Lascio mio figlio per un mese
Egr.
Dottori.
Sono padre di un figlio di 6 anni che amo follemente.
Da quando è nato, sia per lavoro che per la situazione con la madre, sono sempre stato lontano, vedendoci da 6 anni per circa una/due volte al mese.
Mio figlio ha un lieve autismo, diagnosticato ma quasi impercettibile e con la madre ci separammo quando lui non aveva nemmeno un anno.
Ci separammo perché era la migliore cosa da fare per la serenità del piccolo. Adesso abbiamo un rapporto decente io e sua madre, quando possiamo ci diamo una mano e siamo diventati più o meno "amici" anche se non mancano i dispettucci.
Ora che ha quasi 6 anni e che quindi credo abbia bisogno di una presenza maggiore della figura paterna, devo lasciarlo un mese per fare un viaggio in Asia con la mia attuale compagna.
Non la sto vivendo benissimo perché mi sento in colpa, tanto più perché non sarò presente a Carnevale e alla festa del papà (prima volta che accade in assoluto nella nostra vita), con il contributo della madre che mi fa venire continuamente questi sensi di colpa.
Ora, la domanda è, se parto e rientro a fine marzo, sono davvero un così pessimo padre?
Sto mettendo avanti i miei interessi (anche coniugali) a discapito della serenità di mio figlio?
Più si avvicina la partenza più non voglio lasciarlo e mi sento un pessimo padre davvero.
Chiedo aiuto!
Dottori.
Sono padre di un figlio di 6 anni che amo follemente.
Da quando è nato, sia per lavoro che per la situazione con la madre, sono sempre stato lontano, vedendoci da 6 anni per circa una/due volte al mese.
Mio figlio ha un lieve autismo, diagnosticato ma quasi impercettibile e con la madre ci separammo quando lui non aveva nemmeno un anno.
Ci separammo perché era la migliore cosa da fare per la serenità del piccolo. Adesso abbiamo un rapporto decente io e sua madre, quando possiamo ci diamo una mano e siamo diventati più o meno "amici" anche se non mancano i dispettucci.
Ora che ha quasi 6 anni e che quindi credo abbia bisogno di una presenza maggiore della figura paterna, devo lasciarlo un mese per fare un viaggio in Asia con la mia attuale compagna.
Non la sto vivendo benissimo perché mi sento in colpa, tanto più perché non sarò presente a Carnevale e alla festa del papà (prima volta che accade in assoluto nella nostra vita), con il contributo della madre che mi fa venire continuamente questi sensi di colpa.
Ora, la domanda è, se parto e rientro a fine marzo, sono davvero un così pessimo padre?
Sto mettendo avanti i miei interessi (anche coniugali) a discapito della serenità di mio figlio?
Più si avvicina la partenza più non voglio lasciarlo e mi sento un pessimo padre davvero.
Chiedo aiuto!
Gentile utente,
mi spiace per la difficoltà con cui sta vivendo la situazione che racconta. Comprendo che ci si possa sentire incastrati nel conflitto, che talvolta emerge, tra le istanze del ruolo genitoriale e quelle di altri ruoli (in questo caso, il ruolo coniugale).
Se lei sia "davvero un così pessimo padre" non sta ai dottori determinarlo, perché la risposta è soggettiva e solo lei può darla a se stesso, sulla base di un'analisi delle priorità e degli equilibri attualmente esistenti tra i suoi desideri e bisogni.
Può tuttavia valere la pena di chiedersi se il fatto stesso che (se) lo chieda suggerisca che il senso di colpa che prova, ancor più che esserle indotto dalla madre di suo figlio, provenga innanzitutto da dentro di sé. Anche perché questo sentimento sembra reggersi su criteri squisitamente soggettivi: cosa le fa credere ad esempio che, avendo sei anni, suo figlio "abbia bisogno di una presenza maggiore della figura paterna"? Perché non ad un'altra età, precedente o successiva che sia?
Se ammettiamo questa possibilità, allora potrebbe essere utile esplorare questo senso di colpa, rifletterci su per elaborarlo; altrimenti il rischio diventa quello di esternalizzarlo, trovarvi un ragionevole capro espiatorio (la madre di suo figlio, in questo caso), senza però mai risolverlo davvero. Mi permetto di formulare questa ipotesi anche in base alla situazione che ci racconta altrove (https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1089057-dice-che-ha-paura-di-dimenticarmi.html), in cui la sua compagna rischia di diventare il capro espiatorio di ansie che sono sicuramente giustificate dai fatti, ma che sono innanzitutto vissuti del suo mondo interiore.
Ribadisco pertanto che un percorso di sostegno psicologico potrebbe aiutarla a mettere insieme i vari pezzi della sua vita che in questo momento le stanno creando difficoltà, cercando di trovarvi un senso organico e complessivo al di là dei tentativi di affrontare frammentariamente ciascuna problematica come se fosse slegata dall'altra.
Rimango a disposizione.
mi spiace per la difficoltà con cui sta vivendo la situazione che racconta. Comprendo che ci si possa sentire incastrati nel conflitto, che talvolta emerge, tra le istanze del ruolo genitoriale e quelle di altri ruoli (in questo caso, il ruolo coniugale).
Se lei sia "davvero un così pessimo padre" non sta ai dottori determinarlo, perché la risposta è soggettiva e solo lei può darla a se stesso, sulla base di un'analisi delle priorità e degli equilibri attualmente esistenti tra i suoi desideri e bisogni.
Può tuttavia valere la pena di chiedersi se il fatto stesso che (se) lo chieda suggerisca che il senso di colpa che prova, ancor più che esserle indotto dalla madre di suo figlio, provenga innanzitutto da dentro di sé. Anche perché questo sentimento sembra reggersi su criteri squisitamente soggettivi: cosa le fa credere ad esempio che, avendo sei anni, suo figlio "abbia bisogno di una presenza maggiore della figura paterna"? Perché non ad un'altra età, precedente o successiva che sia?
Se ammettiamo questa possibilità, allora potrebbe essere utile esplorare questo senso di colpa, rifletterci su per elaborarlo; altrimenti il rischio diventa quello di esternalizzarlo, trovarvi un ragionevole capro espiatorio (la madre di suo figlio, in questo caso), senza però mai risolverlo davvero. Mi permetto di formulare questa ipotesi anche in base alla situazione che ci racconta altrove (https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1089057-dice-che-ha-paura-di-dimenticarmi.html), in cui la sua compagna rischia di diventare il capro espiatorio di ansie che sono sicuramente giustificate dai fatti, ma che sono innanzitutto vissuti del suo mondo interiore.
Ribadisco pertanto che un percorso di sostegno psicologico potrebbe aiutarla a mettere insieme i vari pezzi della sua vita che in questo momento le stanno creando difficoltà, cercando di trovarvi un senso organico e complessivo al di là dei tentativi di affrontare frammentariamente ciascuna problematica come se fosse slegata dall'altra.
Rimango a disposizione.
Dott. Davide Giusino, Psicologo | 3271367964 | davide.giusino@libero.it | https://www.psicologi-italia.it/psicologo/davide-giusino.html
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 444 visite dal 07/02/2025.
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