Ansia e paura del tempo che passa, come uscirne?

Buongiorno dottori, vi scrivo per esporvi la mia situazione.

Da 10 mesi sono diventata mamma, da quando è nato mio figlio la mia visione della vita è completamente cambiata.
È stato un figlio desiderato e voluto, ma mai avrei immaginato di provare un amore così grande e potente.
Ora mi sento completa, ho anche cambiato professione e svolgo un lavoro che amo e che mi permette di avere molto più tempo da passare con mio figlio.
Sarebbe tutto perfetto se non che da mesi ho iniziato a soffrire di una fortissima ansia.
Ho paura di ogni cosa, sono terrorizzata dalla morte dei miei cari, dalla possibilità di avere malattie incurabili (a peggiorare la cosa pochi mesi fa a mia zia è stato diagnosticato un tumore) e soprattutto dalla possibilità di perdere mio figlio o di morire e lasciarlo solo.
Sono angosciata dal tempo che passa, ogni giorno in più mi sembra un'inesorabile corsa vero la morte e non vivo più serenamente.
L'unica cosa che mi aiuta ad andare avanti è la consapevolezza di godermi ogni singolo momento con mio figlio.
Prima di avere mio figlio la mia vita era piatta, mi sentivo perennemente frustrata e insoddisfatta, odiavo il mio lavoro e il percorso universitario che mi aveva portato a svolgere quella professione.
Ora si è sistemato tutto, ho davvero la vita dei miei sogni, ma è come se questa immensa felicità mi generasse angoscia e la paura di perdere tutto.
Sono sempre stata una persona ansiosa, ma mi sembrava fosse più sotto controllo.
Ora mi sento veramente male e non so come uscire da questa situazione.
Il pensiero è fisso 24 h su 24.
Grazie per l'ascolto e per chi risponderà.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
la nascita di un figlio è una tempesta, per quanto il più delle volte una tempesta felice.
Vengono sovvertiti tutti i valori (affetti, professione, interessi) e vengono sconvolti anche gli ormoni.
Se il bambino nasce sano ed è un lattante tranquillo, se il parto è andato bene, se attorno alla neo-mamma ci sono affetti sereni, se c'era da parte sua una buona capacità di reggere le novità e adattarsi ai mutamenti, con un po' di attenzione si può navigare in questa tempesta e sentirsi sicuri che non condurrà al naufragio.
Nel suo caso mi sembra di capire che molte cose sono andate più che bene. Rimangono le criticità rappresentate dalla sua situazione ormonale e soprattutto dal suo stato mentale, anche pregresso: "Sono sempre stata una persona ansiosa, ma mi sembrava fosse più sotto controllo. Ora mi sento veramente male e non so come uscire da questa situazione. Il pensiero è fisso 24 h su 24".
Perché mai pensava di tenere l'ansia "sotto controllo" anziché curarla?
Questo atteggiamento fa sempre pensare ad un'eccessiva paura del disagio mentale, quasi si trattasse di una malattia incurabile, e insieme ad una misura autoprotettiva, come se il paziente dicesse: "E' una cosa da poco, tanto è vero che mi curo da solo".
Ora è il momento di attuare questa cura. Anche nell'ospedale dove ha partorito ci sono psicologi pronti ad accogliere il suo disagio. Vada subito, prima che l'ansia diventi invalidante, anche per verificare se alla base non ci sia qualche tratto di depressione puerperale.
Auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno dottoressa, La ringrazio per la sua risposta.
Sì assolutamente è quasi tutto andato benissimo, gravidanza perfetta, sono supportata tantissimo dalla mia famiglia e da mio marito nella gestione del piccolo che comunque è un bimbo molto tranquillo, dorme e non mi dà problemi. È sano, ma ogni cosa anomala che succede mi mette in allerta e fino a che non ho verificato anche con più di uno specialista non sto tranquilla. L'unica cosa che non è andata come doveva è stato il parto molto traumatico, ho dovuto fare un'induzione (perché il bambino non voleva nascere) che mi ha provocato delle.contrazioni esagerate. Il travaglio molto intenso o l'epidurale (costretta a farla perché i dolori erano insopportabili e troppo ravvicinati) hanno mandato in sofferenza il bambino e ho dovuto fare un cesareo d'urgenza. Sul momento ho reagito bloccandomi completamente, non riuscivo più a parlare e dopo l'intervento ho avuto tremori per ore, ma non ci ho dato molto peso. Sicuramente questo parto mi ha segnato, desideravo con tutto il cuore partorire naturalmente e mi dispiace molto di non esserci riuscita. Questo episodio potrebbe aver influito sul mio stato d'animo attuale?
Per quanto riguarda l'ansia pregressa non l'ho mai considerata invalidante perché ho sempre fatto tantissime cose e non mi ha mai bloccato su nulla, ho sempre pensato fosse un tratto distintivo del mio carattere (anche mia mamma è così, in famiglia poi abbiamo la nonna che soffre da 50 anni di depressione, nei periodi peggiori resta sempre a letto anche per dei mesi, per cui la mia situazione sembrava normale), ma sicuramente seguirò il suo consiglio e a questo punto proverò ad indagare.
Grazie ancora
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
ci sono due punti focali nella sua risposta: il parto traumatico e la malattia mentale vista come "normale".
Il suo parto, come lo descrive, senza dubbio è stato un trauma che dovrebbe essere elaborato, non liquidato dietro frasi tipo: "Che importa? Ora è tutto finito" oppure: "Ma guarda che bel bambino hai!" e così via.
Per fortuna la medicina moderna salva situazioni che un tempo sarebbero finite male; questo però non esclude che chi le ha attraversate non risenta delle sofferenze e del pericolo, sia pure scampato, o non abbia pensieri su quello che avrebbe potuto accadere, sia in peggio che in meglio.
Le ripeto che tutto questo va elaborato, ossia discusso a fondo, meglio se con un* psicolog*. Al momento sembra che lei abbia il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD): iper-reattività, facilità al pianto, difficoltà a prendere sonno e a dormire tranquilla; quanto ai pensieri ossessivi, che pure connotano questa sindrome, ne ha parlato lei stessa.
Sminuire gli effetti di tutto questo è imporre alla neo-mamma un'ulteriore sofferenza, quella di non venir capita, di sentirsi "sbagliata", di dover nascondere quello che prova anziché esternarlo a chi le è più vicino.
Di qui la necessità dell* psicolog*, che molti considerano un'inutile moda odierna, ignorando il fatto che il supporto un tempo si trovava nell'ambito della famiglia, nella comunità di appartenenza, dal vecchio saggio, dal sacerdote, dal medico, mentre oggi, per la frenesia con cui viviamo e per la diffusione dei disagi mentali, questo supporto non esiste più.
Certo non si deve dimenticare che disturbi peggiori, sia mentali che fisici, possono conseguire al parto, e anche in perfette condizioni di salute fisica e mentale l'arrivo del bambino è comunque una "tempesta".
Quanto al secondo punto, ecco la sua descrizione dell'ansia da cui è affetta: "ho sempre pensato fosse un tratto distintivo del mio carattere (anche mia mamma è così, in famiglia poi abbiamo la nonna che soffre da 50 anni di depressione, nei periodi peggiori resta sempre a letto anche per dei mesi, per cui la mia situazione sembrava normale)".
Dunque se in una famiglia una malattia è diffusa, bisogna considerarla "normale"? Aggiungo che le malattie psichiatriche (la depressione è catalogata tra le psicosi) si trasmettono trans-generazionalmente, non solo come rischio genetico ma come modo di comportamento, abitudine (quello che lei chiama "carattere", il quale non è altro che una somma di abitudini acquisite inconsciamente, acriticamente).
Forse è il momento di spezzare questa trasmissione, anche a vantaggio di suo marito, di suo figlio e degli altri bambini che verranno.
Le faccio tanti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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