Rifiuto ricovero volontario

Gentile staff,

Propongo una situazione credo alquanto anomala, in quanto solitamente si verifica il contrario.
Sono stato in cura negli ultimi 3.5 anni presso i SPDC e i CPS della mia zona. I rapporti con i curanti di tali strutture sono andati incrinandosi nel tempo per una serie di mancanze logistiche e professionali che non mi è possibile raccontare in questo breve spazio. In ogni caso comunico lo scorso mese che non mi sarei recato per la visita successiva, essendo il percorso proposto totalmente inadatto alla mia condizione (visite a 4-6 settimane, da 30-40 minuti; mi recavo per ottenere la nuova prescrizione e tanti saluti).
Contatto un legale e uno psichiatra forense per valutare la fattibilità di una procedura penale per negligenza medica (per ragioni che qui ometto, ma non determinanti per il quesito). Sono in attesa di copia delle cartelle cliniche a tal fine.
In ogni caso la mia condizione rimane critica; sono sotto terapia non monitorata da troppo tempo e lo psichiatra privato a cui mi sono rivolto è all'estero per lavoro fino alla prossima settimana. Costui mi suggerisce di farmi visitare da un PS ed eventualmente procedere con ricovero fino al suo ritorno. Mi reco il 6/12 presso un pronto soccorso di Milano per avere indicazioni terapeutiche (i farmaci prescritti mesi fa e non più variati né monitorati non sono al momento sufficienti a gestire il disagio), la psichiatra di turno mi dice che non può procedere in tal senso senza una valutazione approfondita e propone un ricovero al fine di monitorare i parametri necessari (e.g. intervallo QT, valproatemia... MAI controllati da quando sono in cura) che però rifiuto. Mi fa firmare un documento in cui si afferma che vengo dimesso contro parere medico. Mi dice di tornare nel caso avessi cambiato idea. Così ho fatto: sono stato ulteriormente male nel fine settimana e non potendo attendere il ritorno del privato sono tornato nello stesso ospedale spiegando la situazione e chiedendo il ricovero. La psichiatra di turno si è rifiutata di concedermelo, volendo a tutti i costi contattare la vecchia struttura di riferimento per concordare con loro il ricovero presso l'ospedale di Milano. Avendo chiuso i rapporti con quella struttura e, ripeto, valutando ora azioni legali nei loro confronti ho ritenuto inopportuno che questi venissero a sapere questa cosa. Il medico non cambia posizione e mi dimette con codice bianco.
Chiedo se il comportamento sia legittimo: in primo luogo non ho mai pagato una prestazione di pronto soccorso perché "esente per forme morbose", ma secondo costei la situazione era non grave al punto da dimettermi codice bianco (nonostante avessi e abbia ideazione autolesiva), in secondo luogo vorrei comprendere se il comportamento assunto sia stato o meno legittimo dal punto di vista giuridico perché la sua risposta è stata che "lei lavora così". Terapia attuale: Depakin Chrono 300+500mg, Amitriptilina 40mg, Zolpidem 10mg; Delorazepam 2mg al bisogno. Ringrazio e saluto cordialmente
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente

Formalmente quanto accaduto è stato correttamente gestito dai colleghi.

https://wa.me/3908251881139
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dopo
Utente
Utente
Gentile Dr. Ruggiero,

La ringrazio per la celere risposta.
Mi sa dire se c'è una normativa di riferimento che permette tale comportamento?
Ossia che consenta al medico di guardia di avvisare la struttura di competenza territoriale (e, ci tengo a specificare, soltanto di competenza territoriale, non essendo io più in cura presso di essi) e rigettare la richiesta di ricovero in evidente stato di bisogno?

Le chiedo pertanto, date le circostanze, come mi posso comportare. In pronto soccorso non sono in grado di aiutarmi, il ricovero non è concesso per le ragioni espresse (ribadisco, secondo volontà della psichiatra di ieri, in totale disaccordo con la proposta e le indicazioni datemi dal primo medico il 6/12 - altrimenti non sarei tornato in ospedale), ovviamente non posso tornare nella struttura di riferimento ed il privato è assente almeno fino al 17/12.
Non so a chi rivolgermi nel frattempo e, onestamente, date le circostanze il 17/12 potrebbe non arrivare mai.

Ringrazio di nuovo, auguro cordialmente una buona giornata.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

la normativa di riferimento è regolata da ogni regione autonomamente ed anche regolata dalla Direzione del Dipartimento di Salute Mentale alla quale può fare riferimento.

Nella fattispecie la norma attuale prevede che ogni paziente debba essere preso in carico dalla propria struttura di riferimento che viene suddivisa secondo la residenza anagrafica.

La valutazione di non ricoverarla appartiene alla valutazione diretta effettuata al momento della visita che può variare nel tempo indipentemente dalla prima e dalla seconda valutazione.

A mio avviso può tornare alla sua struttura di riferimento.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dottore,

Stando a quanto mi dice Lei la normativa è con riferimento a livello regionale o a livello ospedaliero.
Mi sembra quindi esclusa la casistica "perché io lavoro così" che è chiaramente a livello personale, ed onestamente mi pare alquanto ingiusto che il trattamento dipenda dalla aleatorietà del medico di guardia che si trova a quel giorno a quell'ora...

Per quanto riguarda la questione della suddivisione per residenza anagrafica ho provveduto ad informarmi dal momento che per anni mi è stato posto come vincolo insuperabile per le mie cure in ambito pubblico. Secondo fonti attendibili (interne alle strutture, intendo) mi risulta ora che la suddivisione per residenza sia solo puramente indicativa ma non vincolante - almeno per la mia zona geografica - e per di più per un caso particolare come il mio (con un contenzioso in corso presso la vecchia struttura).

È evidente poi che la decisione di non ricovero nella seconda visita sia stata frutto della valutazione momentanea fatta dal secondo medico (e quindi con possibilità di esito diverso) ma Le garantisco che è pure evidente quanto questa valutazione sia stata errata a causa dell'arroganza di questa persona, evidentemente alterata per questioni personali e/o lavorative indipendenti dal mio caso che però hanno pesato sul sottoscritto. Le mie condizioni in quella circostanza erano ben peggiori di quelle della prima visita e, al di là delle considerazioni personali, sempre opinabili, permanevano tutte le valutazioni oggettive della situazione: necessità di un controllo urgente di una terapia non monitorata da troppo tempo, in condizioni psico-fisiche inidonee all'attesa di un controllo ambulatoriale.

Apprezzo infine il suo consiglio ma davvero fatico a coglierne l'utilità. Come posso tornare alla struttura di riferimento? Insomma, ho fatto richiesta di sequestro delle cartelle cliniche per un'eventuale denuncia penale nei loro confronti (già comunicata); mi sembrerebbe totalmente una contraddizione logica e morale tornare da essi (persone in cui non ho più fiducia) per quanto io sia in una condizione di bisogno e loro probabilmente obbligati per legge a (ri)prendermi in carico.

Mi scuso per il discorso forse un po' confuso (sto dormendo molto poco...), spero di aver reso almeno l'idea.

Grazie di nuovo per la disponibilità e il tempo dedicatomi.