Mia figlia ha 33 anni e non vuole lavorare

Detto così sembrerebbe che è una persona pigra, ma le cose stanno in modo diverso. Mia figlia ha una laurea in filosofia, non ha amici ne ha mai avuto una relazione perchè non si è mai adattata al paesino del sud in cui viviamo. Lei vorrebbe vivere e lavorare negli Stati Uniti, ma essendo una persona ansiosa, pessimista, e con bassa stima di se non è mai riuscita a raggiungere i suoi obbiettivi. Quando le dico che deve lavorare comunque non mi dice di no perchè non le va, mi dice di no perchè ha paura di confrontarsi con le persone, perchè è stanca di essere sempre additata come la persona "strana" della situazione, perchè in effetti essendo anemica da sempre ha poche energie. Non vuole lavorare perchè ciò che qui si prospetta sono lavoretti che le consentirebbero di guadagnare poco e lei dice che non ha senso safrificare 10 ore della propria vita se poi è comunque costretta a vivere con i genitori, "perchè lavorare 10 ore se poi non posso nemmeno avere una casa mia e una vita mia?" Ripete sempre. Lei sa che il suo sogno è andare via ma dice di non riuscirci quindi la sua alternativa è rimanere in casa con noi aiutando nelle mansioni per guadagnarsi il nostro mantenimento, e in effetti in casa aiuta tantissimo. Il pomeriggio lo trascorre al pc, ma non a chattare o a perder tempo sui social, studia di tutto, ha imparato l'inglese e lo conosce a livello avanzato. Quando esce per disbrigare le mansioni della famiglia ne approfitta per fare una passeggiata a mare o nella natura. Con i pochi soldi che lo zio le regala va in palestra e una volta l'anno fa una vacanza. Dice che non è questa la vita che vuole, ma che è preferibbile a una vita di sfruttamento lavorativo, di matrimoni con uomini dalla mentalità chiusa del sud e di figli esigenti che non desidera. Inoltre ama scrivere, praticare yoga e sostanzialemente starsene tranquilla con i suoi gatti, lontana da una società che non le piace e che la fa soffrire. Vi chiedo, io da madre cosa dovrei fare?Consentirle di rimanere a casa in quanto contribuisce ad aiutare la famiglia, e comprendere che questa sua "non scelta di vita" è la sua scelta di vita per il momento, o devo assillarla e spronarla a lavorare come ho fatto fin'ora? Grazie per il vostro tempo
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 186
Gentile signora, leggendo le numerose lettere che ci sono giunte, tutte DAL MEDESIMO ACCOUNT, risulta difficile capire se si tratta di due persone o di una sola, e se i problemi prospettati sono reali.
E' già difficile fare una consulenza online; senza avere un minimo di certezza sull'età e sugli altri dati che chiediamo ai nostri utenti è addirittura imprudente.
In questa sua richiesta, per farle un esempio, lei ci parla di una figlia che vorrebbe andare negli USA. Bene, e perché non lo fa? Non è che dai paesi del sud nessuno ci sia mai andato, e questo anche in pieno Ottocento. Oggi poi ci sono voli che costano poco, viaggi organizzati, offerte temporanee di studio e di lavoro e ogni altra possibilità. Come potremmo credere, dunque, che una persona si sia messa in stallo e addirittura non lavori, per una ragione di questo genere? Sarebbe più credibile che stia lavorando per mettere da parte i soldi del viaggio.
Inoltre da questa nostra postazione noi non possiamo aiutare chi ci propone il problema di una terza persona, e questo anche quando l'account è assolutamente sincero. Sempre disponibili a cercare di aiutare, i miei colleghi ed io chiediamo però di essere messi nelle condizioni di farlo.
Se il problema riguarda una figlia maggiorenne, chieda a sua figlia di scriverci, dopo aver aperto un proprio account.
Un'altra cosa: come non è credibile che chi vuole andare negli USA non ci vada, sia pure per una vacanza, non è credibile che una persona con reali competenze e titoli di studio non trovi un lavoro perché lo stipendio iniziale è basso o perché sarebbe necessario spostarsi in una città più grande. Ci sono concorsi anche nello Stato, ci sono l'insegnamento, le traduzioni. E poi il lavoro, soprattutto per una persona che ha competenze e interessi, è un valore in sé stesso, e perfino un lavoro mal pagato è sempre la traccia vitale della nostra presenza nel mondo. Non comprenderlo potrebbe indicare la presenza di una malattia, e allora perché spronarla a lavorare, anziché invitarla a farsi curare?
Auguri, e rifletta su quanto le ho detto. Se vorrà, sistemi i dati del suo account e ci scriva ancora.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa, la ringrazio per il suo tempo e comincio con chiarirle l'equivoco dell'account. Questo é il mio account ma é stato anche usato da mia figlia per esporre I suoi problemi esistenziali Che sono appunto I medesimi da me descritti. È stata lei stessa a invitarmi a chiedervi un consulto su questo problema per esporlo dal mio punto di vista. Sappiamo che le soluzioni esistono e che se davvero ci si impegna la vita puó cambiare, mia figlia tuttavia sembra "morta dentro" non saprei come descrivere meglio. E' stata da uno psichiatra che le ha prescritto degli ansiolitici e un antidepressivo ma oltre a migliorare mediamente il tono dell' umore non si sono visti grandi risultati. Non sappiamo cosa fare il centro di salute mentale ci ha sempre liquidati con consigli vaghi il medico curante non capisce la situazione. Io temo che mia figlia possa soffrire di qualcosa ma non riesco a comprendere cosa. Ecco perche ci rivolgiamo spesso a voi e colgo l' occasione per ringraziarvi sempre
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 186
Gentile signora, lei dà voce alle parole e alle esperienze di sua figlia come se foste una coppia, anziché due adulte con vite autonome. Scrive: "il centro di salute mentale ci ha sempre liquidati con consigli vaghi". E lo credo, se andavate insieme: i colleghi sono tenuti a non far trapelare una diagnosi che sarebbe una violazione della privacy del paziente.
Lei aggiunge: "Io temo che mia figlia possa soffrire di qualcosa ma non riesco a comprendere cosa". Ma lei non è psicologo né psichiatra, signora; come potrebbe formulare diagnosi? Per questo ci riferisce che sua figlia sembra "morta dentro". Su che basi?
Se manterrà il ruolo di madre darà un aiuto più consistente a sua figlia.
Le chiedo ancora una volta di dirle di crearsi un account e scriverci direttamente, se ritiene di avere un problema. Ma può darsi che sua figlia stia bene così e che abbia trovato uno dei tanti equilibri della condizione nevrotica, felice no, ma tollerabile. Qualche volta non si tratta nemmeno di nevrosi ma di errori nel valutare e perseguire i propri reali interessi. A volte, se i genitori sono troppo protettivi e il figlio troppo pigro, questo non esce mai dall'infanzia, "mette il muso" se non gli pagano questo o quello e se vengono meno a qualche sua richiesta capricciosa. I genitori, a loro volta mai usciti dal ruolo di genitori di bambino piccolo, cedono ai ricatti, si sentono in colpa come se il figlio non avesse mai sviluppato un pensiero autonomo, e non si riconoscono il diritto/dovere di metterlo alla porta.
Così il figlio non sviluppa un sano principio di realtà, non esercita mai forza di volontà, responsabilità, dignità e le altre doti adulte.
Un consulente esperto di terapia familiare potrebbe cominciare a districare il groviglio. Ovvio però che occorre la ferma volontà di lavorare assieme, e non contro lo psicologo, e di uscire da una situazione che fa soffrire... chi, esattamente? In questo momento, lei e sua figlia siete così invischiate che da qui non riusciamo a capirlo.
Auguri, e ci faccia sapere.