Statine: chi paga?

Gentili Dottori, posso avere gentilmente un Loro parere in merito alla seguente questione?
Mio padre, anni 67, e mia madre, anni 63, assumono da qualche anno Rosuvastatina per il trattamento della loro ipercolesterolemia.
Mio padre ha già subìto un'angioplastica, è portatore di valvola aortica meccanica e un anno fa ha avuto un'emorragia cerebellare (correlata all'uso dell'anticoagulante assunto dopo l'impianto della valvola).
Mia madre soffre di un ipotiroidismo autoimmune, compensato da anni con terapia sostitutiva, e, pur non essendo nè diabetica nè ipertesa, ha valori di glicemia e di pressione arteriosa che oscillano intorno ai valori massimi di normalità. Si sottopone pertanto periodicamente a controlli.
Entrambi presentano ipercolesterolemia e assumono, come già detto, Rosuvastatina.
I miei genitori pagano il farmaco per intero, al contrario di tutti i nostri conoscenti che si limitano a versare un paio di euro per ritirare le confezioni in farmacia, presentando la ricetta del medico di base.
Il nostro medico di base, periodicamente interpellato, sostiene che i miei genitori non hanno diritto ad alcun rimborso dal SSN e che, se mai, gli altri colleghi sono un po' troppo "generosi" nelle loro prescrizioni ed è "strano" che prescrivano "statine rimborsabili" con tanta leggerezza.
Ho notato che la Rosuvastatina, o meglio il farmaco "di marca" utilizzato dai miei genitori, e che non posso citare per rispetto del regolamento del sito, è tra i più costosi, nonchè oggetto di attenzione da parte della Regione, vista la spesa farmaceutica pugliese fuori controllo rispetto ad altre regioni.
A parte il desiderio di ricevere chiarimenti, scrivo dopo aver scoperto che, nel tentativo di contenere le spese, i miei assumono solo metà della compressa giornaliera prescritta dal medico, con conseguente inevitabile aumento dei livelli di colesterolemia.
Mi piacerebbe conoscere il Loro parere.
I miei genitori non potrebbero assumere una molecola meno costosa? Soprattutto nel caso di mio padre, il SSN non dovrebbe coprire la maggior parte del costo del farmaco? In questo periodo, da questo punto di vista, i miei non fanno altro che ripetere di sentirsi un po' lo zimbello di tutti: in pratica gli unici che pagano per intero il farmaco sono loro. Ci sarà qualcosa che non va in tutto questo?
Chiedo scusa per i toni sottilmente polemici e ringrazio per la disponibilità.
[#1]
Attivo dal 2007 al 2020
Medico Chirurgo
Salve,
cambi medico.
I suoi genitori hanno diritto alla terapia con Simestat o Crestor o Provisacor con la apposizione della nota 13 perchè affetti da ipercolesterolemia poligenica.
Da Pugliese di nascita mi vergogno a sentire queste storie, dopo che chi ha governato la regione ha depredato la Sanità regionale, l'ha amministrata in maniera incompetente e non si sa se per incompetenza genuina o per secondi fini.
E ora vuole ridurre la spesa farmaceutica negando 27 EURx2 ai suoi genitori.
Le chiedo scusa io: da Cittadino dela Repubblica.
Cambi medico ripeto: il suo ha qualche problema.
E i suoi devono fare la terapia che viene considerata salvavita.
Cari saluti,
Dott. Caldarola.
[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore, innanzitutto la ringrazio per la Sua risposta così diretta. Sinceramente non me lo aspettavo, abituata come sono ai rimpalli di responsabilità, alle perifrasi vuote e alle vacatio legis di questo povero Paese.
Le assicuro che sono settimane che tento di capire come risolvere questa faccenda e non mi sono certo rivolta a un panettiere o a un architetto per ottenere spiegazioni. Lo stesso cardiologo di mio padre ha passato la palla al medico di base, che ovviamente l'ha rinviata al mittente. Ognuno dei due sostiene che sia l'altro a doversi assumere la responsabilità di apporre la famigerata 'nota 13'. Questa cosa mi fa impazzire. Ci sarà pure una legge in merito. Chi è tenuto a fare diagnosi di 'ipercolesterolemia poligenica'? Il medico di famiglia o lo specialista? Quale specialista poi? Un cardiologo, un endocrinologo? Spero sia chiaro che non sto cercando di trovare il modo per aggirare la legge e saccheggiare farmacie col consenso di qualche medico. Immagino però ci siano delle linee guida da rispettare per fare diagnosi di ipercolesterolemia poligenica (valori di colesterolo LDL e forse di trigliceridi, patologie concomitanti, età... ) Ci saranno dei valori che, sommati, permettano di ottenere un risultato preciso, matematico. Mi chiedo, dunque: a chi mi devo rivolgere per ottenere una diagnosi, non che mi faccia comodo, ma che rispetti la legge in vigore? È mortificante continuare a vedere sfilare parenti, amici e conoscenti che, in buone condizioni di salute e con reddito più che dignitoso, continuano a ricevere gratuitamente un farmaco che a mio padre, cardiopatico, viene chiesto di pagare. Mi rivolgerei anche al Tribunale per i diritti del malato e poi, giuro, prenderei i 27 euro eventualmente risparmiati ogni mese da mio padre, e li verserei io in beneficenza. Ormai è una questione di principio! Vorrei solo capire quali sono i criteri con cui si decide che un farmaco ad un paziente si conceda e ad un altro no.
La ringrazio ancora tanto per la risposta.
[#3]
Attivo dal 2007 al 2020
Medico Chirurgo
Guardi,
faccia una cosa semplicissima.
Vada dal Cardiologo e si faccia mettere per iscritto che sia suo padre che sua madre DEVONO assumere Rosuvastatina per la prevenzione primaria cardiovascolare.
Vada alla ASL, se non l'ha già fatto, e veda di ottenere l'esenzione per Ipertensione con danno d'organo o altra esenzione per patologia cardiovascolare.
Per sua madre e per suo padre.
Poi vada dal medico è se si rifiuta ancora di prescrivere la statina chiami i carabinieri e vedrà che la Rosuvastatina sarà prescritta velocemente dal collega.
Se vuole evitare tutto questo "can can" le ho già detto la soluzione: è quella di cambiare medico.
Perchè io non so se questo che attualmente cura i suoi genitori sia fresco di convenzione ed abbia paura che gli venga revocata, abbia turbe mentali, o peggio abbia scheletri nell'armadio.
Del resto che fiducia si può porre in un medico che si rifiuta di prescrivere un farmaco che mai nessuno gli contesterà, e che dimostratamente riduce l'incidenza degli eventi maggiori cardio e cerebro vascolari del 30% e del 28% rispettivamente?
E' un ignorante.
Non perderebbe nulla.
Se vuole adire il Tribunale per i diritti del malato faccia pure: ma si perde solo tempo.
Togliendoli i suoi genitori lei fa una cosa molto più veloce: putroppo l'Italia funziona così.
E fare i don Chisciotte contro i mulini a vento è romantico ma non porta frutto.
Saluti cari anche ai suoi,
Dott. Caldarola.
[#4]
Attivo dal 2007 al 2020
Medico Chirurgo
Salve,
le riporto la nota 13.
se ha voglia e tempo se la legga: come tutte le note AIFA dice tutto e non conclude niente.
Faccia mettere per iscritto dal cardiologo che hanno assunto per 4 mesi Pravastatina e che la stessa è stata sospesa per effetti collaterali e scarso risultato clinico.
Come vede non c'è alcuna cogenza specifica in questa lunghissima e inutile nota. C'est l'Italie....
Buona lettura,
Dott. Caldarola.

Nota 13: Precisazioni: la categoria di rischio moderato contenuta dalle linee guida ESC per il trattamento delle dislipidemie (basata sui valori di colesterolo totale), è stata differenziata nelle categorie di rischio medio e moderato, anche per tenere conto dell'aggiustamento per i valori di colesterolo HDL. Il calcolo del rischio cardiovascolare secondo le carte va effettuato solo per i pazienti senza evidenza di malattia. Sono considerati per definizione a rischio alto (e il loro target terapeutico è pertanto un valore di colesterolo LDL <100), oltre a coloro che presentano un risk score >= 5 e <10% per CVD fatale a 10 anni, i pazienti con dislipidemie familiari, quelli con ipertensione severa, i pazienti diabetici senza fattori di rischio CV e senza danno d'organo,i pazienti con IRC moderata(FG 30-59 ml/min/1.,73 m2). Sono invece considerati a rischio molto alto (e pertanto con target terapeutico di colesterolo LDL <70), oltre ai soggetti con uno score >=10%, i pazienti con malattia coronarica, stroke ischemico, arteriopatie periferiche, pregresso infarto, bypass aorto-coronarico, i pazienti diabetici con uno o più fattori di rischio CV e/o markers di danno d'organo (come la microalbuminuria) e i pazienti con IRC grave (FG 15-29 ml/min/1.73 m2). La prescrizione a carico del SSN è limitata ai pazienti affetti da: ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta, seguita per almeno tre mesi, e ipercolesterolemia poligenica secondo i criteri specificati al relativo paragrafo (vedere nella tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). Dislipidemie familiari secondo i criteri specificati al relativo paragrafo (vedere nella tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). Iperlipidemie in pazienti con insufficienza renale cronica moderata e grave (vedere nella tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). Iperlipidemie indotte da farmaci non corrette dalla sola dieta secondo i criteri esplicativi specificati al relativo paragrafo (vedere nella tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). L'uso dei farmaci ipolipemizzanti deve essere continuativo e non occasionale così come il controllo degli stili di vita (alimentazione, fumo, attività fisica, etc.). (Vedere Carta del rischio e tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). Approfondimenti e basi teoriche della nota: 1) Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta e ipercolesterolemia poligenica. La tabella in box definisce i criteri per l'ammissione iniziale dei pazienti alla terapia rimborsabile, associando alla stratificazione del rischio il relativo target terapeutico (TT) e, in funzione di entrambi, la relativa proposta di trattamento rimborsabile. Solo dopo tre mesi di dieta e di modifica dello stile di vita adeguatamente proposta al paziente ed eseguita in modo corretto, dopo aver escluso le dislipidemie dovute ad altre patologie (ad. esempio l'ipotiroidismo) si può valutare l'inizio della terapia farmacologica. La terapia dovrebbe tuttavia essere intrapresa contemporaneamente alla modifica dello stile di vita nei pazienti a rischio molto alto con livelli di C-LDL > 70 mg/dl e in quelli a rischio alto con livelli di C-LDL > 100 mg/dl. L'uso dei farmaci ipolipemizzanti deve essere continuativo e non occasionale così come la modifica dello stile di vita. E' inoltre raccomandabile, nell'ambito di ciascuna classe di farmaci, la scelta dell'opzione terapeutica meno costosa. Accanto a ciascun target terapeutico la nota 13 identifica il trattamento di prima scelta per la terapia d'ingresso. E' sempre necessario assicurare l'ottimizzazione del dosaggio della statina prima di prendere in considerazione la sua sostituzione o la sua associazione. L'impiego di farmaci di seconda ed eventualmente terza scelta può essere ammesso solo quando il trattamento di prima linea a dosaggio adeguato e per un congruo periodo di tempo si sia dimostrato insufficiente al raggiungimento della riduzione attesa del colesterolo LDL e/o della riduzione di almeno il 50% del colesterolo LDL o abbia indotto effetti collaterali. Al fine dell'appropriatezza prescrittiva, che tiene nel dovuto conto soprattutto il migliore trattamento del paziente con l'obiettivo di prevenire gli eventi CV, sarà essenziale il monitoraggio clinico per poter documentare il momento e le cause che richiedano la sostituzione della terapia o la sua associazione con altri farmaci. Per i pazienti con dislipidemia aterogenica (TG>200 mg/dl, HDL<34 mg/dl) e per quelli con ipertrigliceridemia i farmaci di seconda linea da somministrare in associazione alle statine sono i fibrati. Tra questi, il farmaco di prima scelta è il fenofibrato per la maggiore sicurezza di uso nei pazienti in terapia con statine; la combinazione di statine e gemfibrozil è invece associata ad un aumentato rischio di miopatia. La nota 13 ha riconsiderato, su aggiornate basi farmaco-terapeutiche, il ruolo dell'associazione tra ezetimibe e statine; infatti l'ezetimibe è un farmaco che inibisce l'assorbimento del colesterolo e che, utilizzato in monoterapia, riduce i livelli di LDL-C dal 15% al 22% dei valori di base. Mentre il ruolo dell'ezetimibe in monoterapia nei pazienti con elevati livelli di LDL-C è, perciò, molto limitato, l'azione dell'ezetimibe è complementare a quella della statine; infatti le statine che riducono la biosintesi del colesterolo, tendono ad aumentare il suo assorbimento a livello intestinale; l'ezetimibe che inibisce l'assorbimento intestinale di colesterolo tende ad aumentare la sua biosintesi a livello epatico. Per questo motivo, l'ezetimibe in associazione ad una statina può determinare una ulteriore riduzione di LDL-C (indipendentemente dalla statina utilizzata e dalla sua posologia) del 15%-20%. Quindi, l'associazione tra ezetimibe e statine sia in forma precostituita che estemporanea è utile e rimborsata dal SSN solo nei pazienti nei quali le statine a dose considerata ottimale non consentono di raggiungere il target terapeutico. Nei pazienti che siano intolleranti alle statine è altresì ammessa, a carico del SSN, la monoterapia con ezetimibe. La seguente figura presenta l'entità della riduzione del colesterolo LDL ottenibile con le diverse statine ai diversi dosaggi disponibili in commercio. Grafico della riduzione percentuale del colesterolo LDL adattato dal documento del NHS Foundation Trust “Guidelines on statin prescribing in the prevention of cardiovascular disease” (2006) (vedere nella tabella sulla GU 156 del 8-7-2014). Classificazione in base al livello di rischio: In accordo con le Linee Guida dell'ESC/EAS per il trattamento della dislipidemia, e dei successivi aggiornamenti (Atherosclerosis, 2012), è stato possibile procedere a una stratificazione del rischio (e relativa identificazione del TT) come di seguito specificato. I pazienti con risk score <=1% per CVD fatale a 10 anni (vedi carta del rischio nella GU 156 del 8-7-2014) sono considerati a rischio basso. Il trattamento di tali pazienti consiste nella modifica dello stile di vita. I pazienti con risk score > 1% e < 4% sono da considerare a rischio medio; per tali pazienti è indicata la modifica dello stile di vita per almeno 6 mesi prima di prendere in esame il trattamento farmacologico. I pazienti con risk score 4-5% sono considerati a rischio moderato. Sono da considerare pazienti a rischio alto, oltre a coloro che presentano un risck score = 5% e < 10% per CVD fatale a 10 anni,i pazienti con dislipidemie familiari o con ipertensione severa, i pazienti diabetici senza fattori di rischio CV e senza danno d'organo, e i pazienti con IRC moderata (FG 30-59 ml/min/1.73 m2). Sono infine da considerarsi individui a rischio molto alto, oltre ai soggetti con uno score = 10%, i pazienti con malattia coronarica (CHD), stroke ischemico, arteriopatie periferiche (PAD), pregresso infarto, by-pass aorto-coronarico, i pazienti diabetici con uno o più fattori di rischio CV e/o markers di danno d'organo (come la microalbuminuria), i pazienti con IRC grave (FG 15-29 ml/min/1.73 m2). Particolari categorie di pazienti: Pazienti di età >65 anni: In accordo alle raccomandazioni delle linee guida, in considerazione dei risultati dello studio PROSPER, nonché delle metanalisi in cui è stata valutata l'efficacia delle statine nei pazienti anziani, il trattamento con farmaci ipolipemizzanti nei pazienti con età >65 anni con aumentato rischio cardiovascolare è da considerarsi rimborsabile dal SSN. La rimborsabilità si intende estesa, in prevenzione primaria, fino agli 80 anni. Oltre tale età, invece, non esistono evidenze sufficienti a sostegno dell'opportunità del trattamento. Nei pazienti con età >65 anni ma con evidenza di malattia coronarica, vascolare o diabete mellito la rimborsabilità dei farmaci ipolipemizzanti è a carico del SSN per definizione, dovendosi considerare questi pazienti in prevenzione secondaria. Per quanto riguarda i pazienti diabetici va considerato che in questa tipologia di pazienti le LDL sono impoverite in colesterolo e arricchite in trigliceridi; pertanto il dosaggio del colesterolo LDL non fornisce una adeguata informazione sul suo reale valore e quindi anche sul TT che deve essere raggiunto. In questi pazienti dovrebbe quindi essere considerato anche il dosaggio dell'ApoB sia per stabilire il momento di inizio della terapia, sia per quanto riguarda il TT da raggiungere (= 80 mg/dl nei pazienti diabetici). L'ApoB infatti è indicativo del numero di particelle circolanti dato che ogni particella di LDL contiene una molecola di ApoB. Il dosaggio dell'ApoB sarebbe utile anche nei soggetti con sindrome metabolica e nei pazienti con insufficienza renale cronica. Il colesterolo non HDL, inoltre, la cui determinazione può essere utile se non è possibile il dosaggio dell'ApoB, si calcola facilmente dal colesterolo totale (TC) meno HDL-C. Anche isolati elevati livelli di trigliceridi costituiscono un fattore di rischio. Recenti meta-analisi hanno infatti dimostrato che l'aumento dei trigliceridi aumenta il rischio CV anche dopo aggiustamento per le variabili inteferenti incluso il colesterolo HDL. Le ragioni del rischio associate ad una trigliceride mia > 150 mg/dl sono verosimilmente da attribuire a 2 fattori: 1) persistenza in circolo di Ip remnants post/prandiali ad alta potenzialità aterogena per l'elevato contenuto in colesterolo e captazione da parte dei macrofagi; 2) modificazioni compositive che inducono sulle altre Ip in particolare sulle LDL. Altre categorie di pazienti a rischio sono le seguenti: Pazienti con livelli elevati di LP(a) > 50 mg/dl; Pazienti con HDL basse (< 40 mg/dl M e < 50 mg/dl F). Si consideri a tale proposito che più del 50% dei pazienti con coronaropatia documentata ha bassi livelli di HDL. Dislipidemie familiari: Le dislipidemie familiari sono malattie su base genetica caratterizzate da elevati livelli di alcune frazioni lipidiche plasmatiche e, spesso da una grave e precoce insorgenza di malattie CV. Le dislipidemie erano classicamente distinte secondo la classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate; questa classificazione è oggi in parte superata da una classificazione genotipica, basata sull'identificazione delle alterazioni geniche responsabili. Ad oggi non sono tuttavia definiti criteri internazionali consolidati per la diagnosi molecolare di tutte le principali dislipidemie familiari e l'applicabilità clinica pratica di tali criteri è comunque limitata: il loro riconoscimento va quindi effettuato impiegando algoritmi diagnostici che si basano sulla combinazione di criteri biochimici, clinici ed anamnestici. E' essenziale per la diagnosi di dislipidemia familiare escludere preliminarmente tutte le forme di iperlipidemia secondaria o da farmaci. Tra le dislipidemie familiari dominanti e recessive che più frequentemente si associano ad un rischio aumentato di cardiopatia ischemica prematura, vanno ricordate le ipercolesterolemie familiari autosomi che dominanti (ADH1, ADH2, ADH3) e recessive, l'iperlipidemia familiare combinata (FCH), la disbetalipoproteinemia e le gravi iperchilomicronemie/ipertrigliceridemie, come indicate nel box con il relativo difetto genico. In tutti questi pazienti l'obiettivo primario della terapia è di portare la colesterolemia a valori più bassi possibile. Rimandando alle Linee Guida dell'ESC/EAS per una descrizione più dettagliata dei criteri diagnostici, ai fini dell'appropriatezza prescrittiva dei medicinali in Nota 13 si riportano di seguiti i principali criteri clinici per la diagnosi delle forme familiari più comuni. Ipercolesterolemia familiare monogenica, o FH. Malattia genetica (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:500) frequentemente dovuta a mutazioni del gene che codifica il recettore delle LDL. Benchè una diagnosi certa sia ottenibile solamente mediante metodiche di analisi molecolare (oggi possibili presso centri specializzati), questa dislipidemia, nella pratica clinica, può essere diagnosticata con ragionevole certezza mediante un complesso di criteri biochimici, clinici ed anamnestici. I cardini di questi criteri, sostanzialmente condivisi da tutti gli algoritmi diagnostici proposti, includono: colesterolemia LDL superiore a 190 mg/dl più trasmissione verticale della malattia, documentata dalla presenza di analoga alterazione biochimica nei familiari del probando. In assenza di informazioni sul profilo lipidico dei familiari il sospetto è molto forte se insieme alla colesterolemia LDL superiore a 190 mg/dl si osservano: presenza di xantomatosi tendinea nel probando oppure: un'anamnesi positiva per cardiopatia ischemica precoce (prima dei 55 anni negli uomini, prima dei 60 nelle donne) nel probando o nei familiari di I e II grado (nonni, genitori, fratelli) o la presenza di grave ipercolesterolemia in figli in età prepubere. Dati recenti suggeriscono che un appropriato trattamento dei pazienti con ipercolesterolemia familiare conduce ad un sostanziale abbattimento del loro eccesso di rischio cardiovascolare. Iperlipidemia combinata familiare, o FCH. Questa malattia (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1-2:100) è caratterizzata da una importante variabilità fenotipica ed è collegata a numerose variazioni genetiche, con meccanismi fisiopatologici apparentemente legati ad un'iperproduzione di apo B-100, e quindi delle VLDL. I criteri diagnostici sui quali è presente un consenso sono: colesterolemia LDL superiore a 160 mg/dl e/o trigliceridemia superiore a 200 mg/dl più documentazione nei membri della stessa famiglia (I e II grado) di più casi di ipercolesterolemia e/o ipertrigliceridemia (fenotipi multipli), spesso con variabilità fenotipica nel tempo (passaggio da ipercolesterolemia ad ipertrigliceridemia, o a forme miste). In assenza di documentazione sui familiari, la dislipidemia familiare è fortemente sospetta in presenza di una diagnosi anamnestica o clinica o strumentale di arteriosclerosi precoce. E' indispensabile per la validità della diagnosi di iperlipidemia combinata familiare escludere le famiglie in cui siano presenti unicamente ipercolesterolemia o ipertrigliceridemia. Disbetalipoproteinemia familiare. Patologia molto rara (con prevalenza nel nostro Paese intorno ad 1:10.000) che si manifesta in soggetti omozigoti per l'isoforma E2 dell'apolipoproteina E. La patologia si manifesta in realtà solamente in una piccola percentuale dei pazienti E2/E2, per motivi non ancora ben noti. I criteri diagnostici includono valori sia di colesterolemia che di trigliceridemia intorno ai 400-500 mg/dl più presenza di larga banda beta, da fusione delle bande VLDL ed LDL, alla elettroforesi delle lipoproteine. La presenza di uno di questi fattori aumenta la validità della diagnosi: xantomi tuberosi, xantomi striati palmari (strie giallastre nelle pieghe interdigitali o sulla superficie palmare delle mani, da considerare molto specifici). Iperlipidemie in pazienti con insufficienza renale cronica (IRC). Per il trattamento ipocolesterolemizzante dei pazienti con insufficienza renale (eGFR < 60 ml/min/1.73 m²) è necessario prestare attenzione alla scelta della terapia a seconda del grado di insufficienza renale. Le statine si sono dimostrate efficaci nel ridurre gli eventi cardiovascolari nei pazienti con insufficienza renale cronica, di ridurre la proteinuria e di rallentare la progressione della malattia renale. Tutte le statine sono prevalentemente escrete attraverso il fegato nelle vie biliari e quindi con le feci nell'intestino. Una parte minore, meno del 13%, viene eliminata attraverso il rene, in percentuale diversa a seconda della statina (Goodman and Gilman's The Pharmacological Basis of Therapeutics, 1996, pag. 887). Nei pazienti con IRC in stadio 5 (GFR < 15 ml/min o in trattamento sostitutivo della funzione renale) le evidenze attuali, desunte dai pochi studi di intervento pubblicati, non sono favorevoli al trattamento della dislipidemia. Il recente risultato dello studio AURORA, che valutava l'effetto di rosuvastatina in una popolazione di pazienti con IRC allo stadio finale, ha dimostrato che, a fronte di una riduzione del LDL-C, il trattamento con statina non era associato ad una riduzione dell'end-point combinato di IMA, stroke e morte cardiovascolare. Iperlipidemie indotte da farmaci (immunosoppressori, antiretrovirali e inibitori della aromatasi). Un incremento del colesterolo totale e delle frazioni a basso peso molecolare (LDL e VLVL), dei TG e dell'apolipoproteina B sono stati riscontrati: 1) nel 60-80% dei pazienti sottoposti a trapianto di cuore e che ricevono una terapia immunosoppressiva standard comprensiva di steroidi, ciclosporina e azatioprina; 2) nel 45% dei pazienti sottoposti a trapianto di fegato; 3) in una percentuale di pazienti sottoposti a trapianto di rene che a seconda delle varie casistiche considerate arriva fino al 60%. Numerosi studi effettuati su campioni di popolazione di adeguata numerosità hanno consentito di dimostrare la correlazione tra iperlipidemia e lo sviluppo di aterosclerosi e conseguentemente di malattia cardiovascolare. L'iperlipidemia indotta dai farmaci immunosoppressivi, inoltre, accelera lo sviluppo della cosiddetta GVC (graft coronary vasculopathy), una forma di aterosclerosi coronarica accelerata che rappresenta la più comune causa di morte tardiva post-trapianto di cuore e che si riscontra in questi pazienti con un'incidenza annua pari al 10%. Alla luce di questi dati nella pratica clinica l'utilizzo di farmaci ipolipemizzanti nei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido si è reso indispensabile laddove l'utilizzo di un regime dietetico controllato a basso contenuto di colesterolo e la riduzione di eventuali ulteriori fattori di rischio cardiovascolare modificabili non sia stata sufficiente per mantenere i valori di colesterolemia entro i limiti consigliati e laddove non sia proponibile l'utilizzo di uno schema alternativo di terapia antirigetto. Nei pazienti con infezione da HIV, a seguito dell'introduzione della HAART (terapia antiretrovirale di combinazione ad alta efficacia), è frequente l'insorgenza di dislipidemia indotta dai farmaci antiretrovirali che, nel tempo, può contribuire ad un aumento dell'incidenza di eventi cardio-vascolari, sviluppabili anche in giovane età. Da studi di coorte prospettici, se pur non tutti concordi, emerge un rischio relativo di eventi ischemici vascolari pari a circa 1.25 per anno con incremento progressivo e proporzionale alla durata di esposizione alla terapia antiretrovirale. La prevalenza di dislipidemia nei pazienti HIV positivi è variabile in rapporto al tipo di terapia antiretrovirale, comunque è intorno al 25% per la colesterolemia e oltre il 30% per l'ipertrigliceridemia (indotta in particolare dall'interferone). Alla luce di questi dati, nella pratica clinica l'utilizzo di farmaci ipolipemizzanti nei pazienti con infezione da HIV in trattamento antiretrovirale si è reso necessario, laddove la riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare “modificabili” non si riveli sufficiente e laddove, per motivi clinici e/o virologici, non sia sostituibile la terapia antiretrovirale in atto. In questi casi si possono utilizzare statina di 2° livello. Nei pazienti in trattamento con farmaci anti-retrovirali il trattamento con simvastatina è controindicato. E' stato dimostrato che gli inibitori dell'aromatasi (anastrazolo, letrozolo ed exemestane) possono aumentare il livello del colesterolo sierico in meno del 7% dei pazienti trattati. Poiché l'anastrazolo a dosi molto elevate è inibitore del CYP1A2, CYP3A4 e CYP2C8/9 ed il letrozolo è un modesto inibiore del CYP2C19, se tali inibitori dell'aromatasi sono associati alla rosuvastatina, si può osservare una ridotta attivazione o un ridotto metabolismo della rosuvastatina. Essendo la prava statina un debole induttore del CYP3A4 riduce i livelli plasmatici dei su citati inibitori dell'aromatasi
[#5]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore, mi scusi se Le rispondo così in ritardo.
Volevo raccontarLe come è finita. Il medico di base si è rifiutato ancora di prescrivere il Crestor ma ha prescritto a mio padre un'altra molecola (pravastatin sale sodico).
Io ricordo bene che, dopo l'intervento di angioplastica del 2001, a mio padre fu consigliata una molecola, di cui ora non ricordo il nome, che si rivelò completamente inefficace nel controllo della colesterolemia. Di qui il consiglio del cardiologo di allora di assumere la rosuvastatina. Purtroppo periodicamente cestiniamo i risultati dei vecchi esami di laboratorio di routine per cui non ho potuto dimostrare la cosa al medico. In ogni caso mio padre ha iniziato la terapia con questo nuovo farmaco e tra un paio di mesi dovrebbe fare le analisi e verificarne l'efficacia. Nel caso in cui i valori non dovessero essere nella norma, il medico prescriverà nuovamente la rosuvastatina... forse!
Questo è quanto.
Grazie ancora per la Sua cortese disponibilità e complimenti per la passione con cui esercita la professione.
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Attivo dal 2007 al 2020
Medico Chirurgo
Di nulla!
Buone cose,
Dott. Caldarola.
Colesterolo

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