Farmaci erezione rischio alzheimer.

Inibitori fosfodiesterasi 5: deficit erezione e morbo di Alzheimer

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Un recente lavoro, condotto da un gruppo di ricercatori britannici dell’University College di Londra ed ora pubblicato sulla rivista Neurology [1], sembrerebbe confermare sull’uomo alcune osservazioni, già ottenute da alcuni studi su animali, dove si era visto come l’utilizzo di farmaci della classe degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo V, come il Sildenafil (Viagra), Tadalafil (Cialis), Vardenafil (Levitra) e Avanafil (Spedra), usati per risolvere alcuni problemi di erezione avesse anche un effetto positivo sulla riduzione del rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer.

Problemi di erezione e rischio di Alzheimer: lo studio

I ricercatori hanno ora pubblicato questo studio di coorte valutando i dati di 269.725 maschi, con un’età media di 59 anni, a cui era stato diagnosticato un problema all’erezione, trattati con tale classe di farmaci e che, all'inizio della ricerca, non presentavano problemi di memoria o cognitivi, il follow-up dello studio è durato circa cinque anni.

I risultati ottenuti, anche se sono state valutate solo delle associazioni, sembrerebbero essere incoraggianti e giustificherebbero ulteriori studi per ottenere delle strategie terapeutiche migliori e capaci di prevenire o ritardare lo sviluppo di una grave patologia come il morbo di Alzheimer.

Tra gli uomini che utilizzavano gli inibitori delle fosfodiesterasi di tipo V, 749 hanno presentato tale patologia, con un tasso di 8,1 casi ogni 10.000 anni-persona.

Considerati ed esclusi tutti i possibili fattori che potevano alterare la ricerca, come l'età, l’uso di tabacco ed il consumo di alcolici, i ricercatori hanno concluso che gli uomini che assumevano gli inibitori della fosfodiesterasi di tipo V mostravano un 18% in meno di probabilità nello sviluppare il morbo di Alzheimer rispetto a maschi che non assumevano tali farmaci.

Tale osservazione era poi più significativa nei maschi a cui era stato dato un maggior numero di prescrizioni durante tutto il periodo della ricerca.

Per approfondire:Disturbi della memoria e problemi all'erezione

Quali sono i limiti dello studio?

I ricercatori nel comunicare questi dati hanno comunque sottolineato come lo studio presenta alcune criticità: la più importante è quella che non è stato possibile avere informazioni precise e soprattutto controllate sull’utilizzo vero dei farmaci, in quanto la raccolta dei dati è stata fatta solo attraverso i registri delle prescrizioni ricevute dai pazienti.

Detto questo, l’attuale segnalazione sui potenziali benefici che questi medicinali, conosciuti come capaci di risolvere un problema erettivo, hanno sul morbo di Alzheimer, è uno stimolo sufficiente per giustificare ulteriori ricerche.

Ad esempio studi randomizzati e controllati con partecipanti di entrambi i sessi per verificare se l’azione positiva si verifica anche nelle donne e poi ricerche per conoscere l’eventuale dosaggio utile da prescrivere.

Data pubblicazione: 14 febbraio 2024

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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