La totale dipendenza affettiva verso qualcuno

Salve dottori. Sono un ragazzo di 20 anni mi ritengo abbastanza maturo, studio all'università, faccio qualche lavoretto, ho buone relazioni sociali, insomma mi sento abbastanza "adulto". Quasi un anno fa ho iniziato una psicoterapia tramite il servizio di supporto psicologico della mia università poiché soffrivo di ansia cronica, col mio terapeuta ci siamo concentrati sui motivi legati al cambiamento liceo-università, proprio durante questo periodo ho intrapreso le mie prime esperienze lavorative(stagionali) vere, ho avuto la mia prima relazione sentimentale, insomma, sono maturato moltissimo e infatti l'ansia è andata via via estinguendosi. Una cosa però ora è riaffiorata ultimamente, e che emerge episodicamente ogni volta che avviene lo stimolo e la totale dipendenza affettiva verso qualcuno. Mi spiego meglio, fin da piccolo il mio problema è stato non riuscire a dormire fuori casa o comunque lontano da mia madre, ogni volta che ciò avveniva per me era un calvario, subentrava una grandissima paura di stare male e di non sentirmi capito e abbandonato, tanto che ho rinunciato praticamente a tutte le gite scolastiche sia alle medie che al liceo. Ora succede la stessa cosa con la mia ragazza, ogni volta che fa attività diverse dallo stare con me, e ogni volta che non la vedo per un giorno affiorano sintomi quali una tremenda nostalgia, una sensazione di insicurezza, mancanza di fiducia in me, la perdita di entusiasmo verso qualsiasi cosa, insomma la mia irrazionalità vorrebbe l'esclusiva da parte sua perché mi fa credere che da solo io non possa farcela, proprio come un bambino che ha bisogno delle cure della mamma io ho bisogno di attenzione costante se no mi sento male. Cosa importante, nell'ultimo anno è cambiato molto il rapporto con mia madre, lei infatti ha iniziato a trascurarsi, è ingrassata tantissimo, ha iniziato a fumare e ciò mi ha fatto allontanare molto da lei, tanté che si è pensato solo ultimamente che più che altro i problemi di ansia derivino da questi comportamenti che quindi non mi fanno più percepire mia mamma come una figura di riferimento, anzi come motivo di rabbia quasi costante dato che non accetto i suoi comportamenti autodistruttivi, mi sento abbastanza solo e vedo nella mia ragazza la mia unica fonte di sicurezza, il problema è che lei non può esserci sempre, quindi vorrei superare definitivamente il problema e trovare dentro di me le risorse per farcela e la forza di credere che da solo posso fare tutto. Quindi la mia domanda e questa, dato che la psicoterapia ormai è finita (è stata utilissima per fare il punto della situazione), ma il problema principale rimane, volevo sentire, nell'eventualità che io volessi continuare magari con un'altra terapia quale sarebbe la migliore per ovviare al problema, o comunque per ricevere un consiglio utile.
Cordiali saluti
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
una storia davvero interessante, ma mi limiterò alla Sua domanda.

Visto che "quella" terapia è terminata ora Lei potrebbe iniziarne un'altra, capovolgendo tutti i fattori.

Se il terapeuta era un maschio, ora io sceglierei una donna.

Se la terapia era di tipo dinamico-espressivo, ora proverei un approccio più breve, tipo una terapia cognitivo-comportamentale.

E viceversa, ovviamente.

Buon lavoro dunque

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicologo, Psicoterapeuta 615 14 22
"Ora succede la stessa cosa con la mia ragazza"

"nell'ultimo anno è cambiato molto il rapporto con mia madre, lei infatti ha iniziato a trascurarsi"

"vorrei superare definitivamente il problema e trovare dentro di me le risorse per farcela e la forza di credere che da solo posso fare tutto"

Gentile ragazzo,
la situazione che descrive è abbastanza frequente: spesso si ripetono con altri le dinamiche relazionali vissute con i propri familiari, specie quelle sviluppate con la propria madre e soprattutto se i legami sono molto forti.
E' frequente e normale, ma per fortuna abbiamo la possibilità di modulare e modificare gli aspetti della relazione che non ci soddisfano.
Lei ha mostrato di avere buone capacità di introspezione e di rielaborazione dei suoi vissuti: a 20 anni ha vissuto dei cambiamenti importanti in modo consapevole e con tutte le difficoltà del caso.
Credo sia una buona idea quella di proseguire in un percorso psicologico. Per orientarsi meglio può leggere questi articoli e chiederci chiarimenti.

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html

Consideri che non è solo l'orientamento psicoterapeutico a determinare la buona riuscita del percorso, ma la fiducia che svilupperà nei confronti del/della sua terapeuta, quindi è essenziale un incontro vis a vis.
Se non può o non vuole chiamare lo stesso professionista che l'ha seguito all'Università, può farsi un'idea dello psicologo al quale rivolgersi effettuando una ricerca su internet, in questo sito o nel sito dell'Ordine degli Psicologi della sua regione.

Tanti cari auguri,

Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl

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Dr.ssa Serena Rizzo Psicologo 202 9
Caro ragazzo,
gli "schemi attaccamentali" esperiti durante l'infanzia tendono naturalmente ad espandersi alle nostre relazioni adulte.
Credo che,seppur alla fine del trattamento psicoterapico, sia emerso un tema molto importante e che quindi sia un peccato lasciare lo stesso in sospeso.
Che tipo di orientamento ha seguito fino ad ora?
Come sosteneva la collega, al di là del modello scelto, all'interno di una psicoterapia risultano fondamentali la fiducia nel terapeuta, un buona relazione, la costanza nel rispettare le sedute ed altri fattori.
Per rispondere comunque alla sua domanda la psicoterapia cognitiva rappresenta un valido approccio per affrontare i disagi psicologici, partendo dagli schemi di pensiero disfunzionali, dalle credenze del soggetto, da che tipo di interpretazione mette in atto nel valutare se stesso e gli altri. Allo stesso tempo dà ampio spazio al riconoscimento e alla gestione delle proprie emozioni.
Sperando di esserLe stata utile,
la saluto cordialmente,
Dott.ssa Serena Rizzo,
www.psicologiabenevento.it
www.psicoterapiacognitivacampania.it

Dr.ssa serena rizzo

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dopo
Utente
Utente
grazie a tutti
Ho fatto quasi un anno di psicoanalisi che, ripeto, mi è stata molto utile per individuare il problema principale e per affrontare la fase di cambiamento abbastanza importante a cui sono andato incontro, il risultato è che sono pienamente soddisfatto del lavoro ma siccome continuare non si può dato che questo servizio di supporto psicologico offerto dall'università ha la durata di un anno (a fine dicembre sarebbe un anno giusto). Ora che appunto ho individuato il problema, che a quanto pare sembra essere quello più invalidante, pensavo di affrontarlo con terapie più rapide e non basate solo sul dialogo, come la cognitivo-comportamentale o la terapia breve strategica.
cordiali saluti
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Bene, felici di aver contribuito nel fare chiarezza.

In bocca al lupo per il suo nuovo lavoro psicologico