Ansia, malessere

Egr. Dottori, ho 27 anni e da in anno e mezzo sono in cura psichiatrica per la mia depressione ansiosa. Dopo sei mesi in cui la Venlafaxina 150 mg di Efexor,sembrava funzionare, ho avuto la ricomparsa di una forte ansia abbinata alla depressione. Con il mio medico dopo aver aumentato con Zarelis a 225 +37,5mg senza successo, abbiamo provato la Mirtazapina di 30mg, abbinata ad Efexor da 150mg. Ma non ci sono stati miglioramenti. Dopo 6 settimane abbiamo eliminato la Mirtazapina che non andava affatto bene per me, così abbiamo provato con la Paroxetina 30 gocce al dì ed Efexor da 75 mg e lyrica da 25mg. Passate altre 6 settimane la mia situazione è ulteriormente peggiorata. Così ieri parlandogli di questo mio continuo stare male, ha detto che la mia depressione è più resistente di quanto lui pensasse. Mi ha tolto Efexor e in abbinato alla paroxetina (Daparox 30 gocce al dì) ora mi ha prescritto Xeristar da 60 Mg. Ovviamente le mie cure sempre abbinate ad ansiolitici.Le mie domande sono le seguenti : è normale questa odissea di farmaci in una depressione ansiosa? Non so, io mi sento molto male e mi sento come una canna al vento, senza più punti di riferimento. Sn stato da due psicoterapeuti ma nn mi ci sono trovato tanto bene, forse perchè erano le persone non adatte a me o perchè penso che in fondo non abbia niente di psicologicamente invalidante, visto che nonostante la mia condizione riesco a fare tutto ció che facevo anche prima in modo equilibrato come lo è sempre stata la mia persona. Non so più che fare, ormai sono esausto e confuso. Cerco di viverla nel modo più dignitoso possibile non facendo pesare il mio stato alla mia bellissima famiglia e ragazza. Vi ringrazio
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Dr. Vassilis Martiadis Psichiatra, Psicoterapeuta 7.3k 161 83
Gentile utente,
La terapIa attuale si fonda su farmaci il chi meccanismo d azione è in parte sovrapponibile. Nel caso non ci dovessero essere miglioramenti sostanziali, probabilmente potrebbe essere necessario rivedere ulteriormente la terapia. Purtroppo non è infrequente che vi possano essere situazioni in cui si fatica a raggiungere un determinato equilibrio. Ad ogni modo non si scoraggi perché le strategie farmacologiche offrono ulteriori possibilità. Non sottovaluterei la possibile influenza positiva di un percorso psicoterapico, anche se le prime esperienze sono state deludenti.
Cordiali saluti

Dott. Vassilis Martiadis
Psichiatra e Psicoterapeuta
www.psichiatranapoli.it

[#2]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,

<<..è normale questa odissea di farmaci in una depressione ansiosa?..>>

"Normale" non è il termine più adatto. Diciamo che non è affatto raro che un disturbo depressivo possa essere resistente a più tentativi di terapia antidepressiva. In questi casi, a rigore, è importante verificare se le Dosi e la Durata di ciascuna cura sono state sufficienti.

Nel Suo caso, per quanto riguarda la venlafaxina è stata raggiunta la dose massimale, mantenuta per sei settimane, ma in seguito, con il cambiamento della cura ("in associazione") si è preferito di usare la dose più bassa: presumo, per evitare gli effetti collaterali, ma non si può sapere se questa dose fosse stata efficace, se mantenuta per più tempo senza essere abbassata.

Anche l'eventuale efficacia maggiore dell'associazione con un altro antidepressivo (rispetto a quella della venlafaxina da sola) potrebbe misurarsi solo aggiungendo il nuovo componente sempre alla stessa dose della venlafaxina (senza cambiarla).

Rispetto al peggioramento, se Lei ha assunto per più tempo la venlafaxina a dosaggio di 150 mg e in seguito, presumo, per non sovraccaricarLa, questa viene abbassata a metà, ciò potrebbe spiegare almeno in parte il peggioramento.

Queste mie considerazioni riguardono il discorso della resistenza in generale (non un caso specifico) e non sono da prendersi come le raccomandazioni dirette. Le consiglio di proporre al Suo specialista, e lui, conoscendo il Suo caso, magari potrà prenderle in considerazione.

Le propongo, però, anche un'altra strada, che nelle "depressioni resistenti" è purtroppo spesso trascurata. Se un disturbo è resistente alle cure, si potrebbe chiedersi se la diagnosi è stata corretta. In altre parole, stiamo curando la "depressione ansiosa", ma forse è qualcosa di diverso e richiede un approccio diverso. Intanto, la "depressione ansiosa" come diagnosi è approssimativa e potrebbe essere meglio indagata (perché i disturbi di umore ed i disturbi d'ansia sono entità diverse). Bisognerebbe chiedere al Suo specialista la rivalutazione del quadro clinico e di analizzare le diagnosi differenziali, perché, se qualche mese fa la cura era efficace e ora si è "resistenti" ad essa, non si può escludere una evoluzione della malattia.

Faccio qualche esempio. In primo luogo, un disturbo psichico reattivo ad un evento o alle circostanze di vita (è meglio non dire subito di "no!", come fanno molti); un'altra possibilità è l'uso o l'interruzione dell'uso delle sostanze voluttuarie o farmaci (altre, oltre a quelli prescritte dallo psichiatra); un'altra ipotesi ancora è che si tratti di un disturbo di umore bipolare, cioè con polarità diverse (non solo con le fasi depressive, ma anche con le fasi ad esempio simili a quelle "miste": umore depresso, ma iperattività emotiva e ideica). Un altra possibilitò ancora è che possa trattarsi di un disturbo d'ansia come centrale, mentre la depressione ne è un sintomo.

L'approccio di cura in ciasscuna di tali condizioni sarebbe un po' diverso rispetto all'approccio al disturbo depressivo "classico".

Queste sono solo alcune delle ipotesi. L'analizzarle non è il compito che spetta a Lei da solo, ma lo si fa assieme con il Suo specialista.

Dr. Alex Aleksey Gukov

[#3]
dopo
Attivo dal 2012 al 2018
Ex utente
Vi ringrazio per le vostre risposte celeri. Quando sono stato in cura anche psicoterapeutica mi sembrava di stare come un gatto fra due topi. Gli psicoterapeuti sostenevano che il mio era solo un problema d'ansia generalizzato da sconfiggere senza antidepressivi, e lo psichiatra sosteneva che era una vera e propria depressione da combattere esclusivamente con le medicine. Cosí scelsi di continuare con le medicine anche perchè la psicoterapia nn mi portava grossi benefici. In fondo io ho un buon lavoro, ragazza e famigli unita . È stato per me come un fulmine al ciel sereno. Sono sempre stato un ragazzo tranquillo e socievole con tutti. La cosa che più mi fa paura è quella sensazione di aver sbagliato cura. Il mio stare male nonostante prendi con cura tutte le medicine prescrittomi dallo psichiatra. Potrei chiedere al mio psichiatra di poter abbassare le medicine e fare una prova per vedere le mie sensazioni con la mente senza nubi? Potrei provare a scalare tutto lentamente, e dedicarmi solo al percorso psicoterapeutico? Lo so che è una scelta importante, vorrei solo un parere in più da esperti e professionisti del settore. Poi ovviamente la prenderó con il mio psichiatra. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente
[#4]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
ora Lei sta ponendo il problema nei termini di "quale percorso scegliere?", di forse "aver sbagliato cura" ?

Questa impostazione è scorretta, soprattutto perché non è Lei a dover trovare la cura giusta, ma lo specialista al quale si affida, e perché in realtà i due approcci non contraddicono uno l'altro, ma in tanti casi si possono completare con beneficio.

Nella prima Sua replica Lei ha scritto di sentirsi "senza più punti di riferimento", e questo mi sembra invece il punto centrale.

Penso che in realtà, i "punti di riferimento" che Lei si è cercato di creare, per loro natura, non possono reggere questo peso.

Una data farmacoterapia o anche la farmacoterapia come l'approccio generale, così come la psicoterapia come approccio generale non possono essere i "punti di riferimento", perché le strategie e gli approcci vanno adattate alle situazioni e alle persone e non viceversa. Quello che "funziona" non sono i "farmaci" o la "psicoterapia", ma lo specialista che sa indicarli ciascuno nelle situazioni giuste (ciò presuppone una buona conoscenza di Lei e dei diversi mezzi di cura), ed è la guida di un tale specialista - il punto di riferimento.

Ora, Lei sembra di dubitare di tale guida, ma

[a prescindere se i motivi siano validi o meno nel caso dello specialista concreto (non lo posso valutare, ma noterei che comunque per ben sei mesi le sue cure hanno dato beneficio), a parte questo],

noterei che forse dall'inizio Lei ha scelto non lo specialista, ma il suo paradigma (quello della cura farmacologica), anche in funzione dello scartare ai tempi (in fondo, sempre Lei) la psicoterapia. Dunque, forse ha deciso sui passi principali prima ancora del Suo specialista curante. Anche adesso Lei tende a vedere tali scelte come quelle che spettano a Lei.

Se almeno in parte è così, io mi chiedo: come è possibile trovare un punto di riferimento in uno specialista ?

Anche in famiglia: prende su di sé tutto il peso della propria situazione emotiva, ritenendo forse che la malattia sia la Sua "responsabilità"..., ritenendo (forse) (?) che i familiari non possono avere un ruolo di sostegno, di sfogo o di guida nei momenti difficili, e che (forse ?) debba essere Lei il punto di riferimento anche quando sta male ?

Le auguro di riuscire a scegliere e a fidarsi di una concreta, umana, figura professionale.

Se è una scelta autentica,

per quello che riguarda l'approccio farmacologico, lascia, come intendeva, a valutarlo a lui (pur esponendolo le proprie idee e quello che abbiamo scritto nelle prime repliche che può anche rileggere*);

per quello che riguarda la psicoterapia, può certamente consultaro, ma mettendo da parte i preconcetti che si possa avere (che i farmaci lasciano la mente nelle nubi o che per fare la psicoterapia sia necessario essere consapevole a priori dei propri problemi psicologici).
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