Elaborazione di un lutto e ipocondria

Salve a tutti,
due mesi fa è morto mio padre dopo una malattia (tumore allo stomaco) durata sette mesi da quando è stata diagnosticata.
Io abito in un'altra città e quindi non ho vissuto la quotidianità della malattia, cosa che invece hanno fatto mia sorella e mia madre. Ciononostante, o forse proprio per questo, questi mesi sono stati molto difficili.
Sono, o almeno mi considero, una persona molto razionale e ho saputo fin da subito che non c'erano soluzioni se non per prolungargli il più possibile la vita (dubitavano che sarebbe sopravvissuto più di quattro mesi) e alleviargli le sofferenze.
Come potete immaginare, eccetto che nel primo periodo che ha visto un lieve miglioramento, ogni telefonata e ogni mio ritorno a casa hanno sempre significato notizie sempre peggiori. Fino a quando una volta mi è voluto per forza venire a prendere alla stazione e quasi non è riuscito a fare le rampe di scale per rientrare in casa: da lì è iniziato un vero e proprio tracollo, per fortuna durato poco, che è culminato con gli ultimi giorni a fine anno. Gli ho stretto la mano mentre esalava l'ultimo respiro.
E' stata un'esperienza che ancora non ho superato e non ho idea di quando riuscirò a farlo.
Solo che oltre la sofferenza per quello che stava accadendo a mio padre, ho iniziato a stare male anche io. Via via mi è cresciuta la paura di stare male, di ammalarmi più che di morire (paura che - almeno fino a adesso - non ho mai avuto).
E' una paura che in modo latente ho più o meno da un paio d'anni: da quando cioè mi sono rotto un piede. Probabilmente, avendo vissuto una vita senza gravi malattie né mie né dei miei parenti (i nonni vivi hanno più di 90 anni e quelli che non ci sono più non li ho neanche conosciuti), è stato in quel momento che forse mi sono reso conto non essere invulnerabile. O magari non c'entra nulla...
In ogni caso, con la malattia di mio padre, e soprattutto dopo la sua scomparsa, il mio problema si è aggravato. Alterno giorni in cui sto bene a quelli in cui un colpo di tosse mi terrorizza o una fitta allo sterno mi terrorizzano. Ovviamente la mia paura è di ammalarmi di cancro, e non faccio fatica a capire il motivo.
Quando sto bene, basta che legga o ascolti alla radio o alla tv qualche parola (tumore, amianto, pm10, eccetera) balzo di nuovo in questa situazione di angoscia.

Solo un paio di cose riescono a tranquillizzarmi: appoggiare la testa sulla pancia della mia compagna, incinta all'ottavo mese, e nuotare un paio di volte la settimana.

Per onestà devo anche notare che ultimamente mi sembra stia leggermente migliorando: i periodi di ansia durano molto meno e mi basta poco per tornare a essere abbastanza sereno.
Quello che vorrei sapere è se passa da solo, se tutto ciò è normale, se ho bisogno di aiuto.

Vorrei anche sapere se può essere utile "assecondare" queste paure: facendo visite, esami, eccetera. Finora ho evitato, più che altro per la paura di entrare in un circolo vizioso di ricerca di una malattia che alla fine non è fisica
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
intanto mi permetta di farle le mie condoglianze. Purtroppo ho dovuto superare la stessa esperienza, per questo so benissimo come si può stare in questi frangenti.

La prima cosa che mi viene da dirle è: ma davvero Lei credeva dopo tutto questo (malattia, morte del padre, figlio in arrivo, ecc.) ne sarebbe uscito indenne psicologicamente?

Forse la prima cosa da fare sarebbe ridimensionare la Sua autovalutazione in questi termini: sto così perchè questo periodo è così. Oppure: sto così perchè sotto sotto sono più ansioso di quanto immaginassi.

Una volta ridimensionato questo aspetto dovrebbe cercare di capire quanto questi sintomi sono "migliorati".

L'ipocondria, che è un disturbo d'ansia, può avere oscillazioni nel tempo, ed è spesso legata a situazioni mediche capitate a noi oppure ai nostri cari.

Provi ad esempio a leggere questo articolo sull'ipocondria per capirne il funzionamento

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/408-ipocondria-la-paura-delle-malattie.html

Assecondare oppure no? Dipende dai sintomi. Inizialmente una visita medica generale è semproe consigliata, giusto per escludere con certezza la presenza di patologie organiche.

A questo punto se i sintomi d'ansia persistono sarebbe indicata la valutazione psicologica. Nei disturbi d'ansia la letteratura ha evidenziato i migliori risultati soprattutto nel caso di trattamenti psicoterapeutici di tipo cognitivo-comportamentale.

Lei può a questo punto fare due cose:

1- si confronti con la Sua compagna e cercate di capire insieme come "evolvono" le Sue paure in questo periodo.

2- se ci riesce aspetti la nascita del bambino: tra qualche mese, una volta ritrovato un certo equilibrio famigliare, potrà pensare ad una eventuale consulenza psicologica.

Ma ripeto: si consulti con la Sua compagna ed affrontate questa decisione insieme.

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

[#2]
dopo
Utente
Utente
Salve,

grazie dottore per la sua gentile risposta.

In effetti un po' mi ero illuso di aver accettato questa cosa quasi all'inizio: dopo una notte insonne e un breve primo pianto mi sono sentito un po' meglio. Certo la perdita del padre (che ho amato e stimato) non sarebbe passata senza tristezza, ma non avrei pensato a questo genere di ripercussioni.

Il mio equilibrio è precario, me ne rendo conto, e anche quando sono tranquillo basta un nonnulla per tornare all'ansia.

Con la mia compagna ne abbiamo già parlato e abbiamo convenuto che ho bisogno di aiuto, che magari questo stato passa da sé in pochi mesi, ma magari invece peggiora.

Presa la decisione, ora si tratta di metterla in pratica.

Grazie ancora per la risposta.
[#3]
Dr.ssa Rosa Riccio Psicologo, Psicoterapeuta 247 5 14
"Il mio equilibrio è precario, me ne rendo conto, e anche quando sono tranquillo basta un nonnulla per tornare all'ansia"

Gentile utente,
comprendo perfettamente la sensazione di trovarsi in equilibrio precario che sta sperimentando in questo momento e leggendo il suo post ho avuto la sensazione che oggi una delle sue sfide sia proprio quella di imparare a tollerare l'incertezza e l'imprevedibilità e viverle come condizione ineludibile della vita.

Questo vuol dire, tra le altre cose, accettare la possibilità di perdere lungo il cammino molte cose e molte persone amate e decidere comunque di andare avanti correndo questo rischio.


Le faccio un grande in bocca al lupo

Dr.ssa Rosa Riccio
Psicologa-Psicoterapeuta
www.cantupsicologia.com

[#4]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,

"Presa la decisione, ora si tratta di metterla in pratica"

se ci pensa in parte l'ha già fatto chiedendo la consulenza qui.

Vedrà che il passaggio successivo non sarà così complicato.

Buon lavoro psicologico allora!
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