Frattura del piatto tibiale.

Le fratture del piatto tibiale

Le fratture del patto tibiale sono il risultato di un trauma ad alta o bassa energia. Il tipo ed il grado di scomposizione rappresentano un fattore importante nella valutazione del trattamento da adottare. L'obbiettivo finale è la prevenzione della rigidità, dell'instabilità e dell'artrosi tardiva del ginocchio e di un risultato funzionale insoddisfacente.

Cos'è il piatto tibiale e dove si trova?

Il piatto tibiale è la porzione prossimale della tibia che si articola con la parte distale del femore ed insieme alla rotula costituiscono l'articolazione del ginocchio.

La superficie del piatto tibiale è costuita da una area anatomica di carico mediale e una laterale divise da una area centrale non soggetta al carico, l'eminenza intercondiloidea, sulla quale trovano inserzione il menisco mediale, il menisco laterale ed i legamenti crociati.

 

Piatto tibiale: tipologie di fratture

Il piatto tibiale rappresenta una delle regioni anatomiche del corpo umano maggiormente sollecitate dalle forze di carico. Le fratture del piatto tibiale possono essere in grado di alterare non solo il il normale allineamento del ginocchio, ma anche la sua stabilità ed il grado di movimento. Sir Astley Cooper fu il primo a descrivere queste fratture già nel 1825.

Presentano un variabilità estrema con un range che va dalla semplice frattura stabile con minimo spostamento, fino a quelle più complesse con interessamento di entrambi i piatti tibiali.

Il trattamento di queste ultime rappresenta una vera e propria sfida anche per il chirurgo di maggior esperienza.

Incidenza e cause delle fratture del piatto tibiale

Le fratture del piatto tibiale rappresentano circa l'1,3% di tutte le fratture e colpiscono il sesso maschile più frequentemente del sesso femminile.

I due gruppi maggiormente interessati da queste fratture sono i pazienti in giovane e media età ed i pazienti più anziani.

Nei primi la causa è frequentemente un trauma ad alta energia come l'incidente stradale, traumi sportivi o le cadute dall'alto. Nel secondo gruppo a causa dell'osteoporosi può essere sufficiente un trauma a bassa energia come una semplice caduta.

Complessivamente le cause vanno ricercate nel 52% dei casi negli incidenti della strada, nel 17% per cadute e per il 5% in seguito ad attività sportive o ricreative. Il meccanismo di frattura più frequente è una forza applicata in valgo con una componente di carico assiale sul ginocchio.

Diagnosi della frattura del piatto tibiale

La valutazione iniziale del paziente prende in considerazione il tipo di trauma, la presenza o meno di lesioni associate e le caratteristiche della frattura. I traumi ad alta energia sono associati frequentemente a lesioni di altri organi o altre strutture ossee.

Prima del trattamento delle fratture il paziente deve essere valutato secondo i principi di emergenza al fine di escludere patologie tali da mettere a rischio la vita del paziente.

È inoltre di primaria importanza valutare e documentare la presenza di lesioni vascolonervose. È necessario continuare per tutto il periodo pre e perioperatorio una attenta osservazione clinica alla ricerca di possibili segni di sindrome compartimentale o lesione arteriose.

In presenza di fratture esposte, in considerazione dell' elevata possibilità di contaminazione batterica, un abbondante debridment con lavaggio e copertura della ferita, associato alla terapia antibiotica, riduce la percentuale d'infezione. In generale l'impiego delle cefalosporine offre una copertura appropriata per quanto riguarda i germi gram positivi. Nelle esposizioni conseguenti ad incidenti della strada è corretto aggiungere amminoglicosidi per ottenere una copertura sia sui gram positivi che i gram negativi.

Quali esami fare?

La diagnostica per immagini è una parte fondamentale della valutazione generale, perché consente di determinare il tipo di frattura e la pianificazione operatoria.

Inizialmente è sufficiente la radiografia nelle proiezioni anteroposteriore e laterale.

La Tomografia Computerizzata, consente una visione della frattura nelle tre dimensioni e una analisi più dettagliata dell'architettura ossea.

Nei traumi ad alta energia, nel caso si sospetti una lesione vascolare con insufficiente perfusione dell' arto, si rendono necessari esami come doppler ultrasuoni e l'angiografia.

La Risonanza Magnetica consente una valutazione anche delle strutture capsulolegamentose associate alla frattura.

Piatto tibiale: classificazione delle fratture

Esistono principalmente 3 classificazioni:

  • la classificazione AO di Muller adottata dalla OTA (Orthopaedic Trauma Association),
  • la classificazione di Moore,
  • la classificazione di Schatzker derivante da uno studio del 1979.

A tutt'oggi quest'ultima è ancora quella maggiormente utilizzata. Divide le fratture in 6 gruppi sulla base delle caratteristiche anatomiche. I risultati e la prognosi vanno peggiorando dal tipo I al VI

Vediamole nel dettaglio:

  1. Tipo I è una frattura semplice verticale del piatto tibiale laterale.
  2. Tipo II è una frattura semplice con decorso verticale associata ad una area di depressione del piatto tibiale laterale.
  3. Tipo III è una pura depressione della parte centrale del piatto tibiale laterale.
  4. Tipo IV è la frattura isolata del piatto tibiale mediale.
  5. Tipo V è la frattura di entrambi i piatti tibiale mediale e laterale.
  6. Tipo VI è la frattura di entrambi i piatti tibiali in associazione alla frattura della diafisi e della metafisi.

 

Sintomi della frattura del piatto tibiale

In caso di frattura si possono verificare:

  • Dolore in corrispondenza del ginocchio che peggiora poggiando il peso sull'arto interessato.
  • Tumefazione intorno al ginocchio con limitazione dell' articolarita'.
  • Deformità del ginocchio e della gamba.
  • Sensazione di freddo e di alterata sensibilità del piede in presenza di lesioni vascolari o neurologiche.

Trattamento delle fratture

Le fratture del piatto tibiale possono essere trattate chirurgicamente o non ed esistono rischi e benefici in entrambi i tipi di trattamento.

Il trattamento dipende dal tipo di frattura, dal grado di scomposizione, dalle richieste funzionali, dall'età del paziente e dalle condizioni di salute in generale.

Quando operare la frattura del piatto tibiale?

In generale le fratture tipo I, II, III con un grado di scomposizione o depressione < di 2 mm o con angolazione < di 5° o con instabilità in varo o in valgo in estensione < di 10 °, possono essere trattate non chirurgicamente.

Le fratture tipo IV, V, VI, se non esistono controindicazioni di carattere generale, richiedono tutte il trattamento chirurgico.

Trattamento non chirurgico

Il trattamento non chirurgico prevede un periodo di immobilizzazione con tutore o gesso a ginocchiera per non oltre le 4 settimane seguito da ulteriore 4 settimane di non carico. Il paziente puo' iniziare a muovere il ginocchio gia' dopo le prime 3/4 settimane.

Trattamento chirurgico

Per quanto riguarda il trattamento chirurgico, l'obbiettivo che si prefigge è quello di ristabilire il corretto asse del ginocchio, ridurre i frammenti e stabilizzarli consentendo così una precoce mobilizzazione del ginocchio.

Le opzioni del trattamento chirurgico includono la stabilizzazione mediante viti percutanee, osteosintesi a cielo aperto con placche e viti e nei casi più gravi, con lesione dei tessuti molli, il fissatore esterno.

Nei casi nei quali è presente una depressione del frammento articolare osteocartilagineo all'interno della frattura, è necessario ricreare se possibile il piano articolare sollevando il frammento stesso e riempiendo l'osso sottostante con dei trapianti ossei provenienti dal paziente o trapianti di osso sintetico.

Congruenza, stabilità e articolarità sono i requisiti principali ai quali bisogna mirare nel trattamento delle fratture del piatto tibiale.

 

Lesioni dei legamenti associate alla frattura del piatto tibiale

L'energia necessaria a fratturare il piatto tibiale è di solito sufficiente a causare anche una lesione delle strutture capsulolegamentose del ginocchio. Infatti in associazione alle lesioni ossee possono essere presenti, in quasi il 50% dei casi, le lesioni dei menischi, dei legamenti collaterali e lesione dei legamenti crociati.

Se da una parte la riduzione della frattura ed una stabile fissazione, consentono una precoce mobilizzazione, dall'altra, la stabilità legamentosa e la presenza dei menischi sono importanti per il risultato a lungo termine.

Una prima valutazione clinica spesso non è sufficiente ad evidenziare lesioni legamentose; l'apparente lassità in varo o in valgo o in anteroposteriore può infatti essere causata dalla mobilità della frattura stessa. La diagnosi clinica è possibile solo a riduzione e stabilizzazione eseguita se non addiruttura a consolidazione avvenuta.

La Risonanza Magnetica offre le possibilità diagnostiche non invasive nel valutare accuratamente le lesioni meniscali e legamentose intra e extraarticolari, tanto da ricoprire oggi un ruolo importante nel planning preoperatorio.

Anche l'impiego dell'artroscopia nelle fratture del piatto tibiale è di valido ausilio durante l'intervento di riduzione e stabilizzazione percutanea o a cielo aperto delle fratture in quanto permette il riconoscimento ed il trattamento delle patologie intraarticolari associate.

Alcuni studi confermano che le fratture tipo II e IV di Schatzker sono a rischio maggiore di lesioni concomitanti meniscali e legamentose.

È consigliabile la riparazione, in associazione al trattamento chirurgico della frattura, delle sole strutture laterali. La lesione del legamento collaterale interno ha ottime potenzialità di guarigione senza ricorrere alla ricostruzione chirurgica. Nelle lesione del legamento crociato anteriore è preferibile valutare il grado di lassità ed instabilità a guarigione ossea avvenuta, prima di procedere a procedure ricostruttive secondarie.

Quali sono i tempi di recupero?

A fine di prevenire la rigidità del ginocchio, lo specialista ortopedico deciderà, dopo il trattamento, quando rimuovere il tutore e iniziare la flessione del ginocchio, sulla base delle condizioni cutanee, dei tessuti molli e sulla stabilità della frattura. La mobilizzazione precoce inizia di solito con esercizi passivi di mobilizzazione del ginocchio eseguiti con gradualità dal fisioterapista.

Per cominciare a camminare, caricando parzialmente il peso del corpo sull'arto fratturato, è necessario aspettare il controllo radiografico a 2 mesi dal trattamento che consente di valutare il grado di consolidazione ossea. Per una consolidazione completa che permetta il carico totale senza l'ausilio dei bastoni è invece necessario aspettare 3 mesi o più.

Quali sono le complicanze?

In considerazione dei carichi importanti sostenuti dal piatto tibiale, le complicanze possibili sono la riduzione dell'articolarità, l'instabilitàe l'artrosi tardiva del ginocchio.

Bibliografia

  1. Perry CR: Fractures of tibial plateau. 
  2. Istr. Course Lect.1994: 43:119-126 
  3. Tscherne H, Lobenhoffer P
  4. Tibial plateau fractures. Management and expected results.
  5. Clin.Orthop 1993; 292:87-100
Data pubblicazione: 18 aprile 2016
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