Vedo tutto nero, non ho più niente
Buonasera, vi scrivo dopo un po' di tempo.
Attualmente mi trovo nel mio letto, in lacrime.
Vi spiego, ho 31 anni e sono in procinto di iniziare un tirocinio attinente alla mia laurea.
Non male si direbbe e in effetti sono molto carico per questa nuova esperienza che spero mi porti ad acquisire nuove competenze.
Dopo un esperienza in banca dove non sono stato confermato, dopo quasi un anno in balia degli eventi senza trovare uno straccio di lavoro e dopo essere tornato a fare la stagione estiva in cucina dopo anni vedo questo tirocinio come un nuovo inizio.
Ma c'è dell'altro, c'è un mostro che mi perseguita da sempre e in giorni di festa come questi, torna e con prepotenza.
Ecco, sento di aver perso tutto, di non avere più niente.
Mi spiego meglio, io sono cresciuto in una città, i miei genitori hanno deciso di stabilirsi lì per il lavoro di mio padre, e provengono da un paese dell'entroterra e qui, credetemi, c'è una differenza culturale e di mentalità enorme tra i due contesti.
Ho sempre avuto problemi di adattamento, mi sono sempre sentito diverso dagli altri.
Ho avuto un educazione molto rigida e spesso mia madre sfogava i suoi problemi di ansia su di me.
Vedevo i genitori dei miei compagni fare vita sociale, partecipare alla vita pubblica ecc... i miei no, mia mamma sempre a casa, da sola, senza nessuno, e mio padre sempre a lavoro.
Ciò nonostante ho avuto una famiglia dove per le feste ci riunivamo (ora è finito tutto da un paio d'anni) e un gruppo di amici che, ahimè, si è completamente disperso, mi vedo con qualche amico ogni tanto ma pochissimo.
Io poi dai 25 anni sono andato a vivere per un paio d'anni nella città dove studiavo e per il COVID sono dovuto rientrare a casa e a seguire tutta la specialistica in DAD.
In tutto questo lasso di tempo fino allo scorso luglio sono stato fidanzato con un ragazza, una storia importantissima ma finita perché è stata caratterizzata da momenti in cui questo mostro mi faceva vedere sempre tutto nero e ha compromesso così il nostro rapporto portando lei a lasciarmi.
Inoltre, e questo mi messo davvero a terra, per problemi economici io e miei ci siamo trasferiti nel loro paesino d'origine.
Qua però ci sto male, non ci ho mai vissuto, non mi sento a mio agio con le persone, mi sento diverso e la gente non vuole avere a che fare con me malgrado io ci provi a essere gentile e a cercare le poche persone con cui ho un minimo di feeling, ma spesso vengo ignorato.
E quindi eccomi qua, solo, con mille rimpianti.
Uno su tutti l'aver dedicato troppo tempo allo studio trascurando altre attività dove avrei potuto socializzare di più, sentendomi diverso ovunque io vada, passando tutte le giornate chiuso in casa, senza sapere chi sono, qual'e la mia identità, con le persone che mi trattano con superficialità e sempre più diffidente nei confronti del genere umano e con un futuro, lavorativo e non, ancora in bilico.
Sto malissimo, vorrei solo sparire, lontano.
Non vorrei essere depresso, io voglio vivere.
Attualmente mi trovo nel mio letto, in lacrime.
Vi spiego, ho 31 anni e sono in procinto di iniziare un tirocinio attinente alla mia laurea.
Non male si direbbe e in effetti sono molto carico per questa nuova esperienza che spero mi porti ad acquisire nuove competenze.
Dopo un esperienza in banca dove non sono stato confermato, dopo quasi un anno in balia degli eventi senza trovare uno straccio di lavoro e dopo essere tornato a fare la stagione estiva in cucina dopo anni vedo questo tirocinio come un nuovo inizio.
Ma c'è dell'altro, c'è un mostro che mi perseguita da sempre e in giorni di festa come questi, torna e con prepotenza.
Ecco, sento di aver perso tutto, di non avere più niente.
Mi spiego meglio, io sono cresciuto in una città, i miei genitori hanno deciso di stabilirsi lì per il lavoro di mio padre, e provengono da un paese dell'entroterra e qui, credetemi, c'è una differenza culturale e di mentalità enorme tra i due contesti.
Ho sempre avuto problemi di adattamento, mi sono sempre sentito diverso dagli altri.
Ho avuto un educazione molto rigida e spesso mia madre sfogava i suoi problemi di ansia su di me.
Vedevo i genitori dei miei compagni fare vita sociale, partecipare alla vita pubblica ecc... i miei no, mia mamma sempre a casa, da sola, senza nessuno, e mio padre sempre a lavoro.
Ciò nonostante ho avuto una famiglia dove per le feste ci riunivamo (ora è finito tutto da un paio d'anni) e un gruppo di amici che, ahimè, si è completamente disperso, mi vedo con qualche amico ogni tanto ma pochissimo.
Io poi dai 25 anni sono andato a vivere per un paio d'anni nella città dove studiavo e per il COVID sono dovuto rientrare a casa e a seguire tutta la specialistica in DAD.
In tutto questo lasso di tempo fino allo scorso luglio sono stato fidanzato con un ragazza, una storia importantissima ma finita perché è stata caratterizzata da momenti in cui questo mostro mi faceva vedere sempre tutto nero e ha compromesso così il nostro rapporto portando lei a lasciarmi.
Inoltre, e questo mi messo davvero a terra, per problemi economici io e miei ci siamo trasferiti nel loro paesino d'origine.
Qua però ci sto male, non ci ho mai vissuto, non mi sento a mio agio con le persone, mi sento diverso e la gente non vuole avere a che fare con me malgrado io ci provi a essere gentile e a cercare le poche persone con cui ho un minimo di feeling, ma spesso vengo ignorato.
E quindi eccomi qua, solo, con mille rimpianti.
Uno su tutti l'aver dedicato troppo tempo allo studio trascurando altre attività dove avrei potuto socializzare di più, sentendomi diverso ovunque io vada, passando tutte le giornate chiuso in casa, senza sapere chi sono, qual'e la mia identità, con le persone che mi trattano con superficialità e sempre più diffidente nei confronti del genere umano e con un futuro, lavorativo e non, ancora in bilico.
Sto malissimo, vorrei solo sparire, lontano.
Non vorrei essere depresso, io voglio vivere.
Gentile utente,
l'espressione "non vorrei essere depresso, io voglio vivere" farebbe pensare ad una sua impuntatura mentale, nell'ottica che in Analisi Transazionale è quella del "Bambino".
Tante cose della vita sono in nostro potere (la scelta del lavoro e degli studi, il guadagno, gli amici, la scelta del partner e la conduzione dei rapporti, etc.) e tante altre non sono in nostro potere.
La malattia non sempre è in nostro potere, ma il curarla o meno lo è.
Chiedere di non essere depresso e non fare nemmeno un gesto per uscirne vuol dire non curarsi, e riconduce al pensiero magico, quello appunto dei bambini, che giocano ad evocare e scacciare il lupo con la fantasia, e poi vorrebbero farlo scomparire anche quando incontrano un lupo vero, in carne e ossa.
Se lei è depresso occorre parlare col suo medico di famiglia, e sarà il medico a prescriverle gli opportuni colloqui sia con lo psichiatra che con gli psicologi, a costo di ticket.
Ma lei sembra non voler far nulla per uscirne, anzi rimugina incessantemente sul passato per dirsi che ha sbagliato tutto, cosa del tutto inverosimile.
Il suo immobilismo volontario è testimoniato, tra l'altro, dal fatto che alla sua email analoga, a luglio, le rispose uno psicologo, dettagliando con empatia e competenza tutti i passi da fare per uscire da questa sua condizione, e lei non si prese nemmeno la briga di rispondere. Vedere il consulto https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1051348-richiesta-aiuto-psicologico.html
In questi casi in cui alla depressione si unisce l'ansia anticipatoria, con l'effetto di paralizzare ogni possibile azione di superamento di una realtà invivibile, occorre che il paziente si chieda se davvero vuole superare il momento negativo o cosa veramente vuol fare di sé stesso.
Ci rifletta, e questa volta abbia il coraggio di rispondere.
Auguri.
l'espressione "non vorrei essere depresso, io voglio vivere" farebbe pensare ad una sua impuntatura mentale, nell'ottica che in Analisi Transazionale è quella del "Bambino".
Tante cose della vita sono in nostro potere (la scelta del lavoro e degli studi, il guadagno, gli amici, la scelta del partner e la conduzione dei rapporti, etc.) e tante altre non sono in nostro potere.
La malattia non sempre è in nostro potere, ma il curarla o meno lo è.
Chiedere di non essere depresso e non fare nemmeno un gesto per uscirne vuol dire non curarsi, e riconduce al pensiero magico, quello appunto dei bambini, che giocano ad evocare e scacciare il lupo con la fantasia, e poi vorrebbero farlo scomparire anche quando incontrano un lupo vero, in carne e ossa.
Se lei è depresso occorre parlare col suo medico di famiglia, e sarà il medico a prescriverle gli opportuni colloqui sia con lo psichiatra che con gli psicologi, a costo di ticket.
Ma lei sembra non voler far nulla per uscirne, anzi rimugina incessantemente sul passato per dirsi che ha sbagliato tutto, cosa del tutto inverosimile.
Il suo immobilismo volontario è testimoniato, tra l'altro, dal fatto che alla sua email analoga, a luglio, le rispose uno psicologo, dettagliando con empatia e competenza tutti i passi da fare per uscire da questa sua condizione, e lei non si prese nemmeno la briga di rispondere. Vedere il consulto https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/1051348-richiesta-aiuto-psicologico.html
In questi casi in cui alla depressione si unisce l'ansia anticipatoria, con l'effetto di paralizzare ogni possibile azione di superamento di una realtà invivibile, occorre che il paziente si chieda se davvero vuole superare il momento negativo o cosa veramente vuol fare di sé stesso.
Ci rifletta, e questa volta abbia il coraggio di rispondere.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Utente
Buongiorno, ci tengo innanzitutto a ringraziarla per la sua risposta e, soprattutto, per averlo fatto durante il giorno di natale. Allora, in merito alla precedente conversazione mi scuso sia con lei che con il collega, per non aver risposto subito, avevo intenzione di farlo al ritorno della stagione estiva, poco più di un mese fa, ma poi ho visto che non si poteva più. È la prima volta che mi affaccio su questo portale e non sono molto pratico. Comunque, mi hanno colpito molto le sue parole, specialmente la parte dove accennava del bambino e dei pensieri magici. È verissimo, l'immobilismo ha sempre caratterizzato la mia vita in alcuni ambiti, e molto probabilmente il tutto parte dall'infanzia, per qualche trauma irrisolto credo. So che la terapia è consigliata in questi casi perché vorrei capire tanti perché.
Lo farò. Comunque le auguro una buona giornata e ricambio gli auguri.
Lo farò. Comunque le auguro una buona giornata e ricambio gli auguri.
Gentile utente,
lei parla del suo immobilismo come se fosse una fatalità voluta dal destino e non pensa che si tratti, invece, di una condizione scelta precocemente e poi mantenuta tanto per volontà che per fatica a tirarsene fuori, come avviene quando i nostri muscoli sono fuori allenamento perché troppo a lungo abbiamo ceduto alla pigrizia, finché ad un certo punto anche solo una camminata energica di un'ora diventa un'impresa impossibile.
"Trauma irrisolto" e "terapia per capire tanti perché" sono concetti idonei a non muoversi mai verso il cambiamento possibile, mentre qualunque terapia la inviterebbe a percorrere la strada che le ha indicato il mio collega nel precedente consulto, invitandola ad individuare delle priorità e ad agire su quelle.
La invito a rileggere e a mettere in pratica quella risposta, anche perché la conoscenza del passato si ottiene nel muoversi verso il futuro. Sarà nella realizzazione di sé che lei riconoscerà i freni e gli ostacoli che finora l'hanno paralizzata, e non nel fermarsi ancora una volta a riflettere, rimuginando sempre sulle stesse idee e le stesse paure.
Provi ora a vivere coraggiosamente il nuovo tirocinio, come una bella avventura, e ci faccia sapere com'è andata.
Auguri.
lei parla del suo immobilismo come se fosse una fatalità voluta dal destino e non pensa che si tratti, invece, di una condizione scelta precocemente e poi mantenuta tanto per volontà che per fatica a tirarsene fuori, come avviene quando i nostri muscoli sono fuori allenamento perché troppo a lungo abbiamo ceduto alla pigrizia, finché ad un certo punto anche solo una camminata energica di un'ora diventa un'impresa impossibile.
"Trauma irrisolto" e "terapia per capire tanti perché" sono concetti idonei a non muoversi mai verso il cambiamento possibile, mentre qualunque terapia la inviterebbe a percorrere la strada che le ha indicato il mio collega nel precedente consulto, invitandola ad individuare delle priorità e ad agire su quelle.
La invito a rileggere e a mettere in pratica quella risposta, anche perché la conoscenza del passato si ottiene nel muoversi verso il futuro. Sarà nella realizzazione di sé che lei riconoscerà i freni e gli ostacoli che finora l'hanno paralizzata, e non nel fermarsi ancora una volta a riflettere, rimuginando sempre sulle stesse idee e le stesse paure.
Provi ora a vivere coraggiosamente il nuovo tirocinio, come una bella avventura, e ci faccia sapere com'è andata.
Auguri.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Utente
Certamente, ci aggiorniamo strada facendo. Ci tengo a ringraziarvi per i vostri preziosi consigli. Un cordiale saluto, a presto.
Prego, gentile utente, e grazie in anticipo degli aggiornamenti.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.1k visite dal 24/12/2024.
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