Utilità di assumere psicofarmaci

Gentili dottori, vorrei sottoporre un quesito forse senza nessuna risposta definitiva:
sono affetto da disturbo bipolare. Da ormai 6 anni assumo psicofarmaci (nel tempo: litio, valproato, olanzapina, lamotrigina) seguito costantemente da uno psichiatra. In questi 6 anni si sono comunque verificati episodi maniacali e depressivi. Il mio quesito è questo: per me prendere gli psicofarmaci, forse per un'ipersensibilità soggettiva, significa passare quelle che io chiamo "pene dell'inferno" cioè tutta una serie di problemi insopportabili legati agli effetti collaterali. A ciò va aggiunto un costante e progressivo decadimento del mio organismo (impotenza, debolezza, fragilità) molto probabilmente legato ad un uso prolungato dei farmaci, e a deficit cognitivi (difficoltà di concentrazione, peggioramento della memoria, difficoltà nell'eloquio e nella organizzazione del pensiero). Il punto è questo: prendere gli psicofarmaci, nel mio caso (non escludo che molte altre persone riescano a condurre una vita normale anche seguendo una terapia), significa una non vita: non mi è possibile trovare o mantenere un lavoro, nè cominciare o mantenere una relazione di coppia, nè avere relazioni sociali soddisfacenti. Tutto questo accompagnato da tutti i problemi fisici (che ormai credo siano cronici e irreversibili) che ho descritto prima. Non prenderli può portare qualche sollievo, pur con tutti i problemi fisici e cognitivi descritti prima, ma mi espone al rischio di episodi depressivi o maniacali. Come psichiatri, voglio chiedervi: qual è il senso di un'esistenza di questo tipo, senza nessuna gratificazione, con continue e costanti sofferenze fisiche e mentali, senza la prospettiva di miglioramenti futuri. A che serve "mantenere in vita" una persona che non potrà mai avere una vita degna di questo nome, privata di ogni piacere fisico e mentale? Non ci penso mai seriamente, ma non sarebbe pensabile prevedere per chi è ormai irrimediabilmente compromesso a causa della malattia e degli effetti a lungo termine dei farmaci l'eutanasia, un modo per porre fine a queste inutili sofferenze, inutili visto che non potranno mai avere un termine nè una guarigione? Grazie in anticipo per l'attenzione
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.4k 988 248
Gentile utente,

Una cura che non funzioni non ha molto senso, se stiamo parlando di un assoluto non-funzionamento. Se stiamo parlando di episodi capitati dopo la sospensione o riduzione delle cure è un altro discorso.

Nel caso del disturbo bipolare si possono provare medicinali diversi o associazioni diverse, ed esiste comunque sempre la terapia elettroconvulsivante.

Le terapie si fanno perchè una parte delle persone riesce ad ottenere risultati anche completi, dovendo comunque sempre assumere una cura. Gli effetti collaterali poi in ogni cura sono possibili, certamente che valgono la pena se dall'altra parte c'è un beneficio sostanziale nel controllo della malattia.

Quali cure sono state provate oltre a quella attuale ? Lo shock è mai stato prospettato come opzione ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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