Proposta di "prendere una pausa" da parte dell'analista

Buongiorno,

Mi trovo in una situazione per me molto complicata.

Dopo 7 anni di psicoterapia psicoanalitica per un disturbo di personalità NAS, sintomi di conversione e frammentazione del sè, il mio terapeuta mi ha proposto una sospensione della terapia in quanto per me al momento risulta troppo attivante.

Un anno fa, dopo due anni di relativo benessere dove sembrava andare meglio, ho cominciato a fare la "guerra" al mio terapeuta, regredendo in uno stato peggiore di quello con cui avevo cominciato la terapia.
La "guerra" è iniziata quando il mio analista mi ha chiesto di riprendere le sedute dal vivo dopo le restrizioni del COVID.
E' coincisa anche con la solidificazione della relazione con il mio ragazzo.

Ho sempre avuto problemi nelle separazioni (ma anche nelle congiunzioni) con gli altri.
Il mio terapeuta mi ha detto che mi sto cronicizzando, che non riesco ad accettare nè la sua presenza nè la sua assenza.

Durante questo anno terribile, ho cominciato a contattare mille altri terapeuti, facendo un po' di colloqui ma senza mai avere il coraggio o la volontà di interrompere con il mio analista.

Lui mi ha suggerito di "prenderci una pausa", chiudendo le sedute un mese prima delle vacanze estive e di risentirci a settembre.

Fondamentalmente il concetto è quello che apparentemente io non voglio guarire, e che non accetti il suo aiuto ma nemmeno la sua assenza.

Nonostante ritengo la decisione ragionevole, mi sento completamente persa.
Speravo di provare un sollievo che invece non provo (lo provo solo nella misura in cui non devo più uscire di casa due volte a settimana per andare da lui, visto che l'uscire da sola è per me un forte trigger).

Mi manca la speranza di guarire, penso che se non sono riuscita a superare i miei problemi con lui non li supererò mai perchè forse è vero che non voglio guarire.

Sento di aver buttato via sette anni per ritrovarmi al punto di partenza, stando molto peggio.

Sento di aver sabotato tutto, cerco di capire cos'è andato storto e mi rispondo: io.
Ho il terrore che dentro di me il mio problema sia troppo potente, che farò la guerra a tutti, anche nel caso decidessi di cambiare terapeuta.

Il mio analista mi ha consigliato di stare da sola per un po', di non contattare nessuno.

Un'altra analista con cui ho fatto dei colloqui ritiene che invece per me una seconda analisi sia indicata.

Una nuova terapia per me potrebbe significare speranza, ma sono in un loop in cui penso che il mio problema era stato delineato benissimo nella mia attuale terapia, non c'è molto altro da scoprire, c'è solo da capire come superare questa mia resistenza al cambiamento.
Ho la sensazione che il mio terapeuta mi abbia capita perfettamente e che nessuno forse mi capirà mai come lui.

Quindi mi sento spacciata... Non so cosa fare... L'estate per me è sempre un periodo molto difficile e non so come la supererò...
Scusate la scrittura sconclusionata ma sono molto emotiva al momento.
Grazie.
[#1]
Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 197 21
Ci sono psicoterapie di tipo cognitivo-comportamentale che possono essere utili in disturbi di personalità come il suo (per esempio la DBT di Marsha Linehan), nelle quali il transfert e l'attaccamento sono gestiti in modo differente. Dato che è un lavoro diverso, non è escluso che in futuro possa riprendere con il suo analista, ma su una base emotiva modificata.

Franca Scapellato

[#2]
dopo
Utente
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Buongiorno dott.ssa,
Grazie per la risposta a detta del mio analista e del mio psichiatra io non soffro di disturbo borderline quindi non saprei se la DBT possa avere senso sicuramente un approccio diverso magari si, dove si gestisce diversamente l’attaccamento
[#3]
Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 197 21
Nella psicoterapia analitica il transfert è il punto centrale, nella terapia cognitiva è uno dei tanti elementi di contorno; non è negato, ma ci si concentra su aspetti diversi e si implementano abilità differenti. Se uno dei problemi per lei è uscire di casa da sola, pensi a come cambierebbe la sua vita se questo ostacolo fosse superato. E' un lavoro del tutto differente, sul "come" e non sul "perché", che non esclude una successiva analisi.

Franca Scapellato

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