Apatia e depressione

Buongiorno
mi rendo conto che l'argomento è particolarmente ampio e ostico soprattutto se affrontato online, ma avrei bisogno di un consiglio, se potete aiutarmi. Ho letto che per aiutare un paziente affetto da "apatia, demotivazione, scarsa voglia di reagire e depressione", bisogna essere assertivi, non insistere cercando di convincere chi non ha voglia di reagire e rimettersi nelle mani del soggetto stesso, cercando di non forzare la mano e rivolgendosi a lui con calma e con dolcezza. Ma mi chiedo: come fare quando la persona in questione reagisce sempre male a qualsiasi cosa gli viene detta, che sia con dolcezza o fermezza? Come fare quando non c'è alcun argomento che lo interessi o che faccia scattare in lui qualcosa, che non sia soltanto rabbia e nervosismo? Come fare quando la persona non si alza più, non esce più e non si rende conto che così facendo può restare paralizzato a una sedia per via della sua già precaria condizione di salute (è affetto da tumore e gravi difficoltà respiratorie) e da una muscolatura delle gambe ridotta all'osso che non può in alcun modo sorreggere 70 kg? Come fare quando la persona si attacca ai farmaci (antinfiammatori ecc..) oltre a quelli specifici che deve assumere per la sua terapia, nella mera speranza che il miracolo si compia, senza rendersi conto che questo compromette ancora di più la sua salute provocando una sorta di intossicazione e una sorta di circolo vizioso? Come fare quando si ha a che fare con una persona ottusa testarda e irascibile e che ormai ha perso la lucidità, con la quale si cammina sempre sulle uova per paura di dire la cosa sbagliata e aspettarsi che reagisca ancora peggio, magari interrompendo del tutto la terapia o intestardendosi ulteriormente?? Non è facile applicare i consigli che date nei vari articoli su come affrontare questi soggetti semplicemente dicendo loro "e' necessario che ti curi,i se vuoi troviamo una soluzione insieme" perché questo non sortisce alcun effetto, come pure chiedere direttamente a lui cosa vuole fare o cosa si sente di fare, perché la risposta è "non lo so, non faccio proprio niente" (per poi chiudersi ancora di più a riccio peggiorando la cosa...)
Non sappiamo più che pesci pigliare. Concludo dicendo che non ne vuole sapere né di sostegno psicologico, che già gli era stato più volte suggerito, né di consigli dati da amici è parenti a lui cari
Grazie per l'attenzione, qualsiasi aiuto è prezioso.
Saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

le modalità relazionali che Lei cita sono corrette.
Chiaramente devono essere declinate e modulate a seconda di chi è l'interlocutore. Ecco perché bisogna essere flessibili.
Ad esempio, se io dicessi che c'è una scala per mettere in punizione i bimbi monelli, è chiaro che dobbiamo modulare e applicare tale scala a seconda degli obiettivi, dell'età, della situazione e del contesto.

Tornando alla Sua situazione, se si interfaccia con una persona così malata, verosimilmente con problemi fisici molto pesanti, la situazione è diversa rispetto al depresso. Il depresso avverte la spossatezza e stanchezza quali sintomi della depressione stessa, ma un malato oncologico ha ben altri sintomi, oltre ad una probabile depressione reattiva.

Nello specifico, posso chiederle in che cosa consisteva il supporto psicologico già fatto? Ha coinvolto anche voi parenti?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Salve Dott.ssa
Grazie per il riscontro! La persona in questione non ha mai voluto un supporto psicologico anche se gli e' stato proposto all'inizio della sua malattia...e quindi va da sé che la gestione della sua condizione sia ricaduta sui parenti, oltre che ovviamente su di lui. Ma e' diventato sempre più difficile anche x via della difficoltà di relazionarsi a lui, già complicata in passato. Grazie ancora mi rendo conto che non e' di facile interpretazione. Ma se Le dicessi che con un muro e' più facile mi crederebbe?. Cordialmente
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

tenga presente che, a differenza di una persona ansiosa-ossessiva, chi soffre di depressione incontra molta fatica a chiedere aiuto e talvolta, purtroppo, una malattia grave diventa quasi il pretesto per lasciar scorrere tutto senza reagire, anziché lottare per curarsi.

In ogni caso, un supporto anche per voi parenti è indispensabile.

Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
La ringrazio ancora molto per l'attenzione. Ma credo proprio che la strada del supporto psicologico sia quella più ripida.
Saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Non capisco per quale ragione.
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dopo
Utente
Utente
Sono convinta che la malattia e le precarie condizioni fisiche possano esacerbare problemi e disagi già latenti, vecchi come il mondo e irrisolti e quando si scopre il vaso di pandora ... Per risponderLe, non so, per paura? per orgoglio? per debolezza?
Sono sicura che Lei lo sa meglio di me...

Grazie ancora
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

un professionista esperto non deve scoperchiare il vaso di Pandora, ma con molta attenzione deve sapere che cosa fa e se è il caso di metter mano in una determinata situazione.
Non è detto che si debba scavare e scavare nel passato, neppure in una psicoterapia.
In realtà un intervento psicologico o psicoterapico prevede che vengano fissati degli obiettivi per arrivare al benessere dell'individuo e solo di questo ci si occupa.
Capisco il Suo timore, ma lo psicologo deve attenersi al problema portato dal pz, certamente lavorando sull'analisi della domanda che spesso non è così chiara al pz stesso.

Per quanto riguarda il resto, ritengo che chiedere aiuto sia in alcune circostanze e per alcune persone piuttosto difficile, anche per le ragioni che elenca Lei.
Ma ne vale davvero la pena?
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dopo
Utente
Utente
Lei ha perfettamente ragione e condivido, ma se già non ci si fida dei propri cari,degli amici ai quali si apre la propria vita o del medico di famiglia che si presume ti conosca da anni come si fa a fidarsi e a parlare delle proprie paure o ansie con una persona appena incontrata e di cui si dubita a prescindere. E' molto più difficile di quello che sembra. E ci sono invece persone che crescono chiedendo consigli a destra e a manca anche per le banalità, che non si mettono un paio di scarpe se non c'è qualcuno che approva o che vanno solo da chi conoscono, e altre che non si fidano neanche di loro stesse e questo è un problema quando entra in ballo la salute o la vita. La ringrazio x il Suo tempo, proverò a proporre questa strada. Cordialmente
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Gentile utente,
Lei ci parla di una persona molto malata e che non vuole chiedere aiuto.
<<quando la persona non si alza più, non esce più e non si rende conto che così facendo può restare paralizzato a una sedia per via della sua già precaria condizione di salute (è affetto da tumore e gravi difficoltà respiratorie) <<.

Io vorrei ricondurre l'attenzione su di Lei.
Sento nelle Sue parole più rabbia che preoccupazione e - sembra - conflitti irrisolti da tempo. <<esacerbare problemi e disagi già latenti, vecchi come il mondo e irrisolti <<.
Ho immaginato possa trattarsi di un/a Suo/a genitore...

Quando le persone si avvicinano (forse) a situazioni gravissime, frequentemente si cristallizzano in atteggiamenti difensivi rigidi; e ciò fa scattare richieste impossibili in chi sta vicino.

Anche chi "accompagna" corre di rischi, che troverà ben descritti qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1156-il-cargiver-familiare-e-il-burden.html
Le suggerirei di chiedere aiuto Lei stessa, per riflettere più a fondo sulla vostra relazione e su come "accompagnare" senza necessariamente privilegiare il proprio punto di vista.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

ha fatto bene a chiarire le Sue perplessità, ma lo psicologo non è un amico che eroga consigli, bensì un professionista.
Sono d'accordo con Lei: se ho un problema di salute, posso chiedere ad un amico, ma la sua opinione resterà quella di un amico, non di un medico. Se ho bisogno di un parere su una fattura, potrei chiedere ad un amico, ma probabilmente non sa neppure rispondermi, allora tanto vale andare direttamente da un commercialista, che è il professionista che si occupa anche di questioni del genere.

Ricorrere al professionista mi tutela da eventuali errori, perdite di tempo, ecc...
Anche lo psicologo psicoterapeuta è un professionista che può aiutare i parenti dei pz (e sempre più spesso ci prende cura anche del gruppo famiglia, proprio perché se io tratta un pz e poi lo reinserisco in una famiglia in cui le relazioni sono malate, egli non avrà un vantaggio), che non risponde a domande su "consigli".

Purtroppo molte persone sono erroneamente convinte che lo psicologo sia il professionista che ascolta passivamente senza proferir parola ed elargendo consigli da amicone.

Cordiali saluti,
[#11]
dopo
Utente
Utente
Dott.ssa Brunialti,
ha colto nel segno, si tratta di mio padre. Ammetto per prima di avere probabilmente bisogno di sostegno per riflettere innanzitutto su me stessa (cosa che peraltro faccio regolarmente da quando ero ragazzina, così come il mettermi sempre in discussione e il praticare costantemente l'autocritica per qualsiasi cosa, a differenza di altri che non si schiodano dalle loro posizioni a costo di rimetterci la vita, la salute o quella degli altri!) e poi sulla mia (difficile) relazione con lui. Ma vorrei sottolineare che qualsiasi famiglia ha "conflitti irrisolti", problemi relazionali o di comunicazione. Non esistono famiglie perfette, perché l'essere umano non è perfetto. E non credo nemmeno che queste ultime famiglie non incontrerebbero problemi nell'"accompagnare" un famigliare colto da malattia.. E sì, sono anche arrabbiata, perché mi fa stare male vedere una persona ridotta così, senza poter fare nulla per lo meno per far scattare qualcosa di positivo in lui (e per una figlia è una sconfitta!!) O vedere una famiglia crollare sotto il peso di qualcosa di più grande di lei, l'ennesimo colpo basso della vita o assistere impotente a un altro genitore che sorregge tutto, rischiando di venire schiacciato... Ma ha ragione.

Dott.ssa Pileci, ha ragione.

Grazie mille per la Vostra attenzione e il cortese riscontro.