Relatore scorretto

Buonasera a tutti,
mi sono laureata in filosofia la settimana scorsa.
È la mia terza laurea (le altre due sono in lingue, triennale e magistrale) ed è stato tutto molto faticoso con un lavoro part time come insegnante e 3 figli (ho 42 annj).
Durante la stesura della tesi il mio relatore mi ha fatto solo complimenti, mai corretto nulla, invitato a prendere caffè e un pranzo fuori, avevamo parlato un po del dottorato che mi piacerebbe provare.
Ero molto serena, ma in sede di laurea e prima della discussione presentando la mia tesi ha precisato prima quel che mancava ovvero due testi importanti che non avevo letto perché "è solo una tesi triennale" e ha inoltre precisato che il testo su cui mi sono basata (su suo consiglio) è stato poi oggi ampiamente criticato.
So che devo essere felice del risultato ottenuto, ma non posso fare a meno di sentire un certo amaro in bocca.
Come è possibile dopo mesi di complimenti?
Persino i miei colleghi presenti alla discussione e mio marito sono rimasti interdetti e mi hanno detto di essersi sentiti infastiditi.
Sono ancora arrabbiata, dico la verità e vorrei riuscire ad andare oltre.
Dr.ssa Elisa Scuderi Psicologo 114 2
Gentile Utente,
capisco quanto questa esperienza, in un momento così significativo, possa aver lasciato un senso di smarrimento e amarezza. Dopo mesi di impegno, tra lavoro, figli e una nuova laurea conquistata con fatica e determinazione, ricevere un riconoscimento pieno e coerente sembrava il minimo, e invece è arrivata una nota dissonante proprio nel momento più delicato.

Mi chiedo: cosa ha rappresentato per lei quella relazione con il relatore, il sentirsi stimata, riconosciuta, persino invitata a pensare al dottorato? Che cosa ha toccato, dentro di sé, quella improvvisa distanza che si è creata con le sue parole pubbliche?

Non è raro che ciò che ci ferisce di più non sia solo il contenuto di una frase, ma il cambiamento nel modo in cui una relazione si mostra. È accaduto qualcosa che ha infranto un’aspettativa? O forse ha fatto emergere un antico timore di non essere mai abbastanza , anche quando si è fatto tutto il possibile?

In certi momenti, quello che ci ferisce non è solo ciò che viene detto, ma ciò che sentiamo venga tolto: un riconoscimento, una posizione, una fiducia costruita nel tempo.

Vale la pena chiedersi: quale significato più profondo ha per lei questa laurea? Che cosa si aspettava di sentire, in quel momento? E, ora che è successo, come può tenere viva la parte di sé che sa di avercela fatta, nonostante tutto?

E' comprensibile che oggi faccia fatica ad andare oltre . Quando qualcosa ci colpisce nel profondo, non sempre è questione di lasciar perdere, ma piuttosto di comprendere cosa, esattamente, ci ha ferito. A volte il punto non è dimenticare, ma riuscire a rileggere con occhi nuovi quello che si è vissuto, per riconoscere il proprio valore anche quando gli altri (per motivi loro) smettono di farlo.

Cosa potrebbe accadere se si permettesse di dare un significato personale a questo episodio, anziché lasciarlo definire da chi l’ha pronunciato?

Forse è proprio lì che può cominciare quell' oltre a cui oggi, con fatica, sta provando a tendere.

Spero che queste riflessioni possano esserle utili.

Resto a disposizione, un caro saluto
E.S. 

Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com

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Utente
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Questa laurea per me ha rappresentato tanto, molto piu delle altre due perché le cose che ho studiato mi hanno cambiata nel profondo, al punto da essermi proprio commossa durante alcune lezioni. Ho amato ogni attimo di questo percorso e ho conosciuto persone stupende, colleghi anche piu grandi di me e colleghe coetanee che oggi posso chiamare amiche. Il rapporto con il mio relatore ha rappresentato un riconoscimento che probabilmente non ho a casa dato che mio marito è sempre molto critico nei miei confronti, un po' per tutto e in questi anni non ha fatto che prendermi in giro sminuendo la mia passione per la filosofia che ritiene una cosa "di serie b" rispetto alla matematica e alla fisica che sono le sue passioni, lui è un autodidatta e ha preso il diploma grazie a me a dire il vero che l'ho aiutato nelle scuole serali. Non ha mai voluto studiare oltre il liceo. Io ho sempre avuto il sogno del dottorato ma l'ho accantonato perché poi ho scelto di dedicarmi completamente ai figli. Oggi sono piu grandi e ho voluto darmi una possibilità tornando a studiare. Il mio relatore mi aveva detto che in commissione del dottorato ci sarebbe stato lui, che mi avrebbe aiutato a studiare greco che considerava necessario per un dottorato in filosofia antica, insomma mi sembrava di vedere uno spiraglio in un sogno cosi grande che ho da tanto. È vero anche che mi ha detto di pensarci bene perché ho tre figli..ma io sarei andata avanti. Il suo atteggiamento in sede di laurea mi ha spiazzata, non mi ha mai nominato quei due saggi che riteneva.mancassero alla tesi, non mi.ha parlato delle critiche odierne al volume su cui ho basato tutto. Se lo avesse fatto, avrei avuto il piacere di approfondire e probabilmente la tesi avrebbe avuto un altro taglio. Mi sento presa in giro e mi sorprendo a pensare a quanto io sia stata "credulona" in questi mesi. Mi sono fidata e certo non mi aspettavo chissà quale sviolinata in sede di discussione pubblica, ma nemmeno che esordisse in quel modo, evidenziando mancanze che avrei potuto evitare se me lo avesse permesso. Adesso guardo avanti alla magistrale di filosofia, anche se lui me l'ha sconsigliata, lo hanno spostato su un altro corso di laurea e mi ha detto di riflettere e fare la magistrale dove c'è lui, ma è tutta storica con 3 esami piccoli di filosofia e sinceramente non mi interessa. Finché c'era lui andava bene fare la magistrale di filosofia ed ora non più? Davvero non so cosa pensare, mi ha comunque rinnovato l'invito a lasciar perdere il dottorato perché con tre figli è meglio la scuola pubblica. Certo me ne farò una ragione, ma credo che farò molta fatica a fidarmi di nuovo così tanto di un docente e questo mi dispiace.
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Dr.ssa Elisa Scuderi Psicologo 114 2
Gentile Utente,
ciò che si evince dalle sue parole è quanto questa laurea non sia stata solo un titolo, ma una trasformazione interiore, un atto di libertà, di identità, di riscatto.

In questo quadro così carico di senso, che cosa rappresentava per lei quel rapporto? Non solo come guida accademica, ma come possibile alleato in un sogno a lungo tenuto in sospeso?

È possibile che l’episodio con il relatore abbia toccato corde già sensibili, forse simili a quelle che vive nel rapporto con suo marito, dove la passione per ciò che ama viene spesso svalutata. Che cosa significa per lei essere riconosciuta, e da chi ha sentito di non esserlo davvero, in questo momento?

Forse ciò che fa più male oggi non è solo la delusione per quelle parole, ma lo scarto tra ciò che quel legame sembrava promettere e il modo in cui si è incrinato proprio sul confine tra sogno e realtà.

C’è una domanda che, forse, merita uno spazio: perché, ancora una volta, qualcuno fuori da lei dovrebbe avere il potere di stabilire quanto può o non può andare avanti?

E ancora: quale parte di sé si è sentita ingenua, e quale invece, nonostante tutto, continua a sapere che questo sogno merita fiducia?
La stima di quel docente era importante, forse anche perché colmava un vuoto più ampio. Ma oggi, su quali nuove basi può decidere di costruire la fiducia in sé e nella sua direzione?

A volte, è proprio nei momenti in cui qualcosa si rompe che si rivelano con più chiarezza le nostre priorità, i desideri autentici, i confini da ridefinire.
E lì, in quello spazio fragile ma fertile, può ancora nascere qualcosa di importante.

Un caro saluto,
E.S. 

Dott.ssa Elisa Scuderi
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