Crisi cardiorespiratorie e possibili relazioni psicosomatiche

Salve,

Premetto che il mio consulto forse non è completamente inerente con la competenza psichiatrica, tuttavia vorrei (nei limiti del possibile) ricevere un parere riguardo alla mia situazione.

Breve scheda personale: non fumatore, non bevitore, di indole salutista, no patologie conosciute (unica segnalazione ipercifosi e iperlordosi) , lavoro sedentario ma praticato in passato attività fisica in maniera piuttosto costante.

Da circa 3 anni soffro di un determinato tipo di sintomi che si manifestano sopratutto sotto sforzo in maniera proporzionale all'attività fisica effettuata.

In sintesi anche dopo uno sforzo lieve inizio ad avere una sorta di crisi cardiorespiratoria, ovvero la respirazione si fa difficoltosa e percepisco diverse extrasistoli.

Non ho una sensazione di mancanza d'aria ma una vera e propria difficoltà inspirare ed espirare, il diaframma e duro,contratto, e lavorano prevalentemente i muscoli respiratori accessori (spalle alzate). Noto anche che in queste situazioni il diaframma bloccato accentua notevolmente la iperlordosi (già preesistente), la postura in generale ne risente, banalmente non riesco a stare dritto.

Contemporaneamente percepisco una forte oppressione allo stomaco e un senso di peso e di rigonfiamento importante. A seguito iniziano numerose eruttazioni (da qui forse si spiega il senso di rigonfiamento), una volta espulsa l'aria ho un leggero sollievo e riesco a respirare sensibilmente meglio ma dopo poco il ciclo si ripete.

Durante la crisi le extrasistoli si manifestano in maniera più o meno invadente, e quando compaiono sottosforzo con una certa frequenza (1 ogni 10 secondi) sono decisamente debilitanti e mi sento costretto a fermarmi o rallentare l'attività.

Queste crisi in genere durano dai 30min a 2 ore e solitamente sono proporzionate in base all'intensità dello sforzo. Se insisto con l'attività fisica la crisi diventa di tale rilevanza da causare pre-sincopi.

Per darvi un metro di misura spesso queste crisi si manifestano anche solo durante i 2km di cammino verso casa in una strada in salita (sforzo moderato). Il freddo/periodi invernali sembrano esacerbare le crisi. In rari casi le crisi si sono manifestate a riposo.

Un altro esempio: nel periodo primaverile stufo di queste problematiche, ho deciso di provare a tutti i costi a riprendere attività fisica costante e cercare di ignorare le crisi.

Per circa 3 mesi sono andato a correre 5 giorni alla settimana assieme a degli altri coetanei con stile di vita sedentario.
Risultato: a distanza di 20-30 sessioni non sono mai riuscito a superare i 3/3.5km di corsa senza dovermi fermare per le suddette crisi.
2 dei 3 amici coetanei dopo i 3 mesi di attività costante sono riusciti a partecipare alla loro prima mezza maratona.

Nel corso di quest'ultimo anno e mezzo circa ho fatto ovviamente tutta una serie di accertamenti:

cardiologici: ecg, ecocardio, test sottosforzo, holter (effettuato circa 1 anno fa). Risultato tutto negativo. Sotto sforzo talvolta hanno rilevato le extrasistoli (perlo piu bev monomorfe) classificate comunque come fisiologiche e benigne.
Per assurdo il giorno in cui ho indossato l'holter non ho percepito nessuna extrasistole (evento piu unico che raro dato che in quel periodo ne percepivo almeno 30-40 tutti i giorni), l'holter stesso ha registrato solo alcune bev e bevs di scarso significato.

pneumologici: ipotesi asma da sforzo e test di provocazione bronchiale con metacolina. Risultato negativo

gastroenterologici: gastroscopia risultata negativa eccetto una lieve duodenite. Il gastroenterologo non esclude ancora possibile ernia da scivolamento e/o GERD (per quest'ultimo sto provando in questi giorni una terapia in modo da escludere o meno tale ipotesi)

percorso psicoterapeutico: sono stato seguito per quasi 2 anni da una psichiatra con trattamento farmacologico con farmaci antidepressivi (Cipralex) che ho terminato recentemente. Questo percorso è stato intrapreso in quanto effettivamente da principio la comparsa incessante di questi sintomi mi ha dapprima preoccupato e poi lentamente logorato facendomi entrare in un circolo ansioso/depressivo/ipocondriaco.
Posso affermare che la terapia farmacologica e breve percorso cognitivo-comportamentale del psichiatra ha avuto in parte successo, aiutandomi a dissipare la sintomatologia depressiva e migliorare il comportamento durante le crisi, sopratutto anche dopo aver escluso le possibile cause organiche con le visite menzionate in precedenza.

Inutile nascondere che questo genere di problematiche protratte per cosi tanto tempo mi ha creato i problemi ansiosi e depressivi che ovviamente hanno fatto da catalizzatore a queste crisi. Inoltre sono ben conscio che i sintomi da me descritti ricadono perfettamente in un quadro psicosomatico, tuttavia rimango convinto che l'ansia in se è una conseguenza e non la causa primaria.

Ultimamente la mia ipotesi era una possibile ernia iatale che, sotto sforzo, andando a occupare lo spazio intratoracico comprimeva i polmoni e pericardio scanenandomi le extrasistoli e difficoltà respiratoria.

Esclusa però in parte questa ipotesi con la gastroscopia sono al punto di partenza ed ho esaurito le opzioni/ipotesi di natura fisica.
A questo punto mi chiedo (e vi chiedo)...e possibile che problematiche di tale intensità e frequenza siano di natura psicosomatica? Cosa posso fare o dove posso indagare per trovare una soluzione o almeno una risposta ai miei problemi?

Mi scuso per l'estrema lunghezza consulto ma non sono riuscito a sintetizzare maggiormente senza omettere informazioni importanti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Per quale diagnosi è in cura psichiatrica ? Questi sintomi sono stati inclusi dallo psichiatra nel quadro che sta cercando di trattare o meno ?

Per come la descrive è una sindrome da sforzo, e quindi di per sé non suggestiva di fenomeni di panico che solitamente non hanno una precisa correlazione con lo sforzo. Le extrasistoli sono ventricolari, ma come ha detto non sono state rilevate in numero significativo. Sarebbe importante misurare l'attività cardiaca durante una di queste crisi e la sede delle extrasistoli ventricolari.

L'ipotesi dell'ernia è possibile. A meno che il tutto non sia uno stato di preoccupazione legato ad uno sforzo di per sé normale, ovvero un'ipocondria (in questo caso non i sintomi che provocano ipocondria ma il contrario, l'ipocondria che rende preoccupati, e quindi interferisce perché produce stati ansiosi acuti).

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
salve Dr. Matteo Pacini,

La cura psichiatrica è stata intrapresa 2 anni fa sotto consiglio del cardiologo dopo aver fatto l'ennesima visita risultata negativa.

A quei tempi ero oggettivamente in ansia per questa condizione, anche se da principio mi ero ostinato ad affrontare da solo e senza supporto farmacologico il mio disturbo alla fine accettai di iniziare la cura psichiatrica.

Lo psichiatra ha valutato i sintomi e le relative evoluzioni nel corso di questi 2 anni come disturbi di prevalenza psicosomatica, tuttavia è sempre stato d'accordo nell'indagare per eventuali concause organiche.

Mi dispace dirlo, ma credo di aver tratto più vantaggio dal trattamento farmacologico che dalle numerose sedute, le quali purtroppo si riducevano ad un semplice recap del mio stato emotivo durante il mese ed eventuali consigli mirati a migliorare la qualità della vita.

Solo in questi ultimi 5-6 mesi posso dire di aver raggiunto un certo grado di stabilità. Rimuovendo lo stato di apatia, moderata depressione e ansia preancipatoria da sintomi, è rimasto un misto di rabbia/frustrazione dovute alle limitazioni che i queste crisi mi impongono.
Tengo a precisare che sono stato io a proporre allo psichiatra di sospendere la terapia (scalando ovviamente), proprio per valutare le mie reazioni senza una copertura farmacologica.


Quello che posso constatare è che allo stato attuale sopporto e accetto i sintomi fino a un certo livello rimanendo in controllo ma ovviamente non sono immune ricadute ed esacerbazioni di natura psicologica...credo però che un certo livello di ansia in certe situazioni sia "naturale", mi spiego meglio:

Mi è capitato di avere alcune delle peggiori crisi cardiorepiratorie durante attività fisica in luoghi isolati (es: montagna).
Lo scorso novembre stavo facendo un giro in mtb nei boschi e dopo un certo tratto in salita (mediamente intenso , probabilmente circa 130-140bpm) ho iniziato a percepire numerose extrasistoli,(1 ogni 7-10sec) che francamente mi hanno dato una decisa sensazione di malessere.
Ovviamente la sintomatologia non si è manifestata di colpo ma accusavo già in crescendo da mezz'ora difficoltà respiratoria e gli altri sintomi menzionati in precedenza, tuttavia come spesso faccio ho cercato di non abbandonare l'attività alle prime manifestazioni.

Mi sono fermato però pochi instanti dopo, ovviamente le extrasistoli sono diminuite in frequenza ma la respirazione si era talmente faticosa e inefficiente che dopo pochi minuti mi sono dovuto accasciare a terra per via della sensazione di mancamento e debolezza.
Faccia e lingua formicolavano, avevo una percezione visiva alterata e difficoltà a parlare (cercavo parlare da solo per provare a distrarmi)
Braccia e mani completamente formicolanti e insensibili, marcato segno di Trousseau su entrambe mani, ipotizzo dovuto a temporanea alcalosi respiratoria.

Non nascondo assolutamente che l'ansia ha preso il sopravvento e nei momenti peggiori anche attacchi di panico, francamente pensavo che fosse la fine.
Dopo circa 30minuti i sintomi sono gradatamente scemati e sono riuscito a recuperare le forze quel tanto per alzarmi tornare indietro piano piano a piedi, ero comunque sfinito.

Malessere in luogo isolato e distante e impossibilità di chiamare aiuto; sicuramente è stato un cocktail di fattori che mi ha completamente destabilizzato, ma mi chiedo: fino a punto è stata una iperreazione e come si sarebbe comportata una persona "normale" ?

Mettendo per un attimo da parte questi estremi (capitati circa 3-4 volte) durante le crisi sono solitamente in controllo e, se avvengono dopo la fase di recupero dell'attività fisica, il mio battito è solitamente basso a volte addirittura bradicardico (tra 45 e 55).
Questo per sottolineare che solitamente non è presente un'accelerazione fisiologica del battito come può verificarsi durante una crisi di panico.

Io non escludo niente: accetto di effettuare un nuovo holter cercando di provocarmi le crisi per registrare le eventuali artimie ( anche il gastroenterologo me l'ha riproposto), come accetto di rivalutare lo stato di ipocondria, o ancora, scendere nuovamente nel campo delle ipotesi (es: possibili correlazioni con il diaframma e/o nervo frenico?)







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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Non è detto che durante le crisi di panico vi sia un'accelerazione del battito, e quelle che lei sente sono "palpitazione", che è diverso dal dire "extrasistoli" (che è un evento cardiaco). Effettivamente alcune condizioni possono far pensare al panico, i sintomi significano poco, sono importanti quelli psichici durante e tra le crisi.

In ogni caso, se come mi pare di aver capito la cura con cipralex ha dato beneficio almeno in parte, si è pensato di impostare una cura del genere a dose piena, oppure un'altra a dose piena per verificare se semplicemente tutto questo risponda variando la dose.

In questo senso togliere la cura mi sembra una prospettiva prematura, la cosa più logica sarebbe verificare dove può arrivare la cura come efficacia, e per far questo la dose è uno degli elementi, insieme al cambio di medicinale.

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dopo
Utente
Utente
Grazie per la risposta,

Posso confermare che si trattano di extrasistoli che distinguo perfettamente da semplici palpitazioni o tachicardia sinusale, sono nell'80% dei casi monomorfe il restante sono coppie o triplette, solitamente tutte con pausa compensatoria.

Il cardiopalmo, inteso come percezione del proprio battito, è spesso presente ma francamente non mi da nessun fastidio (ovviamente se il battito è regolare)...è probabile che sia semplicemente dovuto a una mia eccessiva concentrazione sui sintomi nel corso di questi anni.

Per quanto possa sembrare assurdo posso anche azzardare di poter distinguere da tra bev e bevs, se presto attenzione percepisco la fisicità del muscolo cardiaco e il suo movimento. A riposo e in un luogo silenzioso non ho difficoltà a riconoscere sistole e diastole nel singolo battito.

A prescindere da questo particolare ritengo che le extrasistoli siano quasi tutte esclusivamente dovute a un causa di stimolazione "meccanica" , ovvero scatenate da un respiro profondo o da una compressione dello stomaco/diaframma sul pericardio.

Ritornando al discorso della cura farmacologica: il dosaggio di cipralex proposto dallo psichiatra nel corso di questi 2 anni è stato medio/basso: 7.5mg per i primi mesi e 10mg per il tempo restante.
Onestamente non ho notato differenze, anche se la variazione era marginale.
Ha senso tuttavia perseguire la terapia farmacologica per tempi così prolungati?

Il periodo di benessere psicologo relativamente lungo e la assenza di correlazione tra i sintomi e gli effetti della terapia sono fattori che mi hanno fatto decidere di voler terminare quest'ultima.

Lei proporrebbe in alternativa di verificare gli effetti di una dose superiore o eventualmente valutare un altro farmaco ansiolitco?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248



Se i fenomeni sono ventricolari meritano un'approfondimento perché non si tratta delle comuni extrasistoli. Faccia misurare anche il tratto Qtc sull'elettrocardiogramma, anche se non sempre risulta indicativo in assenza di fenomeni in atto.
Fenomeni del genere possono derivare dalla compressione esterna sul miocardio, così come il legame con lo sforzo, come già detto prima, può derivare da un problema "di pompa". o da una compressione toracica esercitata ad esempio da un'ernia.

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dopo
Utente
Utente
Va bene, per scrupolo prenoterò un holter tramite l'ultimo cardiologo che mi ha seguito.

Nel frattempo i prossimi passi che posso fare sono i seguenti:
- inizio la terapia consigliata dal gastroenterolo (gaviscon adv + peridon + gastroloc) per verificare l'eventuale presenza di gerd
- cerco di valutare/osservare (anche con l'aiuto di persone esterne) l'andamento post terapia cipralex
- sempre rimanendo nel campo delle ipotesi mi documenterò sulla biomeccanica diaframmatica per valutare anche una possibile correlazione con i disordini ortopedici (ipercifosi, iperlordosi, scoliosi)

Sicuramente lo si è notato ma lo esplicito: io sono per indole e per deformazione professionale piuttosto analitico, curioso della meccanica delle cose e ovviamente prediligo un approccio scientifico...ed è naturale che in mancanza di risposte concrete da parte degli specialisti cerchi di approfondire personalmente la questione (sopratutto se il problema riguarda me stesso!)

Purtroppo in questi anni non ho potuto fare a meno di constatare che, (perlomento al livello delle singole visite mediche) manca decisamente un interazione sinergica tra i vari specialisti. Ci si ritrova così ad essere rimbalzati da uno specialista all'altro sentendosi talvolta dire cose diametralmente diverse.

Da parte mia devo ammettere che ho probabilmente commesso l'errore di ignorare e sopportare troppo a lungo questi problemi (che però sono appunto di difficile segnalazione e analisi)
Così a distanza di 4 anni sono passato da essere un individuo fisicamente preparato e assiduo partecipante a gare di resistenza ( d'inverno spesso uscivo alle 6 di mattina per allenarmi prima di andare in ufficio ) ad essere praticamente un "invalido" incapace talvolta di tornare a casa con i propri piedi (con tutte le conseguenze del caso legate alla vita di tutti i giorni).
Credo che questa situazione possa essere potenzialmente frustrante e destabilizzante per molti, col senno di poi avrei decisamente "suonato" prima il campanello d'allarme.

Questo sopra era uno sfogo (me ne scuso), che non ha nulla a che vedere con il consulto online, anzi visti i limiti del caso la ringrazio nuovamente per le risposte che mi ha dato.

Se prossimamente avrò dei risvolti di rilievo o degni di interesse, li integrerò volentieri nel consulto.



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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Poco utile che si documenti Lei sulle correlazioni possibili, anche perché questo non è un procedimento diagnostico. I medici si orientano da soli e prendono in considerazione le ipotesi che ritengono da accertare. Anche per le ipotesi psichiatriche è meglio non procedere per esclusione, ma per inclusione de sintomi psichiatrici riscontrati alla visita e in base ai suoi racconti.
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dopo
Utente
Utente
Non metto in dubbio che le autoanalisi siano fondamentalmente poco utili e talvolta controproducenti ma lo faccio sia per interesse personale sull'argomento sia per naturale adeguamento ad una mancata risoluzione e identificazione del problema nel corso di quasi 3 anni tramite le visite mediche.

Come lei stesso ha puntualizzato la prescrizione di una terapia farmacologica si basa quasi esclusivamente sull'anamnesi del paziente più l'esperienza dello specialista; sistema che magari nel campo psicologico/psichiatrico è anche statisticamente affidabile ma decisamente empirico se paragonato ad altro studio di altre patologie dove l'eventuale somministrazione di un di un farmaco dall'interazione biochimica decisamente complessa e il suo relativo dosaggio viene anche deciso sulla base di eventuali dati di laboratorio.

E se attualmente a livello pratico non è possibile verificare o quantificare per ogni paziente una determinata carenza nella stimolazione serotoninergica ne tantomeno identificarne le possibili cause continuo a vedere tali prescrizioni degli approcci "trial and error" confinati nella sfera delle ipotesi.

Con questo non voglio certo polemizzare, non sono ovviamente qualificato per trarre conclusioni su questo genere di giudizi, tuttavia non posso negare di percepire (forse per l'esperienza che ho avuto finora) nell'iter del percorso psichiatrico delle zone grigie e di difficile valutazione

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"ma decisamente empirico se paragonato ad altro studio di altre patologie "

No, non è così. I segni sono quelli, solo che non si è soliti misurarli e riportarli, ma le diagnosi di altro tipo spesso sono poste in maniera altrettanto approssimativa, se è questo che intende.

Non riguarda la disciplina ma la pratica. Trial and error è uno dei modi di capirci qualcosa, diffuso in qualsiasi settore. La diagnosi per esclusione è un altro ma non porta ad una diagnosi, solo ad una esclusione.