi, ma anche di eventi piacevoli quali nascite o altri eventi positivi.
Se non esistesse l'empatia on-line, sarebbero solo frasi di rito o di commodo.
Ma soprattutto se non ci fosse un minimo di consapevolezza che l'emozione arriva all'altro, che senso avrebbe caricare di emotività determinate comunicazioni?
Piuttosto che dire "Sono orgoglioso nel dirvi che ieri è nato pincopallo e sono diventato papà" comunicheremmo qualcosa tipo "alle ore 15 è nato picopallo del peso di - modificato stato di famiglia".

Ripeto. Che senso avrebbe esprimere emozioni se tanto l'altro non le recepisce? Possibile sia solo un gesto autoreferente?

Non credo.

#115
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Caro Massimo >>Non so se c'entri con l'empatia online>>. Non lo so neanche io ma il link che alleghi è uno tsunami sulle potenzialità virtuali. Vuol dire che abbiamo la macchina, ma si continua a negare l'esistenza delle...ruote.
Secondo me ancora non "siamo pronti" ancora ad accettare questo balzo in avanti sul piano terapeutico, ma forse in un futuro non lontano saremo costretti a fare il punto della situazione.
Grazie per il link che aggiungo volentieri alla bibliografia del blog.

#116
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Fernando sai che non ci avevo pensato ?
>>.....abbiamo avuto manifestazioni di condivisione di emozioni, sia di eventi luttuosi, ma anche di eventi piacevoli quali nascite o altri eventi positivi.
Se non esistesse l'empatia on-line, sarebbero solo frasi di rito o di comodo.>>>

Frasi di rito ?...che nel glossario virtuale si chiamano da PARACULI? (^__^)

https://www.medicitalia.it/spaziopro/spaziomed/620111/e-nato-francesco-cecchini?start=131#a_list_title

No non lo ammetto perché alla empatia virtuale ci credo.

Oppure in occasione di eventi luttuosi

https://www.medicitalia.it/spaziopro/spaziomed/623762/la-dott-ssa-gianna-porri-psicologa-ci-ha-lasciati?start=131#a_list_title

Ecco alcune frasi rubate qua e là

1)Sono molto dispiaciuta per questa perdita, mi era sempre parsa una Collega sensibile, colta, preparata e gentile. E questa solitudine , questa morte silenziosa mi addolorano ancora di più. Un pensiero affettuoso e partecipe a Lei, e a tutti quelli che hanno apprezzato la sua empatia e il suo cuore..

[psicologo che parla di empatia della collega senza averla MAI vista]

2) Per quanto ho potuto leggere dei suoi interventi su SpazioPro, anche non avendo avuto scambi diretti, dico che mi appariva una bella persona,
3) Sapevo che non stava bene, ma non che fosse rimasta così sola perché anche negli scambi avuti non ha mai fatto cenno a nulla di tutto ciò, anzi si è sempre dimostrata più in apprensione per gli altri, colleghi o utenti che non per la sua condizione. Un animo nobile.
4) Ho avuto modo di incrociare poche volte XXXXXXX in SpazioMedici, ma mi avevano sempre colpito la sua signorilità, il suo equilibrio e la maniera garbata con la quale esponeva le sue idee, anche in discussioni nelle quali, come talvolta accade, i toni non sempre si mantenevano moderati. Si comprendeva molto bene inoltre la cultura e la dedizione con le quali aveva affrontato la sua vita professionale.
5) Credo che Medicitalia abbia aiutato la dr.ssa XXXXX a sentirsi meno sola, è strano nonostante non la conoscessi personalmente il suo modo di comunicare non mi ha mai lasciato indifferente, forse ora ha finalmente trovato sollievo alla sua sofferenza.
6) Non avevo avuto molte occasioni di conoscerti bene, ma in quelle poche volte che ci siamo incrociati in Spazio medici, che ti ho letta, ho notato la tua fine preparazione, la tua infinita sensibilità e la tua grande carica umana. In quel consulto privato che mi hai chiesto con tanta umiltà, con amabilità e riservatezza, ho notato il tuo piacere a confrontarti, a dialogare, ad essere della famiglia di Medicitalia, a percepire i veri valori umani, il tuo profondo senso dell'amicizia e del rispetto per il rapporto umano, la tua signorilità.
7) Che Donna incredibile, con tale e tanta sofferenza, era sempre attenta, garbata e presente. Nel nostro piccolo, speriamo di averle fatto compagnia , anche se virtuale, durante i suoi momenti di solitudine e sofferenza.
8) Non sapevamo come stesse, anche se a volte lo ha accennato, in maniera vaga. Era sola, ma non lo ha mai fatto pesare a nessuno. Non conosco la sua vicenda umana che deve essere stata triste e dolorosa, ma mi dispiace non avere potuto conoscere meglio la ricchezza interiore che si intravvedeva chiaramente.
9) Sapevo che XXXXX soffriva di problemi cronici molto dolorosi, siamo iscritte alla stessa mailing list professionale da anni e un po' la conoscevo anche privatamente, anche se solo via email. Non mi aspettavo, però, una simile notizia. XXXXX resisteva come un leone. Ricordo la delicatezza, il sorriso velato di tristezza delle foto, la fragilità sicuramente legata alle sue sofferenze. Ricordo i moti d'affetto che aveva anche per delle piccole gentilezze.

TUTTA FINZIONE E IPOCRISIA DA PARACULI ?

No non ci voglio credere, ma se l'empatia virtuale non esistesse....








#117
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Caro Massimo ,
fermo restando che >>Face to face treatment is still the gold standard>>
guarda cosa si può trovare >> ONLINE PSYCHOTERAPHY<<

>>>Despite the lack of visual cues, studies suggest that telephone psychotherapy and counseling are effective and liked by clients.>>

http://www.psychologytoday.com/blog/sacramento-street-psychiatry/201307/online-psychotherapy

>>Online psychotherapy has practical advantages in some situations, and as a treatment modality it does not appear bogus or inherently harmful. It would be interesting to compare telephone and video therapy in a research context, to see whether the visual channel confers additional useful information, and whether it enhances or detracts from the therapeutic alliance. As with most technological innovations, online therapy also introduces new pitfalls and deepens old ones, so it is best not to choose it merely for its novelty or expedience. Face to face treatment is still the gold standard.>>

Fermo restando pure che “Non so cosa c’entri con l’empatia virtuale”……..[ addirittura c’è il dubbio che possa migliorare l’alleanza terapeutica ? =” see whether the visual channel confers additional useful information, and whether it enhances or detracts from the therapeutic alliance”] .

Tutto da verificare ovviamente con una ricerca ad hoc che qualcuno prima o poi farà!
(^____^)

#118
Dr. Fernando Bellizzi
Dr. Fernando Bellizzi

E leggendo l'articolo ultimo, tra l'altro, mi è venuta in mente la situazione della psicanalisi classica in cui l'analista è seduto dietro al paziente (quindi nessun contatto visivo durante la seduta vera e propria, e neanche contatti fisici di mano, se non vado errato) in cui uno dei nuclei principali di lavoro è proprio sullo scambio emotivo tra analista e paziente (transsfert e controtransfert). Però parlo da *inesperto*, nel senso che non ho esperienza diretta di seduta di analisi classica.

Comunque di ricerche, o meglio di esperimenti, già ci sono in corso.
Qui ad esempio, una collega con esperienza, sperimenta ed esplora, senza giudicare o con pregiudizi...;)
http://youtu.be/KImba8rqaoU

#119
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Approfondendo il tuo link ho scoperto l'esistenza addirittura di una PSYCOMMUNITY [con un Gruppo di discussione sulle esperienze degli Psicologi nell'uso degli strumenti a distanza nella pratica professionale]
http://www.psycommunity.it/sezioni/sezione7/psicologiadistanza.asp

Non c'è alcuno scopo commerciale e ho trovato interessantissima l'intervista che hai allegato della coordinatrice che fa risalire la sua esperienza agli anni 90.

Ho trovato interessante soprattutto la sua replica alle obiezioni "voler fare psicoterapia non vis a vis corrisponde a voler fare la frittata senza uova" : l'aspetto corporeo intanto nella video chat è presente ecc ecc.

Qui comunque ci stiamo allontanando dal tema "esiste l'empatia virtuale" ?, ma chiaramente se si riesce a mostrare lo strumento telematico come idoneo addirittura alla psicoterapia, pur se sempre non paragonabile alla comunicazione reale, allora il quesito di base lo si dovrebbe dare per scontato.

#120
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Caro Salvo,
non voglio aprire un capitolo della """"psicoterapia online""", né mi interessa molto sapere se si possa trovare un collegamento cpn ""l'empatia online"""il mio link era solo per dimostrare l'esistenza di professionisti che studiano di quanto noi ci occupiamo primitivamente. Leggo ogni tanto in qualche post che si parla di psicoterapia on line ma farebbe piu paura ad acuni pochi non tutti: è da mesi se non anni che escono pubblicazioni sulle varie forme di psicoterapia online, ma non ne ho mai avuto voglia di interessarmene.
Si migliora l'alleanza terapeutica? caspita ma non si sa se sia l'empatia...
Ma per questo si dovrà aprire un nuovo blog, questo lasciamolo all'empatia online.

#121
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Abbandoniamo volentieri, per il momento, la psicoterapia online e vediamo un po’ cosa si dice in giro sulla "Empatia online”………. dove…la danno per scontata ! (^____^)

http://link.springer.com/article/10.1007%2FBF01434996

>>Results from two studies indicate that: empathy occurs in most online textual communities; empathetic communication is influenced by the topic being discussed; the presence of women tends to encourage empathy; and the presence of moderators not only reduces hostility but also appears to encourage empathy. The paper explores how empathy may be affected by pace of interaction, mode of expression and the way people reveal themselves in synchronous and asynchronous communities. As we advance towards technically better computer virtual environments, it is timely to pay greater attention to social issues such as empathetic communication.>>
*Che poi ci sia una ridotta fiducia sulla empatia online, ma per scarsa dimestichezza con lo strumento telematico, lo sapevamo già e come emerge chiaramente nella intervista sul video che ci ha allegato Fernando. Ma non è affatto sorprendente che si dia per scontata l’esistenza della empatia online, tant’è che glik scopi dello studio servono a dimostrare il grado di fiducia del contesto empatico virtuale versus il contesto empatico reale

http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/01449290310001659240?journalCode=tbit20#.UgAi75KpVSQ

*Ci sono anche molte ragioni che “uccidono l’empatia online”, ma ormai si discute di questa come scontata soprattutto nei giovani vittime di bullismo reale o isolati e segregati in casa (es Hikikomori) che conoscono un solo canale di comunicazione che è quello virtuale.

http://www.huffingtonpost.co.uk/stephen-carrickdavies/online-empathy-erosion-or_b_1685344.html

>>I believe most young people today are just as caring, talented, courageous and sensitive to others as we were when we were young. Indeed they have greater potential to connect and act empathetically, especially when they see and experience the painfully opposite; the casual cruelty, bullying, greed and double standards. The paradox is that whilst the technology connects, it also amplifies the self-importance, narcissism, egotism, vanity, conceit. It's this and the pure selfishness which kills empathy and compassion, now where in the offline world have we seen that recently?

*Di studi sulla empatia online, e nessuno di questi si è mai post oil dubbio sulla sua esistenza, ormai ce ne sono in quantità industriale

http://dl.acm.org/citation.cfm?id=1240763

>>Qualitative content analysis of 400 messages from a discussion board about depression was used to determine how empathy is expressed and facilitated in online communication. Special emphasis was placed on determining the components of online empathy>>

*Ci sono numerosi studi che spiegano perchè I nativi digitali abbiano maggiori difficoltà a riconoscere le emozioni altrui, rispetto alle persone che sono nate nell’era del telefono a gettoni ;ma proprio questi studi non hanno mai messo in dubbio che non sia necessario vedere face-to-face le emozioni per riconoscerle.

>>In a 2007 study of 197 students age 17 to 23 years, participants were asked to quickly identify the emotional expression of a face as it rapidly morphed from neutral to an angry or happy face. Happy faces were identified faster than angry faces, but when the volunteers played a violent video game before the facial recognition task, they were much slower to recognize the happy facial expression.
Since middle-aged and older digital "immigrants" are catching up with these younger digital natives in the amounts of time they spend using technology, this empathy deficit may not be limited to just young adult and teenage brains. Empathy is learned, but it can be un-learned as well.
Using functional MRI scanning, our UCLA research team found that internet savvy middle-aged and older adults showed dramatically greater brain activity when searching online compared with age-matched "internet-naïve" volunteers. When these older naïve volunteers started searching online for an hour a day, after only one week their frontal lobe neural circuits showed significant activity increases during internet searching.>>

http://jetpress.org/v19/manney.htm

>>As the world grows smaller and more connected, humans will grow ever more divergent because of their possession – or not – of a multitude of transhuman technologies, and so the role of empathy grows larger and more important than ever. In theory, sensory/media input stimulates mirror neurons, which enable empathy>>
*Addirittura scomodano psicanalisti/strategisti per incrementare le vendite di un prodotto, perchè quando questo fa flop commerciale l’insuccesso è da attribuire alla scarsa empatia (certo che ora qualcuno dirà che non è empatia !!) dei messaggi promozionali.

http://innovatebyday.ca/2012/12/is-empathy-the-key-to-business-success-online-2/

>>“People cannot tell you what they want, but they will know it when they see it. Incorporating empathy & experiment into product development and messaging … will result in a 10-20% increase in sales”, says Moskowitz. He has seen the results repeatedly with clients.
Batalvi & Moskowitz have developed a scientific approach to identify how to empathize with consumers. They have identified 5 areas of focus:
Cognition – isolate the automatic thoughts, ideas and beliefs from emotion and study them separately.
Emotion – mood, intensity, feelings surrounding a product or messages.
Sensation – the physiological state – response of the body.
Personalities – define the disposition, cultural influences and context in which we respond to product and messages.
Behaviour – Understanding the actions/reactions to distinct messaging and products.>>>

Mi fermo qui…per il momento

#123
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Grazie : è in tema questa ricerca perché descrive la macchina della comunicazione, dando per scontato che questa abbia....anche le ruote!

La cosa veramente che mi ha lasciato basito è che in qualsiasi direzione si estenda la ricerca sulla empatia a distanza, NON C'E' UN SOLO SITO (tranne che su Medicitalia ^___^) o STUDIO che parta dal dubbio "esiste l'empatia online?".

Si parla di terapia online, di formazioni "empatiche" a distanza e altro, ovviamente dando per scontato che l'empatia virtuale non sia in alcun modo in discussione.

*L’empatia nei corsi di laurea a distanza online ?

http://www.igi-global.com/article/building-empathy-online-courses/70917

http://sloanconsortium.org/conference/2012/aln/building-empathy-online-courses

>>
Holmberg (2003) found that feelings of empathy and belonging within a distance education format influenced the learning favorably and promoted students’ motivation to learn. Holmberg further stated that empathy is helped through interactions where students are addressed directly and the conversational approach is employed. The opportunities for spontaneous interaction in today’s on-line education environment underscore the necessity for an empathetic approach to assure that clarity of expectations and meaningful learning is occurring.>>>

*Distance no barrier in building empathy

http://www.massey.ac.nz/massey/about-massey/news/article.cfm?mnarticle_uuid=A43A21A5-CF93-371D-55F0-F5D3060618A6


#124
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Fernando, ti sei cotto il cervello con l'afa di agosto ? (^__^)
Poiché sono in sala operatoria non avevo letto bene il link che mi hai allegato. Ora in un intervallo di seduta ho letto bene.

Addirittura
>> Il trattamento - che ha coinvolto sei terapisti e 62 pazienti - consisteva in otto sessioni con tecniche consolidate diverse che derivano dalla terapia cognitivo-comportamentale e puo' essere effettuata sia oralmente che per iscritto>>

Proprio la cognitivo comportamentale è più efficace online rispetto alla offline? (^_____^).

Ho letto bene ? In sala operatoria ho l'aria condizionata !!!!!

#126
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Discutiamone pure, ma quel che mi preme rilevare è che, dopo avere allegato 140 voci bibliografiche non ho trovato (sfortunato ?)
a) Un solo studio che ..."occorre vedere"...ecc ecc
b) un solo studio che metta in dubbio l'esistenza della "empatia virtuale

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21318917

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23174401

http://www.citeulike.org/user/voiklis/article/3410177

E non solo : TUTTI i test di quest'anno che ho trovato io per misurare il livello empatico sono applicati...... VIRTUALMENTE !

#127
Utente 308XXX
Utente 308XXX

1112. Utente 308982 il 21/07/2013 ha scritto:
Eccomi DR. Catania con le mie considerazioni sull'empatia, così come ho imparato a conoscerla e a riconoscerla in questo mio pezzo di vita. Sono assolutamente d'accordo con lei riguardo alla capacità di Rispondere allo stimolo empatico, altrimenti la comunicazione diventa sterile, non c'è passaggio di informazione.
E qui, secondo me, entra in gioco una sola grande forza che chiamo Sensibilità , che è l'insieme di vari fattori: apertura mentale, apertura di cuore e il prendersi la responsabilità della risposta. E ultimamente sto imparando un altro aspetto dell' empatia che è quello di percepire quanto l'altra persona è pronta a ricevere la risposta che ho da dare e imparare quindi a dosare per essere veramente di aiuto.
C'è quello che io sento dell'altro e che in quel momento diventa mio, o meglio nostro, e l'attenzione è spalmata sulla relazione, che è fatta più di sentire che di pensare.
Non ho ancora una grande esperienza personale di cosa sia l' empatia telematica , è appena un mese che chatto su questo blog e non ho esperienze precedenti.
Mi è chiaro che un gruppo che ha in comune una tematica così sentita come la diagnosi di tumore , con tutte le ansie e paure che può evocare, è fortemente motivato alla condizione e sostegno.
Da quanto ho letto mi sembra di avere ravvisato gradi diversi di empatia a secondo della risonanza che ognuna /o , per qualche ragione strettamente personale, è riuscita ad evocare. Pur essendo legate dalla stessa problematica , ciascuno di noi ha il proprio modo di reagire e il fatto di poterlo raccontare in tempo reale a persone di cui non si teme il giudizio, mi sembra un elemento di grande valore.
Spesso durante la malattia non è così semplice potere dare voce al proprio sentire, per non aumentare la preoccupazione nelle persone che amiamo, per fuggire dalla paura del dolore che potremmo sentire, per tante ragioni che ognuno di noi conosce.
E in questo caso ben venga la possibilità, virtuale fisicamente ma reale nei contenuti,
di supportarci a vicenda in modo onesto e immediato.
In definitiva c'è empatia sempre quando nessun luogo è lontano , ma la sensibilità vibra a contatto con un altro essere.

Detto questo, due parole sul grande regalo che riceve chi ha un cane come amico.

#128
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Buon "tempo" a tutti!
Ci sono anch'io...mi chiamo Rosella.
Da qualche giorno, e su iniziale suggerimento del Dottor Catania, seguo con infinita attenzione i vostri interventi sul Blog.
Mi sono arricchita dei vostri pensieri, delle vostre parole, delle vostre speranze, ma anche delle vostre Paure...
Io mi definisco momentaneamente "in attesa": il 23 agosto avrò le risposte che aspetto ormai da un paio di mesi.
L'intervento al mio seno destro è programmato per tale data e il tempo che mi separa da quel giorno si sta colorando di tinte differenti... a volte riesco anche a intravvedere l'arcobaleno!
Mi è stato diagnosticato un C5... brutta bestia!
Fortunatamente pare che le sue dimensioni non siano esagerate: 16 millimetri di terrore, sembra quasi l'antica formula con cui si definivano i filmini in Super 8 di qualche decennio fa...
Ed è proprio un film ciò che ora passa nella mia mente.
La narrazione della mia vita scorre lenta, "sento" gli abbracci delle persone che mi amano, "sento" i sorrisi dei momenti felici, "sento" le parole che mi rendono più forte... non "sento" le sensazioni negative, voglio percepire solo il bello che mi ha reso la persona che sono.
E'questo il pensiero che voglio portare con me nel momento in cui l'anestesia mi chiuderà gli occhi...si dice che sia importante lasciarsi andare ai pensieri positivi, prima di addormentarsi...

Questo è il mio sentire, mi piace l'idea di condividerlo con persone che possono ben comprendere... è sempre tanto difficile confrontarsi con chi non vive (fortunatamente...) lo stesso problema.

E benché ognuno di noi rappresenti una unità psicofisica a se' stante, io credo che esistano delle empatie immediate che acquisiscono il valore della condivisione e della trasposizione del proprio sentire nell'altrui realtà.

Io ci credo, si... e voglio pensare che sia così!

Un abbraccio ed un sorriso,
Rosella.

#129
Dr. Emanuele Caldarella
Dr. Emanuele Caldarella

Carissimi,

eccomi riaffacciarmi al sito dopo un lungo silenzio indaffarato.
Ringrazio per la citazione e porgo i complimenti a Salvo per l'interessante blog (di cui, ahimé, non posso leggere tutti i 128 commenti...
Noto però con piacere che il fenomeno delle ragazze "fuori di seno" sta prendendo piede, e questo spazio -inizialmente riservato ai commenti delle news- si è ormai trasformato in un vero e proprio forum botta e risposta. Anche la tribù dell'anca si amplia, si moltiplica e... gemma. Si sono formati diversi gruppi e sottogruppi, di cui magari vi parlerò meglio, con diverse caratteristiche ma che per ora mantengono il loro carattere di gruppo di scambio "tra pazienti" su altre piattaforme e non si sono palesati su MI.
Il fenomeno è nuovo fino ad un certo punto: l'associazionismo tra pazienti e parenti legati tra loro da particolari patologie è sempre esistito, e i gruppi sui social network e sui forum sono la loro naturale evoluzione: quello che è nuovo è il ruolo di congiunzione che MI potrebbe avere tra queste realtà e la medicina... istituzionale.

Un benvenuto a tutti i pazienti.

#130
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Dottor Caldarella,

la solidarietà fra pazienti è senza dubbio un fenomeno che esiste almeno da quando i "pazienti" stessi esistono! :-)

La novità sta in questo contesto e nell'ampiezza della piattaforma attraverso la quale esprimersi ... come una piovra con mille tentacoli ci appropriamo degli spazi a disposizione quasi a voler segnare il nostro territorio.

Abbiamo fame di parole, sete di solidarietà e di sorrisi, ...ci nutriamo di tutto ciò per ri-trovare il piacere della vita quotidiana.

La condivisione e l'empatia si instaurano quasi automaticamente e divengono appuntamento gradito.

Un ringraziamento a Lei per il Benvenuto che ci porge!

#131
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

>>Mi sono arricchita dei vostri pensieri, delle vostre parole, delle vostre speranze, ma anche delle vostre Paure...>>

>>Abbiamo fame di parole, sete di solidarietà e di sorrisi, ...ci nutriamo di tutto ciò per ri-trovare il piacere della vita quotidiana.>>

grazie per il prezioso contributo e forse Lucio Battisti avrebbe risposto "Tu chiamale se vuoi emozioni"

http://www.youtube.com/watch?v=i6YSThUaGnY

#132
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Ho trovato l'articolo molto stimolante e non sono la sola, visto il numero dei post trascritti sotto. Questo già è un indice di coinvolgimento, con valenze diversificate per ciascuno di noi, ma di certo chi ha scritto ha mostrato di essere coinvolto in qualche modo all'argomento. In questo livello di coinvolgimento che possiamo definire “sociale” sono state espressi molti punti di vista che però non si esauriscono nella mera condivisione cognitiva, ma danno segni di risonanza emotiva, base per poter parlare di “empatia”. (Bonino et al. 1998).
Ho l'impressione che sia stata fatta confusione sui termini “empatia” e “psicoterapia” e credo che Salvo Catania non intendesse sostenere che si può fare psicoterapia in rete, almeno io non ho trovato questa affermazione, ma volesse semplicemente sostenere in base a dati empirici in suo possesso, validati da ricerche scientifiche, che l'empatia in rete esiste. Assunto sul quale poi possono essere fatti mille costrutti e che merita di essere passato al vaglio ed accolto perché ci permette di ipotizzare percorsi che consentano un buon uso del mezzo informatico, soprattutto da parte degli adolescenti e delle fasce più deboli. Un computer, se usato “bene” per un anziano o un disabile può essere fonte di socialità e condivisione, se usato male certamente assume connotazioni negative. Ecco perché è importante comprendere e interrogarsi.
Non so chi ha scritto il pezzo virgolettato in cima all'articolo di Salvo Catania, ma mi sembra troppo semplificativo per un fenomeno complesso come lo è quello dell'empatia e soprattutto dell'empatia in rete.
Se partiamo da dati empirici e osserviamo la comunicazione in questa News, ci accorgiamo che alcuni sono stati più empatici con “x”, altri più con “y”, altri lo sono stati meno con chiunque, ma ciò che è certo è che ognuno ha attivato dei percorsi e dei processi consoni al suo modo di essere, dacché ciascuno è sempre se stesso anche quando non lo è e lo esprime in tutte le sue manifestazioni; siano esse verbali, gestuali o scritte. Non siamo buoni a comando o simpatici quando ce lo ordiniamo, lo siamo in rete e fuori rete a meno che non ci siano patologie di qualche tipo, l'importante è sapere che dall'altra parte esiste o esistono persone reali.
In questa nostra interazione ciascuno ha presentato se stesso agli altri e cito una affermazione: “Di recente definita come «la capacità dei membri di una comunità di apprendimento di proiettare se stessi socialmente ed emotivamente, come persone “reali”, attraverso il medium comunicativo in uso» (Garrison et al.), la presenza sociale sta ad indicare la capacità di presentare se stessi agli altri membri del gruppo come intellettualmente significativi e coinvolgenti: soggetti dotati di personalità, emozioni, aspettative e motivazioni, attraverso la comunicazione mediata dal computer.”
Questo pezzo già la dice lunga.....
Rientra nell'empatia anche cogliere tutte le emozioni che stanno dietro ad ogni espressione trascritta e in questo modo si viene a creare una rete fittissima e invisibile di interazioni nelle quali ognuno prende il suo posto, che corrisponde di certo a quello presente in espressioni cognitive ed emotive fuori rete. Ma c'è di più, certi di poter essere mascherati, molti in rete si denudano o si spogliano totalmente anche quando non raccontano nulla di sé (vedi Facebook). .Certo chi non è empatico nella vita non lo sarà neppure in rete, ma chi lo è non perde certo la caratteristica dell'ascolto partecipe neppure in rete.
Sicuramente poter vedere, ascoltare, osservare una persona apre una vastità di canali che permettono di realizzare pienamente il processo empatico ma come mai i ciechi o i sordi acquisiscono grandi capacità di empatia e sensitività pur essendo mancanti di uno dei canali captanti il mondo dell'altro?
Forse proprio perché la deprivazione di un canale ne affina altri, facilita un ascolto più partecipativo certe volte. D'altronde nel tempo la “vecchia”visione di empatia come un processo composto da un insieme di elementi è stata gradualmente rimpiazzata da metodi e strumenti di indagine che rilevano come anche la sola comunicazione scritta sia in grado dli sviluppare un clima di presenza sociale e affettiva. Basta leggere un romanzo!
E' sufficiente guardare l'uso che ne fanno gli adolescenti e i legami forti con i quali connotano la loro partecipazione in rete, per rendersi conto di ciò..ma c'è di più! Esistono dei gruppi di malati che ritrovandosi in rete hanno la sensazione di potersi aprire di più, di affidare i loro pensieri e i loro vissuti ad una sorta di ET o Robot, silenzioso, custode dei segreti del mondo.
Anche io ho lavorato con malati oncologici e i loro gruppi rientrano di certo in queste interazioni..
Ma voglio citare un'ultima fonte che è particolarmente significativa..
Seymour Papert, scienziato sud africano che ha dato vita al “costruzionismo”considera i videogiochi come il primo esempio di tecnologia informatica applicata alla produzione, per lui, i videogiochi rappresentano il primo approccio dei bambini al mondo del computer, insegnando loro che alcune forme di apprendimento sono coinvolgenti e gratificanti e permettono di conoscere meglio gli altri. Certo devono essere giochi intelligenti e guidati da un adulto, questo fa la differenza....
Egli scrive: ". Al momento l'uso più efficace che è stato fatto del computer ai fini di cambiare la struttura epistemologica dell'apprendimento nei bambini è stata la creazione di micro-mondi, in cui i bambini s'impegnano in un'attività...., proprio perché l'ambiente in cui si trovano immersi impone loro l'impiego di determinate capacità,,,,,, Dare ai bambini l'opportunità di imparare e di usare la..... in modo non formalizzato incoraggia anziché inibire l'eventuale accettazione dei metodi formali..."
Il computer può essere programmato in Logo, per far muovere le creazioni in modo significativo e gli alunni diventano, così, "produttori" (non consumatori passivi!) di software didattico.
Il cambiamento tecnologico è già in atto e non resta che imparare ad esserne produttori.....di empatia, di costrutti, di ipotesi, di altro......in modo positivo
Da tutto ciò possiamo affermare che l'empatia in rete esiste, ciò che fa la differenza è il singolo essere umano, il modo in cui ne fa uso, la capacità di cogliere le piccole sfumature, l'usarne le peculiarità per crescere e non per mettere in atto meccanismi distruttivi, l'imparare a comprendere chi e com'è 'altro o gli altri di là dalla rete e soprattutto attuare percorsi di prevenzione che, proprio in virtù dell'empatia che si sviluppa, indichino strade per potersene servire al meglio. La rete infatti è un calderone metaforico di mille cose..ma questo è un'altro tema..!
Riguardo alla psicoterapia per adesso in rete non è possibile per tutta una serie di connotazioni che non è pensabile aggiungere al già lunghissimo post, ma non sarei così certa che fra 50 o 100 anni non sia realistico toccare la parete dello studio e veder apparire l'immagine virtuale del paziente disteso sul lettino..che è giunto a noi magari dall'Australia salutandoci con un “Bye!”.. Ma per questo c'è tempo....!

#134
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Dottor Catania....

Sono Rosella,

tu chiamale se vuoi EMOZIONI....

...un brivido mi ha fatto accapponare la pelle...questo testo, questa musica, è stata la colonna sonora della mia adolescenza e mi ha accompagnata anche oltre, nel susseguirsi delle vita, ogni volta in cui vivevo una situazione positiva ed emozionante...

Io amo odorare la pioggia, chi mi conosce non comprende come faccio a sapere che c'è il vento senza affacciarmi alla finestra e senza sentirne il fruscio... Io ne sento l'odore, il profumo...
Sento il profumo della neve prima ancora che questa si posi a terra...
....l'odore della terra bagnata mi suggerisce poesia...

La Sua "dedica" è più che mai appropriata al mio essere e al mio sentire...non so come Lei abbia fatto, ma tant'è!

...si tratterà, forse, di EMPATIA? :-)

Grazie!

#135
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Rispondo a Rossella perché la mia replica è breve. Quando torno a casa stasera risponderò alla dr.ssa Dei perché il suo commento merita tantissime considerazioni anche se in linea generale posso già scrivere che ne condivido largamente l'attenta analisi.

Rossella, anche per la mia generazione " Tu chiamale se vuoi emozioni" empatizzava folle di sognatori romantici. Sì forse è proprio empatia! In realtà però la mia risposta era "biforcuta" e anche un po' ironica nei confronti di alcuni psicologi perché se prova a digitare sui motori di ricerca "Tu chiamale se vuoi emozioni" ed omette Lucio Battisti, Le appariranno 3600 risultati su link di psicologi che danno questo titolo ai loro articoli. Ed io perfidamente la frase "Tu chiamale emozioni" la tengo in serbo quando devo replicare "Sì forse non è empatia, ma TU CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI" (^__^)---e chissenef…..!!

#137
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Dottor Catania...

sono Rosella (con una esse...:-))

Sono andata alla ricerca dei 3600 risultati di cui Lei accennava nella rispota al mio intervento.
In realtà, per escludere il buon Lucio sono stata costretta ad aggiungere alla frase la parola PSICOLOGIA, altrimenti il mio motore di ricerca mi dava come risultato solo il testo della canzone.
Ho quindi potuto constatare che esistono interpretazioni differenti, sovente collegate alla "paura" o al "benessere", forse anche un tantino convenzionali e ripetitive, di quell'espressione che a NOI piace tanto proprio per il suo significato così poco interpretabile:
TU CHIAMALE SE VUOI EMOZIONI......
... a cos'altro può condurre un tale invito se non ad un approfondimento emozionale, se non ad una condivisione del sentire con l'anima?

E chissenef.... della differente interpretazione, a NOI va bene così!
Ben detto!

#139
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Che buffo !! (^__^)

La nostra utente in modo chiaro (per me almeno) valuta i consulti delle nostre psicologhe

https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/359240-ansia-e-perfezionismo.html

1) Dr.ssa Scalco Paola

>>veloce, costruttivo ed empatico>> EMPATICO ??? Che vorrà dire mai ???

2)Dr.ssa Scolamacchia Elisabetta

>>nuove prospettive, empatico>> EMPATICO ??? Cosa vorrà dire mai ??

..se partiamo dall'assunto di qualche psicologo di questo sito che....." OCCORRE VEDERE perché si parli di empatia e che non esiste l'empatia virtuale ".

E se non è empatia allora cos'è ?? Me ne aspetto di belle...interpretazioni. (^__^)

#142
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Ci tenevo a fare alcune osservazioni all’interessantissimo, e in gran parte condivisibile commento della Dr.ssa Dei (#132) e mi scuso del ritardo trovandomi in pieno in un viaggio di alcune migliaia di km in macchina e con collegamenti difficili da mantenere a lungo. Oggi sono finalmente “fermo” e ci provo.
1) >> non sarei così certa che fra 50 o 100 anni non sia realistico toccare la parete dello studio e veder apparire l'immagine virtuale del paziente disteso sul lettino..che è giunto a noi magari dall'Australia salutandoci con un “Bye!”..>>

Effettivamente io non ho mai parlato di psicoterapia a distanza anche se sono certo che tra 10 anni al massimo, e non tra 50 o 100, il tema della psicoterapia a distanza non sarà più tabù, ma per il momento lo accantoniamo perché i tempi non sono maturi neanche per discuterne, indipendentemente dal codice deontologico(*) dell’ordine che tende a mettere le mani avanti senza motivarne le ragioni di tanto ostracismo che sa tanto di “jus primae noctis”.

2) >> In questo livello di coinvolgimento che possiamo definire “sociale” sono state espressi molti punti di vista che però non si esauriscono nella mera condivisione cognitiva, ma danno segni di risonanza emotiva, base per poter parlare di “empatia”. (Bonino et al. 1998).>>

D’accordissimo, ma io sono stato costretto a semplificare molti concetti per renderli divulgativi per gli utenti. L’empateia del teatro greco è stata tirata per 2500 anni per la giacchetta da diverse parti, ma resta un concetto molto complesso ed è comprensibile soltanto se ricominciamo a discutere dalla definizione di emozione (mi piace “risonanza” emotiva perché proprio la risonanza magnetica la registra ). Termine tuttavia quanto mai semplice solo in apparenza, perchè se poi facciamo scorrere la letteratura e ci fermiamo agli autori che recentemente hanno fatto il punto della situazione, ci accorgiamo che neanche con questo termine c’è accordo unanime. Per citarne uno, che ho allegato in bibliografia, Keith Oattley [Emotions.A Brief History, 2004], secondo il quale le emozioni sono molto complesse, e in gran parte ancora misteriose, nonostante nel corso dei millenni siano state esplorate da filosofi e letterati, e siano state studiate scientificamente in modo sistematico da più di un secolo a vari livelli (biologico, soggettivo, relazionale, culturale).

La complessità delle emozioni dipende dal fatto che esse, congiuntamente, hanno profonde radici neurobiologiche nel nostro organismo, sono una esperienza soggettiva, hanno una valenza sociale nelle relazioni con gli altri e sono definite dalla cultura di appartenenza.

3) Contemporaneamente ho letto su altri blog “ perché i medici si arrabbiano se gli utenti riferiscono di avere letto su Internet che…”
Io mi sento fuori dal coro perché nella mia pratica professionale sono sempre contento se il mio paziente arriva all’incontro già informato. Se disinformato è compito del medico, che tra l’altro viene pagato per questo, correggere eventuali pregiudizi. Internet in fondo è una Biblioteca virtuale che solo nelle proporzioni differisce dalle biblioteche cartacee. Quando l’utente mi rivela di “avere letto che” io sono contento perché vengono saltate molte premesse che precedono la relazione.

4) Ho letto inoltre opinioni per cui Internet sarebbe il rifugio di pazienti in cerca di coccole. Ma quando mai! La mia esperienza è che spesso un paziente affetto da malattie letali ha sviluppato una tale sensibilità (=istinto di conservazione) da accorgersi immediatamente se il curante è mosso SOLO da intenti compassionevoli. Non è un caso che nel dizionario delle cose da NON DIRE MAI c’è al primo posto “non si preoccupi”.

Ma quali coccole !!

(*) del resto Deontologia è un termine altisonante, quasi aulico, ma la parola è costruita sulla radice greca déon, e richiama la necessità, o meglio la CONVENIENZA.

#144
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Buona-notte ... dal momento in cui sono le 2,30 della notte!

Sono Rosella...

Ho letto con avidità l'intervento del Dottor Catania e vorrei condividere, con chiunque lo gradisca, il mio pensiero soprattutto in merito al terzo e al quarto punto.

Riguardo all'assoluta verità del concetto
"...il mio Dottore si arrabbia se gli dico di essermi informata su internet..."
sottolineo che più di una volta ho vissuto io stessa tale situazione e che, in tali occasioni, la mia sensazione è stata quella di cogliere una sorta di "fastidio" da parte dei Medici con cui stavo interagendo, quasi essi si sentissero costretti ad approfondire ulteriormente un argomento che altrimenti avrebbero assolutamente evitato di condividere.

Insomma, la mia impressione è che il DOVERE di informazione al Paziente sia una sorta di surplus per alcuni Medici e che gli stessi, se possono, evitano volentieri di "perdere tempo" ad approfondire e ad informare, cosa che invece, come sottolinea anche il Dottor Catania, fa invece assolutamente parte del loro lavoro, essendo appunto essi PAGATI anche per questo.

Riguardo al punto successivo, il quarto, io credo che il Paziente non si rifugi in internet alla ricerca di un "parere coccoloso", bensì semplicemente alla ricerca di QUEL PARERE che forse non ha ottenuto nella misura aspettata e dovuta dal suo Medico, in fase non virtuale.
Capita sovente che non ci si senta "in buone mani" e che non si sappia bene come approfondire le proprie conoscenze in merito ad un aspetto della propria salute... in tali contesti cercare di comprendere ulteriori sfumature sul web è naturale conseguenza e lo è ancor più mantenere una sorta di rapporto continuativo nel tempo allorchè vi si incontrano Medici responsabili e disponibili ad ascoltare, ad approfondire, ad affiancare ... tutto ciò senza un minimo di richiesta che vada al di là della semplice lettura della loro risposta...

L'offerta risulta quindi di GRANDE PROFESSIONALITA' e il rapporto che ne consegue si basa sovente anche sulla positività del riscontro emotivo, credo da entrambe le parti, nonché sulla sensazione della PIENA FIDUCIA, cosa di cui il Paziente necessita assolutamente!

Sentirsi ascoltato e accolto - ATTENZIONE: non COCCOLATO - per un Paziente è di fondamentale importanza.

Laddove non è così, ci si sente persi ed impotenti, abbandonati al proprio destino, quasi in balìa della sorte.

Sovente accade anche che il Paziente non si possa neppure permettere di porre una domanda di approfondimento, pena: sentirsi immediatamente fuori luogo, non sostenuto come Persona e quasi in lotta contro il tempo che passa, neppure ci fosse un gong che determina velocemente lo stop della "conversazione" in atto...

Siamo esseri pensanti, con una intelligenza e delle sensibilità... se a volte ci sentiamo maggiormente "accolti" sul web, più di quanto non accada nella realtà di un ambulatorio medico, allora credo che ci si debba chiedere seriamente il perché ciò accade e sicuramente la risposta deve arrivare dal Medico e non dal Paziente...

DEON, dopotutto, significa anche DOVERE...

...a me piace pensare che il termine più consono per definire una professionalità sia ETICA DEONTOLOGICA ... e aggiungo che mi è assolutamente capitato di incontrare sul web dei Medici deontologicamente ed eticamente corretti a cui affidare me stessa...

Mi chiedo se in un tale contesto si possa asserire che l'empatia sia una causa o se invece sia una conseguenza...

Questo è il mio umile parere di Paziente...

#145
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

LUPUS IN FABULA !!! Coccole ? ...ma quando mai !
Rosella irrompe una settimana fa nel blog..........nello stesso blog dove una ventina di utenti, con prognosi severe in gran parte, esprimono le loro emozioni e non sono certo a caccia di coccole che trovano già in famiglia e negli amici...

https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno.html

>>Da qualche giorno seguo con infinita attenzione i vostri interventi sul Blog.
Mi sono arricchita dei vostri pensieri, delle vostre parole, delle vostre speranze, ma anche delle vostre Paure...
Io mi definisco momentaneamente "in attesa": il 23 agosto avrò le risposte che aspetto ormai da un paio di mesi.
L'intervento al mio seno destro è programmato per tale data e il tempo che mi separa da quel giorno si sta colorando di tinte differenti... a volte riesco anche a intravvedere l'arcobaleno!
Mi è stato diagnosticato un C5... brutta bestia!
Fortunatamente pare che le sue dimensioni non siano esagerate: 16 millimetri di terrore, sembra quasi l'antica formula con cui si definivano i filmini in Super 8 di qualche decennio fa...
Ed è proprio un film ciò che ora passa nella mia mente.
La narrazione della mia vita scorre lenta, "sento" gli abbracci delle persone che mi amano, "sento" i sorrisi dei momenti felici, "sento" le parole che mi rendono più forte... non "sento" le sensazioni negative, voglio percepire solo il bello che mi ha reso la persona che sono.
E'questo il pensiero che voglio portare con me nel momento in cui l'anestesia mi chiuderà gli occhi...si dice che sia importante lasciarsi andare ai pensieri positivi, prima di addormentarsi.>>

Il 23 Rosella subirà un intervento e si aprirà un nuovo capitolo di paure che Lei stessa ci racconterà in tempo reale. ALTRO CHE RICERCA DI COCCOLE !!

Al commento di Rosella, che si "commenta da sé" non ho altro da aggiungere. Una precisazione invece doverosa sul termine DENTOLOGIA perché avevo paradossalmente semplificato come prima approssimazione al significato della parola.

Correntemente si parla di deontologia >>o scienza dei doveri>>, in senso giuridico come un'articolazione del diritto professionale, ed equivale all'insieme codificato degli obblighi che impone ai professionisti l'esercizio della loro professione.

Ci si è quindi discostati dal significato che alla parola aveva dato il creatore del termine, il filosofo J.Bentham che nel 1834 aveva scritto un trattato [Deontologia o scienza della moralità], per proporre una filosofia morale che prescindesse da ogni appello alla coscienza, al dovere ecc. La morale che suggeriva era la scienza del "conveniente", quello cioè che è appropriato quando ci si decide a seguire la tendenza naturale che ci porta a ricercare il piacere e a fuggire il dolore. "Compito del deontologo è quello di insegnare all'uomo come debba dirigere le sue emozioni, in modo che siano subordinate per quanto possibile al proprio benessere". Il tal senso ironicamente mi riferivo ad alcuni ordini professionali che tornano alle origini della deontologia quando si premurano di adoperarsi alla ricerca ...del conveniente.

E' chiaro invece che la deontologia professionale , come oggi la concepiamo, è (=dovrebbe) completamente diversa da quella progettata da Bentham, anche se ha conservati tuttavia un riferimento di natura utilitaristica quando persegue, se non il benessere dell'individuo, il vantaggio della professione nel suo insieme.
Purtroppo si fa molta confusione con l'etica o morale professionale, perché la deontologia non è,cioè, un insieme di precetti elaborati (vero Sandro Spinsanti che insegna Bioetica ?) per deduzione a partire dai principi di una etica generale o da un determinato sistema morale, ed applicati poi ad una professione specifica.
Questo approccio ai problemi morali esiste e ne tiene conto ad esempio il giornalista o il medico cristiano a partire dalla morale cristiana. Ma frequentemente si confonde etica e morale con la dentologia che non è di questo che si occupa, ma piuttosto di un insieme di regole tradizionali che indicano come comportarsi in quanto membri di un corpo sociale determinato; ed il senso di tali regole è di provvedere alla "convenienza" o utilità di tale corpo sociale, perché possa meglio conseguire il fine che si propone.


#146
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Inoltre a proposito dei gruppi di auto e mutuo aiuto il SUPPORTO PSICOLOGICO non è "la coccola", ma un aiuto strutturato e operativo.

Presso gli AA. della Lombardia [ e sicuramente Angela Pileci potrà confermarlo per Sesto S.Giovanni perché quando ero responsabile della Breast Unit del Policlinico Multimedica eravamo in diretto contato con questo gruppo] gli ex alcolisti gestivano, non so se tuttora gestiscono, totalmente il servizio, sia attraverso le pratiche di segreteria ed organizzative, sia per quanto riguarda gli aspetti clinici (ad es. come fare a relazionarsi col parente alcolista? Cosa evitare di fare? ecc...).

E senza scomodare diversi autori [tra cui Palmonari-Zani "Psicologia di comunità" Il mulino] persino il blog di Emanuele Caldarella che qui è intervenuto è un esempio di AA perché il funzionamento è lo stesso: ex pazienti che sono poi utili ai pazienti sulla base di una ESPERIENZA e NON di coccole... Gli AA insegnano ai pz e anche ai parenti quali strategie implementare, che cosa evitare, ecc... quindi mi pare tutto fuorchè coccole, dal momento che si tratta di gruppi piuttosto severi. Alcuni di questi gruppi sono su Internet e fanno le stesse cose. NON sono gruppi di ascolto passivo, ma di aiuto concreto e la cosa fantastica è che internet collega persone da parti diverse del mondo per poter condividere esperienze e tutti dichiarano che "riusciamo a capirci" (senza empatia???).

E se non è empatia allora che cos'è??
O lo vogliamo tenere questo segreto tra quelli di Fatima???


#147
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Ho voluto dopo tanto tempo rivisitare il blog di Emanuele : Arrivano i selvaggi dell'anca!

https://www.medicitalia.it/news/ortopedia/2720-arrivano-i-selvaggi-dell-anca.html

Strabuzzate gli occhi e ditemi se qualcuno ci vede tracce di coccole !

*"Quelli dell'anca selvaggia" (su Facebook) E' un gruppo serio, portato avanti con severità e con passione da persone che desiderano dare informazione e supporto, scambiarsi storie e consigli, nel rispetto del rigore scientifico, al netto dei pettegolezzi e delle provocazioni che a volte si possono vedere nei forum incontrollati.

*Da sempre abbiamo cercato di informare e formare il paziente, affinché il paziente giungesse all'intervento con una diversa consapevolezza: conscio dei rischi, dei benefici, dei pro, dei contro, delle procedure, affinché potesse avere un decorso migliore. Ebbene, i pazienti, grazie ai social network, sono riusciti da soli a fare ciò in cui noi abbiamo fallito: i selvaggi non sono disinformati (come troppo spesso accade nella navigazione incontrollata), sono informati.

*E ci hanno anche chiuso fuori! Per evitare spiacevoli ingerenze, i medici non sono ammessi nel gruppo.

[ma non sarebbero nei “cerchi” virtuali a caccia di coccole ??? Che vigliacchi !]

*Le credenziali che un utente deve avere per entrare nel gruppo sono quelle di avere la nostra stessa patologia, o meglio una patologia correlata alle anche.

[ma non dovevano essere navigatori frustrati a caccia di capri espiatori su cui scaricare ecc ecc ?? Doppiamente vigliacchi !!]

*la nostra attività consiste nel non far sentire soli chi deve affrontare questo intervento, informarli sui vari centri specializzati esistenti in Italia e le varie metodiche di intervento che ogni ospedale adotta.Diamo consigli di ogni genere, dal prericovero al ricovero e alla fisioterapia in base alla nostra esperienza personale e diamo anche un supporto umano (per quanto ci è possibile) a chi ha paura o è terrorizzato dall'intervento. Spesso li andiamo a trovare nel corso della degenza.

#150
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Certo che esiste, come a scuola! Io l'ho provato col consulto online, sotto «Medicitalia» col Dottor Salvo Catania. Con le sue parole da esperto e convincenti, è l'unico specialista che mi ha convinta della componente esclusivamente psicologica del mio disturbo al seno ed ora, finalmente, viso tranquilla.
Un grazie particolare al Dottor Catania.

#151
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Grazie del contributo da parte dell'utente, che io ritengo ancora più importante, ma resistiamo alla tentazione di personalizzare la discussione, che in tal caso ci perderebbe molto in credibilità.

#152
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Buongiorno.
Sono Rosella...

Ineccepibile, lapidario, assolutamente corretto, il commento che leggo appena sopra...
Ne condivido il significato e concordo con l'importanza che assume una disquisizione super partes, al fine di rendere il più possibile credibili gli interventi.

D'altro canto comprendo bene, in qualità di Utente, lo slancio che può condurre chiunque di noi ad esprimere la propria "gratitudine" per questa o quella persona e mi chiedo se dopotutto si possa definire, anche questa, come una assoluta manifestazione di empatia...

... lo è, certamente...ma forse è soprattutto gratitudine...

... e non necessariamente quando si è GRATI a qualcuno si prova anche EMPATIA per quella stessa persona...

Mah... mi sono auto-contorta nell'esplicitare il mio pensiero, o sono riuscita ad esprimerlo in maniera comprensibile a chi legge?

:-)

Approfitto per comunicare che ho letto con molta attenzione la definizione e l'approfondimento del termine DEONTOLOGIA che il Dottor Catania ha postato ieri e mi si sono aperti orizzonti sconosciuti...
Grazie quindi a Lei, Dottore!

#153
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Rosella, è stata chiarissima.
Se rilegge i commenti degli utenti, tra questi qualcuno si lamenta che si "cerchi di spaccare in due il capello sulla definizione di empatia" e subito qualche altro aggiunge "chiamala come vuoi echissenef...". Noi tutti sappiamo ben distinguere la simpatia dalla empatia, la gratitudine dalla empatia ecc. ma non cambia proprio nulla rispetto all'assunto di base che
>>C’è empatia quando smettiamo di focalizzare la nostra attenzione (single-minded), per adottare invece un tipo di attenzione “doppia” (double-minded).>>
Attenzione su una conversazione vis a vis, assistendo ad uno spettacolo cinematografico o teatrale, alla lettura di un messaggio, ad una telefonata.

Esistono test [ es. il MSCETT=Mayer, Salovey, Caruso, Emotional Intellicence Test] che si propone di chiedere ai soggetti di riconoscere le emozioni su vasi, dipinti, storie scritte ecc. E non approfondisco oltre su cosa sia in grado di predire questo test e le relative applicazioni. Ma è solo un esempio su tanti disponibili con i quali si misurano le emozioni anche a distanza.

Non ho ancora trovato un solo studio che si fonda sulla premessa che per parlare di empatia..... SIA NECESSARIO VEDERE !

#154
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Il vantaggio dell'empatia l'ho conosciuto e sperimentato a scuola.
Anche in campo medico, però, sono convinta che abbia una grande importanza, compresi i consulti online.
Da parte mia, dopo essermi rivolta a vari specialisti e dopo aver ricevuto responsi che scartavano in pieno un carcinoma mammario, non ci credevo ugualmente, anzi ero preoccupata sempre di più.
C'è voluto il Dottor Salvo Catania, con le sue parole convincenti, a farmi cambiare e ieri è stato il primo giorno festivo in cui non mi sono rivolta alla guardia medica.
Grazie, Dottor Catania. Molto probabilmente, visto che riceve anche a Lecco, diventerò sua cliente.
E' l'empatia verso di lei che mi ha spinta a fare questa scelta.
Grazie mille.
Marisa Malvasi

#155
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Sono Rosella...

Dottor Catania, leggendo il Suo intervento mi sono incuriosita riguardo al test di cui parla... proverò a cercarlo in rete e approfondirò personalmente...spero di trovarlo!

Riguardo, invece, la Sua frase:

"Non ho ancora trovato un solo studio che si fonda sulla premessa che per parlare di empatia..... SIA NECESSARIO VEDERE !"

...mi viene immediatamente da pensare che se davvero fosse necessario VEDERE per provare empatia, allora toglieremmo questa grande possibilità a tutte le Persone non vedenti del mondo...
...è mai possibile pensare che chi non "vede" non si possa arricchire di una emozione tanto importante per relazionarsi con il suo prossimo?

#156
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Rosella, stendiamo un velo pietoso sulla NECESSITA' DI VEDERE per accendersi l'empatia...su cui non intendo fare commenti. Li faranno senz'altro diversi psicologi e psichiatri che mi hanno scritto scandalizzati e mi hanno minacciato (a me???) che finite le ferie si faranno sentire pesantemente su questa discussione.
Se solo pensiamo...per fare un esempio che il mese scorso si sono svolti a Savona i Campionati Europei di Calcio per NON Vedenti

http://paralimpici.gazzetta.it/2013/06/15/un-pallone-che-si-sente-leuropeo-di-calcio-per-ciechi-in-liguria/

mi viene persino da sorridere (li ho seguiti in tv) (^___^)

Gentile Marisa,
>>Molto probabilmente, visto che riceve anche a Lecco, diventerò sua cliente.
E' l'empatia verso di lei che mi ha spinta a fare questa scelta.>>

Cosa c'entro io con i suoi problemi, che sono di altra natura : io sono un chirurgo oncologo e forse Lei dovrebbe rivolgersi all'AREA PSI non avendo neanche un alto rischio familiare. Però la sua affermazione
>> Molto probabilmente, visto che riceve anche a Lecco, diventerò sua cliente.
E' l'empatia verso di lei che mi ha spinta a fare questa scelta.>>

mi ha fatto venire in mente che ho un importante amico, Docente di Economia alla Bocconi, che "vende empatia" come se fosse un prodotto commerciale. Insegna infatti ai manager che frequentano i suoi Master a "come condire di empatia" tutti i messaggi promozionali alla conquista dei mercati.

Ovviamente sono certo che subito spunterà qualcuno che digrignerà "...ma questa non è empatia" e nessuna risposta sul...."e dimmi allora cos'è ? "!^



#157
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

>>> Li faranno senz'altro diversi psicologi e psichiatri che mi hanno scritto scandalizzati >> Intendevo psicologi e psichiatri NON VEDENTI.

#158
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

>>> Li faranno senz'altro diversi psicologi e psichiatri che mi hanno scritto scandalizzati >> Intendevo psicologi e psichiatri NON VEDENTI.

#159
Utente 101XXX
Utente 101XXX


:-) :-) :-)

... NON VEDENTI.... appunto!

Rosella

#160
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Gentile Rosella, mi ha colpito molto il Suo messaggio di oggi in cui scrive

"...mi viene immediatamente da pensare che se davvero fosse necessario VEDERE per provare empatia, allora toglieremmo questa grande possibilità a tutte le Persone non vedenti del mondo... "

perchè io ho conosciuto e frequentato la squadra di baseball di non vedenti a Milano, che giocano ancora oggi al Saini

http://www.gsdnonvedentimilano.org/press/2000/p20000925ba.aspx

http://www.gsdnonvedentimilano.org/ChiSiamo.aspx#Content

" Abbiamo una squadra di baseball, il Thunder's five, a cui si è aggiunta, dal 2006, la nuova e agguerrita formazione dei lampi, che partecipano al campionato nazionale organizzato dall'Associazione Italiana Baseball per Ciechi (AIBXC).

A partire dal 2007, allineandosi alle vigenti normative, il nostro sodalizio ha operato una trasformazione societaria divenendo un Gruppo Sportivo Dilettantistico ONLUS.

Attualmente i soci sono circa 150, distribuiti fra atleti, guide, tecnici e simpatizzanti.

Il nostro impegno è anche verso una sempre maggiore diffusione e comunicazione delle nostre attività. A questo riguardo abbiamo realizzato un opuscolo rivolto a genitori, insegnanti e tutti coloro che hanno a che fare con non vedenti, che illustra le discipline e i corsi che noi promuoviamo. Potete leggere la presentazione dell'opuscolo e se siete interessati potete richiedere una copia contattando direttamente la nostra segreteria.

Notevole contributo allo svolgimento delle nostre attività viene fornito dalla sezione dell'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti di Milano, dall'Istituto dei ciechi di Milano, dagli enti locali e da alcuni amici a cui va un sentito ringraziamento.

Per concludere, cogliamo l'occasione per salutare con riconoscenza tutte le nostre guide, i nostri tecnici e i nostri amici che, con il loro costante impegno, contribuiscono alla crescita del nostro movimento.

Gruppo Sportivo Dilettantistico non Vedenti Milano ONLUS
Via Vivaio, 7
20122 Milano
Tel/fax: 02 76 00 48 39 "

Oltre a gustare le partite di baseball, che mi appassionano ma talvolta in tutta onestà possono anche risultare un po' noiose, perchè lente e "micidiali" perchè sotto il sole, essendo il baseball uno sport estivo, l'esperienza per me più significativa suggerita proprio da alcuni tra gli atleti non vedenti è stata quella di partecipare, qualche anno fa, a "Dialoghi al buio".

Sul sito si trovano tutte le informazioni, ma qui potete trovare i commenti:

http://www.dialogonelbuio.org/index.php?option=com_content&view=section&layout=blog&id=17&Itemid=70

Chiunque ha partecipato ha sperimentato emozioni e un legame con gli altri, pur essendo al buio.

A chiunque abita a Milano la consiglio davvero.

Saluti a tutti!

#161
Utente 309XXX
Utente 309XXX

Esistono anche sacerdoti che confessano omlime,benchéil valore della confessione con i moderni mezzi tecnologici non sia ammessa dalla Chiesa. Per farlo, comunque sia, hanno bisogno di entrare in empatia col penitente. Non lo vedono, ma «sentono» le sue empozioni. E le «sentono», secondo me, più che i sacerdoti che vedono il viso del penitente, magari attraverso una grata, e che avvertono ansie e paure dal tono della voce. E' chiaro che, anche per i medici che danno consulti online, «sentono», anche se non vedono. Io ho provato a recarmi da alcuni psicologi, quando ho avuto ripetuti problemi di anoressia, ma, se non entri in empatia con loro, non c'è niente da fare. Non ti apri, ti rinchiudi in te stessa e trattieni i tuoi problemi. E' proprio questo fattore che rende fruttuose le sedute. Altrimenti, rischi di passare da uno all'altro, finhé trovi quello con cui puoi instaurare un rapporto di empatia. In questo caso, a tu per tu, ma non è detto che questo non possa avvenire anche online. In fondo, quando ti sdrai sul lettino dello psicoterapeuta non lo vedi mai in faccia. E poi, per me che sono cattolica e praticante, ci sono siti, come «Totus tuus», con forum dove le persone con problemi comunicano a distanza con chi fa parte della comunità, che, quasi possedesse conoscenze psicologiche, ascolta, sente e dà consigli migliori di quelli «vis-à-vis». Ammetto di essere fanatica dei mezzi di comunicazione online e sono certa che, pure attraverso questi canali, si riesca ad entrare in ampatia con l'altro.
Marisa

#162
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Scusate, mi sono dimenticata una cosa molto importante che, in qualità di psicoterapeuta in formazione fino a qualche anno fa, ho sperimentato nella mia scuola di specializzazione.

Proprio per lavorare sul tema della fiducia e dell'empatia, la prof. un giorno ci ha fatto fare un "compitino" tra noi colleghi per sperimentare tutto ciò, permettendoci di metterci nei panni dei nostri pazienti.

L'esercizio consisteva, a turno, nel guidare un collega che aveva gli occhi bendati e avere molta cura di lui, in modo tale che non cadesse, non inciampasse, ecc... e il collega era costretto a fidarsi di chi lo guidava.

Senza entrare nel merito della discussione nata dopo questa esercitazione sui ruoli, la cosa che mi aveva colpita molto era proprio il legame empatico che inevitabilmente si generava nel momento in cui avevo il compito di guidare l'altro (e badare a non fare in modo che il collega finisse contro la parete!) e nel momento in cui ero nella condizione di essere guidata dall'altro, non potendo vedere.

Si genera un legame che non prevede la cooperazione e il dare aiuto soltanto, ma che spinge inevitabilmente a mettersi nei panni dell'altro.

#164
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Buonasera Dott.ssa Pileci

Sono Rosella.

Ho letto il contenuto del Suo intervento e sicuramente ciò di cui Lei ci informa è meritevole di attenzione e di approfondimento.

Credo che, però, il concetto che intendevo esprimere io, esuli un attimino dalle esperienze che Lei racconta.

So bene, essendo Insegnante ed avendo frequentato innumerevoli corsi di Formazione, tra i quali anche stages specifici per rapportarsi ad una utenza di Non Vedenti, che esistono attività sportive di assoluto rispetto rivolte appunto in tal senso.

Ho anche attivato (sulla mia pelle e sotto la mia pelle), fino a farle diventare consueta abitudine, le strategie che conducono all'affidarsi all'altro o al rapportarsi al buio, usando solo quattro sensi anzichè cinque...

La Formazione costante mi ha consentito di aggiungere alla mia innata sensibilità, una ulteriore sensibilità che ha attinto a strategie differenti per raggiungere obiettivi importanti, non solo alivello professionale.

Mi permetto quindi di esprimere il mio pensiero in merito a quanto Lei esplicita: secondo il mio modestissimo parere l'EMPATIA di cui si tratta in questo spazio non è esattamente la stessa "empatia" che Lei rimarca nei suoi interventi.
Nelle esperienze che Lei descrive esiste un ulteriore fondamentale "optional" che virtualmente non è concesso avere: la presenza fisica e quindi il tatto, il con-tatto....
Anche l'udire la voce, l'odorare il profumo della persona che ci sta accanto, o di fianco, o dietro, ci consente, o meno, di favorire una immediata sensazione positiva...

Virtualmente ciò non accade, le uniche sensazioni che "giocano" a favore dell'empatia, o del suo contrario, sono immediate e correlate SOLO alla lettura di PAROLE..

Quindi, pongo una domanda:

...quanta importanza può assumere il riconoscersi nelle parole scritte da altrui persona, al fine di determinare, solo con esse, una sinergia, una complicità, un immediato desiderio di "continuare" a dialogare raccontandosi e facendosi raccontare, vivendo noi stessi nella storia dell'altro?

>>C’è empatia quando smettiamo di focalizzare la nostra attenzione (single-minded), per adottare invece un tipo di attenzione “doppia” (double-minded).>>

Mi viene da chiedere, come già ho fatto nei giorni passati:

Ma se non è EMPATIA, questa, cos'altro è?

Qualcuno aggiungerebbe:

DIMMI TU COS'E'.... :-)

Ecchisenefrega.... qualunque cosa sia, a NOI va bene così!

:-)

#165
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Rosella quella definizione è di Simon Baron Cohen che si occupa di empatia ad altissimi livelli (specie autismo) da 35 anni e non di Salvo Catania e non c'è traccia di necessità di con-tatto. Legga il bellissimo, ora in edizione italiana, libro "la scienza del male".
E per la centesima volta ribadisco che il contatto favorisce il clima empatico per ovvie ragioni, ma non è conditio( lo so che più corretto condicio ^__^) sine qua non, tant'è che falliscono moltissimi matrimoni quando c'è tanto con-tatto, ma scarsa empatia e (studi recentissimi) sono più duraturi i matrimoni nati in un contesto empatico virtuale pur in assenza di con-tatto almeno nella fase iniziale (vedi in bibliografia)

#166
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Inoltre....tra gli iscritti a Medicitalia c'è anche qualche mio collaboratore che Le potrà confermare quanto anche per me sia importante il CONTATTO per creare un rapporto empatico .

Un esempio ? Da almeno 25 anni obbligo i miei collaboratori a gestire nel post-operatorio personalmente la manutenzione dei drenaggi che si posizionano durante l'intervento. Questa è una mansione affidata agli infermieri in tutti gli ospedali del mondo.

Quando qualcuno dei miei collaboratori si lamenta di questo ulteriore aggravio di mansioni..io rispondo " Sai perché te ne devi occupare tu ? Perché in tal modo sei costretto, come primo con-tatto della giornata con il paziente,....a TOCCARLO " !

Ma non basta toccare e vedere....per accendere l'empatia !


#167
Utente 101XXX
Utente 101XXX

Buongiorno Dottor Catania,

sono Rosella.

Il mio commento ai contenuti pubblicati dalla Dott.ssa Pileci volevano proprio ribadire quel concetto che Lei, sicuramente in maniera più incisiva e con meno parole, ha esposto qui sopra.

Ritengo infatti che non sia essenziale-fondamentale il con-tatto per creare una empatia, ma penso anche che sicuramente giochi a favore di una più immediata accettazione, positiva o meno, dell'altro.

Ciò non significa che SENZA cont-atto non si possa creare un rapporto basato sull' empatia...ANZI...

Differente storia, come scrive Lei, è anche il mantenere un rapporto continuativo, benché basato anche sul con-tatto, se non vi è alla base una reale fusione di pensiero e di anima, vedi "matrimoni-amicizie".

Sottolineavo quindi, sulla base di questi assunti, il valore che può assumere una EMPATIA che viene a crearsi virtualmente e che, per instaurarsi, non ricorre ad altri sensi differenti dalla vista usata per leggere un messaggio scritto...

Bello chiedersi quali meccanismi si instaurano nelle nostre sinapsi per iniziare ad instaurare un contatto virtuale che ci porta all'EMPATIA?

Mi sembra, in effetti, di sostenere lo stesso Suo pensiero...o mi è forse sfuggito qualcosa?

La ringrazio per la puntualizzazione riguardo alla frase virgolettata...

E La ringrazio anche per il suggerimento di lettura ... cercherò sicuramente il volume in quanto mi pare di comprendere che gli argomenti contenuti sapranno aiutarmi anche nella mia attività lavorativa, oltre che nel mio personale quotidiano...

Che dire poi, Dottore, di quanto Lei condivide con noi riguardo alle mansioni che chiede di compiere ai Suoi Collaboratori... mi lascia piacevolmente "incantata" questo Suo modo così naturale di esporre le Sue verità, le Sue convinzioni.

Lei "ci crede"...

...la Sua professionalità emerge con forza ed è fantastico leggerLa!

Il coinvolgimento che ne deriva è assolutamente positivo e costruttivo... e il desiderio di interagire è immediato.

Sarà forse, per l'ennesima volta, una sorta di EMPATIA online?

:-)

#168
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Gentile sig.ra Rosella,

anch'io sono del parere che non sia necessario un contatto per creare empatia, ma non sia necessario neppure vedere... non a caso nel mio primissimo commento a questo post avevo citato un esempio di empatia on line che mi aveva colpita moltissimo.
Il mio intervento sarà un po' lungo perchè desidero riprendere più punti e cercherò di non perdermi troppo.... ;-)

Avevo citato il post del dott. Caldarella
( https://www.medicitalia.it/news/ortopedia/2720-arrivano-i-selvaggi-dell-anca.html ) perchè non appena lo lessi, mi era sembrato immediatamente un gruppo di auto-mutuo aiuto virtuale, esattamente come quelli che conosciamo sul territorio nazionale e di cui il più conosciuto, strutturato (forse perchè il primo che è nato) e di cui anche il dott. Catania citava, sono gli AA.
Chiaramente sono molto colpita dal gruppo che il dott. Caldarella ci ha presentato qui perchè, a differenza ad es. degli AA, quel gruppo nasce on line!

Se pensiamo che tali gruppi hanno caratteristiche ben precise, ovvero hanno un'origine spontanea, motivata da condizione problematica che i membri del gruppo vivono e condividono.
Lo scopo del gruppo inoltre è l'aiuto reciproco. Se rileggiamo con attenzione l'articolo del dottore, emerge chiaramente il fatto che tale aiuto avviene attraverso il SOSTEGNO EMOTIVO, rompendo l'isolamento (anche dettato da determinate condizioni fisiche e dalla paura... dell'intervento chirurgico, del dolore post operatorio, della ripresa delle normali attività, ecc... dello scambio di informazioni) e della sensazione di impotenza e smarrimento. Inoltre la composizione del gruppo è caratterizzata dall'orizzontalità: i membri sono alla pari semplicemente perchè condividono tutti uno stesso problema/disagio. Operativamente questo rende tutti i membri del gruppo corresponsabili dell'aiuto. Le attività sono inoltre tutte autofinanziate e autogestite, condotte con informalità e controllate dai membri stessi.

Ebbene, se consideriamo tutto ciò, che è la base dei gruppi di auto-mutuo aiuto (AMA) e che sono molto efficaci per la loro struttura e l'organizzazione severa, l'aspetto incredibile è che quel gruppo nasce, cresce e fa il suo lavoro on line. Solo in un secondo momento, a volte, c'è l'incontro durante la degenza. Ma potrebbe anche non esserci.

Inoltre il dottor Caldarella, da medico, sottolinea un aspetto fondamentale: che i medici di persona nel loro ambulatorio non sono riusciti a fare ciò che il gruppo di AMA on line riesce a fare e questo riporta ad un'altra caratteristica di tali gruppi AMA: la convinzione che le istituzioni non riescano o non siano sufficientemente "attrezzate" per questo tipo di aiuto e di bisogno.
Al contrario, in quel gruppo, grazie all'assenza della figura del medico, ci si sente "liberi di esprimersi"... e di essere capiti, aggiungerei.

Se però pensiamo alla struttura e agli obiettivi di un gruppo del genere e del modo severo con cui sono portati avanti, io non ci trovo affatto la voglia di coccole virtuali, piuttosto l'utilizzo della rete per obiettivi ben precisi.
Questa è la citazione dall'intervista dell'amministratrice del gruppo su facebook: "la nostra attività consiste nel non far sentire soli chi deve affrontare questo intervento, informarli sui vari centri specializzati esistenti in Italia e le varie metodiche di intervento che ogni ospedale adotta.
Diamo consigli di ogni genere, dal prericovero al ricovero e alla fisioterapia in base alla nostra esperienza personale e diamo anche un supporto umano (per quanto ci è possibile) a chi ha paura o è terrorizzato dall'intervento. Spesso li andiamo a trovare nel corso della degenza."

A me queste non sembrano coccole, ma un aiuto prezioso che riesce a collegare persone che condividono lo stesso problema e che magari vivono in città italiane distantissime l'una dall'altra.

Inoltre, come psicologi, sappiamo bene da almeno un secolo che svolgere il ruolo dell'helper accresce il senso di controllo e di autostima, innalza la considerazione positiva nelle proprie capacità.

Gli helpers non sono persone che danno coccole, ma persone "survivors", cioè coloro che nel processo di risoluzione del problema sono più avanti o lo hanno già superato e quindi aiutano i nuovi arrivati.
Chi aiuta non è il coccoloso del gruppo!
Chi aiuta è una specie di modello da seguire: tipico esempio è la figura dello sponsor nel gruppo dei Narcotici anonimi!

Nel condivere le esperienze ricavano benefici sia chi aiuta sia chi viene aiutato: quest'ultimo vede nel primo il suo futuro e può realizzare che la sua sofferenza non sarà permanente. Ecco perchè l'aiuto, che sia di persona o che sia virtuale, dei gruppi AMA è un lavoro serio e utile e non di coccole!

Saluti a tutti!

#169
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Dottoressa Pileci,

concordo pienamente con Lei, su tutto quanto ha espresso...

...si, in effetti la magia che si viene a creare fra le parti è indubbia!
Si tratta di un LAVORO serio e utile, fatto di attenzioni ricamate sul proprio vissuto, che fanno bene al cuore di chi le porge e di chi le riceve...
Ed è di questo che le persone hanno bisogno: di piccoli momenti e di parole condivisibili, che nutrono le loro speranze e danno risposte con un contorno netto alle loro domande.

Saluti anche a lei!

#170
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Trovo molto apprezzabili le osservazioni della collega Pileci.
Mi inserisco un'altra volta per un piccolo commento di approfondimento con il quale sintetizzo qualcosa di universale che viene esperito ogni giorno nella realtà di ciascuno di noi e che è innegabile. Nello scambio con l'altro cresce sia la nostra autostima, sia la fiducia, sia la conoscenza di sé all'interno di una danza fra Io e Tu che dà forma alla nostra vita. Questa danza si sviluppa, anche e molto intensamente leggendo un libro, come già avevo scritto nel mio precedente e lungo intervento, dove analizzavo dati di realtà e non interpretazioni ormai stantie e fuori moda, soprattutto per la mia scuola, che pur essendo di derivazione analitica, è nata sulla base della critica all'interpretativo ed ha fondato la ricerca sul fenomenologico. Quel fenomenologico che ci permette di dire: "Stava guardando nella mia direzione", senza aggiungere: " Guardava me perché gli sono antipatico".
La cosa più difficile quando ho conseguito la mia specializzazione è stata questa, imparare a far tacere la mente e semplicemente esserci. Sono figlia di un padre "sordo" e lui è stato il mio primo maestro in questo, che in quanto ad empatia avrebbe, se fosse vivo, molto da insegnare. Sapeva già cosa una persona avrebbe detto prima che lo dicesse e difficilmente sbagliava. In questo modo ho imparato la meraviglia della vita e nessuno puó negare questo mio vissuto.
Questo è importante caro Salvo, e qui concordo con te, sulla possibilità che esistano moltissime forme di empatia, ma ciascuna con le sue peculiarità, frutto di biologia, fisiologia, ma non solo (e qui la scienza psicologica ancora molto giovane avrà tanto da dirci in futuro), ma diventano tanto più convincenti quanto più sono e rientrano nel vissuto individuale e nell'esperienza personale. Insomma, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, significa che chi non vuol credere ad altre forme di empatia, continuerà a non crederci per motivi a volte intellettuali, a volte emotivi, e che chi non è empatico nella vita, per qualsivoglia motivo, non lo sarà neppure in rete.
Assunto semplice ma reale, fenomenologico e inconfutabile dal quale se ne deduce che l'empatia è un fenomeno complesso che può avere molte forme di espressione e può svilupparsi in una molteplicità di linguaggi, tutti passibili però del vaglio dell'individualità. Non siamo solo uomini macchina e l'individualità è la prima base della scienza.
Riguardo alle coccole dissento dal citarle in maniera dispregiativa, quasi fossero una sottocategoria della scienza...mentre io le metterei prima della scienza ritenendo che se al mondo ci fossero tante coccole vere, ci sarebbe forse mel bisogno di scienza..
Anzi trovo che sarebbe una meraviglia potersi fare amico Topo Gigio per cantare con lui: "Lascia stare non drammatizzare ma strapazzami di coccole"
Per me anche un parere scientifico dato con competenza, autorevolezza ed empatia è un coccola, e quindi anche il significato che ognuno dà della parola è soggettivo e rientra nell'individuale, ma ció che è certo è che consiglio a tutti la lettura di: " Coccoliamoci" di Bradley Trevor Greive.

#171
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Mi fa sorridere il fatto che avrei potuto risparmiarmi la raffica di voci bibliografiche (142) su questo blog perché avrei potuto inserire il solo commento di oggi 26 agosto di Rosella alla faccia dei neuroni specchio e della ottusa cultura che “occorra vedere” perché si possa parlare di empatia. Alla faccia che sul web il rapporto sia da considerare esclusivamente “unidirezionale” e soprattutto alla faccia che “però questa non è da considerare empatia”.

Vedi commento del 26 agosto di Rosella su
https://www.medicitalia.it/blog/senologia/44-come-si-calcola-il-rischio-reale-per-il-tumore-al-seno.html

Scrive Rosella che oggi è tornata a casa dall’ospedale dopo un intervento per un tumore al seno e che ho conosciuto su questo sito un mese fa circa su una richiesta di consulto che aveva inviato in nell'angosciosa attesa dell’intervento.

Io mi ero limitato a dare informazioni generiche sul suo caso ed avevo invitato Rosella a condividere le sue paure sul blog con le “compagne di avventura”, in altre parole di non ASPETTARE…ma di AGIRE.

>>...ri-eccomi...sono Rosella.
Sono tornata a casa ieri, in serata, con la mia bella "borsetta" ultima moda sulla spalla, decisamente fashion! Tutti gli ASF che avete "gridato" per me pare abbiano funzionato!
GRAZIE GRAZIE GRAZIE, a tutti voi, Dottori, Ragazze + Alex!!!!
Peccato aver letto molte delle vostre parole solo al mio rientro, ma non importa... evidentemente la sinergia che si è creata ha funzionato alla grande: sapevo di poter contare su di VOI fin dal momento in cui sono partita per Milano dalla mia Valle ... al mio ritorno ho trovato un fiume di parole, di pensieri e di abbracci che ho letto con l'animo leggero e felice.
La Bestia -il granchio- non c'è più!
La notizia sensazionale, almeno fino a quando non avrò l'esito definitivo della biopsia, è che il mio linfonodo sentinella non sembra intaccato dalle cellule maligne, pertanto non ho subìto la dissezione ascellare...
FANTASTICO momento, quando mi sono svegliata e mi hanno dato questa notizia, ho alzato le braccia in segno di vittoria ...ma le ho abbassate immediatamente, dopo aver sentito "tirare" sotto l'ascella! :-)
T2 N0 .... null'altro, per il momento...
Siamo nel CAUTO OTTIMISMO, Dottor Catania?
Ora non rimane che attendere... ma è possibile che si parli SEMPRE di ATTESA?
E quali "compitini" dovrò svolgere in questo lasso di tempo, Dottor Catania, per rendere produttiva quest'altra ATTESA, colorata purtroppo ancora di tinte fosche?
Ha altri compiti in serbo per me, oltre a quelli che mi ha già dato e che eseguo alla lettera? :-)
Dottor Catania... quanto l'ho pensata, mi creda...è la verità!
Le Sue parole mi hanno accompagnata in ogni attimo del mio percorso ed ho parlato di Lei e del Suo entusiasmo alle persone che mi amano.

Senza falsa retorica, mi sono chiesta più volte quali sensazioni differenti avrei vissuto se "al mio fianco" ci fosse stato Lei ...
Non c'è stato un "gran parlare" con il Chirurgo che mi ha presa in carico.
Io sono e rimango la persona attenta e curiosa di sapere, mentre mi è parso che nel contesto in cui sono stata accolta, questa non fosse la modalità preferita con cui rapportarsi fra Medico e Paziente.
Difficile, per me, evitare di approfondire, di chiedere, di capire... ho provato a sfondare la cortina, ma mi è risultato impossibile: quanta "premura" - nel senso che tempus fugit - e quanta poca "empatia"...ahimè!
Mi sono quindi limitata, non per mia scelta, a fare un paio di domande e la risposta è stata che avrei "trovato la risposta" nel cartaceo che mi sarebbe stato consegnato all'atto della dimissione.
Ancor più, ora, mi rendo conto dell'importanza che assume il sentirsi accolti umanamente oltre che professionalmente (...ma è poi tanto diverso il concetto? ... essere "professionali" non significa forse anche essere "umani"?) >>

N.B.
a) Il chirurgo Salvo Catania NON HA MAI VISTO ROSELLA, neanche in fotografia. Rosella ha, forse, visto Salvo Catania nella sua fototessera di questo sito….e siccome c’è una bella differenza con la fototessera di Brad Pitt, si suppone che “avere visto la foto” non sia stato sufficiente a……………………………….

b)…nonostante tutto ciò, scommettiamo che qualche illuminato scienziato avrà ancora da ridire che…”però non è empatia” ??

#172
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

...ovverosia non basta studiare psicologia per essere psicologi, come non basta studiare medicina per essere medici....

#174
Utente 275XXX
Utente 275XXX

Salve a tutti, sono Francesca (RFS del blog come si calcola il rischio ecc..).
ho concluso il mio percorso lunedì facendo l'ultima chemio, dopo otto mesi duri duri duri sono arrivata finalmente in vetta a quella che mi sembrava una montagna altissima da scalare.
ora mi sono seduta per un attimo, ho riposato un pò, ammiro il panorama... cosa vedo?
ho deciso di scriverlo qua visto che si parla di empatia e mi sento di dire che in tutta la mia vicenda l'empatia, anzi io dico l'amore è stata la cosa che ha lasciato una traccia profonda in me.
guardo e rivedo la mia angoscia, la mia disperazione, mi sentivo morta, ero già morta, sotto shock, incapace di occuparmi della mia famiglia, dei miei due bimbi piccolissimi.
non capivo, cercavo spiegazioni e rassicurazioni.
e' stato un periodo orribile.
mi sono aggrappata a questo che poi è diventato un AMA ( bellissima parola) , le esperienze delle altre mi sono state preziosissime, soprattutto mi colpiva il modo di affrontare un evento così drammatico con grande dignità , mi è servito molto l'invito a vivere nel presente, che è un pò quello che tutti , malati e non si dovrebbe fare.E' stato bello anche scambiare due chiacchere leggere con persone tanto distanti fisicamente, ma molto vicine virtualmente, con il pensiero.
in questi mesi siete state le mie migliori amiche, i miei migliori amici.

sono entrata nell'oncologia della mia città nella disperazione più assoluta, cosa ho imparato? cosa mi ha lasciato questa terribile e dolorosa esperienza?
più ci penso e più sento questo grande amore, dalle persone vicine ( e lo si potrebbe dare per scontato, ma ho imparato qui che tanto scontato non è) , un grande amore da parte vostra e la cosa che mi stupisce di più è che non ci conosciamo, non ci siamo mai visti, un grande amore anche da parte dei medici che mi hanno curato e qui penso di essere stata io a pretenderlo un pò questo amore, credo che l'esperienza del blog mi abbia aiutato a rapportarmi con loro in modo diretto, chiaro e facendomi capire, facendo capire quali sono le esigenze del malato,certo ci vuole anche molta sensibilità e pazienza da parte dei medici, non deve essere facile il loro lavoro.
si è parlato spesso in questo blog di empatia,si può amare qualcuno che non si vede? io , da mamma, dico di si, in fondo non amiamo profondissimamente i nostri piccoli già da quando sono nel grembo eppure non li abbiamo mai visti!

vi dedico questa poesia ( non mia), grazie perchè siete per me mamme, papà, amici, sorelle e fratelli.
grazie perchè con il vostro aiuto sono tornata a fare la mamma.


In ogni istante, mamma, il tuo cuore mi parla ed anche
la tua voce soave spesso ascolto.

 Il tuo cuore … il tuo cuore … lui batte assieme al mio,
di te tutto mi dice, nulla di te mi sfugge.
Mi incanta la sua onda quando papà è con noi,
la sua voce profonda mi infonde sicurezza.
Da lontano mi giunge perché l’amore io espanda
 e quando sarò nato io sappia ritrovare

quell’ Infinito Cuore che col mio parlerà.                                              
                                                                       Francesca                                       
 

#175
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Francesca cara, sono Rosella..

hai finalmente ri-aperto la tua finestra sulla vita e il panorama che ammiri adesso è foriero di felcità e di vittoria!

Le parole che hai scritto mi hanno commossa e le sento anche mie...

Intervengo qui per unirmi al tuo pensiero!

Mi preme ringraziarti, innanzitutto, per quanto hai espresso in relazione alle RFS, alla vicinanza virtuale che ha saputo accompagnarti nel tuo percorso di rinascita.
Come si è scritto più volte, la nostra mano tesa è sempre pronta a stringere con calore un'altra mano che lo necessita, le nostre parole e i nostri pensieri SONO SEMPRE DISPONIBILI a regalare un sorriso o a divagare sul tema alla ricerca di una condivisione sul bello della vita...

AMA... quale acronimo è da considerasi più consono e perfettamente forgiato, ovviamente DOPO quello che hai coniato TU, Francesca, e che utilizziamo con grande facilità nei momenti in cui un sano "ASF" risulta utile !

Io, da parte mia, devo assolutamente condividere con te, e con chi ci legge, quella frase che TU mi hai dedicato in un momento piuttosto triste.
La tua personale definizione della cura a cui mi sottopongo ha rappresentato, e rappresenta tutt'ora, per me un motivo di accettazione ed è riuscita a ridimensionare i miei timori.
L'ANGELO CUSTODE per i prossimi cinque anni mi proteggerà dai rischi di ricadute, questo mi hai scritto,... e questo dovrà bastarmi per accettare anche le eventuali conseguenze non gradite...

Grazie a te, quindi, mia per la tua freschezza, per la tua disponibilità, per i sorrisi che ci regali, ma anche per la profondità del tuo essere!

Un sorriso, solo per te!

#176
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Che altro aggiungere ? Io che avevo cercato con il lanternino allegando a questa news 150 voci bibliografiche (l'esterofilia fa sempre un certo effetto !) non immaginavo che sarebbe stato sufficiente guardarsi "in casa" per dimostrare che l'empatia virtuala esiste...ALTROCHE' !
Anche perché se non è
*SIMPATIA
*COMPRENSIONE
*COINVOLGIMENTO
*SINTONIZZAZIONE
*VICINANZA EMOTIVA
*AFFIATAMENTO
*INTESA
......e non è EMPATIA......allora cos'è ????
Sto ancora aspettando risposte !

#177
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Aaaahahahahahahh.....

Dottor Catania....

....ma ci vuole gentilmente svelare DA CHI sta aspettando le ormai famose RISPOSTE che non arrivano mai???

NESSUNO coglie la Sua supplica...ci chiediamo quale possa essere il motivo di cotanta indifferenza!

:-) :-) :-) : tre sorrisi, numero perfetto!

#179
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Catanismo mi piace molto perché rende bene l'idea del furore esoterico delle mie idee (^__^).
Del resto qualche difetto dobbiamo avercelo tutti o no ? (^___^)

Cataneitas ......non ci arrivo...che vuoi dire ?

#180
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

EMPATIA VIRTUALE senza altri giri di parole è ormai entrato come termine non solo sdoganato in tutti i più recenti studi ma come risultato , in alcuni casi indiretto, di ricerche recentissime ideate per altri scopi specie sulla “dipendenza da Internet” e sui disturbi psicologici da uso smodato del mezzo telematico.
Tanto è vero che il Dsm del 2013 comprenderà, per la prima volta, il disordine da “dipendenza da internet” nell’elenco delle malattie accertate (l’inclusione avverrà tuttavia in un’appendice, riservata ad argomenti che richiedono “ulteriori studi”) .

In altre parole la dipendenza da internet, Facebook e iPhone è una malattia ormai accertata.
Tra i tanti studi in questa direzione quello più noto è di Larry Rosen, professore di psicologia presso la California State University, che dimostra come una Overdose di Facebook possa portare allo sviluppo di molti disturbi psicologici negli adolescenti.
Lo psicologo è arrivato ad affermare che un’ overdose di Facebook può avere conseguenze sia negative che positive. Le brutte notizie sono che un eccessivo uso ed esposizione a video, filmati e social network può essere responsabile di:

• sviluppo di un forte narcisismo
• disturbi psicologici come comportamenti antisociali, manie e tendenze aggressive
• problemi di insonnia, ansia e depressione
• manie di controllare, durante le ore di studio, il profilo su facebook ogni 15 minuti circa e questo disturba la concentrazione e la lettura

Tuttavia dallo studio è emerso anche che i social network stanno sviluppando nei ragazzi una “empatia virtuale”. Mentre nell’empatia diretta sorrisi, abbracci e parole gentili migliorano lo stato d’animo di una persona, nell’”empatia virtuale” i ragazzi provano affetto e desiderano aiutare gli amici che scrivono e lamentano di essere in difficoltà. Il professore spiega che il lato positivo di questo nuovo tipo di empatia è che può spesso concretizzarsi anche nella vita reale e chi sente la vicinanza di persone amiche reali o virtuali che siano, ne guadagna significativamente in buon umore.
Ma qualcuno dirà che…NON E’ EMPATIA !!! (^___^)

#181
Utente 101XXX
Utente 101XXX


"...ne guadagna significativamente in buon umore."

Sono Rosella e... CONFERMO!!!!

:-) :-) :-)

#182
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Credo che al di là della definizione scientifica che conferma la qualità empatica al di là dell'atto sensoriale di - vedere - ormai chiunque si debba arrendere all'evidenza dell'empatia virtuale dopo un consenso così clamoroso.

Nessuna psicologia può affermare che basti avere le orecchie per ASCOLTARE; così come nessuna psicologia può affermare che basti avere gli occhi per essere EMPATICI.

La riduzione dell'uomo ad un groviglio di qualità somato-sensoriali è l'estrema conseguenza di uno scientismo ottocentesco che sta purtroppo accomunando una nuova generazione di psicologi che hanno completamente rimosso il prefisso -psi dal loro orizzonte di osservazione.

#184
Utente 277XXX
Utente 277XXX

Ma forse questa news parte da un presupposto sbagliato : in realtà non si sa ancora cosa sia REALE, figuriamoci VIRTUALE.
I fisici parlano di un mondo fatto di particelle e campi di forze in ambito quantistico. Invece la realtà potrebbe essere composta da fasci di proprietà, quali il colore e la forma.

#185
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Se la mette sul piano della quantistica Lei porta una bomba d'acqua al mio mulino, nel senso che condivido perfettamente la sua osservazione, ma forse è il caso di non addentrarci su questo tema perché anche se la teoria ci dice che cosa possiamo misurare, parla per enigmi quando affronta la natura di quali siano le entità da cui emergono le nostre osservazioni. La teoria spiega le osservazioni in termini di fotoni e altro e campi quantistici, ma non ci dice affatto che cosa sia un fotone o un campo quantistico. La teoria non è ha bisogno perché le teorie fisiche possono essere valide empiricamente anche senza risolvere questi problemi metafisici.
Per molti fisici questo è sufficiente, nel senso che adottano un atteggiamento strumentalista: negano a priori che le teorie scientifiche debbano rappresentare il mondo. Per loro le teorie sono soltanto strumenti per formulare previsioni sperimentali. Ciò non toglie che alcuni scienziati possano avere la forte intuizione che le loro teorie raffigurino almeno alcuni degli aspetti della natura come è prima delle misurazioni.
Questa è una visione molto parziale perché poi per acquisire un quadro complessivo del mondo fisico occorre di mettere insieme FISICA E FILOSOFIA.
Fu il pensiero metafisico a guidare Isaac Newton e Albert Einstein, ma sono stati i filosofi quelli che hanno riempito intere biblioteche su meccanica quantistica e teoria della gravità.
Ora però torniamo....con i piedi per terra ! (^____^)

#186
Dr. Alessandro Raggi
Dr. Alessandro Raggi

Un bel contributo sulla psicologia di facebook da da “Scienza e Psicoanalisi” che già si era occupata di comunicazione virtuale.

http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/1448

Se non è empatia questa?

Estrapolo di seguito un punto di vista contenuto nell'articolo che è esattamente agli antipodi di quanto inappropriatamente ( e ingenuamente) sostenuto da qualcuno (cioè che senza vista non vi sia scambio emozionale e dunque non vi sia empatia). Questo punto di vista spiega anche il perchè della necessità, a volte patologica, di avere comunque la percezione fisica della presenza dell'altro. Senza la quale, in alcuni soggetti gravemente disturbati, non si può avere relazione autentica.

<<(...)una delle caratteristiche di Facebook rispetto all’interazione reale è quella della maggiore disinibizione nelle manifestazioni emozionali. Ciò, a mio parere, è dovuto all’assenza dello sguardo dell’interlocutore, dove l’occhio, la pupilla dell’altro è il luogo di proiezione privilegiato dell’attività super-egoica, non a caso quasi sempre descritta in analisi come uno sguardo che ci osserva. Su Facebook ci mostriamo ma, paradossalmente, nessuno ci guarda!
Bene evidente il ruolo dello sguardo appare nelle difficoltà che hanno ad esempio i soggetti ossessivi in analisi a mantenere la classica posizione sul lettino: l’assenza della percezione dell’altro (l’analista è in posizione defilata) rende ancora più ostico il controllo delle idee ossessive (spesso a contenuto aggressivo). A volte, nei casi gravi (borderline o psicotici), sono necessarie fasi transitorie di permesso del vis à vis a(...)>>

#187
Psicologo
Psicologo

Dopo tutta questa serie di commenti, mi sento di aver davvero poco da aggiungere. Sono Chiara Schiroli, psicoterapeuta e non vedente, ho già scritto qualcosa via mail in questo tread a luglio. Torno al discorso iniziale, che non sia necessario vedere per provare empatia. Credo che si debba fare un distinguo tra non vedere con gli occhi e il non vedere dato dallo strumento virtuale, soprattutto se si parla di mail o chat. Io non vedo, ma ascolto, percepisco, sento gli altri nello spazio accanto a me. E la stessa cosa vale tanto nella vita quanto coi pazienti o i gruppi. Una persona depressa ha un modo di parlare diverso da una persona ansiosa a livello di tono di voce, volume, prosodia ecc. Una persona in una posizione diversa sulla sedia ha una voce diversa da quella che sta seduta e mi guarda in faccia. Certo, non ho il riscontro dell'espressione facciale e non voglio dire di essere super dotata, forse se vedessi potrei cogliere alcune cose meglio di quanto faccio ora. Nonostante questo, però, il nostro lavoro è relazione e non serve vedere per essere in grado di creare relazioni con gli altri. Semmai mi sento cieca due volte quando si tratta di mail o chat. La mail, in realtà, essendo lunga, permette di cogliere molte informazioni insieme, ma nelle chat spesso si usano le emoticons che non sono del tutto decifrabili dal mio lettore di schermo. Parentesi, non vedendo lo schermo del computer, mi faccio aiutare da un programma che, in vari modi, mi legge quanto scritto sullo schermo. Ecco, non tutti gli screen reader conoscono il linguaggio emoticons, quindi spesso non sono rilevate. Questo, a mio avviso, può sì diventare un problema nell'ambito della comunicazione. Non so se ci sia altro che posso dirvi, in caso chiedete. Ci sono tanti psicoterapeuti non vedenti che hanno tanti pazienti molto soddisfatti. Un paziente non può essere soddisfatto se non sente empatia nei suoi confronti. Ergo, l'empatia c'è anche senza vedere!

#188
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Buonasera, Dottoressa Chiara,

sono Rosella.

Il Suo contributo ci da la dimensione reale di una situazione attorno la quale si sono scritti fiumi di parole e di concetti...
Lei è riuscita, in pochi passaggi, a focalizzare l'argomento e a dipanare la matassa...

Ho frequestato in passato un corso di aggiornamento per imparare io stessa, che sono insegnante, come relazionarmi con una utenza non vedente.
In quel contesto la mia mente si è aperta a nuove consapevolezze fino ad allora sconosciute...
Penso, da quel momento, di aver compreso bene cosa sia l'empatia fra le persone.
Ho compreso che non occorre "guardare" per "sentire"....ho compreso che gli occhi della sensibilità sono ben più acuti di quelli che rappresentano l'organo della vista... ho compreso che il sorriso del cuore non deve necessariamnete passare attraverso un cristallino o una pupilla...che un tremolìo della voce dice molto più di una occhiata rapida e fugace...
Ed è così che ho "imparato" a sviluppare il mio "sentire" nella vita quotidiana, nel mio lavoro con i bimbi...

Grazie quindi a Lei, Dottoressa Chiara, mi permetta di chiamarla con il Suo nome omettendo il cognome...grazie, dicevo, per il Suo intervento assolutamente fondamentale!

Con la felicità di incontrarLa a Milano, Le invio un SORRISO a chiare lettere per non correre il rischio che il suo sistema traduca i segni delle emoticons in un messaggio sbagliato!

#189
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

#187 >>>Ergo, l'empatia c'è anche senza vedere! >>

E' per affermare questo che ho voluto scrivere questa news

Grazie per il prezioso contributo

#190
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Avevamo già illustrato alcuni studi che mostravano con controlli superiori ai 5 anni che le unioni nate virtualmente sembra siano destinate a durare di più di quelle nate off line.

Per quanto sorprendenti ora di questi dati non ci si meraviglia più
e questi dati continuano ad essere confermati e meglio documentati.
Jena Cumbo, fotografa di New York, da qualche tempo lavora a una serie dal titolo "We Met On The Internet" ("Ci siamo conosciuti su Internet") che raccoglie scatti di coppie sorridenti che hanno trovato l'anima gemella sul web, utilizzando siti come Craiglist, Match.com, Myspace e Ok Cupid. Dietro ogni foto si nasconde una storia riassunta dalla scrittrice Gina Tron, che ha intervistato le coppie per scoprire la genesi virtuale (e in seguito reale) del loro amore. Le due sperano, ora, di trasformare il loro "work in progress" in un libro fotografico.

http://www.repubblica.it/tecnologia/2013/12/09/foto/il_fotoprogetto_-_gli_amori_nati_online_ritratti_di_coppie_2_0-73113784/?ref=HRESS-1#2

#193
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Medici, psicologi e criminologi che vorrebbero leggere I SEGNALI DEL CORPO della persona in studio ? Sono ormai dilettanti allo sbaraglio ! I software sono ormai più bravi di noi ad analizzare i volti, a studiarne le emozioni e distinguere quelle vere da quelle false. Sono quasi pronti per la commercializzazione i Google Glass muniti di app (Z18 maker bot) che permetteranno a TUTTI di capire chi sta mentendo. L'applicazione è frutto di uno studio dell'Università della California, che ha fondato la società EMOTIENT. L'app di Emotient già ora nei primi test, è in grado di distinguere le emozioni false nell'85 % dei casi, contro il 55 % dei dilettanti allo sbaraglio, gli esseri umani. Contemporaneamente
altri ricercatori dell'Ohio State University ha testato un software
in grado di riconoscere 6 emozioni basilari nel 96,9 % dei casi rispetto al 55% dei più preparati tra gli esseri umani.

L'algoritmo si basa su un principio : emozioni vere e false si manifestano sul volto con espressioni facciali diverse tra loro. Per capire se c'è finzione, al software basta analizzare (ANCHE A DISTANZA !!!) i movimenti facciali delle persone inquadrate da una fotocamera e fare il raffronto con quelli che al solito corrispondono a emozioni sincere, eliminando qualsiasi soggettività interpretativa.

#194
Utente 343XXX
Utente 343XXX

CARE AMICHE RFS, MEDICI E PROFESSIONISTI DI QUESTO BLOG vorrei conoscere le vostre esperienze a proposito dell'argomento proposto dal Dott. Catania per raccogliere del materiale da destinare al mio project work in Medicina Narrativa che sto svolgendo in qualità di professionista delle relazioni di cura oltre che come paziente. Ringrazio sin d'ora tutti coloro che vorranno partecipare!



Sconosciuti Empaticamente connessi: un campo di riso chiamato Web.
Come fa un contatto virtuale a paragonarsi ad un vis a vis e generare un sentimento di empatia ?Le vostre esperienze sul blog.

L'idea del campo di riso mi è venuta dopo aver letto su un sito una riflessione sollevata da una ricerca che prova a collegare culture, stili di pensiero e tradizioni agricole delle singole comunità: "succede che nelle regioni del nord della Cina, dove si coltiva il grano, le persone siano più individualiste e orientate al pensiero analitico. A sud si coltiva il riso, che chiede non solo più lavoro ma anche più cooperazione per manutenere una complessa infrastruttura di dighe, terrazze e canali. Risultato: le persone sono più cooperative, solidali e orientate al pensiero olistico.
Mi sto chiedendo se le recenti fortune dell’empatia non possano derivare anche dal fatto che ormai quasi tre miliardi di persone si incontrano, lavorano e hanno occasione di cooperare su quella complessa infrastruttura che è il web: un campo di riso, erbacce, zanzare e sanguisughe comprese, grande come il mondo"

#195
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Nadine, ovviamente il sottoscritto non può che trovare interessante la sua proposta di project work di Medicina Narrativa, se si tiene conto che il primo volume pubblicato in Italia (Ed.Sorbona 1989 con la prefazione di Umberto Veronesi e la presentazione di Gustavo Pietropolli Charmet)
http://www.senosalvo.com/le%20mie%20pubblicazioni.htm

di Medicina narrativa in Oncologia mi ha visto come primo autore (Rita Nobili psiconcologo coautore).

IL CARCINOMA MAMMARIO DALLA PARTE DELLA PAZIENTE

Oltre alla prefazione di U.Veronesi, di parte (^__^) perché io frequentavo l'Istituto dei Tumori, mi sorprese molto la presentazione di Charmet [ http://www.pietropollicharmet.it/curriculum-professionale/ ]

In una epoca in cui chi aveva un cancro ci pensava bene a manifestare ad altri questa immane tragedia (con mortalità elevatissima) anche perché era diffuso il pregiudizio che la malattia oltre che letale fosse CONTAGIOSA, mi inorgoglì molto la presentazione del libro da parte di Charmet.
Ecco la parte iniziale della presentazione (di 2 pagine) :
>>Credo davvero che nessuna sofisticata interpretazione psicoanalitica, né alcuna elaborata ricerca sociologica abbia la possibilità di competere con la capacità esplicativa e la sontuosa opulenza di informazioni affettive che le testimonianze scritte di donne mastectomizzate, raccolte in questo volume, mettono a disposizione di chi voglia sapere cosa vuol dire vivere in trincea, dalla parte delle donne, nella lotta contro il cancro al seno.
Vengono alla mente altre raccolte di lettere scritte in condizioni estreme; durante una lunga prigionia, da un fronte di guerra, dalla lontananza di una sofferta emigrazione in terra straniera; la paura, la solitudine, l'annichilimento, nel ritrovarsi protagoniste di un destino improprio, il coraggio, lo stoico arruolamento, la confusione, la nostalgia, e infine la tenacissima ed importante speranza, l'arma di chi si trova a vivere in condizioni estreme, allorché la propria sopravvivenza dipende da una probabilità statistica.
Non si tratta, a mio avviso, solo di una toccante testimonianza di donne divenute, loro malgrado, protagoniste della lotta contro il cancro, ma anche di un importante ed utile documento scientifico, dotato intrinsecamente di una capacità didattica che lascia sbigottito chiunque si sia provato, con strumenti della propria disciplina, a descrivere ad altri tutto ciò.
L'universo affettivo, simbolico e relazionale delle donne in attesa della mastectomia e poi reduci dall'intervento, è ricostruito con l'attendibilità e lo scrupolo delle più serie ricerche psicosocio-analitiche sul tema. Ecc Ecc >>

Ho volutamente riportare questa parte della presentazione di Charmet per condividere con Lei l'importanza della Medicina Narrativa e addirittura della NARRAZIONE come strumento di cura.

Non resta che aspettare il parere di altri colleghi ed utenti
interessati a questo tema.

#196
Utente 101XXX
Utente 101XXX


PAZZESCO!!!

Il Nostro Dottor Catania SA TUTTO!!!
E non solo... è anche l'antesignano del Progetto!

WOW!!! :-)

Rosella

#197
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

No Rosella ! Non è così !Quel che so l'ho imparato dalla NARRAZIONE , che ha valore didattico (come scrive Charmet nella presentazione del mio libro) da parte delle pazienti. Non mi voglio togliere meriti, perché questo presuppone una notevole capacità di ascolto. E quella narrazione io l'ho strappata condividendo le paure delle pazienti cui non era stata detta neanche la verità.
Allora in buonissima fede questa era la norma, dettata dalla paura che le pazienti rese edotte della loro condizione clinica (mortalità molto elevata) gettassero la spugna sino al rischio di suicidio.
Io mi attribuisco il merito di essere andato controcorrente perché avevo trovato bizzarro all'inizio che il tasso di suicidi in pazienti oncologiche fosse prossimo allo ZERO, mentre era elevato nella popolazione SANA riguardo alle malattie organiche.

Allora compresi che sarebbe bastato incoraggiare una alleanza di supporto fondata sull'ascolto per generare spontaneamente una categoria di pazienti consapevoli e desiderose di lottare non solo contro il cancro ma soprattutto in difesa della propria dignità.

Nadine non era presente al nostro incontro nazionale dell'anno scorso, ma Lei che era presente può testimoniare che io quel giorno ho fatto una relazione di 2 ore basata esclusivamente su quanto mi avevano insegnato le donne, a partire da Ada Burrone, Anna, Kandy, Rita.......
http://www.senosalvo.com/mai_perdere_la_speranza.htm

Mi capita di frequente di andare in giro per l'Italia invitato a parlare dell'esperienza trentennale in Attivecomeprima.

Non parlo MAI MAI MAI del punto di vista dei medici e psicologi della nostra associazione, ma solo delle esperienze delle donne operate, e ancor di più di quelle che non hanno neppure potuto fare l'intervento. Esperienze NARRATE con lettere, scritti, test.....
Quasi mai dei libri scritti dalle donne famose, ad eccezione del libro mai pubblicato TUMORROW di Michela Mantovan, caporedattore del Corriere, che Lei ha conosciuto in quella giornata e ne parlo proprio spinto dalle sue motivazioni...a non pubblicarlo !

#198
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

>> tasso di suicidi in pazienti oncologiche fosse prossimo allo ZERO, mentre era elevato nella popolazione SANA riguardo alle malattie organiche.>>

La suicidologia, cioè la disciplina dedicata allo studio scientifico del suicidio e alla sua prevenzione, non ha ancora dato risposte a questo bizzarro fenomeno cui assistiamo in oncologia.

Nonostante abbia assistito nella mia lunga esperienza professionale
a situazioni disperate in cui quel soggetto potrebbe considerarlo come la migliore ed unica soluzione per porre fine a quell’immenso dolore psicologico. Con motivazioni a volte oggettivamente mooolto più gravi rispetto a quelle in cui si trova ad esempio l'imprenditore che compie quel gesto estremo, perché oltre alla rovina economica, alla paura di morire, si aggiunge il cambiamento fisico, il dolore non controllabile fisico e quello psichico che ancora di più annichilisce.
Se la "suicidologia" che attraverso giornate di prevenzione dell'OMS provasse ad ascoltare alcune esperienze narrate dalle pazienti oncologiche forse troverebbe più risposte scientifiche di quante ne stia ancora cercando (^__^)

#199
Utente 343XXX
Utente 343XXX

@ DOtt. Salvo grazie per gli interessanti approfondimenti...ho delle buone basi su cui iniziare il mio lavoro!


@Rosella, perchè a partire da quello che ho scritto nel post 194 non mi racconti brevemente la tua esperienza, se ne hai voglia?

#200
Dr. Salvo Catania
Dr. Salvo Catania

Questa mi sembra una buona idea, perché LORO senz'altro hanno da dire più di me, che ho fatto solo da "raccoglitore" delle esperienze e che poi sono state passate al vaglio di una interpretazione psicosocio-analitica (frase per frase) da parte di esperti .

P.S.
Purtroppo per Lei (^__^) il mio volume resterà irripetibile per sempre, perché nel frattempo c'è stata una svolta culturale e tecnica nella Senologia.
Comprenderà bene quanto differenti possono essere le reazioni, sentimenti e speranze delle pazienti di oggi rispetto al campione da me raccolto :
1) Pochissime erano state informate di avere un cancro, ma se a me hanno NARRATO la loro esperienza evidentemente....SAPEVANO !

2)Quasi tutte convinte di essere affette da una malattia di cui vergognarsi e quindi da...NASCONDERE

3)TUTTE MASTECTOMIZZATE ...senza ricostruzione immediata.

4) Le uniche possibilità terapeutiche si pagavano al prezzo di terapie mediche e radianti fortemente invalidanti

Stiamo parlando quindi di un campione che poco ha che vedere con quello attuale, salvo pochi casi.

#201
Utente 101XXX
Utente 101XXX


Dottor Catania,

come un "masso" eccoLa qua a far da quadratura del cerchio!

Mi spiego: ho appena scritto, sul blog "Dare sempre speranza...." un intervento che tocca proprio l'argomento da Lei qui ha appena sviluppato.

Sono in accordo con Lei... il CANCRO, lo abbiamo detto e ripetuto infinite volte, è rimasto (e lo è tutt'ora...ahimè...) per decenni nell'immaginario collettivo quale elemento collegato alla devastazione e al dolore fisico...

Considerato come MORTE CERTA e TERRIBILE, come si non averne il TERRORE?

Come riuscire a pensare di potersi salvare dalla Bestia, solo 20 anni fa...
Per molto l'IDEA del suicidio (ancor quando non si era ammalati!!!) era espressa come la sola strada da percorrere per evitare la sofferenza ( e la compassione?).

Poi, nella realtà, ben poche Persone ricorrevano al gesto estremo...forse perché il desiderio di sopravvivere sopisce anche il dolore e nel contempo, la speranza, come si dice, è sempre l'ultima a morire!

La Sua esperienza insegna MOLTISSIMO e fa leggere gli avvenimenti in altro modo...

Grazie!
_____________________________________________

Nadine,

ciao!

Certamente, contribuirò con piacere alla tua "ricerca"... era mia intenzione farlo anche prima del tuo invito! :-

Concedimi solo un po' di tempo. perché con il rientro a scuola sono un tantino subissata fra riunioni e programmazione...e voglio dedicarmi con impegno a quanto scriverò!

Sono felice che tu abbia "amato" Barcellona, sebbene nella confusione della gente, che comunque rende bene l'idea di quanto si sia globalizzato l'Universo... manca di incontrare qualche alieno e sulla Rambla ci sarebbero proprio tutte le Razze!:-)

La notte... eeehhh.... come ti capisco... c'è quell'attimo prima dell'arrivo di Morfeo, in cui si vaga a briglia sciolta nell'immaginario, oltre che nel reale!

Io, nel tempo, ma soprattutto nel silenzio della notte, sono riuscita a tenere a bada i pensieri "logorroici" (chiamiamoli così... ) in un modo semplice: appena sento che stanno bussando alla porta della memoria, inizio a fare respiri lunghi e profondi: inspiro con il naso tutta l'aria che posso, la trattengo qualche secondo e poi, lentamente, molto lentamente, espiro con la bocca.

Prestare attenzione a questo semplice gesto, sembra che mi rilassi e mi distolga dal continuare a pensare a qualcosa di deleterio... insomma, funziona!!!

E questo, alla fine, è ciò che conta!

Provaci anche tu, non costa niente! :-)

Un abbraccio e un sorriso...

Rosella

#204
Ex utente
Ex utente

scusate carissimi ma io non riesco a leggere i commenti.... anche voi?

#205
Dr. Andrea Annoni
Dr. Andrea Annoni

Si da ieri ci sono alcuni problemi tecnici anche sui commenti di altri blog ma ho provato a segnalarlo allo staff. Un po' di pazienza (^___^)

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