Anoressia e accondiscendenza

Gentili dottori,
vorrei sapere se ho ragione, se almeno approssimativamente si può dire che l’atteggiamento di mia madre sia scorretto. Premetto che la situazione è delicatissima e che mia madre è realmente troppo accondiscendente .
Mia sorella è anoressica da qualche anno (ma le sue paranoie risalgono a dieci anni fa quando andava ancora alle elementari), ha delle fissazioni che a detta di una persona mentalmente sana sono veramente assurde. Ora so che è una condizione patologica molto difficile, che molte persone hanno trascinato per decenni e per cui molte altre sono morte. Mia sorella dimostra forza di volontà, in alcuni momenti è spinta dal buon senso e vuole cercare di darsi una mano. Prima di finire da uno psicologo, quando la situazione era già critica ma ancora trattabile, mia madre ha pensato di farle seguire una dieta per prendere chili con l’aiuto di un dietologo (per evitare di finire da uno psicologo e avere difficoltà con gli altri in un paese che vive di squallidi pettegolezzi) . Sembrava stesse funzionando, si atteneva rigorosamente alla dieta pesando tutto fino al milligrammo. Ogni tanto crollava ma cercava di darsi forza. E’ durata un mesetto, forse anche meno, perché pian piano ha cominciato ad eliminare molti elementi dalla dieta fino a non seguirla più. Questo perché quando fa di testa sua, mia madre non solo la lascia fare ma la asseconda pure. In alcuni casi mia sorella era disposta a fare qualche sforzo in più ma mia madre la fermava per paura che le venissero di nuovo le crisi di pianto (insomma si lasciava facilmente sottomettere dalla figlia che caratterialmente è tanto, troppo prepotente). Se quest’ultima decideva di mangiare di meno mia madre la lasciava fare senza opporsi. E’ vero che forse le sue erano buone intenzioni ma io non credo che l’abbia aiutata, penso che se avesse continuato a seguire quella dieta probabilmente mia sorella starebbe meglio oggi. Quando provo a dirle che dovrebbe mostrare un po’ più di polso dice che è impossibile e si arrabbia con me. E’ vero che psicologi e dietologi fanno tantissimo ma ci vuole una mano anche a casa. Insomma non si possono assecondare le paranoie di una persona così fragile anche quando essa stessa capisce di sbagliare. Questa terapia del buonismo estremo non mi convince, di questo passo non credo si potrà risolvere nulla considerato quanto è testarda mia sorella e quanto mia madre sia convinta di agire bene. Mi rendo conto che è una richiesta d’aiuto assurda, che è difficile valutare una situazione del genere avendo poche righe davanti ma sono disperata perché mi rendo conto che i problemi vengono trascinati senza fare dei tentativi concreti per cui si potrà almeno dire “ci ho provato”. Del resto dando maggiore libertà di scelta a mia sorella non ha funzionato, proviamo con un altro metodo, mostriamo un po’ più di fermezza nei suoi confronti. E’ l’unica possibilità che mi viene in mente oltre ad una clinica.
Ringrazio infinitamente
Cordiali saluti
[#1]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Cara Ragazza,
i disturbi del comoptamento alimentare, necessitano di cure mirate e specialistiche, spesso sono più di uno specialista ad occuparsi della paziente, ma lo psicologo-psicoterapeuta, diventa indispensabile e centrale nella cura.
Non credo ci sia da vergognarsi, anche se il paese è piccolo,la figura dello psicologo , non è pensabile che sia ancora correlata a pregiuduizi.
Il bene di sua sorella credo sia prioritario.
Cari saluti

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#2]
Dr. Fausto Girone Psicologo, Psicoterapeuta 33 1 9
Gent.le ragazza,
può succedere che i familiari di coloro che soffrono di un disturbo psicologico, per il desiderio di aiutare il loro caro, si trovano a voler adottare comportamenti differenti e in contraddizione fra i vari membri della famiglia: chi pensa sia più corretto "spronare" la persona, in quanto uscire dal disturbo è solo legato ad una forza di volontà (credenza comune fra le persone ma non condivisibile), chi invece tende ad essere comprensivo e accondiscendente, come dire a dargliele tutte vinte. Questi orientamenti possono causare ulteriori incomprensioni fra i familiari stessi e complicare ulteriormente la gestione dei rapporti e questo non aiuta il familiare stesso.
Concordo con la collega: chi soffre di un disturbo alimentare necessita di una psicoterapia adeguata e in alcuni casi anche di un supporto farmacologico, inoltre chiedere un aiuto specialistico non è una cosa di cui vergognarsi. Nel trattamento di un disturbo alimentare, è spesso consigliato un supporto psicologico anche per i familiari, in questo caso
ciò potrebbe aiutare lei e sua madre nel comprendere meglio i comportamenti di sua sorella e come gestire i rapporti quotidiani con lei
In bocca al lupo!



Dr.Fausto Girone
Psicologo-Psicoterapeuta Milano
www.faustogirone.com

[#3]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
La situazione che descrive fa supporre che il percorso più adatto a voi potrebbe essere una psicoterapia di tipo sistemico-familiare o strategico, dove non c'è solo il paziente designato di fronte al terapeuta, ma la famiglia nel suo complesso, che con i suoi modelli relazionali consolidati può favorire il mantenersi del problema.

Nessuno è tenuto a sapere che state andando in terapia, se non volete farlo sapere. Non siete obbligati a scegliervi un terapeuta dietro casa, potete andare in una città vicina.

Questa però è una scelta che solo voi potete compiere e l'aiuto vero lo potrete ricevere solo di persona: è escluso che si possa intervenire da qui, a distanza.

Legga intanto questi articoli per informarsi:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#4]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile ragazza,

la situazione è difficile per te, e si sente da ciò che hai scritto, ma lo è anche per tua mamma che, agendo in questa maniera probabilmente è certa di fare la cosa migliore.
Tuttavia spesso in queste situazioni manca anche nei familiari la consapevolezza dei propri stati: pensa a quanto dev'essere spaventata, turbata e paralizzata la mamma. Sento che tu sei molto arrabbiata per la situazione che si è creata.
Oltre a quanto ti hanno consigliato i colleghi, forse uno spazio tuo, in cui dare voce alla tua sofferenza (anche se non sei direttamente portatrice di un disagio drammatico come tua sorella) potrebbe esserti di grande aiuto, magari al consultorio familiare della tua zona.
Quanto alla gente che potrebbe venire a sapere della situazione e di un'eventuale psicoterapia, è vero che purtroppo ancora oggi c'è lo stigma, non solo nei piccoli paesi ma anche nelle grandi città, perchè la malattia mentale spaventa e spiazza, ma lo specialista è tenuto al segreto professionale e voi non siete tenuti a divulgare la cosa, se non lo gradite o se ritenete che le persone anche a voi più vicine non siano affidabili.

Saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#5]
dopo
Attivo dal 2010 al 2012
Ex utente
Vi ringrazio per le risposte. Mia sorella ha iniziato proprio oggi a seguire uno psicologo e in effetti le è stato rivelato che il problema principale, ancor prima dei suoi disturbi alimentari, riguarda i rapporti intrafamiliari. Ho chiesto un consulto perchè mi accorgo che c'è passività di fronte ai problemi, si spendono più energie per lamentarsene che per risolverli. E' già successo con altri problemi di salute (seri ed evidenti) e non si è stati tempestivi e anzi è stato necessario un aiuto esterno da parte di uno zio. Per questo vorrei che ci fosse un po' più di determinazione di fronte ad un problema quale l'anoressia, sono spaventata perchè temo che questa accondiscendenza derivi da una difficoltà ad assumersi certe responsabilità, dalla paura, dall'incapacità di fronteggiare i problemi. Del resto è già successo in passato molte volte, credo sia legittima la mia preoccupazione.
In paese non c'è la minima discrezione neanche fra medici, i fatti di chiunque si vengono a sapere.

Cordiali saluti
[#6]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> In paese non c'è la minima discrezione neanche fra medici, i fatti di chiunque si vengono a sapere.
>>>

Mi permetta, ma se dei fatti riservati si vengono a sapere è più probabile che siano gli stessi interessati a parlarne. Il professionista, psicologo o medico che sia, è tenuto al segreto professionale. Rivelare informazioni di qualunque tipo sui pazienti - anche il semplice fatto che una persona è un proprio paziente - può avere gravi conseguenze per il professionista, quindi quello che sta insinuando è assai improbabile.

E se comunque fosse vero, l'interessato che ne avesse prove certe dovrebbe denunciare la cosa all'Ordine professionale di competenza, non lasciarla passare come una cosa normale. Oppure astenersi dall'insinuarlo.

Cordiali saluti
[#7]
dopo
Attivo dal 2010 al 2012
Ex utente
Non era un insulto, non ne parlerei se non ne fossi sicura. E' complicato quando c'è di mezzo la parentela e spesso un medico rispettabile può parlarne a casa con la famiglia. Si tratta di paesini con una mentalità particolare. Non voleva essere un affronto, sono certa di quello che è accaduto. Mi scuso eventualmente se sono sembrata insolente e la ringrazio.

Cordiali saluti
[#8]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Nessun problema, ma forse stiamo parlando di cose diverse. Vediamo di chiarire.

>>> E' complicato quando c'è di mezzo la parentela e spesso un medico rispettabile può parlarne a casa con la famiglia.
>>>

Quando il paziente è maggiorenne, e quando è stato stabilito dall'inizio che NON si tratta di una terapia familiare ma individuale, lo psicologo (che in generale non è un medico) è tenuto a non parlare con nessuno, nemmeno con i familiari, del contenuto delle sedute.

Se tuttavia il paziente è minorenne, oppure se più membri della famiglia partecipano alla terapia, possono esservi aspetti che vengono condivisi.

Ma si resta sempre all'interno della famiglia.

È escluso in ogni caso e nella maniera più assoluta che lo psicologo vada in giro a spifferare a chicchessia al di fuori della famiglia (o del paziente individuale) ciò che accade in seduta.

Perciò, se lei fosse assolutamente sicura che ciò è successo, dovrebbe informarne l'Ordine degli psicologi della sua regione, se si è trattato di uno psicologo, poiché si tratterebbe di comportamento antideontologico.

Sarebbe una mancanza grave che non potrebbe essere liquidata con un "tanto si sa, in paese certe cose succedono". Non possono succedere.

Spero di essere stato più chiaro.

Cordiali saluti
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