Omosessualità, outing alla famiglia

Buongiorno, sono un ragazzo di venti anni e abito a Napoli. Circa due mesi fa ho rivelato alla mia famiglia di essere omosessuale. Premetto: non sono alcunché confuso sul mio orientamento sessuale, dal momento che sono riuscito a lavorare su me stesso, percorrendo una strada tortuosa durante la mia adolescenza che mi ha portato a chiudermi in me stesso e a rifiutare la realtà, anche quella sociale. In primis per un mio rigetto di non voler far soffrire la mia famiglia, e dall'altra parte per comprendere la mia identità completamente, senza confusione. Dall'età di 15 anni ho cominciato a soffrire di depressione, a causa di situazioni discriminanti che mi hanno condotto in un limbo, dove non avevo più contatti con il mondo esterno, in altre parole, mi chiudevo in casa tutto il giorno, arrivando al punto in cui, per circa un anno, non ho frequentato nessuna istituzione scolastica. Questa situazione si è allentata con il tempo sino a scomparire all'età di 18 anni, riprendendo in mano la mia vita, dal momento che avevo compreso realmente il mio essere. Forse, potevo uscire prima da questa situazione mediante un consulto medico, ma non ho mai avuto il coraggio. Tutt'oggi, però, la situazione è cambiata: riesco a vivere serenamente con il mio fidanzato e stiamo progettando di convivere una volta che avrò ottenuto la laurea in lettere moderne, facoltà che tuttora frequento. Tuttavia, il concreto bisogno di un consulto nasce proprio da quel bisogno di avere una risposta almeno in questo percorso di outing verso la mia famiglia; in pratica, ho rivelato, dopo un lungo periodo di bugie volte ad essere raccontate per bisogno di vivere la mia vita in modo sereno (so che è deprecabile il gesto, infatti mi sento tuttora in colpa), di essere omosessuale per sentirmi meno solo nel nucleo familiare. Inutile dire che molte volte, come già so, la rivelazione potrebbe essere meno traumatica se all'interno del nucleo sono presenti altri figli che possono, quantomeno, portare alla procreazione, cosa che per me non è possibile in termini naturali; tuttavia, sebbene mio padre l'abbia presa in modo positivo, denunciandomi perfino di essersela presa più per le bugie che per la mia entità, tuttora si vive con lui una sorta di distacco che non mi pesa, poiché il nostro rapporto è sempre stato così. La reale preoccupazione nasce da mia madre, che pur avendo appreso la notizia, e in qualche modo averla accettata, mi rende la vita quotidiana impossibile: mi ossessiona con le sua paranoie, anche di tipo religiose, a tal punto da far crollare anche il mio essere, che poi si ripercuote sulla mia storia d'amore. Ho sempre pensato che, una volta fatto outing, ci fosse stato un dialogo diretto che permettesse di fargli comprendere il mio mondo, purtroppo questo non è accaduto. La domanda è questa: come mi devo comportare per smettere di raccontare frottole che mi pesano, e allentare la presa di mia madre? Mi sento in colpa, soprattutto perché mi sento di vivere una doppia vita...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Caro ragazzo,

non ho capito in che senso stai continuando a "raccontare frottole" se hai già detto la verità alla tua famiglia.

Vorrei anche sapere cosa ti sta dicendo tua madre per farti sentire che la sua reazione sta facendo "crollare tuo essere".

Lei e tuo padre si sono parlati?
Visto che lui è più disponibile nei tuoi confronti si sono creati problemi fra di loro o non discutono dell'argomento?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Mi scuso per la sintesi alquanto malconcia, ma è una storia abbastanza intrinseca nel suo complesso, cercherò di riassumerla partendo da eventi un po' più recenti, senza digressioni di alcun genere riguardante la mia precedente situazione psicologica ed emotiva. Circa due mesi fa, ho sentito il bisogno di raccontare tutto ai miei genitori perché sono una persona molto sensibile e fragile; proprio per tale ragione, ho avuto la necessità di raccontare ai miei la mia omosessualità, ma il motivo è che mi colpevolizzavo per le bugie raccontate sino a quel momento: in tal caso preferivo tutelare la mia relazione, piuttosto che rendere tutto esplicito. Tuttavia, una sera d'autunno ho deciso di raccontare ai miei la mia storia, la mia sofferenza del passato, sino a dire della omosessualità; la reazione di mio padre non è stata esagerata, quella di mia madre è stata anche offensiva, anche perché gli ho spiegato che sono fidanzato da più di un anno con il mio attuale compagno, del tipo: "ma ti paga per stare con lui?" insomma cose di questo tipo, al che mi sono sentito anche offeso essere catalogato come persona che offre prestazioni sessuali, cosa che ovviamente non manca nel mio rapporto attuale, ma non è il fulcro della relazione, almeno per me e il mio compagno. Forse, le domande offensive si sono scaturite poiché ho parlato anche di lui, oltre che della mia omosessualità: della sua età, 40 anni, di che lavoro svolge... insomma la sua vita unita alla relazione che viviamo. Insomma, nei giorni successivi è stata davvero dura, mi sentivo osservato, colpevole di una sorta di reato, mi sentivo "sporco" ma so benissimo che la mia omosessualità non è oggetto di alcun genere di colpevolezza, eppure mia madre me lo fa pesare con le sue domande, le quali sono molto più contemporanee e ossessive dei giorni successivi all'accaduto: "perché esco tutto il giorno, durante il weekend." e così via di seguito, insomma, per me è una tortura psicologica, poiché vorrei raccontarle delle mie giornate con il mio fidanzato, che andiamo al cinema, a visitare musei e biblioteche e via discorrendo... e non accade, vi è una chiusura dovuto al suo modo di comportarsi in modo egoistico e quasi "omofobo". Sia mia madre sia mio padre non hanno dialogato, almeno in mia presenza, dell'argomento, ma è quello che vorrei... cosa che, forse, accade in mia assenza... e, quindi, vista la situazione, è come se facessi un passo indietro, ritornando a raccontare bugie per non sentirmi colpevole per qualcosa, almeno per me, che rientra nella normalità...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
E' passato poco tempo da quando ti sei aperto con i tuoi, e probabilmente tua mamma è ancora sconvolta da quello che le hai detto.

Forse faceva progetti e immaginava già che la rendessi prima o poi nonna, perciò deve avere del tempo per metabolizzare ed elaborare la rinuncia a quelle che probabilmente erano le sue aspettative sul tuo conto.

"Sia mia madre sia mio padre non hanno dialogato, almeno in mia presenza, dell'argomento, ma è quello che vorrei..."

Perchè non provi a parlarne con entrambi?
Di solito le madri sono più disponibili a capire e difendere un figlio che rivela di essere omosessuale, ma visto che nel tuo caso è tuo padre ad averti accettato magari parlando tutti assieme di quello che sta succedendo potrai ottenere che tua madre cambi atteggiamento.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Purtroppo, mio padre non è disponibile quanto le ho fatto comprendere, mi sono espresso male, le chiedo scusa. E' un uomo che non dà molta importanza alla vita dei figli, è uno dei classici individui "vivi e lascia vivere" ragion per cui tende ad abbandonare in fretta l'idea di dialogo con i suoi figli, quindi anche con me. Non lo condanno per questo motivo, è un atteggiamento che tollero, e non penso sia una forma d'indifferenza, ma in fin dei conti è soltanto un comportamento di distacco dalla mia vita... quando gli ho detto del mio orientamento, mi ha dato la classica risposta: "la vita è tua, fanne ciò che vuoi"... poi mia madre, come succede in tanti casi, si è sentita colpevolizzata, ma alla fine l'ha superata molto velocemente. Quando le riferisco di tortura psicologica non è un modo di dire: a volte, tende in mia presenza dire: "sto andando in depressione" quindi facendomi sentire colpevole di qualcosa che si ripercuote anche sulla mia relazione, a causa del mio stato d'animo procurato da mia madre... insomma, all'inizio ho detto alla mia famiglia che volevo un dialogo, per coinvolgerli nella mia vita, poi quando ho visto mia madre assumere quel comportamento di ritorsione psicologica, magari sperando in un mio "cambio d'idea" ho fatto dieci passi indietro e ho sentito il bisogno, nuovamente, di proteggere me stesso e, quindi, di conseguenza, la mia relazione con il mio fidanzato. Insomma, io ero propenso al dialogo, proprio per non ricadere in quella situazione adolescenziale che avevo vissuto anche di chiusura, sia dal mondo esterno sia nei confronti del mio nucleo familiare. Inoltre, a enfatizzare la situazione sono anche i miei fratelli, i quali sono stati i primi cui ho riferito il mio orientamento, ma scioccamente, pensando che magari mi avrebbero dato conforto, supportato, all'apertura del dialogo verso i miei, ho indietreggiato anche con loro, poiché, in qualche modo, si sono schierati dalla parte di mia madre. Un aneddoto che le racconto, accaduto esattamente di recente, è rivolto al giorno di Mercoledì, in cui dovevo rimanere a lezione presso la mia università durante il pomeriggio, mia madre non ci ha creduto, e alla fine mi sono ritrovato mio fratello e mia sorella in automobile, nella zona adiacente alla mia facoltà, in altre parole, un vero e proprio pedinamento... non penso sia giusto averlo fatto, d'altro canto, penso che, una volta raggiunto la maggiore età, possa avere il libero arbitrio sulle scelte della mia vita... cosa che mi sento privato dopo la mia rivelazione, insomma, in definitiva, la situazione si aggrava ogni giorno, che poi mi porta a comportarmi di conseguenza: mentire per difendermi, cosa che mi provoca un senso di rabbia e infelicità, perché vorrei raggiungere, non un rapporto completo di apertura - è pretendere troppo - ma quantomeno una neutralità con la mia famiglia, in modo da vivere serenamente la mia vita, dunque, anche la mia relazione.