Problemi relazionali

Gentili dottori,
a volte mi capita di avere dei problemi relazionali che mi bloccano e non so come comportarmi e che decisione prendere. Faccio un esempio che mi è accaduto di recente.

Un giorno ho proposto ad un mio collega di trovarci una sera per andare a mangiare una pizza assieme ad altri due colleghi, abbiamo stabilito la data e dovevamo risentirci per concordare l'ora. Arrivato il giorno dell'incontro mi è venuto un forte raffreddore e un pò di febbre allora gli ho telefonato per informare e proporre un'altra data, che è stata accettata. Dopo qualche giorno ho saputo (da lui stesso) che quel giorno sono andati comuque loro tre. Io ci sono rimasta male perchè l'idea era partita da me e mi sono sentita messa da parte. Allora mi chiedo è normale che io mi senta così? O sarebbe più normale non scomporsi più di tanto? Adesso io non mi sento arrabbiata, ci siamo visti e parlati normalmente, ma mi sento delusa e più fredda nei suoi confronti e non mi va di riproporre altro. Mi rendo conto che di non essere capace a gestire bene questo tipo di situazioni, mi potente dire, da questo episodio che vi ho descritto, dove sbagio di comportarmi o cos'è di sbagliato in quello che penso o sento?
Grazie a tutti.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,
che tipo di rapporto ha con questi colleghi?
Queste situazioni possono capitare nel quotidiano, bisogna in questo senso capire che tipo di relazione avete in ambito lavorativo, se siete (o sono gli altri) amici nella vita privata ecc.
Soprattutto se si tratta di un evento isolato, la invito a non provare risentimento e se lo ritiene necessario provare di nuovo.
Ma faccia sapere.

cordiali saluti
www.psicologoaviterbo.it

Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#2]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Ringrazio per la risposta e rispondo alle domande.
Con il collega in questione non ho particolari rapporti di lavoro ma più che altro confidenziali, con gli altri due (che sono una coppia) di semplice simpatia e cordialità.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

non credo ci sia nulla di sbagliato in Lei.
E' probabile che Lei abbia dato un particolare significato ad un evento "neutro", cioè lo ha percepito come un'esclusione.
Probabilmente i Suoi amici hanno deciso di non fare saltare all'ultimo la serata, cosa che mi sembra anche comprensibile. Per Lei, però, la cosa ha assunto un altro significato "distorto" che rischia di generare un problema= "ci vanno senza di me, quindi se ne fregano, quindi non sono importante".
Quindi è pure arrabbiata.

E' così?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Laura Mirona Psicologo, Psicoterapeuta 626 6 1
Cara utente,

è probabile che lei sia rimasta male in quanto aveva dato molta importanza all'evento in sè. Vedere i colleghi fuori dal luogo di lavoro costituisce spesso uno svago. Ci fa sentire liberi di esprimerci diversamente rispetto a quando si è circoscritti nell'ambiente lavorativo. A volte il lavoro assorbe così tanto che uscire sembra quasi un'utopia.
Non veda come qualcosa di negativo tutto ciò, magari anche i suoi colleghi avevano assaporato quest'uscita e dunque non ci sarà nulla di male dietro.
Potrebbe invece proporre nuovamente l'invito e godere finalmente della loro compagnia.
Lei ha altre occasioni di svago con amici?

che ne pensa?

Dr.ssa Laura Mirona

dottoressa@lauramirona.it
www.lauramirona.it

[#5]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Grazie dottoresa, no non mi sono arrabbiata, sono riamasta molto delusa perchè io non ero nel ruolo di "invitata", ma evevo organizzato io, per questo ho sentito l' "esclusione". Io credo di non essere arrabbiata perchè non sento desiderio di qualche forma di ritorsione ma semplicemente di allontanamento. Ma sono d'accordo sul fatto che queste cose possono accadere infatti non mi focalizzo tanto sul comportamento del collega (che comunque ritengo scorretto), ma piuttosto sul significato che attribuisco a queste situazioni che non percepisco come Lei ha detto "neutre". E poi mi sento limitata per la difficoltà a fare in modo che uesti episodi non lascino traccia nei rapporti, gestendoli nel modo migliore. Dove risiede maggiormente il problema? Nel percepire in modo errato o nell'incapacità di regire nel modo corretto?
[#6]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Grazie anche a Lei dottoressa Mirona, la sua ultima considerazione può anche avere il suo peso, infatti ho scarsissime occasioni di uscire e quindi questo potrebbe spiegare in parte la reazione, se avessi frequentazioni frequenti probabilmente il tutto rivestirebbe minore importanza.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Dove risiede maggiormente il problema? Nel percepire in modo errato o nell'incapacità di regire nel modo corretto?"

Potremmo dire in entrambe le cose... :)
Ma è chiaro che se Lei percepisce in modo "distorto" il primo evento, anche il resto (cioè il comportamento espulso in seguito) crea ulteriori problemi.

Mi spiego meglio. Immaginiamo che Lei voglia proporre ai Suoi amici un evento e, dopo averlo proposto, non riesca a cogliere quell'entusiasmo che vorrebbe vedere.
Magari uno di questi Suoi amici ha un problema al lavoro o in altro ambito e non vedeva l'ora di poterne parlare con Lei o di non parlarne affatto, ma di essere lasciato in pace.

Lei interpreterà il comportamento del Suo amico come una scortesia e frutto di insensibilità. Ma lo stesso farebbe lui! Non solo. Potrebbe accadere che Lei non sia più propensa a parlare con lui per l'intera giornata e tenga il muso. Se solo dopo il Suo amico decidesse di parlare con Lei, troverebbe una persona chiusa e scontrosa...

Qual è il risultato: entrambi avreste confermato le vostre previsioni (errate entrambe!)

Questo accade molto più frequentemente di quanto Lei possa immaginare e si tratta di profezie che si avverano!

Tornando al Suo caso, bisognerebbe osservare la scena dall'esterno: questo potrebbe aiutarLa a prendere le distanze e capire che cosa c'è che crea problemi.

Successivamente bisognerebbe però modificare questi schemi percettivi che generano il problema.

Questo è un obiettivo sensato che si attua ad esempio nella terapia cognitivo-comportamentale, dove si va proprio alla ricercad i questi schemi, dei significati che l'altra persona attribuisce e che spesso sono distorti e si modificano con schemi cognitivi e anche comportamentali più funzionali.

Un cordiale saluto,
[#8]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
La ringrazio per la spiegazione di questi, se così si può dire, "meccanismi". Sarebbe però anche utile avere la capacità di riuscire a capire quando si è davanti a circostanze come quelle da lei descritte, perchè penso che a volte possa anche succedere di trovarsi realmente davanti a situazioni dove la percezione non è "distorta". Allora forse sarebbe sempre meglio dire all'altro quale percezione si ha avuto? Ma così si può rischiare di passare per paranoici, se si ha visto male. Lei faceva riferimento a metodi mirati alla soluzione di questo tipo di problematiche, ma quando è il caso di farne ricorso? Anche per casi come quello da me descritto?
[#9]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,
Il nucleo fondamentale del senso di esclusione richiama in un modo simbolico una dinamica edipica.
Questo succede quando si e' ancora troppo legati a dei rapporti esclusivi con gli altri e quindi questi rapporti talvolta si traducono con una dipendenza quasi egocentrica (se mi permette il termine).

Cordiali saluti
www.psicologoaviterbo.it
[#10]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"penso che a volte possa anche succedere di trovarsi realmente davanti a situazioni dove la percezione non è "distorta"."

Certamente può accadere anche questo.
E' per questa ragione che in prima battuta una persona dovrebbe capire COME funziona e poi modificare quello che c'è da modificare.

Se Lei, ad es., dovesse imbattersi in persone insensibili o maltrattanti, non si tratterebbe più di una distorsione.

Per fare questa valutazione in maniera più accurata possibile è necessario saper riconoscere le proprie emozioni e i propri schemi cognitivi.

"...ma quando è il caso di farne ricorso?"
Quando c'è una sofferenza che la persona non riesce a gestire.

Nel Suo caso sarebbe opportuna una valutazione di persona con un Collega per poterlo stabilire.
Da qui non si possono fare prescrizioni perchè vietate e perchè avremmo dovuto porre una diagnosi, che a distanza non è possibile fare.

Tuttavia, se questo è motivo di forte disagio per Lei, una consulenza psicologica può certamente richiederla.

Un cordiale saluto,
[#11]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
La ringrazio infinitamente per la disponibilità, una consulenza penso che la chiederò L'estate scorsa ho conosciuto al mare una psicologa che diceva di praticare proprio il metodo cognitivo-comportamente che lei mi ha citato, ma se non ricordo male mi diceva anche di non essere psicoterapeuta, secondo lei può andare bene lo stesso?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Per una consulenza va bene lo psicologo non specializzato; qualora fosse indicata la psicoterapia come trattamento, lo psicologo deve essere anche psicoterapeuta.

Non so dirLe da qui che tipo di trattamento Le serve, perchè ovviamente la valutazione si fa di persona.

Le faccio comunque tanti auguri per il Suo futuro e ci aggiorni!

Un cordiale saluto,
[#13]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Un cordiale saluto a tutti Voi e grazie per il servizio che offrite.
[#14]
dopo
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Buongiorno a tutti, rieccomi quà. Stò cercando un professionista per una consulenza nella mia città, ma non offre molto e mi pare che dovrò allargare il raggio di ricerca. Pensavo che con il passare dei giorni la questione che vi ho sottoposto avrebbe perso il suo spessore, invece non è così. Siccome non mi pare il caso che un fatto del genere rovini un buon rapporto, ho cercato di fare finta di niente e continuare a vedermi con lui (che mi contatta quotidianamente) come se nulla fosse successo, ma non mi sento più come prima. Non mi interessa intrattenermi per un caffè, quando mi chiama ci vado ma mi sento infastidita e il contatto fisico lo evito. In pratica cerco di comportarmi come prima, ma questo non è in sintonia con in mio sentire. Lui se n'è accorto, ed è quello che non volevo, ma d'altra parte se mi negavo ogni giorno se n'accorgeva lo stesso. Non sono brava a mentire. Pensavo di parlagliene apertamente, ma non vorrei fare una figuraccia e peggiorare le cose. Se gliene parlo è meglio?
Grazie.