Come aprirmi emotivamente con la mia famiglia

Buonasera! Sono un ragazzo di 23 anni e vorrei poter ricevere aiuto sulla mia famiglia.

La mia è una famiglia in cui non riesco ad aprirmi emotivamente, non riesco a comunicare i miei bisogni né i miei sentimi, sia con i genitori che con i fratelli.
Non ricordo molti episodi in cui sia riuscito a parlare di ansie o desideri (questi magari li esprimevo ma poi li sopprimevo perché criticati da mia madre), inoltre episodi di dimostrazione di affetto sono molto rari (ricordo di aver abbracciato mio fratello una sola volta).
Quando ero più piccolo ci provavo continuamente ad esprimermi ma venivo etichettato come quello noioso o la "donna mancata".
Nel tempo sono riuscito a farmi amici con cui poter confidare tutto ciò.

Tutt'oggi cerco di evitare di parlare di queste cose in famiglia, perché mi senterei giudicato e incompreso.
In particolar modo, è da mia madre che temo particolarmente il giudizio.
Da piccolo pensavo mi volesse meno bene rispetto ad altri fratelli perché ero quello che creava più problemi (ero capriccioso, non volevo mangiare, cercavo appositamente di fare l'opposto di ciò che mi veniva detto per indispettirli) mentre vedevo che alcuni fratelli venivano coperti di elogi, elogi che anch'io volevo ma non ricevevo.
Quindi il giudizio di mia madre per me è sempre stato molto importante, anche perché è lei che comanda maggiormente in casa, mio padre è infatti un po' più sottomesso: non viene preso troppo seriamente quando dice le proprie opinione ed è spesso deriso.

Il fatto di aver ricevuto pochi complimenti e più critiche mi ha portato a sviluppare molte insicurezze ed avere poca autostima: infatti ho tante paure come guidare (nonostante siano quasi 4 anni che l'ho presa tutt'oggi cerco delle scuse per evitare di guidare), ansia nello studio, non mi butto mai con le ragazze e anche nelle relazioni sociali ho un po' di difficoltà.

Queste sono tutte cose di cui sento il bisogno di parlare in famiglia.
Non solo per me, ma anche per alcuni miei fratelli che vedo soffrire allo stesso modo e mi piacerebbe in qualche modo aiutarli, ma non so come.
Mia madre (ma anche mio padre) infatti non fanno altro che trattare male alcuni di noi, criticando aspramente.

Per esempio: mio fratello minore è un ragazzo riservato, timido e che non esce molto perché non ha molti amici.
Passa gran parte della giornata al cellulare e studia poco.
Mi rivedo molto in lui perché anch'io ero così al liceo.
I miei genitori non fanno altro che dargli del pigro, vagabondo, lo esortano con toni accesi ad uscire e lo forzano spesso, spesso lo insultano.
Io vorrei aiutarlo in qualche modo ma non so come fare, perché le volte che ho provato a farlo notare a mia madre lei l'ha vissuto come un attacco personale.
Dunque da un annetto ho accettato l'idea di non potermi più aprire in famiglia, le poche volte che esprimo le emozioni lo faccio attraverso la rabbia e il litigio, che d'altronde è l'unico metodo che usiamo tutti in famiglia.

Vorrei però fare qualcosa a riguardo.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Caro utente,
se lei frequenta l'università ha a disposizione un* psicolog* per alcuni colloqui almeno iniziali cui le raccomando caldamente di accedere.
Tutte le frustrazioni della sfera emotiva di cui è consapevole chiedono a gran voce di venire espresse, per poi trovare nel percorso con un curante la giusta soluzione.
Il consiglio che ci chiede non può essere espresso in prescrizioni di comportamento standardizzate, essendo ogni individuo e ogni famiglia una realtà a sé. Sua madre appare il nodo problematico, ma questo giudizio, dato da lontano, può essere falso.
Quanto al fratello minore, direi che proprio rendersi disponibile per lui, con modi gentili e affettuosi, offrendosi come aiuto e come conforto, potrebbe cominciare a sciogliere il gelo che sembra essere la corazza imposta in famiglia.
Quanti figli siete?
Le faccio molti auguri. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Sono stato in psicoterapia per circa 1 anno dopo un periodo di ansia e attacchi di panico legati all' università, grazie alla terapia sono riuscito in parte a superarla. Lì ho parlato spesso della mia situazione familiare e per un periodo mi ha permesso di avvicinarmi più a mia madre, però dopo è sembrato tornare tutto come prima. È necessario che ricominci della terapia o vada da uno psicologo?
Siamo 5 figli.
Questi modi che lei mi consiglia sono da applicare anche al resto della famiglia?
Grazie mille della sua risposta e auguri di buona Pasqua.
[#3]
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
i modi gentili e affettuosi, compatibilmente col grado di confidenza, sono auspicabili non solo in famiglia, ma con tutti gli esseri umani. Ovviamente più una persona appare fragile, più le sarà utile incontrare una garbata disponibilità.
Mi meraviglio di questo suo quesito, e mi permetto anch'io una domanda. Cosa intende con le parole: "È necessario che ricominci della terapia o vada da uno psicologo?"
Ne desumo che la precedente terapia è stata solo farmacologica, o comunque erogata da uno psichiatra; ma allora che senso ha avuto parlare della sua famiglia?
Acceda senz'altro ad una consulenza psicologica.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Con "terapia" intendo psicoterapia, non mi è stata prescritta alcun tipo di terapia farmacologica. Le sedute di psicoterapia erano incentrate per lo più sull'ansia in generale ma più volte è capitato che parlassi della mia situazione familiare.
Per quanto riguarda la seconda domanda, qualcuno ha avuto reazioni di insofferenza quando ho chiesto se volesse confidarsi con me , pur usando modi gentili ed educati. Mi chiedevo solamente quale fosse il miglior modo per riuscire ad entrare in confidenza, dato che non ci sono mai riuscito.
So che sono modi da utilizzare con chiunque, forse ho posto male la domanda.
Grazie e buona serata.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
esistono, anche online, dei corsi di gruppo sulle migliori tecniche di comunicazione.
In questi, per farle un esempio, la domanda diretta: "Vuoi confidarti con me?" viene considerata un boomerang, mentre manifestare indirettamente (sguardo comprensivo, pacca sulla spalla) la propria simpatia può essere lo strumento per favorire da parte dell'altro il desiderio di confidarsi.
Un grande maestro della Comunicazione Non Violenta (termine creato da lui stesso) è stato Marshall Rosenberg; provi a leggere il suo libro: "Le parole sono finestre oppure muri".
Un altro maestro è Paul Gilbert, creatore della Terapia Focalizzata sulla Compassione (veda al sito Compassionate Mind Italy).
Può leggere i libri e anche rivolgersi agli psicologi che la praticano.
Non mi meraviglio che nell'ambito familiare sia mancato proprio il linguaggio della comprensione, della solidarietà, dell'amore, e questo spiega tutte le sue ansie e le sue difficoltà relazionali anche fuori di casa.
Per fortuna gli psicologi si sono resi conto da tempo dell'esistenza di questi "danni" e hanno in vario modo provveduto.
Provi a leggere qualcosa, a cercare dei corsi sulla comunicazione, e ci tenga al corrente dei suoi progressi.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#6]
dopo
Utente
Utente
Grazie, vi aggiornerò!