Difficoltà nella lettura

Non saprei dire con precisione quando e perchè è cominciato (intorno ai 16/17 anni) fatto sta che da allora ho gravi difficoltà nella lettura, difficoltà che sono andate via via acutizzandosi e radicalizzandosi. Per almeno 3 anni non ho combattuto contro questa malattia, liquidavo la cosa dicendomi che ero "ritardato, stupido di natura", cominciai ad utilizzare i miei atti autolesionistici (sorti non so perchè, comunque sempre intorno ai 17) come punizione o come unico mezzo di espressione rimastomi, dato che le mie velleità di scrittore amatoriale, erano ovviamente castrate dall'impossibilità di leggere; ad ogni modo da un anno ho spesso di "tagliarmi", e grazie ad amici ho finalmente focalizzato il problema: mi sono convinto di non essere "ritardato", ma di soffrire di depressione. Ho deciso di consultare una psicologa (è a dire il mio secondo tentativo di intraprendere una terapia di questo tipo: il primo tentativo avvenne sempre intorno ai 17, quando i miei, soppesando il mio carattere asociale e inspiegabili spossatezze fisiche mi convinsero ad andarci; ma allora ero troppo piccolo e non avevo ancora coscienza della mia malattia allora forse solo germinale, quindi dopo un anno che giudico infruttuoso, interruppi) la quale mi ha diagnosticato una forma depressiva contro la quale operare una terapia psicologica e parallelamente una farmacologica.Non essendo affatto convinto dell'efficacia di una terapia psicologica l'ho interrotta dopo due mesi, riversando le mie speranze in quella farmacologica. Mi sono rivolto a uno psichiatra che mi ha prescritto il Daparox per un mese, dopo il quale ripetere la visita; non avendo avuto il farmaco alcun effetto, mi ha prescritto l'Efexor, per lo stesso lasso di tempo, ma i risultati sono stati ugualmente nulli. Ora sto perdendo fiducia anche nella farmaco-terapia, quella che vedevo come l'ultima mia speranza. Per me leggere è diventato una vera ossessione, mezzo indispensabile per cercare di coltivare i miei interessi artistici che sono tutta la mia vita, oltre che un bisogno pragmatico (es. studio universitario).Le mie ideazioni suicide (nate a cavallo sempre dei maledetti 17) si sono radicate fortemente, solo il non voler far soffrire la mia famiglia mi frena dall'uccidermi,ma ormai il suicidio è diventando un pensiero che si ripresenta molte volte al giorno, ogni giorno e non so per quanto riuscirò a sottrarmi ad esso, condito da violenti e sempre più frequenti attacchi di panico. Sono disperato, non pretendo di guarire dalla mia depressione immantinente e da tutti gli altri sintomi che porta, ma ho il bisogno urgente di risolvere almeno questo, convintissimo inoltre che mi aiuterebbe moltissimo a uscire totalmente dalla malattia.Cosa può consigliarmi? Ho pensato a centri di ricovero per il trattamento della depressione, come estrema possibilità: esistono?Me li consiglia? La prego, mi aiuti per quel che può, sono davvero disperato.
Ringraziandola anticipatamente,mi scuso per la lettera lacunosa e caotica
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Una cosa fondamentale da dire è che l'efficacia delle cure non richiede né l'investimento di speranze, né si realizza in tempi così brevi. Un mese è il tempo minimo in cui vedere i primi risultati con un farmaco antidepressivo, e una psicoterapia solitamente impiega di più. Bisogna poi considerare le dosi e la diagnosi, gli antidepressivi non sono il farmaco adatto a qualsiasi tipo di sindrome depressiva.
Lei non riferisce alcuna diagnosi, soprattutto la questione della lettura non è chiara, si tratta di un deficit neurologico così diagnosticato a suo tempo o dopo (esempio dislessia) oppure di una preoccupazione in assenza di difficoltà funzionali ? Questo tipo di deficit si curano per risolverli, se però c'è un problema di umore sottostante, qualsiasi problema può diventare a momenti insostenibile perché vissuto in maniera disperata.

Va fatta una diagnosi psichiatrica precisa.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Attivo dal 2010 al 2012
Ex utente
La diagnosi stilata dal mio psichiatra è (riporto verbatim): Sintomatologia ansiosa con tratti fobici e note depressive. Per quanto riguarda il dosaggio del daparox è stato 10 gocce al giorno, l'efexor 1 capsula da 75 ml. sempre giornaliera. Io non credo sia un problema di ordine neurologico e sia la psicologa che lo psichiatra da cui sono stato in visita tendevano ad escluderlo; devo comunque precisare che non ho mai fatto una visita per fugarlo. La ritiene necessaria? Il dosaggio e la scelta dei farmaci sono stati corretti? Mi rendo conto che non posso pretendere di guarire immediatamente, ma ho bisogno almeno di cominciare ad uscirne, di avere qualche segnale incoraggiante, per questo le rinnovo la richiesta di consigli.
La ringrazio per eventuali risposte future e per la celerità della sua prima risposta.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

sono dosi contenute, non massime. Lo psichiatra descrive alcuni tipi di sintomi, ma una diagnosi "categoriale" non c'è. La dislessia è un problema attualmente di pertinenza neurologica, che si rivela al momento dell'apprendimento mediante lettura o dell'imparare a scrivere. Ora, se invece il problema è recente, e non ha mai avuto problemi nel leggere e scrivere scolastico, probabilmente ha ragione lo psichiatra nel ritenere che sia un problema incentrato sull'ansia (o magari l'ossessività).
Sarebbe utile un inquadramento con una diagnosi precisa, anche perché le cure tipo daparox o efexor vanno calibrate in base a queste categorie, per cui sono state sperimentate. Altrimenti ci si basa sui singoli sintomi che però sono comuni a malattie diverse.
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dopo
Attivo dal 2010 al 2012
Ex utente
Ma a chi devo rivolgermi per avere una diagnosi precisa? Ad uno psicologo o richiederla esplicitamente al mio psichiatra alla prossima visita? Tra l'altro, come ha detto il mio medico, per la cura stiamo procedendo per tentativi, nel senso che un mese proviamo un medicinale, se non dà giovamento, passiamo ad un altro, ecc. e questo metodo non mi ha mai convinto del tutto. Inoltre le visite con lui mi sono sempre sembrate stringate e superficiali (dal mio punto di vista di paziente e ignorante): gli ho parlato dei motivi che mi avevano spinto a rivolgermi a lui e in seguito mi ha fatto domande generiche del tipo se soffrissi di insonnia e cose simili. Lei cosa ne pensa? E' un comportamento normale o un pò negligente? Mi consiglia insomma di rivolgermi ad un altro medico? Per motivi personali economici mi sono dovuto rivolgere a un volontario ASL, non per denigrare la categoria, ma pensa che un privato potrebbe essere migliore? Reitero i miei più sinceri ringraziamenti e saluti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Direi di chiederla allo psichiatra. Vede, la questione è questa. Le diagnosi possono essere fatte per sintomi o con nomi che significano un insieme di sintomi e anche un tipo di andamento. Si utilizza un sistema di classificazione, che buono o cattivo che sia è quello su cui generalmente sono provati i farmaci e le psicoterapie.
Quindi, sappiamo che i farmaci x e y sono efficaci su un disturbo che si chiama "z", mentre se non diamo un nome a quel disturbo è più difficile orientarsi con risultati prevedibili. Poi ognuno è libero di descrivere e di far capire al paziente il disturbo con i termini che crede, l'importante è che più o meno si giunga a identificare il disturbo in maniera standard.
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Dr. Daniele Tonlorenzi Gnatologo, Dentista 4.2k 73 73
Gentile utente, se avvicina la punta di una matita alla punta del naso vede l'immagine nitida o sdoppiata? Scusi la mia intrusione in un'area fuori della mia branca specialistica, però sarei curioso di sapere cosa dice l'oculista della Sua situazione oculare e soprattutto se Lei è contento della Sua vista.
Saluti
Daniele Tonlorenzi