Terapia adiuvante cistoadenocarcinoma ovarico
Gentili Dottori,
scrivo per avere un vostro parere rispetto alla situazione clinica di mia madre.
In data 14/05/2012 mia madre ha subito un intervento di annessiectomia sx e complementare dx per via laparoscopica per asportazione di una voluminosa cisti ovarica (diametro 20 cm). L'esame istologico ha evidenziato: cistoadenocarcinoma papillare sieroso moderatamente differenziato. Capsula interessata della proliferazione carcinomatosa; l'annesso dx e la tuba presentano strutture regolari. Washing: Sedimento emorragico autolitico. Stadio pT1c G2.
Visto il risultato che ha contraddetto l'ipotesi iniziale di un tumore borderline (visti TAC, RX ed esami preoperatori negativi), il 02/07/2012 il chirurgo ginecologo è nuovamente intervenuto per completare la stadiazione attraverso:
isterectomia
appendicectomia
linfoadenectomia (linf. iliaci dx, linf. iliaci sn, linf. iliaca comune sn e dx, linf. pelvico dx, otturatori) per un totale di 22 linfonodi
biopsia: omento, doccia paracolica sn e dx, diaframma, douglas e plica vescicale uterina. L'esame istologico recita: strutture esenti da infiltrazione neoplastica e linfonodi esenti da infiltrazione neoplastica. L'esame citologico del liquido peritoneale Douglas recita: sedimento ematico comprendente cellule mesoteliali isolate o in piccoli aggregati.
La struttura in cui mia madre è stata sottoposta all'intervento è una clinica privata, in cui non è presente un reparto oncologico, pertanto è stata reindirizzata in una struttura pubblica.
L’oncologo che l’ha visitata ha deciso di esaminare entro questo finesettimana il caso per esprimersi circa la terapia adiuvante. I suoi dubbi sull’effettiva efficacia derivano dal notevole tempo trascorso dal primo intervento ad oggi (3 mesi) e tra i due interventi, dal fatto che il Ca 125 fosse pari a 16 prima del primo intervento e sia sceso a 4 dopo il secondo (valori che vorrebbe comunque vedere confermati prima di esprimersi), dalla radicalità dell’intervento e dal fatto che la percentuale di recidiva sia bassa in casi simili (12%).
Dall’altra parte l’età di mia madre (64 anni), il primo washing che non ha dato un risultato chiaro e lo stadio IC la farebbero propendere per la terapia adiuvante.
Vorrei avere un vostro parere rispetto alla possibilità di sottoporre mia madre a chemio o no, numero di cicli e farmaci eventualmente previsti (solo patino o platino e taxolo).
Vi ringrazio.
scrivo per avere un vostro parere rispetto alla situazione clinica di mia madre.
In data 14/05/2012 mia madre ha subito un intervento di annessiectomia sx e complementare dx per via laparoscopica per asportazione di una voluminosa cisti ovarica (diametro 20 cm). L'esame istologico ha evidenziato: cistoadenocarcinoma papillare sieroso moderatamente differenziato. Capsula interessata della proliferazione carcinomatosa; l'annesso dx e la tuba presentano strutture regolari. Washing: Sedimento emorragico autolitico. Stadio pT1c G2.
Visto il risultato che ha contraddetto l'ipotesi iniziale di un tumore borderline (visti TAC, RX ed esami preoperatori negativi), il 02/07/2012 il chirurgo ginecologo è nuovamente intervenuto per completare la stadiazione attraverso:
isterectomia
appendicectomia
linfoadenectomia (linf. iliaci dx, linf. iliaci sn, linf. iliaca comune sn e dx, linf. pelvico dx, otturatori) per un totale di 22 linfonodi
biopsia: omento, doccia paracolica sn e dx, diaframma, douglas e plica vescicale uterina. L'esame istologico recita: strutture esenti da infiltrazione neoplastica e linfonodi esenti da infiltrazione neoplastica. L'esame citologico del liquido peritoneale Douglas recita: sedimento ematico comprendente cellule mesoteliali isolate o in piccoli aggregati.
La struttura in cui mia madre è stata sottoposta all'intervento è una clinica privata, in cui non è presente un reparto oncologico, pertanto è stata reindirizzata in una struttura pubblica.
L’oncologo che l’ha visitata ha deciso di esaminare entro questo finesettimana il caso per esprimersi circa la terapia adiuvante. I suoi dubbi sull’effettiva efficacia derivano dal notevole tempo trascorso dal primo intervento ad oggi (3 mesi) e tra i due interventi, dal fatto che il Ca 125 fosse pari a 16 prima del primo intervento e sia sceso a 4 dopo il secondo (valori che vorrebbe comunque vedere confermati prima di esprimersi), dalla radicalità dell’intervento e dal fatto che la percentuale di recidiva sia bassa in casi simili (12%).
Dall’altra parte l’età di mia madre (64 anni), il primo washing che non ha dato un risultato chiaro e lo stadio IC la farebbero propendere per la terapia adiuvante.
Vorrei avere un vostro parere rispetto alla possibilità di sottoporre mia madre a chemio o no, numero di cicli e farmaci eventualmente previsti (solo patino o platino e taxolo).
Vi ringrazio.
[#1]
Gentile Utente,
gli ultimi fattori che ha citato sono i più rilevanti. In particolare lo stadio IC, in paziente di età non avanzata, in genere pone indicazione a chemioterapia adiuvante con carboplatino-taxolo per 4-6 cicli.
Vi sono punti di vista diversi sulla base di singoli studi. Tuttavia considerati i numerosi studi condotti in materia , sia pure non perfettamente omogenei, più spesso i risultati sono a favore della chemioterapia postoperatoria.
Cordiali Saluti
gli ultimi fattori che ha citato sono i più rilevanti. In particolare lo stadio IC, in paziente di età non avanzata, in genere pone indicazione a chemioterapia adiuvante con carboplatino-taxolo per 4-6 cicli.
Vi sono punti di vista diversi sulla base di singoli studi. Tuttavia considerati i numerosi studi condotti in materia , sia pure non perfettamente omogenei, più spesso i risultati sono a favore della chemioterapia postoperatoria.
Cordiali Saluti
Dr Vito Barbieri
direttore Struttura Complessa di Oncologia
Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio - Catanzaro
[#3]
Utente
Gentile Dott. Barbieri o gentili dottori che risponderete,
mia madre è in procinto di effettuare il terzo ciclo di chemioterapia con carboplatino-taxolo. L'oncologo da cui è seguita propenderebbe per fermarsi a quattro cicli, ma mia madre ha qualche dubbio e si sentirebbe più sicura effettuando tutti e sei, per non lasciare nulla di intentato. D'altra parte, ho letto che nel caso di stadi iniziali la sopravvivenza complessiva non si modifica sostanzialmente con il numero di cicli e resta comunque alta, a scapito di una maggiore tossicità per i pazienti trattati più a lungo. Volevo chiedere il vostro parere rispetto al numero di cicli: nel caso di mia madre, quale sarebbe la scelta migliore?
Vi ringrazio.
mia madre è in procinto di effettuare il terzo ciclo di chemioterapia con carboplatino-taxolo. L'oncologo da cui è seguita propenderebbe per fermarsi a quattro cicli, ma mia madre ha qualche dubbio e si sentirebbe più sicura effettuando tutti e sei, per non lasciare nulla di intentato. D'altra parte, ho letto che nel caso di stadi iniziali la sopravvivenza complessiva non si modifica sostanzialmente con il numero di cicli e resta comunque alta, a scapito di una maggiore tossicità per i pazienti trattati più a lungo. Volevo chiedere il vostro parere rispetto al numero di cicli: nel caso di mia madre, quale sarebbe la scelta migliore?
Vi ringrazio.
[#4]
In fondo ha capito da sola. Pur considerando la ricerca di rassicurazione di sua madre attraverso più terapia lei ha già rilevato il punto fondamentale dicendo "ho letto che nel caso di stadi iniziali la sopravvivenza complessiva non si modifica sostanzialmente con il numero di cicli e resta comunque alta, a scapito di una maggiore tossicità per i pazienti trattati più a lungo".
Sarei per la seconda ipotesi
Sarei per la seconda ipotesi
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.7k visite dal 18/08/2012.
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