Disturbo d'ansia in uno studente di medicina in crisi

Mi sono iscritto a Medicina a 18 anni dopo aver superato a prima botta il test.
Adesso ne ho 25, sto iniziando il mio ottavo anno, e mi mancano 11 esami esatti alla laurea, facendo due stime potrei riuscire a laurearmi entro marzo 2027, se tutto andasse per il verso giusto.
Eppure, invece che vivere questa fase con entusiasmo, sto vivendo un grande momento di crisi.
Ho sempre manifestato, sin da prima dell'università, un carattere particolarmente ansioso, a causa di un educazione iperprotettiva dei miei genitori e a causa di tutta una serie di ansie che mi sono state trasmesse sin da quando sono piccolo.
Sono cresciuto col terrore di non dovermi ammalare, di non poter mangiare determinati alimenti perchè erano pericolosi, di non poter fare il bagno subito dopo aver mangiato e chi più ne ha più ne metta.
Per tal motivo, come è stato ampiamente approfondito in terapia, ho sviluppato una marcata iper reattività verso i diversi pericoli che mi circondano, e ovviamente anche per le attività più banali.
Questo, unito ad una serie di difficoltà universitarie avute nel percorso, mi ha portato a sviluppare un disturbo da panico due anni fa, che ho trattato con SSRI e psicoterapia cognitivo comportamentale, adesso sto proseguendo solo la psicoterapia dopo aver gradualmente ridotto il farmaco come da indicazione del mio psichiatra.
Sono stati due anni particolarmente duri, in cui ho trovato comunque la forza per sostenere 9 esami universitari e uscire da una situazione di stallo in cui un po' ero finito.
Durante questo periodo è incominciato a montare in me un forte rimuginio sul percorso universitario e paradossalmente il motivo non è neanche legato alla mole di studio, perchè so che se studio riesco a superare anche esami molto difficili in maniera brillante.
Perciò non mi spaventa neanche il laurearmi fuoricorso, perchè so di aver vissuto delle difficoltà e non voglio assolutamente colpevolizzarmi per questo.
Il mio timore è legato più che altro ad una specie di fobia legata all'ospedale o comunque legata al malessere delle persone.
Ho intrapreso questo percorso motivato e spinto dall'interesse verso la medicina, ma purtroppo ho questa forma di ipersensibilità che mi paralizza.
Se entro in ospedale anche solo di passaggio, ho una forte sensazione d'ansia, che talvolta sfocia in attacchi di panico.
Se una persona si sente male davanti a me, la prima reazione è una marcata risposta ansiosa, di fuga o evitamento, e tutto ciò mi fa sentire molto frustrato.
Lo psicoterapeuta sostiene che sia un problema di poco conto, ma il mio timore è che questa situazione condizionerà tutta la mia vita e mi renderà infelice.
Ad oggi ne ho passate tante e vorrei solo raggiungere uno stato di serenità, che al momento manca da un po' nella mia vita.
L'idea di dover fare ancora 11 esami con questa spada di Damocle addosso mi spaventa e sto seriamente pensando che forse la mia strada sia un'altra.
Sapreste aiutarmi?
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico igienista 45k 1.1k
Attualmente la diagnosi potrebbe essere differente dal disturbo di panico precedentemente diagnosticato.

La questione diagnostica va approfondita e valutata in modo appropriato per stabilire se sia necessario nuovamente iniziare una terapia farmacologica, soprattutto in considerazione del fatto che ha sviluppato delle fobie che non hanno beneficio dalla psicoterapia, oltre alla presenza in questo momento di un pensiero relativo alla sua futura attività.

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La ringrazio per la risposta. Purtroppo queste fobie non hanno avuto dei benefici neanche quando ho intrapreso la terapia farmacologica con Escitalopram 20 mg. Quando sostiene che la diagnosi potrebbe essere differente dal disturbo da panico a cosa fa riferimento nello specifico? Cosa ipotizza?
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico igienista 45k 1.1k
E' quindi più probabile che la diagnosi che ha ricevuto non sia stata corretta vista la mancata risposta alla terapia menzionata.

Le ipotesi sono svariate e vanno acclarate nelle visite dirette.

Deve rivolgersi nuovamente ad uno psichiatra.

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Vedrò settimana prossima il mio psichiatra. Posso chiedere un suo punto di vista sulla questione fobie? Nel senso, è davvero il caso che io mi sforzi di vincere questa fobia o la cosa potrebbe provocarmi solo più frustrazione che non altro? Perchè la mia impressione è che queste tecniche di rilassamento progressivo, di esposizione, siano davvero poca cosa nei confronti di una risposta fobica ben strutturata.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico igienista 45k 1.1k
Non serve ragionare sulle fobie, una volta comprese o si affrontano in modo efficace o il lavoro mentale che é collegato diviene inutile e faticoso.

In un quadro sintomatologico come il suo, direi anche che può essere controproducente.

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Chiedo scusa, ma dire che in un quadro sintomatologico come il mio affrontare la fobia possa essere controproducente in cosa si traduce da un punto di vista pratico? Qual è il modo efficace di affrontare una fobia che non sia al tempo stesso controproducente?
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico igienista 45k 1.1k
Con la terapia farmacologica. Il passaggio fondamentale è una terapia farmacologica appropriata e mantenuta a dosaggi adeguati e per tempi previsti dalle linee guida.

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