Elaborazione del lutto

Gentili dottori, vi scrivo per un consiglio. Due anni fa è mancata, a causa di un tumore purtroppo identificato tardi e che l'ha costretta a lungo in ospedale, mia nonna materna. Per la mia famiglia è stata una perdita molto sentita, a causa della grande vicinanza nella quotidianità che abbiamo sempre avuto con lei e perché gli eventi della vita, tra cui una serie di gravi malattie che l'hanno colpita, a intervalli, nei trent'anni precedenti la morte, ci hanno portato a stringere moltissimo il legame anche solo con funzione assistenziale. Mia madre è stata coinvolta in prima persona, probabilmente continuando a risentire di alcuni episodi analoghi (malattie importanti e lutti conseguenti) che hanno colpito i suoi parenti più stretti quando lei era ancora ragazza; infatti è stato di sicuro per lei che la morte di mia nonna è stata più insostenibile. Nei primi mesi ha attraversato un periodo di depressione, credo, con apatia nei confronti di ogni cosa e bisogno di ricordare costantemente la madre attraverso oggetti che le erano appartenuti, oppure luoghi che lei aveva frequentato, oppure messe celebrate ogni mese e frequentazione assidua del cimitero. Ci ha fatto preoccupare un po' quando, un paio di volte, ha fatto riferimento alla possibilità di continuare a interagire con mia nonna. Poi dopo sei-sette mesi il fenomeno è leggermente rientrato, il lavoro ha ripreso ad assorbirla, continuava ad avere bisogno delle messe, delle visite in cimitero e di altre cose, ma l'apatia è gradualmente scomparsa.
Quello che mi fa riflettere è che adesso, dopo due anni, ancora non vuole sentir parlare di alcuni argomenti. Farò un esempio...mio fratello studia medicina, e quando siamo a tavola spesso ci parla di quello che studia, dei meccanismi fisiopatologici delle varie malattie, magari i miei genitori chiedono cose come la lettura degli esami del sangue. Ma dopo pochi minuti mia madre sbotta, dice che non vuole sentir parlare di queste cose (anche se l'argomento "morte" non è stato toccato), che tutto la fa pensare a mia nonna, ed è sul punto di mettersi a piangere. Io taccio, mio fratello si arrabbia perché invece ritiene che parlare di come funziona il corpo di un sano e della malattia aiuti a considerare tutto più "normale", e non l'eccezione. Però intanto la comunicazione si è interrotta, e mia madre passa una ventina di minuti in silenzio.
Quello che vorrei chiedervi è: per la vostra esperienza, simili reazioni sono normali, a due anni dal lutto? E' giusto adottare il comportamento di mio fratello, oppure è lui (e io con lui) che dovrebbe cercare di contenersi, perché tocca inutilmente un tasto doloroso?
Grazie mille e scusate la lunghissima lettera.
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile ragazza,
i tempi e la qualità del processo di elaborazione del lutto dipendono da diversi fattori personali e ambientali (storia di vita, risorse personali, sotegno delle persone vicine ecc.) e anche dalla significatività affettiva e dal tipo di relazione con la persona scomparsa.

Pur essendo un processo per così dire naturale, a volte l'elaborazione può essere più complicata.

Le reazioni di sua madre farebbero pensare a un lutto ancora non ben elaborato, evitare i discorsi che le possano fare sentire più acuto il suo dolore può essere un'accortezza, ma non è risolutivo, potrebbe rivelarsi utile un sostegno psicologico.

Cordialmente

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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Dr.ssa Maria Luisa Abbinante Psicologo, Psicoterapeuta 56 1
Gentile utente,
l'elaborazione del lutto è un processo molto personale, per quanto la letteratura dia degli indici per la sua valutazione. Spesso, anche a molta distanza di tempo, chi rimane continua a manifestare segni di sofferenza che possono essere considerati esagerati dalle altre persone.
Da quello che scrive sembra che ci sia stato un processo di elaborazione del lutto da parte di sua madre....

< Nei primi mesi ha attraversato un periodo di depressione, credo, con apatia >

< Poi dopo sei-sette mesi il fenomeno è leggermente rientrato, il lavoro ha ripreso ad assorbirla, continuava ad avere bisogno delle messe, delle visite in cimitero e di altre cose, ma l'apatia è gradualmente scomparsa>.

da qui, però, non è possibile valutare a che punto di questa elaborazione sua madre si trovi e, quindi, il significato che quel lutto assume nella storia di vita di sua madre.
Per questa ragione non posso che consigliare una consultazione psicologica

Dr.ssa Maria Luisa Abbinante
Psicologa Psicoterapeuta
www.psico-milano.org

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Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Gentile utente, d'accordo con i colleghi, anch'io penso che l'elaborazione del lutto è soggettiva, ognuno ha i suoi tempi.
Perdere la mamma all'età di sua madre, vuol dire anche sentirsi in prima linea.
A processo ultimato, la persona cara perduta, diventa una figura interna, che ci fa compagnia, di cui ricordiamo tante cose, anche tenere, affettive, che ci fanno compagnia..
Comprendo l'approccio di suo fratello che, con gli strumenti che sta conquistando, tenta di aiutare la madre riportando tutto su di un piano di realtà e di razionalità.. forse, in questo momento la mamma non ha bisogno di questo, ma di ricordare anche i momenti felici, i piccoli insegnamenti ,il calore e la presenza di questa madre, molto amata e molto presente nel suo quotidiano..
Siate affettuosi con la vostra mamma che reagisce con i suoi strumenti, per elaborare la perdita e l'assenza...un supporto psicologico potrebbe aiutarla ad avere uno spazio per sè, per ricordare, e guardare avanti..con calma, senza sentirsi sospinta dal vostro amore , ma anche dalla vostra ansia..ad essere quella che non è..
Con molti auguri

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it