Capire il partner perduto, attraversare il dolore, tornare a vivere

Gentilissimi dottori,
quanto è difficile trovare le parole per poter scrivere di un dolore per la perdita di una persona.
Sono un "ragazzo" trentenne che purtroppo a Dicembre ha visto chiudersi una relazione durata quasi 6 splendidi anni con una ragazza che, nonostante il dolore procuratomi, credo di amare ancora.
Insieme abbiamo avuto la fortuna di girare un po' il mondo, condividere passioni, momenti che hanno veramente dato senso all'esistere su questa terra.
Per un po' abbiamo anche vissuto insieme all'estero, purtroppo poi la mia reticenza ad un trasferimento definitivo e l'avvento di un altra persona che l'ha attratta hanno portato la nostra storia a concludersi circa sei mesi fa.
Ho vissuto dei mesi terribili, ho chiesto aiuto ad un terapeuta (che frequento tutt'ora) e ad uno psichiatra dopo un forte episodio depressivo dal quale non riuscivo a riprendermi.
Piano piano il tempo passa ma il vuoto lasciato resta incolmabile, quello splendido sorriso stampato sul suo volto che mi faceva commuovere di felicità è tutt'ora un ricordo che come un coltello affonda nella carne dei miei sentimenti, tanto che neppure riesco a vedere una sua foto.

Fatto questo breve preambolo, arrivo al cuore dell'intervento.

Abbiamo avuto modo di rivederci, perchè tornata in città per alcuni giorni ha ritenuto corretto dirmelo lasciandomi decidere se fosse stato il caso di fare due passi insieme.
Nonostante il prezzo da pagare in termini emotivi, ho deciso di accettare.
Purtroppo io non sono riuscito quasi a proferire parola e lei ha pianto continuamente.
Dice di provare una forte colpa per quanto successo e non sopporta l'idea di avermi fatto soffrire, tanto da preferire la mia rabbia al mio dolore.
Vorrebbe che potessimo un giorno aggiornarci senza dover patire, con il bello che abbiamo condiviso immutato e la sofferenza sullo sfondo.
Nonostante ciò, non ha avuto ripensamenti su di noi, anzi, ha ribadito che le nostre vite devono andare avanti e che lei sarà presente per me, seppure in modo diverso (che dolore atroce sentire queste parole).
Queste parole, accompagnate da sue continue silenziose lacrime e intervallate da qualche abbraccio nel quale mi sentivo sprofondare come fossi in mezzo all'oceano e nel quale lei hai provato "pace".

Mi piacerebbe avere, con tutti i limiti del caso, una possibile chiave di lettura, nonostante 3000 caratteri non possano rendere giustizia alla profondità di un amore che così tanta vita ha dato e così tanta vita ha tolto.
Perchè a vivere, prima o poi, dovrò tornare.

Sperando di non mancare di rispetto a nessuno e nella speranza di avere un riscontro da qualunque gentile specialista, sarei molto contento se potessi avere un punto di vista delle Dottoresse Potenza e Brunialti, ho letto molte loro risposte e mi hanno spesso fatto riflettere nel profondo.


Vi ringrazio
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Caro ragazzo trentenne,
come si definisce, mostrando maturità, ironia, e anche tenerezza verso il sé sofferente che cerca una nuova capacità di amare e di apprezzare la vita.
C’è già un suo terapeuta che credo abbia fatto un buon lavoro. Le mie parole, da lontano e non conoscendola, rischiano di essere inadeguate alla sua situazione; tuttavia provo ad offrirle una riflessione generale sui rapporti d’amore, sperando di essere utile a lei e ad altri che possano leggerci.
Le storie d’amore hanno la prerogativa di essere straordinariamente intense sotto il profilo emotivo. Nate dalla radice stessa della vita -l’attrazione sessuale- quando arrivano a coinvolgere altri piani, ossia la stima, la simpatia, il piacere delle attività comuni, creano l’impressione che la nostra esistenza sia nell’altro, che al di fuori del legame tutto sia grigio, e soprattutto ci fanno ritenere che se amiamo e vogliamo l’altro con tutti noi stessi, l’altro ci ricambi con la stessa intensità.
Questo accecamento d’amore fa ignorare molte cose. La prima è che il rapporto di coppia si basa sull’egoismo. Se rilegge quello che ho scritto fin qui, vedrà che ho parlato di un amore che gratifica noi stessi. Infatti è una relazione esclusiva, non come quella, per esempio, di un genitore che ama il figlio per destinarlo alla vita, né come quella di un amico, che non è geloso di altri legami.
La seconda cosa che l’accecamento d’amore non vede, sono i segnali di attaccamento dispari tra i membri della coppia. Si dice che anche negli amori più perfetti uno dei due ama sempre meno dell’altro. Ma quello che ama di più non valuta i segnali dell’altro e non accoglie le sue richieste, pensando: "Se per me va bene così, va bene anche per lei/lui".
Infatti lei ci parla di una sua resistenza a vivere all’estero, dove invece la sua ragazza vuole proprio vivere. Per lei il vostro amore era più importante, può quindi aver creduto che anche la sua ragazza avrebbe rinunciato alla propria scelta.
Infine una terza cecità: un fidanzamento non è un matrimonio. Finché il rapporto tra i due non evolve verso un legame diverso, più stabile e meno idilliaco, la fase di osservazione tipica del fidanzamento porta a valutare l’altro, non ad accettarlo totalmente, e nel pianificare la propria vita può darsi, a ragione o a torto, che l’altro venga ritenuto non idoneo.
Ed eccoci al quarto punto, il più doloroso. Fin qui la razionalità ha fatto da falsariga al perdurare o allo spezzarsi dei legami d’amore, ma in realtà gli esseri umani hanno momenti irrazionali che nel legame di coppia si manifestano con violenza. L’attrazione per una persona esterna può risultare distruttiva.
Si può lungamente interrogarsi sulla reale consistenza del legame che viene spezzato e sulla qualità del nuovo legame, ma la verità è che nella coppia l’esplodere dell’attrazione per un altro/a ha un effetto distruttivo. Se poi la scelta di lasciarsi nasca da una corretta valutazione o sia un errore di cui pentirsi, non toglie che anche nei matrimoni, anche quando ci sono figli, lo strumento della separazione e delle nuove unioni sia l’erompere di una forza irrazionale come l’innamoramento per un altro/a.
A questo punto, uno solo dei due determina, agisce, e l’altro non può che subire le sue decisioni. Il dolore del primo (la sua ragazza che piange, che si augura in futuro una 'amicizia’ fra voi) è solo rimpianto, rammarico di aver fatto male a qualcuno che non lo meritava. Ma il suo sguardo, il suo cammino, sono inesorabilmente diretti altrove.
Che cosa deve fare quello che si sente 'scartato’? Ricordare che esisteva ed era contento della sua vita anche prima di quell’incontro d’amore; che ha saputo amare e quindi ne sarà capace ancora; che ha un bagaglio nuovo di ricordi che restano essenziali per fargli capire cosa può fare, cosa può desiderare; ma anche cosa può migliorare nel rapporto con una nuova partner, in futuro.
Auguri infiniti. Ci tenga al corrente.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,

la ringrazio per avermi suggerito queste riflessioni, che ritengo sagge e sincere, per quanto dolorose. Mi rendo conto che non ci sono parole corrette per poter rendere giustizia e profondità ad un momento di vita così delicato, apprezzo molto la sua gentilezza nell'aver letto e compreso nonostante i limiti del mezzo e del linguaggio.

Vorrei poter parlare di tanti piccoli gesti, di infiniti perché, di attimi e momenti ai quali non riesco a dare spiegazione ma mi rendo conto che non può essere la sede adatta, purtroppo. Il suo riferimento all'irrazionalità del comportamento in qualche modo mi fa capire come rimuginare aumenti solo il dolore e quanto sia importante, probabilmente per meccanismo di difesa, cercare la via della "serena rassegnazione".

Un punto tuttavia mi piacerebbe sottoporle: non metto in dubbio di essere esistito, aver respirato, vissuto, prima dell'inizio di questa relazione. Aver incontrato questa persona però è stato come dare un pennello in mano all'artista con la sua tavolozza di colori. La mia vita ha preso forma, si è espressa nella sua veste migliore, è passata dall'essere un disunito magenta,giallo, blu a diventare una notte stellata di Van Gogh. Poi la mano che ha dipinto è stata mozzata, e benchè un essere umano possa vivere senza un arto, la vita non sarà più la stessa. Spero che non prenda queste mie metafore come un'esagerazione, ma con le immagini riesco a spiegare il sentimento che altrimenti a parole non saprei dire.
La vita ripartirà, anche perchè non ci sono molte strade da percorrere in caso contrario. Ma il vuoto, la voragine emotiva non so come potrà essere colmata e in quale spazio dell'io dovrò sistemarla per poter calmare il dolore. Il tempo passato dalla separazione è poco, credo, probabilmente dovrei essere più indulgente e aspettare che i giorni passino, non so veramente.

Vi ringrazio per l'ascolto e per il servizio che fate, è veramente prezioso.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Caro utente,
non si può 'cercare la via della "serena rassegnazione", ovviamente, quando si è in preda al dolore che lei paragona ad un'amputazione. Anche Freud, che era medico, sapeva che il dolore del lutto (perché qualunque perdita è un lutto) è troncare i numerosi agganci che ci univano all'altra persona, all'immagine di noi stessi e della nostra vita che sono andati perduti assieme a lei.
Lei ricorda senza dubbio la bella canzone di Aznavour "Com'è triste Venezia", dove una città di sogno perde tutti i colori quando non si ama più; e nel libro "Ferito a morte", il capolavoro di Raffaele La Capria, il protagonista si chiede "perché per troppo amore può accadere che muori a tutto per sempre".
In realtà, per fortuna, questo dolore cocente non è eterno e non è onnipervasivo. Se ne esce.
Per quanto intensissimo, ha caratteri diversi da quello di chi ha perso il partner o un'altra persona cara nel definitivo addio della morte.
Al rimpianto del vivente che però ha preferito lasciarci si unisce a poco a poco un sotterraneo risentimento, e questo ci permette di raccogliere il filo delle memorie e di scoprire che non sempre e non tutto era perfetto. Questo processo di consapevolezza diventa il trampolino per un nuovo inizio.
Tempo fa ci ha scritto un'utente riflessiva e sensibile. Anni prima era stata lasciata di colpo dal ragazzo che amava e che aveva creduto di avere con sé per sempre, "anche se le cose tra noi non erano perfette". Per un anno questa ragazza non riuscì a fare più nulla, i suoi studi universitari e le sue amicizie s'interruppero, non mangiava, non tollerava in nessun modo di sentir pronunciare il nome di lui. Era malata di sofferenza. Poi, una mattina, si svegliò con uno sguardo nuovo sul mondo. Era guarita. Tra l'altro le capitò una vendetta non sperata, nemmeno desiderata: il ragazzo dopo un anno tornò, le disse che aveva sbagliato, pianse, la supplicò di perdonarlo e di tornare insieme. Lei poté serenamente allontanarlo, perché non le interessava più. Nell'anno di atroce sofferenza avevano camminato dentro di lei le "cose non perfette", quelle che accettiamo da un partner che ci dedica il suo amore e la sua vicinanza, ma che si rivelano macigni, quando va via e ci provoca tanta sofferenza.
Nel suo caso può succedere la stessa cosa, che lei lo voglia o no: nel parlare "di tanti piccoli gesti, di infiniti perché, di attimi e momenti ai quali non riesco a dare spiegazione" sentirà risorgere anche quello che non era perfetto, almeno per autodifesa; dovrà rendersi conto che da tanto bene è derivato un troppo grande dolore.
Per il resto, pensi che la mano che ha dipinto il cielo stellato non è mozzata. Se ha saputo farlo, il miracolo era in lei, e può ritornare. Nella 'voragine emotiva' vedrà comparire di nuovo lei stesso, al posto della figura che ha determinato il vuoto.
Le suggerirei proprio come esercizio di andare in cerca di immagini, attraverso il disegno e il dipinto o attraverso la fotografia. Ma queste o altre sono le tecniche che adotterà col suo terapeuta; usi al meglio il vostro dialogo.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,

mi permetta di ringraziarla pubblicamente per la gentilezza e la sensibilità mostrata nelle risposte. E' un lavoro prezioso quello che svolgete telematicamente ( e non solo, sia chiaro), le sono sinceramente grato per le sue riflessioni.

In questi pochi mesi dalla separazione ho, piano piano, visualizzato le criticità che erano presenti nel nostro legame, così come ho ben chiaro che non esiste legame alcuno che non presenti difficoltà di vario genere. Questo è infatti un punto che resta per me ancora oscuro: spesso si cerca di riflettere su ciò che non andava, ma è importante, credo, essere consci che ogni legame ha in sé delle frizioni.

Il tempo quindi, alla fine, è l'analgesico assoluto. Questo tempo tiranno e per certi versi maledetto, che alla fine farà il suo corso. Credo però che sia importante il "come" questo tempo viene vissuto, ma potrei sbagliarmi. Nel tempo che passa nel dolore e nel dolore si esaurisce quale cura o comprensione posso trovare se non il dolore stesso? Mi rendo conto che siano domande complesse, a volte mi viene pure da scusarmi col terapeuta, perchè quando si soffre si vorrebbe solo mettere a tacere una parte di noi e trovare la chiave magica che apre tutte le porte. Questa, è una irrazionalità che mi fa anche un po' tenerezza.

Non conoscevo il libro di La Capria, lo leggerò sicuramente. Su Venezia invece posso dirle che proprio in quella città la mia ex compagna ha studiato, e tutt'ora non riesco a pensare all'idea di poterci rimettere piede.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
"Nel tempo che passa nel dolore e nel dolore si esaurisce quale cura o comprensione posso trovare se non il dolore stesso?"
Caro utente,
eccoci al motivo di fondo per cui certe persone soffrono gli addii più di altre. Alcuni vogliono trattenere con le unghie e coi denti ciò che è andato via, quindi il processo di analisi di ciò che non andava, e il conseguente sentimento di liberazione, vengono continuamente differiti.
Lei dice giustamente che non esistono relazioni perfette, ma poi c'è un discrimine assoluto tra due situazioni apparentemente identiche: quello rappresentato dalla volontà di mantenere il legame, o di troncarlo.
L'attaccamento rimane e si sviluppa con chi ha voluto restare con noi nonostante le frizioni; s'interrompe con chi non ha voluto.
Lei è ancora combattuto tra il lasciar andare e il procedere oltre, ma è bene essere consapevole che quello che teme di lasciare è lei stesso, i suoi ricordi, le sue sensazioni, che crede erroneamente di poter provare solo con quella persona e in quelle circostanze.
Un bel libro che le piacerebbe, oltre "Ferito a morte", è il libro di una grande psicologa, Gianna Schelotto: "Distacchi e altri addii". E le suggerisco anche di ascoltare la canzone di Jimmy Fontana "Il mondo".
Auguri ancora.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#6]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottoressa,

Conosco bene la canzone, è molto bella. Il mio terapeuta mi suggerì un altro ascolto, ossia "c'è tempo" di Ivano Fossati, mi sono molto commosso a sentirla. Io non proseguo oltre la conversazione, un po' a malincuore, ma credo sia giusto riflettere sulle sue parole. Le sarei comunque grato se potesse lasciarmi un link dove poter leggere la storia dell'utente del quale mi ha parlato nella precedente risposta.

Le auguro un buon proseguimento e la ringrazio per avermi dedicato del tempo, le sono veramente grato.
Un caro saluto
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
tra i miei consulti, raggiungibili cliccando sulla mia immagine, c'è quello che le ho segnalato. Sono tantissimi e non saprei rintracciarlo nemmeno io.
Ancora auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com