Sopportare le lamentele dei genitori anziani senza impazzire

Gentili dottori,
Mi rivolgo a voi per un consiglio sulla strategia migliore da adottare per il problema che descrivo nell'oggetto. Pur avendo ormai 32 anni, a causa di grosse difficoltà economiche, vivo ancora con i miei genitori (rispettivamente 58 e 66). Improvvisamente diventati ipocondriaci e malati di depressione in cura con psicofarmaci passano tutto il giorno a lamentarsi e io non riesco più a sopportare queste continue fonti di ansia e angoscia. Come se fossi il loro medico mi chiamano per rendicontare le alterazioni della pressione, i dolori o gli attacchi di panico e chiedermi quali medicinali prendere e quando, come se potessi saperlo io. A ciò si aggiunge il completo disinteresse per la casa, perennemente sporca e in disordine. Fino a poco tempo fa la cosa era gestibile e non mi dispiaceva dare il mio contributo sgravandoli dalle incombenze quotidiane (spesa, cucina, pulizia), ma ora che ho meno tempo a disposizione perché lavoro dalle 10 alle 20, non riesco nemmeno più a tenere il passo. Non ho più una vita e sarei anche disposta a sacrificarmi se non fosse che credo di star diventando depressa anche io. Ogni volta che mi parlano non posso fare altro che fissare il vuoto senza rispondere, mentre dentro di me sento nascere un incontenibile senso di angoscia. Non posso neppure sfogarmi col mio ragazzo perché altrimenti dice che mi lamento come loro e non so più che fare. Ho accettato di lavorare tanto tempo fuori, in realtà, anche per stare il meno possibile con loro, perché non sopporto più la loro presenza. Quando squilla il cellulare mi sento male, temendo che gli sia successo davvero qualcosa; quando rientro e so che le poche ore a disposizione per rilassarmi saranno impegnate da discorsi sulla cervicale o il reflusso mi sento impazzire. Ho provato a mandare mia madre in psicoterapia e il dottore ha detto che soffre della sindrome del nido vuoto (perché le ho detto che pensavo di sposarmi), ma non ha voluto continuare. Come posso risolvere questa situazione? Se gli faccio notare che non fanno nulla a parte lamentarsi si mettono a piangere dicendo che sono egoista e non capisco la depressione, se accondiscendo se ne approfittano... inoltre ho un fratello di 23 anni che stando dietro alle loro fobie è diventato ipocondriaco anche lui e invece di aiutarmi li fomenta e spesso -involontariamente - aggiunge ansia descrivendo le malattie impossibili che crede di avere. Ovviamente anche lui vuole consulti da me. Sono attaccata su tre fronti e sono lì, lì per capitolare. Pensavo di andare io da uno psicologo, per farmi sostenere in questo percorso di vita che ormai mi appare solo come un incubo, ma non so a quanto possa servire visto che il problema non è dentro di me. Potrebbe aiutarmi? Come è meglio rivolgersi a persone che soffrono di ipocondria e depressione? Grazie in anticipo
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66

Gentile utente,

La situazione è decisamente pesante e mi auguro che non La faccia ritornare sui Suoi passi rispetto al matrimonio..

Può darsi che i genitori soffrano della sindrome del nido vuoto (empty nest), come afferma il medico di base;
MA
ma gli uccellini sono fatti per spiccare il volo
la freccia è fatta per scoccare dall'arco (Gibran),
e dunque nessun senso di colpa.

Come trattarli?

La invito a leggere con attenzione questo articolo che tratta del burnout anche grave in cui si può incorrere quando i famigliari "esigono" assistenza e presenza:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1156-il-cargiver-familiare-e-il-burden.html ,
con una racomandazione di fare attenzione alla "propria" salute.

Saluti cordiali.
Carlamaria Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#2]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio molto per la sua risposta che in realtà tocca un tasto dolente, ossia il matrimonio... nessun ripensamento da parte mia, ma vista la situazione è il mio ragazzo che per ora ci ha ripensato. Un po' per paura che mi portassi dietro, a casa nostra, anche i miei e un po' perché dovendo star dietro a queste cose mi sono molto trascurata (e a detta sua sono diventata così brutta che non è più sicuro di voler fare con me questo passo che gli mette molta paura).
Insomma il rischio di impazzire è forte. Vorrei che esistesse una cura per tutti e tre, ma ho paura a proporre una terapia familiare perché temo che quello che potrebbe venir fuori non resterebbe confinato nella stanza del terapeuta e anzi sono abbastanza sicura che si ripercuoterebbe sui già delicati equilibri familiari.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Mi dispiace moltissimo la Sua situazione di coppia.

Corre il rischio cha sia Lei quella a pagare per tutti.

Certamente il supporto psicologico Le sarebbe di grande aiuto,
non tanto per cambiare le cose "fuori",
bensì "dentro" di sè: lì è il primo luogo nel quale lavorare.

Saluti cordiali.
Carlamaria Brunialti
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