Depressione, fallimento, scarsa autostima

E' cominciato tutto verso la fine del 2009, ma a quel tempo, felice e piena di entusiasmo, non potevo ancora saperlo.
Mi sono laureata a pieni voti convinta che il futuro mi avrebbe riservato serenità e soddisfazioni; ero sempre stata brava e diligente, forse un po' ansiosa, ma comunque sempre pronta ad affrontare le difficoltà. Gli anni a seguire sono stati un vortice in discesa, un'amarezza dietro l'altra, un fallimento senza fine.
Dopo la laurea ho cominciato a lavorare gratis o quasi. Il sacrificio dei primi tempi mi avrebbe ripagato, o almeno così speravo. Ogni posto sembrava quello giusto, quello in cui avrei trovato la mia strada, ma alla fine dei vari periodi di stage venivo sempre rispedita a casa. Continuavo a fare colloqui e venivo sempre scartata. Mi formavo in settori che poi non volevano assorbirmi.
Non abbastanza aggressiva, non abbastanza decisa, non all'altezza. La delusione è stata ogni volta più forte e bruciante.
Per anni ho dovuto trovare la forza di rialzarmi e riprovare; lo dovevo ai sacrifici fatti sui libri grazie alle borse di studio faticosamente guadagnate e all'appoggio dei miei genitori che mi avevano sempre appoggiata. Nel 2011, dopo un paio d'anni di esperienze infruttuose, ho avuto i primi episodi depressivi. Una tristezza acuta e inconsolabile che durava per giorni. Nessuno sembrò accorgersene e io mascherai bene.
Con l'andare del tempo la cosa non mi viene più così facile. Oggi la mia faccia è quasi trasparente, tanto da poter leggere i miei pensieri e i periodi di tristezza sono sempre più lunghi e più frequenti.
Ho 32 anni, nessuna professionalità acquisita, una laurea che non serve a niente, un letto a casa dei miei genitori. La mia vita adulta non è mai cominciata.
Vivo in una costante sensazione di inadeguatezza e inutilità, piena di rimpianti e malumori. Riservo a me stessa la colpa di ciò che mi è accaduto perché non sono stata in grado di gestire le situazioni e farmi valere. Sono circondata da amici splendidi, dinamici e in carriera mentre io lavoro gratis per un ente pubblico senza speranze per il futuro. Con loro non parlo della mia situazione e dei miei sentimenti per vergogna.
Fra il 2014 e il 2015 ho provato medicinali e psicoterapia senza ottenere risultati di rilievo; oggi mi ritrovo senza un soldo a vivere della carità dei miei genitori e non posso permettermi nemmeno un ticket per qualche colloquio alla Asl.
Per la maggior parte del tempo provo pena per me stessa e la mattina non trovo un motivo per alzarmi dal letto; mi obbligo a fare tutte le attività quotidiane perché non voglio che i miei genitori si preoccupino o che le persone pensino che sono malata.
Tutta la mia esistenza mi sembra un tunnel senza uscita e la forza di rialzarmi mi abbandona.
Non so cosa fare e spero che qualcuno possa consigliarmi.
Grazie

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

ha mai provato a pensare di chiedere allo psicologo un aiuto per vedere di cambiare il modo di porsi nei confronti del mondo del lavoro e delle sfide? Lei stessa dice che è poco aggressiva.
Inoltre, passare da uno stage all'altro e da un lavoro non pagato ad un altro, non credo sia espressione di una sana autostima...

Va bene dover imparare dopo la laurea, ma a distanza di sette anni direi che è ora di chiudere con il volontariato e che comunque è anche ora di cambiare le modalità di approccio.

Ma deve partire da Lei, perché una persona più determinata e sicura, con obiettivi chiari e un metodo per raggiungerli può senz'altro avere successo.

Quali sono i Suoi obiettivi? Come crede di raggiungerli? In quanto tempo?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"tra il 2014 e il 2015 ho provato medicinali e psicoterapia senza ottenere risultati di rilievo"

Gent.le Ragazza,
può raccontarci meglio la sua esperienza con la psicoterapia?
C'erano degli obiettivi terapeutici concordati con lo specialista?

"Oggi la mia faccia è quasi trasparente, tanto da poter leggere i miei pensieri e i periodi di tristezza sono sempre più lunghi e più frequenti."

"Con loro non parlo della mia situazione e dei miei sentimenti per vergogna"

Mi sembra di cogliere una contraddizione in queste affermazioni, come se la maschera che ha messo per tanto tempo oggi si confonde con la sua stessa pelle e non riconoscesse più come ci si sente ad essere se stessi.
E' così?

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Dott.ssa Camplone: ho provato la psicoterapia per tre mesi l'anno scorso. L'obiettivo di cui mi ha sempre parlato la psicologa era relativo al cambiamento della mia visione delle cose. Lei sosteneva che in una stanza piena di colori io avrei percepito solo il nero, che in una stanza avrei notato solo le crepe sui muri. So che la sua analisi era giusta e che per natura tendo a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto, ma nonostante i nostri colloqui il mio modo di percepire gli avvenimenti che mi circondano non è cambiato.
Per quanto riguarda "la mia faccia trasparente" posso solo dire che col tempo le mie emozioni negative hanno cominciato ad essere visibili, ma se qualcuno mi chiede come sto uso le parole per fingere. Dico che sono stanca o ammalata. Mi sento fagocitata e sopraffatta da questi sentimenti. Il mio "me stessa" di oggi è questa condizione buia che diventa ogni giorno più inscindibile dalla mia persona.

Dott.ssa Pileci: come scrivevo sopra ho provato con la terapia, ma attualmente non mi trovo più nelle condizioni economiche (anche minime) per continuare e approfondire questi lati del mio carattere.
Per il resto posso dirle che i lavori gratuiti o giù di lì sono stati una scelta obbligata. Sono stata sempre scartata ai colloqui di lavoro che prevedevano uno stipendio e ho preferito continuare a muovermi piuttosto che stare ferma a casa senza un motivo per uscire dal letto.
Molti dei miei obiettivi sono cambiati in corsa perché non c'erano altre possibilità; ho sempre pensato che l'adattamento alle situazioni sfavorevoli fosse fondamentale per restare a galla e ho cercato di "riciclarmi" con quello che il mercato mi offriva. Non so cosa ci sia di sbagliato nel mio approccio, io mi sono sempre vista come una persona diligente e attenta sul lavoro, con una gran voglia di imparare e crescere, ma sembra che quello che posso offrire non sia mai abbastanza. Ogni tanto mi sembra di essere stupida perchè non capisco cos'ho che non va rispetto a tanti altri.

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara ragazza,
La depressione e' una psicopatologia di tutto rispetto.
Perche' basta poco perche' ci invada.
Basta qualche insuccesso ( non dipeso da Lei) e un po' di senso di colpa, di sensibilita', di scarso appoggio dal contesto e si comincia a scivolare giù. Giu' dove ora si trova Lei.
La prima cosa che penso Lei possa fare e' una visita psichiatrica. Lo psichiatra e' il professionista in grado di prescrivere degli antidepressivi ad hoc. Adatti al suo tipo di depressione.
Perche' le depressioni non sono tutte uguali e occorre uno specialista per diagnosticare il tipo è la farmacoterapi adatta.
Ci vorra' del tempo ma poco a poco stara' meglio.
A quel punto potra' se vorra' iniziare una psicotrapia analitica per capire a fondo quali "faglie" nella sua psiche abbiamo fatto si che la depressione si sia insinuata in Lei.
E li' iniziera' a cercare le cause.
Come vede da fare c'e davveo tanto.
Se vuole ci scriva di nuovo. Ci fa piacere darle una mano per risalire su, "a riveder le stelle". E non un cielo nuvoloso!
Auguri!

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#5]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Esposito
Fra 2014 e 2015 sono stata in cura sia da uno psichiatra che da uno psicologo. Per alcuni mesi ho assunto le medicine, ma gli effetti collaterali erano pesanti e quasi peggioravano la mia condizione. Attualmente non ho possibilità di riprendere la psicoterapia, nemmeno quella offerta dalla Asl. (Lavorando gratis...)
Proprio per questo motivo ho provato a cercare consiglio qui. Devo farcela da sola perché è l'unica cosa che posso fare in questo momento; mi obbligo a vivere, a fare ciò che posso, a comportarmi normalmente pure quando vorrei piangere. La tristezza mi ha tolto ogni sogno e ogni speranza, cerco di salvare almeno la quotidianità.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gli psicofarmaci danno inizialmente dei fastidi. Ma si deve cercare un dialogo con lo psichiatra su questo punto. Non si smette di prenderli.
Oppure bisogna ipotizzare che prevalga in Lei il desiderio di stare male.
E' una manifestazione psichica molto importante che si definisce "vantaggio secondario". E se si tratta di questo non ci sono possibilita' che Lei stia meglio. E non per motivi economici.
Perche' la patologia Le serve! E non vuole perderla!

Ci pensi!
Buona serata!
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dopo
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Esposito
Non è facile nè possibile spiegare in qualche messaggio la propria condizione personale in maniera completa, ma quello che dico è vero; le visite hanno un costo e io semplicemente non posso permettermele. Non avere un lavoro, stare male e non potersi curare...un gatto che si morde la coda.
Io non voglio stare in questo modo, questa tristezza non mi serve affatto.
Ho parlato con lo psichiatra dei pesanti effetti del medicinale e del fatto che il mio umore non facesse progressi, ma non mi ha cambiato la terapia e al telefono spesso non ricordava nemmeno chi fossi. La psicologa oltretutto sosteneva che i farmaci non fossero necessari. Cosa deve fare un paziente in questi vasi se non fidarsi della propria terapeuta?
Ho sempre chiesto aiuto quando potevo, voglio stare meglio, perché dovrei aver bisogno di questa patologia? A cosa può servirmi sentirmi costantemente un fallimento e un'incapace?
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara Signora,
Se ha avuto l'impressione (che potrebbe peraltro essere anch'essa parte della patologia) che lo psichiatra non fosse un professionista serio poteva cambiarlo.
E non chiedere alla psicologa se i farmaci (che uno psicologo non tratta e quindi non puo' valutare) fossero utili.
Inoltre volevo suggerirLe di considerare che il "vantaggio secondario" e' una cosa cosi' rilevante da essere idoneo a "creare" una psicopatologia e difenderla a tutti i costi.
Per comprenderlo occorre una intera psicoanalisi. Per liberarsene una intera psicoterapia.
Ora faccia Lei cara Signora.
Rifletta sul "costo" che tale situazione ha per Lei (non parlo di costo economico!).
Se questa riflessione verra' da Lei fatta cio' stara' a significare che c'e una possibilita' che Lei metta in difficolta' l'azione del vantaggio secondario. Se invece prevarra' lui... Le terra' compagnia a lungo.
I miei auguri cara Signora!