Sindrome serotoninergica

Buonasera!
Sono una paziente bipolare. Da 12 anni sono in cura con Zoloft (a dosaggio pediatrico che però a me é vitale e sufficiente) e Prazene o Lexotan quando vado in fase depressiva, per dirla in breve. Nn ho mai interrotto questa terapia e negli anni devo dire di avere trovato giovamento per quanto riguarda il mio disturbo bipolare. Da qualche settimana, sembra che il mio corpo, o cervello, nn accetti più questa sostanza! Come sintomi ho nausea e capogiri per non dire il malessere generale. Sono stata costretta a sospenderli. I due psichiatri, il mio purtroppo é deceduto, che mi hanno presa in considerazione in queste settimane mi hanno cambiato la terapia, con Elopram, sempre a dosaggio molto basso (10mg) e sono stata male. La mia domanda é se questa é una "lieve" sidrome serotoninergica, dato che appunto mi sento meglio quando nn prendo la terapia o cosa? Negli anni, ci sono stati giorni o comunque massimo una settimana (scorso febbraio) in cui sono partita per un viaggio, dimenticandomi a casa lo Zoloft e per una settimana circa nn l'ho preso. A metà aprile mi sono messa in testa di volerli smettere, ho diminuito dilazionandolo nel tempo ma dopo poco nn ce l'ho fatta... Ora nn so cosa fare, appena lo riprendo, ho effetti avversi che nn ho mai avuto prima... Nn capisco se sono intossicata o cosa?! Nn si scherza con questi farmaci, vi prego di aiutarmi! Grazie infinite!
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
la sindrome serotoninergica possiamo definire come una manifestazione estrema della collateralità di alcuni farmaci antidepressivi, e, mentre i soliti sintomi collaterali da tali farmaci hanno in parte gli stessi meccanismi, qualitativamente si tratta dei fenomeni diversi. La "sindrome serotoninergica" è una condizione di pericolo che richiede interventi di salvataggio, mentre i soliti sintomi collaterali iniziali recedono con la riduzione della dose o/e anche con il proseguire della terapia.

Dunque, ricominciando ad assumere un farmaco sono possibili effetti collaterali iniziali, aggravati forse anche dalle condizioni climatiche, ma tuttavia, cambiare il farmaco non è sempre la strategia migliore.

Comunque, mi rimane poco chiaro perché con la diagnosi di "disturbo bipolare" è stata scelta tale cura (a base di soli antidepressivo e ansiolitici): o non è questa la diagnosi, o non è questa la cura.

Mi suona strano che nei periodi depressivi quello che Le aiutava sono stati i farmaci ansiolitici senza cambiamenti della dose dell'antidepressivo. Ciò vorrebbe dire che l'antidepressivo non preveniva gli episodi depressivi.. Non si può nemmeno escludere che il farmaco sia diventato essenziale perché senza avvertiva effetti collaterali da sospensione, ma non perché compensava la malattia.

La soluzione corretta richiede di guardare oltre alla sola situazione del precedente "compenso" con il farmaco e dell'attuale "intoleranza" al farmaco. Bisogna innanzittutto definire bene la diagnosi in generale e la diagnosi dell'attuale episodio: si tratta solo delle conseguenze del riadattamento dell'organismo ai cambiamenti della terapia ? oppure di un episodio depressivo o di uno maniacale insorto anche indipendentemente da questa (forse ancora nei mesi nei quali ha iniziato a pensare di togliere il farmaco) ? E forse è da rivalutare tutto l'approccio farmacoterapeutico.

Non è chiaro inoltre perché gli psichiatri che L'hanno presa in considerazione in queste settimane sono ben due e non uno...


Dr. Alex Aleksey Gukov

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la sua immediatezza! Allora, mi perdoni, mi sono espressa male nell'ansia di scrivere... Ho visto solo uno psichiatra che mi ha cambiato la terapia! Il mio "vero" mitico psichiatra, é morto due anni fa...Bipolare é la diagnosi corretta. Dopo sei mesi iniziali con il Prozac prescrittomi fal mio medico di base e con cui stavo al top, improvvisamente, sembrava nn facesse piú nulla e nonostante lo prendessi, andavo sempre piú giú. Capimmo il motivo! Nn era depressione ma la fase depressiva del disturbo! Io nn fidandomi di uno solo, nel lontano 98 passai per almeno quattro psichiatri. Tutti mi diedero Tegretol piú antidepressivo e ansiolitico! Fu un disastro, dosaggi assurdi e soprattutto poca considerazione della "particolaritá" del mio caso... Finalmente il 21 dicembre del 99 trovai lo psichiatra giusto, quello deceduachea é per questo che pche capí che ero bipolare si ma nn cosí grave da dover prendere litio valproato o Depakin! Ma allo stesso tempo nn ero così sana da riuscire a stare senza farmaci. Sicuramente devo rivalutare tutto l'approccio alla terapia, é da tanti anni che nn mi faccio vedere vivendo all'estero e comunque avendo trovato il mio equilibrio... Nn ho mai smesso lo Zoloft in 12 anni, mai!! L'ho solamente aumentato un pochino quando sentivo che era da aumentare! Gli ansiolitici solo nei periodi di down associati allo Zoloft sempre! La cosa che nn capisco é appunto perché ora il mio cervello, ricettori o fisico che sia, lo rifiuti con violenza, motivo per il quale le ho scritto ... Domani ho appunto la visita per cercare di aggiustare la terapia! Speriamo di capirci chiaro! Sicuramente nn farsi controllare per tanti anni é stato un errore madornale...
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
grazie per i chiarimenti; mi dispiace per la perdita del Suo vecchi psichiatra.

Mantengo comunque alcune mie impressioni, le quali hanno i limiti della conoscenza molto parziale del Suo caso e del mezzo della conoscenza solo telematico, ma penso, potrebbero essere utili da discutere con il Suo nuovo specialista durante la visita che Lei farà.

<<..Nn era depressione ma la fase depressiva del disturbo!..>>

Tutti i disturbi di umore (sia bi- che mono- polari) si manifestano "a fasi" o ad "episodi" con maggiore o con minore regolarità e previdibilità. Tutti i disturbi di umore sono, per loro natura, ciclici. La ciclicità è anche una delle caratteristiche fisiologiche principali della variabile "umore". Come aspetto patologico, oltre che nel disturbo bipolare classico è presente anche nella ciclotimia ed anche negli episodi ricorrenti del disturbo depressivo classico.

Rimane il mio dubbio sulla diagnosi. Lei ha avuto episodi diagnosticati come "maniacali", "misti" o "ipomaniacali" ? (a parte di trovarsi "al top" con il prozac).

L'antidepressivo ha attenuato il disturbo, ma le fasi depressive comunque ricomparivano. Qui bisogna notare che i farmaci antidepressivi (più i triciclici, meno gli SSRI come il prozac o lo zoloft) hanno anche la capacità di accentuare la ciclicità (soprttutto nei disturbi bipolari). In ogni modo, nel caso nel quale il disturbo è "bipolare", la terapia antidepressiva ha un ruolo più sintomatico e assumerla per tempi indefiniti è discutibile.

Anche nel caso nel quale il disturbo bipolare si è evoluto nel tempo, manifestandosi solo con episodi depressivi (come spesso succede), oppure se è un disturbo depressivo ricorrente, l'uso di antidepressivi per tempi indeterminati è comunque discutibile.

Su questo non tutti saranno d'accordo con me. Secondo il parere prevalente, nella depressione ricorrente la terapia antidepressiva va protratta per tempi non definiti. Secondo me, dipende dalla gravità degli episodi e dal ruolo che diamo al farmaco.

Se diamo al farmaco il ruolo puramente sintomatico, cambiando i dosaggi al bisogno, a secondo dell'episodio, allora potrà subire la stessa sorte della terapia ansiolitica della quale si diventa dipendenti senza mai risolvere il disturbo.

Se invece diamo al farmaco anche il ruolo preventivo ed anche più radicale, allora andrebbe usato con regolarità, a dosi costanti e sufficienti perché dopo un certo periodo si possa aspettarsi che se ne potrà essere meno bisogno.

<<..La cosa che nn capisco é appunto perché ora il mio cervello, ricettori o fisico che sia, lo rifiuti con violenza, motivo per il quale le ho scritto ...>>


Oltre alle ipotesi dell'impatto della stagione, degli eventuali sintomi collaterali iniziali e dell'eventuaità che Lei possa trovarsi nella fase diversa da quella depressiva,

perché l'organismo dovrebbe accettarlo ? E' stato decisio che l'organismo ne abbia bisogno.., ma anni fa. Il fatto che per tutti questi anni lo ha preso non è sufficiente come l'argomentazione per sostenere che ne abbia bisogno. Bisognerà valutare la situazione da parte dello specialista sia nella luce del decosro della malattia negli anni, sia nella luce del Suo stato di umore attuale.

un saluto,
[#4]
dopo
Utente
Utente
Dovrebbe accettarlo perché sono molto molto giú ed é per questo che mi pare assurdo tutto ció!! Ne avrei bisogno totale in questo momento e invece lo rigetto! Puó significare qualcosa che ad aprile, come le dissi, mi ero messa in testa che mi facevano male, che erano come una droga e che dovevo smetterli? Ho avuto disturbi ipomaniacali, maniacali e ossessivo- compulsivi! Grazie...
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
<<..Dovrebbe accettarlo perché sono molto molto giú..>>

La sensazione del calo di umore non significa automaticamente che la prima e l'unica soluzione sia sempre un farmaco antidepressivo.

Dipende molto anche dalla fase della malattia.

Potrebbe trattarsi o dell'astinenza da farmaco, oppure di un episodio depressivo, ma anche un episodio "misto" (la diagnosi dello stato clinico deve fare lo specialista che attualmente La segue), mentre i farmaci antidepressivi non solo alleviano lo stato depressivo, ma all'inizio dell'assunzione (o della reassunzione, se ha avuto luogo la sospensione) potrebbero anche esacerbare i sintomi depressivi (nello stato depressivo) e misti (nell'ipotesi di uno stato misto).

<<..Dovrebbe accettarlo perché sono molto molto giú ed é per questo che mi pare assurdo tutto ció!!..>>

Certamente è assurdo, se tendiamo a percepire l'antidepressivo come un sintomatico, al pari di un ansiolitico: l'ansiolitico allevia l'ansia, l'antidepressivo - la depressione. Però è proprio tale presupposto che è sbagliato, e, seguendolo, effettivamente si rischia di non curare la malattia ma di diventare dipendenti dal farmaco come da una "droga".

A differenza dei farmaci puramente stimolanti (usati nella medicina di più decenni fa), gli antidepressivi della nostra epoca non sono i sintomatici, non si aumenta o si riduce la loro dose "al bisogno", perché gli effetti benefici più radicali e stabilizzanti l'umore si ottengono dopo un'assunzione relativamente protratta, mentre all'inizio sono possibili i sintomi, benché temporanei, ma non sempre prevedibili. Spesso sono positivi, e alcune persone tendono a far fruttare solo quell'effetto superficiale, ma non è un approccio di cura corretto, perché si avvicina all'uso di tali farmaci nella qualità di stimolanti. In particolare nel disturbo bipolare tale approccio è inopportuno, ma proprio i pazienti affetti da tale disturbo tendono a preferirlo.

Spesso ciò può derivare dall'insufficiente consapevolezza della malattia. In particolare, gli episodi depressivi sono vissuti come un problema, con una maggiore intensità e non sono tollerati: in parte perché la "normalità" soggettiva di una persona affetta dal disturbo bipolare tende ad avere "gli standard" più elevati, perché comprende anche quelli stati del polo opposto, nei quali si è meno critici e nei quali i confini fra la normalità e la malattia tendono ad essere percepiti in un modo più sfumato (soggettivamente, stare "bene" non è mai "troppo").

Alla fine ci si abitua a "tenere" il disturbo, e ad affrontarlo "a fasi".

<<..Puó significare qualcosa che ad aprile, come le dissi, mi ero messa in testa che mi facevano male, che erano come una droga..>>

Se per "come una droga" intendiamo che l'assunzione porta ai vantaggi temporanei ma con l'impossibilità ormai a farne a meno e senza risolvere il problema più a fondo, allora Lei poteva avere anche ragione. Effettivamente, dopo più anni ci sarebbe da chiedersi perché prosegue ad avere gli episodi di manifestazioni della malattia pur proseguendo ad assumere questi farmaci. Certamente non doveva decidere da sola di sospenderlo (come non doveva proseguire ad assumere i farmaci senza monitoraggio).

Se invece per una "droga" intendiamo un qualcosa di non naturale, di estraneo e di nocivo che si introduce nell'organismo, mentre questo non ne ha bisogno, allora forse sbaglia, perché allora sarebbe un ragionamento dettato sempre dalla impostazione "al bisogno" nella quale determinate sostanze sono per noi più accettabili rispetto ad altre a secondo delle idee che facciamo in un certo periodo o a secondo delle nostre convinzioni. Ricorrendo ad un'allegoria, trattiamo i farmaci come la regina tratta i suoi servi, che a periodi possono essere favoriti o meno, ma in tal modo non possono essere un vero appoggio al suo potere.

<..La cosa che nn capisco é appunto perché ora il mio cervello, ricettori o fisico che sia, lo rifiuti con violenza [lo zoloft], motivo per il quale le ho scritto..>>

Come scrivevo, ciò può dipendere anche dalla fase del disturbo, e forse con la strategia precedente abbiamo abituato l'organismo a vivere a fasi. Proporrei di rivalutare tutto l'approccio alla cura, e non scarterei l'introduzione di uno degli stabilizzatori di umore (che sono fra di loro molto diversi, e si può fare una scelta opportuna).
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