Sorella con sintomi depressivi e ossessioni: diagnosi incerta e difficoltà familiari.

Avevo già scritto un consulto su questo sito, a distanza di un anno ho molti più dati ma allo stesso tempo, tante perplessità.

Sorella di 22 anni, da anni presenta sintomi apparentemente depressivi + lavaggio compulsivo delle mani per compensare lo stato di ansia.
Riusciamo a convincerla a chiedere aiuto, presso psicoterapeuta.

A distanza di un anno di terapia, dopo aver parlato con mia sorella (quindi tratta volontariamente con me dati personali sensibili) si viene a sapere che "non esiste una precisa diagnosi": lei soffrirebbe semplicemente di un "malessere".
È considerabile malessere, l'ipersonnia perenne (anche 13 ore), anedonia, il non fare assolutamente niente nel corso della giornata, zero prospettive per il futuro?
A questo si aggiunge una fobia nei confronti dei "batteri della carne" (Se noi familiari entriamo in contatto con della carne cruda, ci troviamo costretti a dover lavarci in modo approfondito le mani, altrimenti lei non ci rivolge parola e nega il contatto fisico per questo).
Inoltre, a questo quadro, dobbiamo aggiungere un Q.
I. limite (80) e un IML di 69, dati trovati da me un pò per caso, risalenti al 2020.
Nonostante questi dati, secondo la psicoterapeuta (senza aver fatto fare ulteriori test da neuropsichiatra, solo sulla base di colloqui) mia sorella sarebbe perfettamente in grado di non fraintendere nessuna situazione quotidiana o tono di voce.
Purtroppo, ogni giorno, io vedo continui fraintendimenti non solo del mio tono di voce e comportamento, ma anche fraintendimento nei confronti dei familiari e ciò rende tutto più complicato, in quanto lei si senta in continuazione "aggredita".
Io e i miei familiari ormai, non possiamo parlare in modo concitato, non possiamo darle dei consigli che si discostano dalla sua opinione, dobbiamo avere sempre il sorriso stampato in faccia.
In aggiunta, a distanza di anno, ovvio, non avrei mai preteso un suo cambiamento totale... Ma nemmeno nessun tipo di miglioramento.
In merito all'IML, ho motivo di dubitare della sua capacità di elaborare e processare le informazioni?
Che cosa possiamo fare in questa situazione?
Vorremmo tutti aiutarla, ma senza rinunciare al nostro modo di essere... Cordiali saluti.
Ringrazio anticipatamente chiunque risponderà
Dr.ssa Lorena Ruberi Psicologo 5
Gentile utente,
comprendo bene la sua preoccupazione: da ciò che racconta, la situazione di sua sorella è impegnativa sia per lei che per tutta la famiglia.
I sintomi che descrive sonno eccessivo, mancanza di interesse, assenza di prospettive, uniti ai rituali di lavaggio e alla fobia legata ai batteri della carne vanno oltre un semplice malessere .
È evidente che sua sorella stia attraversando una sofferenza importante.
Non sempre, però, è necessario o utile ridurre tutto a un’etichetta diagnostica precisa: una diagnosi può aiutare a orientare il percorso terapeutico, ma può anche diventare una sorta di spada di Damocle che irrigidisce, invece che aprire nuove possibilità.
Riguardo ai test che ha trovato, i valori di QI limite e IML basso possono effettivamente spiegare alcune difficoltà: comprendere i toni di voce, interpretare correttamente i comportamenti altrui, evitare fraintendimenti. Questo non significa che sua sorella non possa avere relazioni o affrontare la quotidianità, ma che può faticare molto più degli altri, e quindi reagire in modo rigido o difensivo.
Un anno di psicoterapia è sicuramente un tempo prezioso, ma se non ci sono stati miglioramenti significativi, può essere utile affiancare un’altra figura professionale. In particolare, una valutazione psichiatrica o neuropsichiatrica potrebbe aiutare non tanto a incasellare sua sorella in una diagnosi, quanto a comprendere meglio come sostenerla e quali strumenti aggiungere al percorso già in corso.
Ed è comprensibile anche la vostra fatica come familiari: vivere in un clima in cui bisogna sempre controllare toni e parole non è semplice. Esistono percorsi di sostegno dedicati proprio ai familiari, che insegnano strategie comunicative più efficaci e aiutano a non consumare tutte le energie.
Più che una diagnosi rigida, in questo momento potrebbe essere utile un inquadramento clinico più ampio, per capire come aiutarla davvero e alleggerire anche voi.

Un caro saluto
Dott.ssa Ruberi

Dott.ssa Lorena Ruberi

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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 19.1k 609
Gentile utente,

la situazione è oggettivamente complessa.
Ma quel che più stala all'occhio è la sfiducia che Lei prova nei confronti della psicoterapeuta di sua sorella? Avete verificato che sia psicoterapeuta, cioè competente e autorizzata a curare?

Sì, concordo, vi occorre un secondo parere; ma online e con i pochi dati peraltro soggettivi che Lei ci fornisce, è impossibile che tale parere sia articolato e realistico. La AI, che non si pone limiti deontologico, lo farebbe con facilità...
Peraltro anche la dignosi online è impossibile, per i motivi sopra detti.

Vi suggerisco dunque di chiedere un colloquio con la psicoterapeuta di sua sorella. Ovviamente occorre il consenso della interessata.
Sono certa che la curante potrebbe fornire risposte a molti vostri dubbi.
Così come sulla opportunità di farsi aiutare ulteriormente attraverso i farmaci, del resto.

Se ritiene ci sappia dire.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Utente
Ringrazio entrambe per le risposte.
Preciso che la sfiducia nei confronti della psicoterapeuta derivi da un forte sospetto di "come vengano raccontati i fatti" in sede di colloquio. Ho motivo di pensare che mia sorella ommetta dettagli importanti, o travisi ciò che le succede quotidianamente: diventa di conseguenza complesso produrre risultati ottimali utilizzando dei dati non completi. Non dovrei nutrire dubbi di questo tipo, anche per via del fatto che la psicoterapeuta ha sicuramente visionato i documenti relativi a Q.I. e IML; dubbi che però ho per via del fatto che mia sorella abbia raccontato a me (sperando non abbia frainteso ciò che ha visto e sentito) che la specialista abbia stabilito la sua "piena capacità di NON FRAINTENDERE i toni di voce" solo sulla base di colloqui, e non grazie a test obbiettivi e pareri di altri specialisti.

Io e mia madre oggi scriveremo le nostre intenzioni (chiedere consulto con la psicoterapeuta, su consenso di mia sorella), onde evitare fraintendimenti riguardo il tono di voce.
Sperando acconsenta, tutto ciò potrebbe solo giovare alla nostra situazione.

Vi ringrazio ulteriormente.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 19.1k 609
Gentile utente,

fa piacere che vi sia tornata utile l'indicazione di chiedere un colloquio.

Per il resto, ogni paziente riferisce la "propria" verità, ma noi psicoterapaeuti siamo ampiamente collaudati nella consapevolezza che quello è unicamente "un" punto di vista, cioè il modo di percepire di chi racconta.
La stessa cosa avviene per i consulti qui, ogni scrivente presenta il proprio punto di vista; e non la realtà. E' interessante notare come l'intelligenza artificiale, e le risposte date da essa, non abbia tale consapevolezza ...
I colloqui clinici condotti da psicoterapeuti sono però in grado di accertare molte caratteristiche della persona, soprattutto se l* specialista ha ampia esperienza. Come lei ben sa, i tests non sono 'documento di prova' senza colloquio clinico.

Detto ciò, potrei fare l'ipotesi che la sfiducia verso la terapeuta sia dettata dal fatto che la vita in famiglia continua ad essere difficile, ed altrettanto la relazione con Sua sorella. E' comprensibile tale atteggiamento, anche se non è detto abbia fondamento.

Non ha dato riscontro sull'aspetto farmaci, aspetto che va esplorato.

Saluti cari.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Utente
Ultima replica, poi lascerò spazio al tempo e alla speranza che tutto inizi a ingranare per il meglio.
Onde evitare fraintendimenti, ho scritto la richiesta di avere il consenso, specificando che sarà solo nostra madre (e non anche io) a parlare con la psicoterapeuta. Menomale che ho specificato questo.
Solo per il fatto che ci parlerà nostra madre (persona con la quale ha un buon rapporto) si è inalberata: dicendo che il colloquio si, ci sarà, ma deve essere presente anche lei, per forza e obbligatoriamente.
Almeno ha dato il consenso. Spero vivamente che le cose migliorino.
Per quanto riguarda i farmaci: mia sorella non prende niente. E dalla psicoterapeuta, mai un accenno a riguardo.
Grazie ancora.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 19.1k 609
Gentile utente,

E' ampiamente diffuso il desiderio del/la paziente di essere presente al colloquio cn il/la parente. Ciò risponde anche all'obbligo di trasparenza che un* Psicoterapeuta ha nei confronti dell'assistita.

Una indicazione:
generalmente si suggerisce alla persona ospite di iniziare con domande riguardanti sè e il proprio ruolo, e non direttamente la pz.; ad esempio:
"Io mamma come mi devo comportare quando le due sorelle litigano?"
"Ho letto che esistono certi farmaci aiutano le situazioni difficili; lei cosa ne pensa?"
Questo per evitare che Sua sorella si senta messa sotto processo e interrompa la seduta, o che la terapeuta si senta attaccata, con esiti poco produttivi in entrambi i casi.

Saluti cordiali e .. buona avventura per tutte voi.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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