Cosa voglio fare veramente?

Sposata da quasi 17 anni con mio marito, un uomo pieno di entusiasmo e di iniziative soprattutto per quanto riguarda il suo lavoro che, essendo molto impegnativo e in qualche modo affascinante (cinema/tv) ha spesso coinvolto anche me in viaggi ed eventi mondani. E' sempre stato un vulcano di idee, mai statico, ma ha sempre anche richiesto un grande "impegno" nel seguire i suoi interessi e i suoi progetti.
Da 12 anni è nato nostro figlio, che abbiamo voluto e cercato e che ha modificato molto il nostro menage, in quanto molta attenzione che prima poteva essere disponibile per mio marito adesso si centra sul ragazzino.
Da circa 6-7 anni, mio marito ha iniziato a soffrire di parecchi disturbi fisici - ipertensione, osas, calcoli renali, artrite gottosa - e la sua richiesta di attenzione è sempre aumentata. di pari passo col suo cattivo umore e gli sbotti di rabbia.
Mi trovo oggi di fianco ad un 50enne che spesso dorme tutto il giorno e che dipende da me per qualsiasi necessità - dall'assunzione delle medicine al bicchiere d'acqua - e spesso devo uscire dal mio lavoro per andare a casa per accudirlo (mal di testa, fibrillazione etc.).
Questa situazione è diventata ormai drammatica: ogni giorno ha un nuovo problema di salute quasi sempre invalidante e inoltre manca da parte sua la capacità di reagire. Torno a casa verso sera e o trovo accasciato e dormiente sul tavolo della cucina, piuttosto che buttato sul letto come uno straccio, si alza per mangiare e per lamentarsi di qualcosa con il bambino e poi torna in stato catatonico. Poi, quando si tratta del suo lavoro, riesce a riprendere coscienza di se' devo dire anche con ottimi risultati.
Non mi sento, a 50 anni, di vivere di fianco ad una persona perennemente invalida e soprattutto non mi sembra nemmeno per mio figlio.
Qualche volta, torna ad essere l'uomo di un tempo, per cui spero sempre che questo sia un periodo nero e che tutto possa tornare come prima ma ormai mi rendo conto che forse questo non avverrà mai.
Non ho lo spirito della crocerossina e mi infastidisce dover accudire come fosse un bambino piccolo un uomo che vorrei forte e su cui poter contare, a volte questo mi causa un grande senso di stanchezza e non ho nemmeno voglia di rientrare a casa perchè so che troverò mio figlio davanti alla tv o al pc e lui a dormire da qualche parte.
Non vorrei separarmi, vorrei che tornasse l'uomo che ho sposato (anche se con qualche malanno) ma ormai questa situazione dura da troppo tempo.
Penso che un padre dovrebbe riuscire a dare al proprio figlio (e anche a me) degli stimoli, e questo non solo in vacanza o in viaggio ma nelle piccole cose quotidiane; sembra che si viva solo qualche settimana all'anno e tutto il resto del tempo sono lamentele, rimbrotti e rinfacci.
Non so se il consulto psicologico dovrebbe essere per me (per far chiarezza su cosa voglio fare veramente) o per lui in caso questi atteggiamenti possano essere ricondotti a disturbi depressivi o di altro genere.
grazie
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Signora,

è in effetti possibile che quanto sta accadendo a suo marito derivi da un disturbo dell'umore, ma è anche posibile che dipenda dal progressivo mutamento dei vostri reciproci ruoli e dalla sempre crescente tendenza di lui a richiedere attenzione e accudimento e a deresponsabilizzarsi rispetto al figlio.

Ha esposto anche a lui i suoi dubbi sulla possibile natura depressiva del suo malessere?

Visti i disturbi fisici dei quali soffre è poi sicuramente importante comprendere cosa dipenda dal suo stato fisico e cosa escusivamente dalla psiche, ma questa distinizone non può essere compiuta senza l'aiuto di un medico che sottolinei quali caratteristiche del quadro attuale dipendono dalle sue patologie organiche.

Il curante di suo marito è stato consultato a questo riguardo?
Cosa ne pensa?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Non ho lo spirito della crocerossina e mi infastidisce dover accudire come fosse un bambino piccolo un uomo che vorrei forte e su cui poter contare, a volte questo mi causa un grande senso di stanchezza e non ho nemmeno voglia di rientrare a casa perchè so che troverò mio figlio davanti alla tv o al pc e lui a dormire da qualche parte..."

Gentile signora,

fermo restando che tale atteggiamento potrebbe dipendere dalla problematica fisica, e quindi essere una conseguenza di tutti questi disturbi, e che comunque va accertato bene, rimane da capire quanto anche Lei ci abbia messo del Suo.

Mi spiego meglio. Che cosa vuol dire che Suo marito dipende da Lei per tutto, anche per assumere la terapia farmacologica?
Se Lei non è presente, Suo marito non fa neppure il minimo indispensabile?
E come mai, se Lei c'è, si lascia trascinare?

Questo, se ho capito bene, è cambiato di recente. Giusto?
Prima come era la vostra relazione?

Se Lei facesse un passo indietro, secondo Lei che cosa succederebbe?

L'idea di una consultazione psicologica non è male e può servirvi a capire meglio come interagite tra voi e come lasciarvi lo spazio per continuare a vivere insieme senza dipendere eccessivamente.

Suo figlio ha manifestato insofferenza per tali dinamiche famigliari?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Utente
Utente
@ dr. Flavia Massaro: Gliel'ho fatto presente, ma quando gli parlo di farsi seguire da uno psicologo si offende e nega il problema. I vari e molti disturbi in effetti esistono, ma sembra che ogni volta ci siano concatenazioni tra i problemi fisici e le cause e ancora gli effetti. Poi, quando è all'estero per lavoro, magicamente tutto svanisce.
Sta cercando di curarsi, è seguito da vari specialisti anche se per la verità ci va quando sta male e non periodicamente...siamo quelli del pronto soccorso: anzichè cercare di prevenire i problemi li affronta via via che si presentano.
In pubblico o con i medici è perfettamente in grado di essere presente, ridere e scherzare come se niente fosse. Il fatto che abbia l'abitudine di lavorare fino a notte tarda e quindi dorma poche ore confonde le idee e sembra essere unica causa della sonnolenza diurna e si tende a ricollegare molti disturbi ai ritmi alterati di sonno/veglia.
Ci vorrebbe un medico che potesse avere una visione globale della situazione, ma dovrebbe vivere per una settimana con noi: nessuno potrebbe mai immaginare che la persona brillante che gli sta davanti quando è in casa è quasi sempre in stato di incoscienza.

@Dr. Angela Pileci: so di essere stata cruda nella descrizione e che in effetti soffre di patologie piuttosto gravi, ma da parte mia convivere con queste problematiche non è facile. Ci ho messo del mio nel senso che mi sono forzata a preparargli le medicine che deve prendere perchè altrimenti non lo fa. Ho provato a non farlo ed è stato un disastro perchè non le assumeva con regolarità; quando parte gli devo fare i pacchettini con le pillole giorno per giorno e ora per ora, mi devo ricordare di comprarle se sono finite. Quando torno a casa, se ha mangiato una banana trovo la buccia sulla tavola (motivo di molte liti passate presenti e future) e per la verità non è che si lasci tanto trascinare...
Se si tratta del suo lavoro, per fortuna, le cose cambiano e lì non ha bisogno di me...
La nostra relazione prima era diversa: lavorava fuori tutta la settimana, aveva un carattere meno iracondo e meno problemi fisici. Qualche vizio gliel'ho dato, ma a livello di coccola - che so: sbucciare la frutta - nelle cose personali non è mai stato molto preciso per cui ho sopperito io (scadenze o altro), credo che fino ad un certo punto ci possa anche stare.
Mio figlio ci è abituato: suo padre non sente nemmeno quando suona il campanello da quando è piccolo, ma temo che avere un padre spesso a letto malato (diciamo 5 giorni su 7) non sia molto edificante, anche se poi quando è presente e sta bene ha mille storie ed avventure da raccontare per la sua grande esperienza in giro per il mondo.
A volte lo ammira e ripete i suoi discorsi e i suoi atteggiamenti e a volte mi pare lo voglia fuori dalla sua vita - ultimamente anche col bambino è molto critico e poco costruttivo.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"La nostra relazione prima era diversa: lavorava fuori tutta la settimana, aveva un carattere meno iracondo e meno problemi fisici"

Gent.le Sig.ra,
era diverso lo stile di vita ma com'erano distribuite le responsabilità all'interno della coppia? La situazione che descrive sembra avere radici lontane, in uno stratificarsi di abitudini e comportamenti che per molto tempo non sono mai state messe in discussione.
Se suo marito si sentirà accusato da Lei o peggio messo sul "banco degli imputati", non sarà disposto a farsi "processare" andando insieme a Lei dallo psicologo.
A questo punto è necessario che Lei faccia chiarezza dentro di sé, a tal proposito vedrei più opportuna in questo momento una consulenza individuale che le consenta di comprendere in che modo ha contribuito al mantenimento di un equilibrio così disfunzionale e poi in un secondo tempo si potrebbero creare le condizioni favorevoli per coinvolgere suo marito.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"quando gli parlo di farsi seguire da uno psicologo si offende e nega il problema"

Bene, quindi potrebbe sentirsi autorizzata a negare anche lei il problema e a non soccorrerlo in queste ricorrenti crisi che chiaramente lei non può risolvere, ma solo tamponare: se il problema è radicato, come si può pensare che lo sia dalla sua descrizione, quello che gli serve è un aiuto serio e non la presenza di una "crocerossina" (ruolo che lei giustamente rifiuta perchè si rende conto di quanto sia forte la componente manipolativa nell'atteggiamento di suo marito).

Cominci a dirgli che se rifiuta di farsi seguire da uno psicologo o psichiatra anche lei si sentirà in diritto di smettere di stargli dietro, considerando che quando è fuori casa è tutta un'altra persona e che quindi non è un malato terminale o un disabile che necessiti di cure che gli sono indispensabili e che sarebbe inaccettabile negargli.

Per quanto riguarda vostro figlio avere un modello maschile così negativo e al tempo stesso svalutante/ipercritico è sicuramente nocivo e non lo aiuterà a costruire un'identità adulta positiva.
Ci sono altre figure maschili che può prendere a modello e riferimento?
[#6]
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Utente
gentile Dr. Sabrina Campione,
mi scuso ma non capisco bene la domanda: come ho scritto in risposta a Suoi colleghi, in effetti mi sono occupata spesso io anche in passato di molte cose "quotidiane".
La distribuzione di responsabilità all'interno della coppia non è mai stata "regolata" formalmente anche in considerazione del fatto che, lavorando fuori città e spesso anche fuori Italia, lui era assente o durante l'intera settimana o anche per settimane di seguito. Mi sembrava abbastanza normale che non fosse in grado di assumersi compiti in modo regolare, non so se questo risponde alle Sue domande.
Non vorrei essere fraintesa, quando descrivo i momenti peggiori è per rendere l'idea del mio stato d'animo, del disagio che provo e non per fare un j'accuse.
In realtà spero sempre che torni il suo carattere solare e che questa sia una parentesi, anche se un po' troppo lunga.
Le idee chiare le avrei se lui fosse costante...
[#7]
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Utente
Dott.ssa Massaro, l'ho fatto più e più volte (smettere di stargli dietro o minacciare di farlo), con l'unico risultato che poi le problematiche fisiche si aggravano e/o ne subentrano altre.
A quel punto io sembro diventare la moglie inferocita / senza cuore / che non lo ama davvero e che non capisce che il marito è malato.
Riproverò un'ennesima volta, il vero problema è che quando ne parlo con qualcuno mi sento spesso dire che "gli uomini sono fatti così - in fin dei conti non è poi un dramma" senza accorgersi che in realtà la situazione precipita in una successione senza fine di disturbi e malanni e che spesso non è così facile doversi occupare di tutto.
Purtroppo mio figlio non ha molti altri modelli maschili a cui riferirsi, se non un nonno che però non frequenta assiduamente. E questo infatti mi preoccupa: anche lui spesso è insofferente e ipercritico (scimmiottando il padre) - temo possa diventare un ragazzo perennemente insoddisfatto e poco positivo, proprio come suggerisce Lei.
Grazie del suggerimento, proverò ad usare le Sue parole che mi sembrano molto equilibrate per chiedere ancora una volta di farsi seguire da uno specialista. A proposito, dato che non sono troppo informata sul campo: psicologo o psichiatra?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Lei stessa ci ha detto che da fuori le persone che lo conoscono mai immaginerebbero che la situazione è quella che ci descrive, quindi è inutile cercare appoggi e solidarietà in chi non gliene può dare.

Allo stesso modo è non solo inutile, ma anche dannoso, minacciare di fare qualcosa e poi non farlo: minacciare suo marito di lasciarlo nel suo brodo e poi non lasciarcelo significa perdere totalmente credibilità ai suoi occhi.

Probabilmente lui le sta facendo assumere un ruolo che lo gratifica e che gli consente di dare il peggio di sè sentendosi accudito e accettato, invece che respinto, ma questo gioco non può continuare in eterno.
Anche se l'idea può non piacerle sarebbe utile metterlo alle strette e sottoporgli un ultimatum, perchè difficilmente troverà dei motivi per cambiare se lei non gliene fornirà di validi.

Per quanto riguarda il professionista da consultare non conoscendo suo marito posso solo dirle che probabilmente sarebbe più utile che si rivolgesse ad uno psicologo, ma che forse, essendo una persona che non ama mettersi in discussione sul piano personale (non so su quello lavorativo), si sentirebbe più a suo agio andando da un medico psichiatra che gli potrebbe prescrivere qualcosa proprio perchè lui è "malato" e bisognoso di cure.

Non escluderei però la possibilità di sottoporvi a terapia familiare, visto che purtroppo anche vostro figlio è coinvolto in tutto questo: in tal modo suo marito sentirebbe che anche lei si sta mettendo in discussione e che non lo sta solo "accusando" di essere lamentoso, insopportabile e inadeguato come uomo e come marito.

[#9]
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Utente
Grazie dott.ssa Massaro,
in realtà il peggio di sè lo fa diventare insopportabile e per nulla accettato, ma solo sopportato nella speranza che il periodo buio abbia fine.
Nel lavoro non saprei: ha una posizione di grande responsabilità in un settore che conosco solo di riflesso. So per certo che è un professionista molto apprezzato, che gestisce produzioni importanti, a capo di molte persone e credo proprio non si metta tanto in discussione anche per il ruolo che riveste. Le volte che l'ho visto sul campo, l'ho trovato coinvolgente, collaborativo ed autorevole senza essere autoritario - lì rimane ancora nella sua vera indole.
Forse il decidere negli ultimi anni di lavorare più da casa gli risulta un po' "stretto", per la verità non è stata una scelta imposta da me, ma presa da lui pensando di rimanere più vicino alla sua famiglia.
E' comunque in generale una persona che non ama mettersi in discussione e probabilmente uno psichiatra sarebbe più adatto per cominciare a farsi seguire.
Grazie mille dei Suoi preziosi consigli
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Provi a proporglielo e soprattutto non minacci nulla che non si sentirebbe di fare davvero.

Per quanto riguarda il fatto che si sente accettato anche dando il peggio di sè intendevo dire che, dopo tutto quello che è successo e che sta succedendo, lei non solo non lo lascia, ma la maggior parte delle volte gli sta dietro: se quindi volesse fare un bilancio della situazione ciò che emerge è che, in ultima analisi, lo sta accettando e sopportando in attesa di vederlo cambiare.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"E' comunque in generale una persona che non ama mettersi in discussione e probabilmente uno psichiatra sarebbe più adatto per cominciare a farsi seguire."

Gent.le Sig.ra,
non esistono farmaci che facilitano lo sviluppo di una maggiore sensibilità alle esigenze di chi ci vive accanto, quindi non credo che sia questa la direzione da seguire.
Mettersi in discussione non significa accettare supinamente una delega di responsabilità nei confronti dello specialista che si sentirà legittimato a dare "le istruzioni per l'uso"; al contrario, significa rimettersi in ascolto di Sé, del proprio vissuto e chiedersi quale impatto esso può avere sulle persone che condividono la quotidianità insieme a noi.
A tal proposito le suggerisco la lettura di questo articolo:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html