Terapia cognitivo comportamentale: pensiero funzionale?

Buongiorno dottori,
sono un ragazzo di 29 anni, che da almeno 8 soffre di Disturbo di Ansia Generalizzato. Per i primi anni sono andato un po' a tentoni, prima da uno psicologo, poi da uno psichiatra che mi ha prescritto del cipralex, con dosi aumentate, tre anni fa, fino a 20mg. Contemporaneamente all'ultimo episodio, appunto tre anni fa, ho iniziato a fare psicoterapia cognitivo-comportamentale con un'altra professionista, affiancata quindi alla terapia farmacologica.
In questi tre anni tutto è andato a meraviglia, la psicoterapia mi ha fatto scoprire molte cose sui meccanismi dell'ansia, sulle preoccupazioni e le metapreoccupazioni e quant'altro. Piano piano, intanto, con lo psichiatra, visto che tutto andava bene abbiamo iniziato a scalare il cipralex: sei mesi a 15mg, tre mesi a 10mg, altri tre mesi a 5. Da circa un mese e mezzo avevo sospeso il farmaco, venivo da tre anni ok, credevo davvero che non mi sarebbe più capitato, o che, nel caso, avrei riuscito a farvi fronte con le sole tecniche imparate con la TCC.
Invece da una settimana circa l'ansia è tornata, fortissima, probabilmente in seguito a due eventi definiti dal mio psichiatra "aspecifici" (un'infezione subita e la morte di un coetaneo, e non ultimo il cambio di stagione (anche in passato per i miei attacchi settembre è sempre stato un mese no), e i sintomi con cui si è manifestata erano prevalentemente fisici (insonnia, tremori, palpitazioni, urti allo stomaco, sudore freddo) e non mentali (pensieri ossessivi o che).

Fatto sta che lo psichiatra sostiene che quanto successo è la prova provata che il mio corpo ha una carenza di serotonina, e quindi devo riprendere il farmaco. La cosa personalmente non mi spaventa nè mi va provare vergogna: se uno ad esempio è diabetico deve prendere l'insulina e stop. La cosa dura è che so, anche perchè ci sono già passato, che ci vogliono 15-20 giorni perchè lo SSRI faccia effetto.

Nel frattempo sto cercando di tenere botta con le tecniche imparate con la TCC: cerco di opporre pensieri positivi e non catastrofizzanti, uso tecniche di respirazione e training autogeno (sebbene quando l'ansia è molto forte non riesca a trovarne giovamento), ho imparato a distinguere le metapreoccupazioni che piano piano stanno affacciandosi e cerco di relativizzarle e di non farmi travolgere, sapendo quello che effettivamente sono, ma questo non risolve il problema.

Quello che voglio chiedervi (non riesco a ri-vedere la mia psicoterapeuta prima di venerdì prox) è: il pensare "Tieni duro, il farmaco tornerà a fare effetto come ha sempre fatto" è un pensiero funzionale, da opporre a metapreoccupazioni del tipo "E se stavolta non funziona? E se non passa?" o si rischia di creare troppa aspettativa solo sul farmaco? Preciso che cerco e voglio lavorare io in questo periodo di latenza, non mi sono limitato a riprendere il cipralex, accasciarmi nel letto, ed aspettare... ma delle volte le preoccupazioni sono tali che l'unico pensiero che riesco ad opporvi è quello.
Grazie
[#1]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

>>Fatto sta che lo psichiatra sostiene che quanto successo è la prova provata che il mio corpo ha una carenza di serotonina..<<
non mi risulta che ci siano evidenze scientifiche rispetto a carenze di "serotonina" o altri neurotrasmettitori, tali da giustificare una cura psicofarmacologica.

Lo psicofarmaco agisce sull'incremento di specifici neurotrasmettitori, ma questo non giustifica l'ipotesi di specifiche "carenze" nei pazienti.

>>La cosa personalmente non mi spaventa nè mi va provare vergogna: se uno ad esempio è diabetico deve prendere l'insulina e stop.<<
questo esempio non calza affatto, per ciò che ho scritto sopra.

Il trattamento elettivo è la psicoterapia, il farmaco è semplicemente un supporto per sostenere le fasi acute. Avere troppe aspettative sul farmaco è un po' come aspettare una risoluzione magica al disturbo. Vale la pena parlarne con la psicoterapeuta e iniziare a camminare senza la stampella del farmaco.



Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#2]
Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta 1.2k 33 31
Gentile utente,
mi trovo molto in accordo con quanto scrive il mio collega. Ritengo anche io che la terapia elettiva sia la psicoterapia. I farmaci, se il disturbo non rientra in tipologie particolarmente gravi (come le psicosi ad es.), possono creare, se presi per periodi lunghi, effetti negativi come l'attribuzione dei propri miglioramenti al farmaco stesso più che alle proprie capacità di fronteggiare il problema. Inoltre lei non ci dice niente sulla sua vita relazionale.
Spesso le cause dell'ansia si annidano nei rapporti e non solo nei pensieri "disadattivi".
Forse parlando di questo in terapia potrà vedere il problema da un'ottica diversa.

Restiamo in ascolto

Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/

[#3]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Le chiedo scusa, è probabile che io mi sia spiegato male: quando lo psichiatra mi ha detto di questa cosa ha detto che stava semplificando e che il discorso in realtà è più complicato, ma era per farmi capire;
gli ho anche chiesto se esiste un test per verificare la carenza di serotonina, mi ha risposto che non esiste, ma che la ricerca ha dimostrato la plausibilità della teoria in base ad evidenze sperimentali... insomma, non voglio star qui a fare filosofia della ricerca medica, non sono assolutamente competente in materia.

Chiedo di nuovo scusa per il raffronto tra diabete e carenza di serotonina, preciso che non sono parole del mio psichiatra, ma una mia considerazione personale.

Sono consapevole che il farmaco è un aiuto e non la soluzione: solo negli ultimi tre anni la sinergia tra farmaco e psicoterapia mi ha fatto stare bene... mai mi sarei sognato di sospendere prima la psicoterapia del farmaco, infatti era successo il contrario. Potrei però farle degli esempi di episodi analoghi a quelli che mi hanno fatto degenerare in questo periodo che sono successi negli ultimi tre anni e che non mi hanno causato problemi di ansia debilitante.

Sospeso il farmaco, mi trovo di nuovo in una fase acuta, sto cercando di applicare le tecniche apprese durante la psicoterapia come ho fatto da tre anni a questa parte ogni volta che mi capitava qualche piccolo imprevisto della vita, la psicoterapia mi ha davvero migliorato ed insegnato tante cose, l'ho sempre presa seriamente, con costanza e fatta al meglio... tuttavia questa volta l'ansia è degenerata ugualmente, e sicuramente ha contribuito il fatto che ho iniziato a preoccuparmi per il fatto che ormai ero scoperto dal farmaco.

Fatto sta che ora ho ripreso a prendere il farmaco, e da qui nasceva la domanda posta prima. Non lo vedo come unica soluzione, non mi sto affidando unicamente ad esso, ma volevo sapere se il pensare che "In passato ha funzionato, funzionerà anche stavolta, tieni duro, ci vorrà del tempo ma poi le cose vanno a posto" è un pensiero funzionale o disfunzionale...

Non so, probabilmente la domanda è banale e/o mal posta, nel caso chiedo di nuovo scusa ma non so come esprimere meglio il concetto.

In ogni caso la ringrazio del suo tempo, e concordo con lei sull'importanza della psicoterapia, che ho sto portando avanti per tre anni e che proseguirò con cura.
[#4]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

>>"In passato ha funzionato, funzionerà anche stavolta, tieni duro, ci vorrà del tempo ma poi le cose vanno a posto" è un pensiero funzionale o disfunzionale<<
questo pensiero sembra connotato da un sottofondo ansioso/ossessivo, credo sia il caso di parlarne direttamente con la Collega che la sta seguendo.




[#5]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gent.le dottor Mori,
spesso mi sono posto la domanda di cui lei ha parlato, ossia se i miei miglioramenti erano dovuti al farmaco o alla psicoterapia: ne abbiamo parlato anche con la terapeuta, e la risposta non esiste... quello che so è che comunque, applicando le tecniche imparate, in questi tre anni sono riuscito ad affrontare tutto con serenità, non ho mai preso il farmaco come una panacea, ma come un supporto tale da permettermi di lavorare su me stesso senza i condizionamenti delle fasi acute. In questi tre anni, come dicevo, ho dovuto comunque affrontare degli stress, che ho vissuto con le relative emozioni, senza cercare ne volere annullarle, dal dolore per la morte di un amico, ad una normale e fisiologica ansia per delle prove da affrontare, e la situazione non è mai degenerata.

Per quanto riguarda la vita relazionale posso dirle che sono felicemente sposato da due anni dopo un fidanzamento di sei con la stessa persona che sempre mi è stata affianco sin dal primo episodio di ansia fortissima che spesso mi ha portato a vivere malissimo. Cosa peggiore, a non godere dei momenti con lei, ed è qui che si annidano le mie meta-preoccupazioni peggiori... la paura di non riuscire più a vivere serenamente, che l'ansia non mi abbandoni, che non potrò più godere dei bei momenti con lei. Quasi sempre l'ansia si è scatenata a partire da altri stimoli, per poi bloccarmi in pensieri ossessivi di questo tipo, generati e generanti dall'ansia stessa in un circolo vizioso.
Abbiamo affrontato questi discorsi per anni con la psicoterapeuta, so che si tratta di metapreoccupazioni, continuo a ripetermelo e cercare di relativizzare e di opporre pensieri contrastanti.

Insomma, il quadro generale, sia per il mio psichiatra che per la mia psicoterapeuta è molto chiaro, tanto che in tre anni abbiamo fatto passi da gigante, tuttavia l'imprevisto è capitato...
[#6]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gentile dottor Del Signore,
grazie, ne parlerò sicuramente nella prossima seduta, che purtroppo sarà tra una settimana.
Cercherò nel frattempo di opporre soprattutto altri tipi di pensieri costruttivi.
[#7]
Dr.ssa Daniela Pellitteri Psicoterapeuta, Psicologo 48 8
Gentile utente,
la mia impressione è che molti dei discorsi che ho letto sembrano un po' una sorta di 'scacciapensieri' (mi perdoni l'esempio apparentemente irrispettoso) rispetto al profondo dolore che la morte di un giovane uomo può sollecitare in un animo sensibile come quello che sembra appartenerle.
L'esperienza di una perdita, seppur apparentemente lontana dalla nostra quotidianità ( io non so quanto questo ragazzo le fosse vicino) ci colpisce e ci mette di fronte alla nostra impotenza nei confronti di un evento definitivo come la morte.
("Invece da una settimana circa l'ansia è tornata, fortissima, probabilmente in seguito a due eventi definiti dal mio psichiatra "aspecifici" (un'infezione subita e la morte di un coetaneo, e non ultimo il cambio di stagione)

Non credo che lei debba scusarsi per quello che ha voluto condividere con noi e né ci debba spiegare per' filo e per segno ' ciò che il suo psichiatra le ha detto, anche perché sappiamo che non è molto semplice 'rendere oggettivo' qualcosa come un colloquio clinico, a prescindere dalla specifica disciplina che caratterizza tale colloquio.
Credo che quando tornerà dalla sua psicoterapeuta saprà trovare la strada giusta e saprà decidere insieme a lei come avvicinarsi al farmaco.

Mi sembra che stia facendo un lavoro importante per la sua vita e che si stia impegnando molto ...
i miei auguri più cari
Daniela Pellitteri

Dr.ssa Daniela Pellitteri

[#8]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Utente,

se ho capito bene lei ha effettuato ben 3 anni di Terapia Cognitivo-Comportamentale integrati ad una terapia farmacologica e, quando ha sospeso l'assunzione del farmaco, si è trovato al punto di partenza, poichè nè le tecniche apprese con la TCC nè le osservazioni razionali circa la natura del suo disagio la stanno aiutando.
E' così?

Ha pensato di intraprendere un diverso percorso psicoterapeutico che le consenta di fare un lavoro più "profondo" sul suo malessere per risolverlo, oltre che imparare a "gestirlo" (dal momento che questo non basta a farla stare bene)?

Forse il solo "opporre altri tipi di pensieri costruttivi" non è sufficiente, se lei non ha anche compreso perchè sta male e che significato ha il suo problema d'ansia all'interno della sua esistenza e del suo ambiente relazionale.

Ci pensi!
[#9]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gentile Dott.sa Pellitteri
innanzitutto grazie per le belle parole.

La morte di quel ragazzo di sicuro mi ha colpito molto profondamente, non eravamo amici intimi, ma lo conoscevo e la cosa che più mi ha destabilizzato è che la sua storia è molto simile alla mia: siamo colleghi, coetanei, abbiamo fatto l'università insieme, anche lui sposato da poco... di sicuro ho pensato che sarebbe potuto benissimo succedere a me.
Lo stato di ansia molto forte è iniziato la sera dopo il funerale. Per qualche giorno sono riuscito a tenerla sotto controllo, dopo un po' la situazione è degenerata, e quando degenera lo fa in grande stile (come dicevo: insonnia, tremore, sudore, urti allo stomaco...)

So benissimo che il discorso è complicato: fragilità mia interiore, psicoterapia, farmaci, assertività, metapreoccupazioni, pensieri funzionali... purtroppo è difficile descrivere in un solo post tutto quanto, ogni volta resta fuori un pezzettino che necessiterebbe di un altro post.

Sicuramente mi sto impegnando molto, l'ho fatto molto intensamente soprattutto negli ultimi tre anni e continuerò a farlo. Non è la prima volta che mi succede un periodo acuto, so che prima o poi passa, il problema attuale e pressante è come far sì che questa fase acuta duri il meno possibile e sia il meno dolorosa possibile.

Come dicevo non voglio abbandonarmi unicamente al farmaco nell'attesa che l'SSRI entri a regime, voglio essere parte attiva del miglioramento.
[#10]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gent.ma dott.sa Massaro,
quanto da Lei riassunto è pressochè la realtà.
La cosa non è comunque stata immediata, visto che il farmaco l'avevo sospeso da un mese e mezzo e per i tre mesi precedenti era sotto la dose minima efficacie. Però probabilmente la prima concomitanza di stimoli eccessivi ha ri-attivato i meccanismi ansiosi, da qui la decisione dello psichiatra di riprendere il farmaco, in quanto la sua convinzione è che mi serva per mantenere un livello di guardia più elevato, tale che mi permetta di vivere la vita, le emozioni, belle e brutte, senza che esse degenerino: non chiedo al farmaco l'annullamento delle emozioni.

Non posso dire che le tecniche di TCC mi siano completamente inutili: in qualche maniera mi aiutano a non sprofondare del tutto: il distinguere le metapreoccupazioni mi aiuta a non fossilizzare il pensiero unicamente su di esse.

Sinceramente credevo di avere capito molto bene i vari meccanismi che portano all'ansia, e il perchè stavo male l'avevo sempre attribuito a degli schemi mentali sbagliati; insomma, davvero ero (e sono, per ora) soddisfatto della terapia svolta.

Quando scelsi la TCC la scelsi di mia iniziativa, perchè il solo farmaco non mi bastava (moralmente intendo: volevo mettermi in gioco ed essere parte attiva) perchè leggendone i principi ed i campi di applicazione mi sembrava si adattasse perfettamente ai miei disagi, e la terapia mi ha ampiamente soddisfatto e ne ho tratto ampio giovamento.

Quello che Lei dice però sicuramente mi fa riflettere e prenderò in considerazione la cosa, anche se non sono un esperto e non saprei che altro tipo di terapia intraprendere.
[#11]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Non posso dire che le tecniche di TCC mi siano completamente inutili: in qualche maniera mi aiutano a non sprofondare del tutto: il distinguere le metapreoccupazioni mi aiuta a non fossilizzare il pensiero unicamente su di esse"

Da quanto ci dice sembra che le tecniche che ha appreso le servano più che altro a iper-razionalizzare, nell'illusione di arginare l'ondata di emozioni che probabilmente non sta riconoscendo nè elaborando.

Nella realtà non tutte le psicoterapie sono adatte a tutti e 3 anni di TCC - come di qualunque altra terapia - per un semplice disturbo d'ansia sono tanti per pensare di proseguire su questa strada se finora non ci sono stati miglioramenti consistenti, ma alla prima prova dei fatti lei è purtroppo crollato come avrebbe fatto anni prima.

Può scegliere un tipo di psicoterapia diverso in maniera libera, poichè tutte le psicoterapie curano i disturbi d'ansia, ma personalmente le suggerisco di cambiare del tutto approccio, scegliendo una psicoterapia psicodinamica che le consenta di andare a fondo del problema, di capire da dove origina e che significato ha, e di arrivare alla scomparsa dell'ansia piuttosto che alla sola osservazione neutrale (e iper-razionalizzante) del sintomo.
[#12]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Esiste un modo per cercare uno specialista di psicodinamica nella mia zona?
Non so, un qualche portale... o posso leggere sull'albo? E' specificata la specializzazione degli iscritti?
[#13]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Presso l'Albo degli Psicologi non sono specificati gli orientamenti terapeutici dei singoli iscritti, ma può cercare tranquillamente in internet perchè molti colleghi sono iscritti a siti che permettono di segnalare qual è la loro specifica formazione.
[#14]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Vi pongo un'ultima domanda:

sto provando a fare delle ricerche su internet ma sto trovando grosse difficoltà, anche perchè non abito in una grande città ma in una zona molto periferica.

Su wikipedia leggo:
Scuola psicoanalitica (o psicodinamica)

Questo vuol quindi dire che se trovo uno specialista di scuola psicoanalitica è ciò di cui stava parlando la dott.sa Massaro?

[#15]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
La psicoterapia ad orientamento psicoanalitico è una delle psicoterapie psicodinamiche, che pongono l'accento sulle dinamiche psichiche inconsce come fonte di manifestazioni (comportamenti, emozioni, ricordi, sogni) da interpretare - mentre in ambito TCC non si parla di mente inconscia -, sull'esperienza passata del paziente e sulla relazione fra paziente e terapeuta come strumento della terapia (transfert).
[#16]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Bene,
in effetti durante la TCC non siamo mai andati a scavare nel passato o nell'inconscio, ma solo sul "qui ed ora".

Se quindi mi dice che l'orientamento psicoanalitico è una psicoterapia psicodinamica avrei anche trovato una specialista in un paese vicino.
Attenderò qualche giorno prima di eventualmente contattarla, sicuramente prima voglio ri-parlare con la mia specialista TCC e proverò ad accennare anche a lei il fatto che magari è il caso di provare anche altro, pur riconoscendo quanto di buono abbiamo fatto assieme... è una persona splendida e capace, e nè io nè lei poteva prevedere quanto accaduto. Non voglio sicuramente essere irriconoscente.

Grazie delle consulenze a tutti.
[#17]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Certo, prima è importante che chiarisca con la collega che la segue che è preoccupato perchè la situazione è quella che ci ha descritto, e che senta cosa ne pensa e cosa le dice.
Ci faccia sapere!
[#18]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Quello che voglio chiedervi (non riesco a ri-vedere la mia psicoterapeuta prima di venerdì prox) è: il pensare "Tieni duro, il farmaco tornerà a fare effetto come ha sempre fatto" è un pensiero funzionale, da opporre a metapreoccupazioni del tipo "E se stavolta non funziona? E se non passa?" o si rischia di creare troppa aspettativa solo sul farmaco? Preciso che cerco e voglio lavorare io in questo periodo di latenza, non mi sono limitato a riprendere il cipralex, accasciarmi nel letto, ed aspettare... ma delle volte le preoccupazioni sono tali che l'unico pensiero che riesco ad opporvi è quello."

Gentile Utente,

premesso che da qui non è possibile dare indicazioni o prescrizioni comportamentali perchè vietati dalla Legge e dalle Linee Guida del sito, vorrei sottolineare che un "mandato" del genere, come quello che Lei ha descritto nel Suo primo post, mi pare davvero bizzarro e Le spiego perchè. Se Lei attende che sia il farmaco ad agire, mentre Lei tiene duro, mi spiega qual è il SUO ruolo attivo nella Sua vita e in che modo la psicoterapia Le ha fornito strimenti per affrontare e risolvere il problema che l'ha portata in terapia?

Inoltre, che sia una metapreoccupazione, una cognizione, ecc... che importanza può avere? Vorrei capire meglio, in qualità di psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, perchè se è vero da una parte, che per impostare un lavoro sul riconoscimento degli schemi disfunzionali che portano al disagio, noi partiamo dalla comprensione di schemi che rendono poi il pz. consapevole delle proprie emozioni, pensieri e comportamenti, dall'altra in terapia... si parla come si mangia! ^__^
Quindi se anche qualcuno Le rispondesse che si tratta di un pensiero funzionale o di una metapreoccupazione, per Lei che cosa cambierebbe? Oppure il problema sarebbe risolto?

Il punto cruciale di un intervento di tipo cognitivo-comportamentale per il disturbo d'ansia è proprio quello di rendere il pz. consapevole del proprio funzionamento, ma soprattutto quello di fare in modo operativamente che il pz. riesca ad affrontare le situazioni critiche che più di tutte lo mandano in ansia.

E' per questo motivo che l'evento verificatosi di recente La spiazza, perchè forse Lei ha trascorso ERRONEAMENTE tre anni a rimuginare e non a maneggiare schemi disfunzionali per modificarli e trovare soluzioni concrete funzionali.

Mi creda, ma nessuno dei miei pz. esce da una sola seduta pronunciando i termini che ha descritto Lei qui: in terapia si discute e si affrontano le situazioni del quotidiano che rendono la vita più complicata e problematica, ma non ha molto senso chiedersi se ciò che pensiamo o facciamo sia un metapensiero, una metacognizione, ecc...
I pz. dei medici non escono dagli ambulatori parlando in gergo tecnico, semmai è il medico che si adegua al linguaggio del pz per farsi capire! E sembra quasi che Lei abbia ricalcato il lessico del terapeuta, senza però diventare abile nella Sua vita per quanto riguarda la gestione della problematica.

Ha invece molto senso capire, con l'aiuto del terapeuta, quali Suoi pensieri e di conseguenza comportamenti siano disfunzionali e problematici e quindi COME MODIFICARLI.
Le faccio un esempio: se Lei soffre d'ansia e PENSA "Se esco da solo, mi sentirò male", ecco che questo pensiero è una trappola perchè sta già cominciando a limitare il Suo campo d'azione. La strategia comportamentale che potrà mettere in atto è quella di evitare, ma si tratterà di una strategie ovviamente DISFUNZIONALE perchè più evita e più l'ansia aumenta.

Io non so in che maniera Le è stato mostrato/insegnato come funziona l'ansia e non è infrequente in TCC aprire dei frame psicoeducazionali per spiegare al pz. come funziona l'ansia, perchè l'ansioso non lo sa ed è alessitimico, cioè fa tanta fatica a riconoscere le emozioni e a leggere i propri stati interni.

Però l'efficacia comprovata della TCC si attua nel momento in cui il pz ha modo di sperimentare cosa vuol dire vivere le situazioni stressanti e ansiogene utilizzando ciò che ha appreso in seduta.
Ma le tecniche che Lei ha qui descritto non mi sembrano, con tutto il rispetto, tecniche TCC. Lei infatti scrive: "Non posso dire che le tecniche di TCC mi siano completamente inutili: in qualche maniera mi aiutano a non sprofondare del tutto: il distinguere le metapreoccupazioni mi aiuta a non fossilizzare il pensiero unicamente su di esse."
Che cosa vuol dire?

La TCC non prevede di insegnare al pz. a fare queste cose, l'ansia non diminuisce se distingue le metapreoccupazioni, ma semmai se impara ad affrontare operativamente e concretamente le situazioni che generano l'ansia.

Infatti la cosa più strana della Sua richiesta è il chiedere qui a noi, dopo tre anni di TCC che cosa può fare...
A parte che il pz. dopo così tanto tempo sa già cosa fare, ma soprattutto mi pare che ci sia un problema in termini di relazione terapeutica: quando la relazione con lo psicoterapeuta funziona bene ed è appunto terapeutica, il pz. non solo non chiama il terapeuta se sta male (o non scrive su Medicitalia ^__^), ma soprattutto lo ha interiorizzato e sa perfettamente che cosa gli direbbe lo psicoterapeuta se potesse parlare con lui (il pz. utilizza il "dialogo interiore" con il terapeuta se la relazione va bene tra una seduta e l'altra già dai primi tempi della terapia): quindi se Lei dovesse rispondere alla domanda che pone qui a noi, che cosa risponderebbe sul che cosa fare?

Infine due parole sulla Sua idea di modificare l'orientamento psicoterapico: premesso che non so, dopo tre anni, che tipo di chiarimenti potrà fornire il terapeuta, dal momento che il punto della situazione si fa ben prima, però mi preme sottolineare che non tutti gli approcci terapeutici sono indicati per la cura dell'ansia.
Legga qui: https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2106-ansia-quale-psicoanalisi-un-libro-per-capire.html
Quando una persona è ansiosa, andare a scavare nel passato comporta inevitabilmente diversi problemi e rischi: il primo è non trovare nessuna causa che riesca a spiegare l'attuale disagio perchè in psicoterapia non esiste la causalità lineare. In altre parole non è detto che dato l'evento A ne consegua la reazione ansiosa B.
Quindi sarebbe tempo, energia e denaro sprecato.
Inoltre scavare alla ricerca delle cause e delle (im)probabili spiegazioni nell'ansioso rafforza l'ansia, anzichè gestirla e non si esce più dal disturbo.
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html

Io ritengo però che dovrebbe farsi aiutare da uno psicologo psicoterapeuta molto esperto in terapia cognitivo-comportamentale, verificando sempre le credenziali del professionista su www.psy.it

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#19]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gentile dottoressa Pileci.
La ringrazio per il lungo post a me dedicato.

Purtroppo come spesso capita l'aver scritto e letto diverse opinioni contrastanti mi ha portato a maggior confusione ed ansia, pertanto intendo eventualmente riprendere il discorso una volta uscito dalla fase acuta che sto vivendo.

Una sola cosa mi premeva chiarire: se ho usato termini tecnici, non alla "parla come mangi" l'ho fatto in buona fede perchè stando in un contesto di professionisti, credevo potesse essere utile a spiegarmi meglio, tutto qua.

Poi sicuramente posso non aver capito bene diverse cose della TCC (sebbene finchè non ho avuto questa ricaduta post sospensione del farmaco, e che ho ripreso a prendere da 5 giorni, credevo di aver capito molte cose e di aver trovato aiuti in tante situazioni passate in questi tre anni).

Mi conforta comunque la sua opinione sul fatto che la TCC sia la migliore per disturbi di ansia.

Venerdì faremo il punto della situazione (intesa come analisi di quanto accaduto in quest'ultimo episodio) con la mia psicoterapeuta, il cui curriculum è valido anche all'esame del sito da lei indicato: sentirò che dice... di più al momento non posso fare.

Grazie e buona giornata
[#20]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

ciò che voglio sottolineare è che dovrebbe prendere il singolo episodio che ha generato questa crisi e -a questo punto della terapia- essere in grado di leggerlo perfettamente ed essere anche in grado di gestirlo.

Poi, ribadisco, non è necessario sapere se si tratta di un metapensiero o di un pensiero funzionale...
Più che capire (va bene il discorso della psicoeducazione che io stessa utilizzo quando serve in terapia e in genere serve al pz anche per essere meno spaventato da ciò che sta accadendo), dovrebbe imparare a sperimentare e a fare. In questa maniera diventa capace di leggere e riconoscere le proprie emozioni, padroneggiare i propri stati, a non esserne spaventato, e mettere in atto comportamenti più funzionali.

Certamente che l'ansia aumenta se si va dietro a tante opinioni contrastanti, ma questo a mio avviso fa parte del problema: al di là di ciò che può leggere qui o altrove, è la Sua padronanza del disagio che deve venir fuori e che a me sembra putroppo ancora lontana, anche se spero di sbagliarmi.
In altre parole, quando si trova davanti ad un disagio quali risorse e strategie può utilizzare?
Aspetto non meno importante, come Le ho già scritto sopra, è la relazione terapeutica: non c'è bisogno di contattare sempre il terapeuta, anche perchè prima o poi (meglio prima ^__^, nel senso quanto basta ma in tempi ragionevoli) bisogna mettere fine alla terapia e imparare a fare a meno del terapeuta. Anche qui mi pare che le cose non siano proprio così...

Io Le suggerisco, se Le va, di fare il punto della situazione in generale il prossimo venerdì e non solo su questo episodio: a questo punto che piega potrà prendere la Sua terapia?
In altri termini è indispensabile secondo me capire quali obiettivi della terapia sono stati raggiunti e quali non ancora e che cosa Le serve per poter iniziare a camminare da solo, con gli strumenti che ha acquisito grazie alla terapia ma senza più il terapeuta.

Ovviamente non metto in dubbio il cv della Collega che La segue, ci mancherebbe, è solo che da come Lei descrive la Sua situazione e i progressi fatti in ben tre anni, non pare possa dirsi una TCC, che ha invece caratteristiche molto precise.
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1384-e-davvero-psicoterapia-cognitivo-comportamentale.html

In ogni caso, se ha bisogno di delucidazioni, sono qui!

Cordiali saluti,
[#21]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
>>Io Le suggerisco, se Le va, di fare il punto della situazione in generale il prossimo venerdì e non solo su questo episodio: a questo punto che piega potrà prendere la Sua terapia? In altri termini è indispensabile secondo me capire quali obiettivi della terapia sono stati raggiunti e quali non ancora e che cosa Le serve per poter iniziare a camminare da solo, con gli strumenti che ha acquisito grazie alla terapia ma senza più il terapeuta.

Ho in mente di fare proprio questo.
Come dicevo già precedentemente in passato abbiamo fatto dei punti della situazione, soprattutto in concomitanza delle visite con lo psichiatra che mi segue dal punto di vista farmacologico. Tutte le volte ci sembrava di andare bene. Potrei farle diversi esempi di eventi accaduti in questi tre anni che credo d'aver gestito in maniera funzionale. E mai in passato, se non inconsciamente, pensavo che questi miei successi fossero dovuti al farmaco, anzi, tutt'altro.

Ora sono in una fase molto acuta, ho ripreso a prendere il farmaco secondo quanto consigliato dallo psichiatra, che è veramente convinto della sua necessità, e purtroppo, non riesco a fare pressochè nulla di quanto imparato... ci ho provato per qualche giorno prima di prendere il farmaco... probabilmente questo può vuol dire che effettivamente qualcosa non ha funzionato... o forse come sostiene lo psichiatra ho davvero una carenza.

>> è solo che da come Lei descrive la Sua situazione e i progressi fatti in ben tre anni, non pare possa dirsi una TCC, che ha invece caratteristiche molto precise.

Questa domanda me la sono posta molte volte... è bene che la ponga alla terapeuta: anch'io sapevo che la TCC deve essere di durata limitata nel tempo, invece qui sono tre anni che vado avanti... qualcosa che non torna c'è. Tuttavia non mi sono posto eccessivamente il problema perchè al di là dell'ansia nel primo periodo (con diario dei pensieri disfunzionali) abbiamo lavorato molto sull'assertività, una parte del mio carattere che mi sono accorto di voler migliorare... forse ad un certo punto abbiamo perso di vista l'obiettivo, chissà.
[#22]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"forse ad un certo punto abbiamo perso di vista l'obiettivo, chissà"

Male.
perchè si perde appunto la direzione, e si dilatano i tempi. Inoltre non si sa bene su cosa lavorare.

La mia perplessità maggiore è che in genere -salvo complicazioni- il disturbo d'ansia è molto semplice da trattare in TCC. E' vero che la complicazione qui sembra essere ad esempio il cronicizzarsi della situazione, dal momento che ne soffre da parecchi anni...

In ogni caso il diario prevede non solo i pensieri disfunzionali, ma parte dalle emzioni che il pz. sta provando, per poi arrivare ai pensieri e anche ai comportamenti.
Forse una cosa che non funziona in questa terapia è il lavoro eccessivo sui pensieri e il volere sostituirli/modificarli.
E' vero che ci sono forme obsolete di TCC in cui il terapeuta prescriveva al pz come doveva pensare, ma sono già state abbandonate e contestate a partire dagli anni Settanta, proprio perchè non funzionano. Se il terapeuta dice al pz: "Tu pensi male, devi pensare questo", è chiaro che il pz. si sentirà giudicato (grande problema ad esempio per un depresso) e che comunque non funziona nel tempo.

Invece è importante modificare i comportamenti perchè permettono di modificare anche i pensieri e le emozioni. Infatti emozioni, pensieri e comportamenti si influenzano reciprocamente.
Chiaramente il terapeuta e il pz. devono intercettare gli schemi sia cognitivi che comportamentali che il pz. usa e che mantengono il problema. E' stato fatto?
A questo punto Le sono state date delle precise prescrizioni per modificare questi schemi?

Stessa cosa per l'assertività: è l'esercizio che fa in modo che ci sia un cambiamento.
Legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html

Cordiali saluti,
[#23]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Per quanto riguarda l'assertività sicuramente l'esercizio è stato fatto, credo di essere ampiamente migliorato sotto questo punto di vista, anche se sicuramente c'è da lavorare ancora.
Le situazioni in cui meno riuscivo ad essere assertivo sono state individuate tramite questionari e test.

Abbiamo fatto training autogeno e tecniche di respirazione perchè mi è stato spiegato che se l'ansia modifica il corpo è possibile fare il contrario. (Parole mie,sempre della serie parlacomemangi :) ).

Il lavoro sul diario è stato svolto in due differenti schemi, prima

Situazione --> Emozione --> Pensiero automatico

poi con un protocollo di registrazione delle preoccupazioni

Situazione --> Fattore Scatenante --> Descrizione della preoccupazione --> Metapreoccupazione --> Risposta Emotiva

Anche qui il diario è stato tenuto per qualche settimana, e ovviamente veniva commentato per individuare gli schemi "Sbagliati".

Spero sia questo l'ordine corretto, in questo momento ho solo le fotocopie e schemi base, il diario lo ha ancora la psicoterapeuta visto che è stato utilizzato, per riguardarlo, l'ultima volta che abbiamo guardato indietro... e allora ho provato quasi vergogna nel pensare che fossi io a scrivere quelle cose... oggi invece provo angoscia all'idea di pensarle ancora.
Il fatto è che all'epoca, non appena passata la fase acuta, mi sembrava tutto chiaro, e sono riuscito ad applicarlo in diverse circostanze, adottando poi ad esempio dei metodi di messa in discussione dei pensieri irrazionali.
Quest'ultimo episodio è stato un pata-trac. Cercheremo di scoprire perchè.

Del resto, come dice lei... "salvo complicazioni"... sia con la psicoterapeuta che con lo psichiatra eravamo estremamente convinti che tutto andasse bene e che il farmaco potesse essere sospeso, tre anni sono tre anni.

Comunque sia ho capito qual è il suo intento di mettermi in guardia e di considerare bene quanto fatto, e la ringrazio dei diversi post che mi ha dedicato.
[#24]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

uno dei torti che può fare a se stesso è quello di dire: "e allora ho provato quasi vergogna nel pensare che fossi io a scrivere quelle cose... oggi invece provo angoscia all'idea di pensarle ancora."

Anche alla fine della terapia capita e quindi Le capiterà di avere dei pensieri che aveva prima della terapia, ma questo è del tutto normale. La sola differenza è che il pz. alla fine della terapia è in grado di riconoscere quel pensiero come appartenente al vecchio schema che era problematico.

Quindi quale vergogna? Faccia attenzione perchè il giudizio non serve e fa solo danni. Una raccomandazione del terapeuta, nella compilazione del diario, è proprio quella di sospendere il giudizio.

Gli schemi mi sembrano adeguati.
Esatto, ha compreso i miei intenti, valuti bene con il curante il da farsi.

Cordiali saluti,
[#25]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
A costo di sembrare ripetitivo la ringrazio un'ultima volta.
Magari ci aggiorniamo in futuro, dopo venerdì o più in là...

Grazie di cuore
[#26]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Ok, dopo aver parlato col terapeuta mi faccia sapere!
Cordiali saluti,
[#27]
Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32 6
Caro Utente,

senza nulla togliere al prezioso contributo della Collega, dr.ssa Pileci, vorrei solo intervenire per darle una mia ipotesi di lettura, del tutto personale che, non esclude tutto quanto detto ma, spero, possa darle un quadro interpretativo più ampio.

La TCC, sicuramente riconosciuta in letteratura quale terapia d'elezione per i disturbi d'ansia, non è l'unica forma di terapia che si propone come obiettivo la remissione dei sintomi ansiosi.

Le ragioni per cui in letteratura viene indicata la TCC o la TBS o altre terapie maggiormente direttive per la cura dell'ansia meriterebbero un approfondimento ulteriore che, però, non credo sia opportuno affrontare in questa sede.

Può trovare una discussione articolata, con vari link ad altre discussioni, sull'efficacia delle psicoterapie di orientamenti differenti nel seguente consulto di poco tempo fa:

https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/373800-efficacia-psicoterapia-psicodinamica-efficacia-tcc-altre.html

ma navigando sul sito può trovare molti altri confronti tra professionisti di orientamento differente sul tema.

Venendo al suo caso specifico, pur nei limiti di un consulto on line, potrebbe anche essere che il tipo di terapia da lei scelto non sia quello a lei più indicato.

Non tutte le terapie sono adatte per tutti i pazienti e viceversa; così come non tutti gli psicoterapeuti sono adatti a tutti i pazienti, e viceversa.

Con ciò voglio dire che è necessario un intervento che tenga conto dell'unicità individuale di ogni persona e, non sempre, ciò che va bene per un paziente, seppur standardizzato con procedure validate scientificamente, funziona per ogni paziente.

Se gli obiettivi concordati in una TCC tra paziente e terapeuta sono quelli di ottenere una remissione del sintomo in tempi ragionevolmente brevi e, a distanza di 3 anni, gli obiettivi non sono stati raggiunti, forse è il caso di fare un punto della situazione con il suo curante; il rischio, altrimenti, è davvero quello di sprecare soldi, tempo ed energie inutilmente.

La collega, dr.ssa Massaro, le aveva prospettato l'idea di prendere in considerazione, confrontandosi con la sua attuale curante, la possibilità di affrontare il problema utilizzando un approccio differente.

Le psicoterapie psicodinamiche contemporanee non si propongono, sempre e solo, di scavare nel passato per ricercare ossessivamene risposte al sintomo; sono terapie che utilizzano la relazione come strumento utile a trovare risposte più adattive ai problemi attuali del paziente.

Perchè la cura attraverso la relazione è così importante? Perché, come le diceva anche il collega, dr. Mori, non sempre le cause dell'ansia si annidano solo nei pensieri "disadattivi"; spesso, è nei rapporti, e quindi nelle modalità relazionali del paziente, che vanno individuate le cause.

In tali casi, in una prospettiva psicodinamica, non è sufficiente metacomprendere quali strategie cognitive mettere in atto ed eseguire correttamente le prescrizioni del terapeuta. E' necessaria una ristrutturazione emotiva, cognitiva e comportamentale in senso più ampio e articolato.

Ciò che a me sembra, è che lei razionalizzi troppo a discapito di un vissuto emotivo che, apparentemente, è "soffocato" dal pensiero.
Come la vede questa ipotesi?

Se così fosse, una terapia meno direttiva, più attenta al suo vissuto emotivo e alle interazioni tra i due emisferi cerebrali (che per semplicità indichiamo come emisfero della ragione ed emisfero delle emozioni) potrebbe essere più funzionale a raggiungere obiettivi maggiormente efficaci per il suo caso.

Tutto questo, vorrei ribadirlo, è solo un'ipotesi che si basa su una "non conoscenza" della sua persona ma sui pochi elementi che lei ci fornisce. Un'ipotesi su cui la invito a riflettere e a conforntarsi con la sua curante che ha, senza dubbio, tutti gli elementi per poterla consigliare al meglio.

Un caro saluto
[#28]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Grazie anche a lei dottor Callina per il lungo e articolato post.

>>Ciò che a me sembra, è che lei razionalizzi troppo a discapito di un vissuto emotivo che, apparentemente, è "soffocato" dal pensiero.
Come la vede questa ipotesi?

Potrebbe sicuramente essere una chiave di lettura, non lo escludo.

Magari con la TCC ho migliorato alcuni aspetti del mio essere, ma per altre cose serve davvero altro...

A questo punto però non vorrei mettere troppa carne al fuoco, sicuramente terrò conto dei consigli suoi, della dott.sa Pileci e della dott.sa Massaro... e come già dicevo alle sue colleghe lo farò parlandone con la mia psicoterapeuta.

Intanto un'altra notte è passata e oggi sto un pochino meglio, non mi illudo perchè so che nelle prime due settimane dalle crisi passo alti e bassi piuttosto altalenanti... quello che è certo è che quando sto un filino meglio riesco a trovare maggiori energie interiori e lucidità mentale per metterci del mio.

Grazie ancora comunque.
[#29]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Le offro il mio punto di vista da terapeuta strategico, restando il più possibile sul semplice.

>>> lo psichiatra sostiene che quanto successo è la prova provata che il mio corpo ha una carenza di serotonina, e quindi devo riprendere il farmaco. La cosa personalmente non mi spaventa nè mi va provare vergogna: se uno ad esempio è diabetico deve prendere l'insulina e stop. La cosa dura è che so, anche perchè ci sono già passato, che ci vogliono 15-20 giorni perchè lo SSRI faccia effetto
>>>

Quest'affermazione mostra che, pur essendo lei di mente sufficientemente aperta al punto da dire: "Se uno ha bisogno di X, deve prendere X", è però molto rigido su un altro versante, dal momento che dichiara di non riuscire a tollerare un periodo di 15-20 gg prima che X faccia effetto.

Uso volutamente "X" e non "farmaco", perché il punto importante è assodare la difficoltà a *tollerare* i sintomi dell'ansia, prima di arrivare a decidere la cura.

Allora, sempre restando sul semplice, quello che in terapia breve strategica si fa in questi casi è mettere in condizione il paziente d'imparare a tollerare i sintomi. Se si riesce a far questo, essi perdono il loro potenziale spaventoso, e quindi patogeno, e la persona impara *da sola*, senza bisogno di ristrutturare, rimuginare, metariflettere o scavare, che non c'è bisogno di aver paura.

Se devo essere sincero, il guazzabuglio di termini tecnici che ha usato sembra più il risultato di un corso accelerato di auto-formazione che il risultato di 3 anni di terapia. Lo scopo delle terapie focalizzate e attive non è capire o razionalizzare, ma cambiare. Almeno in TBS è così.

Legga qui per informarsi:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

Mi trovo inoltre d'accordo con il collega che ha rilevato una decisa sfumatura ossessiva nelle sue riflessioni. A questo proposito le dico che training autogeno e tecniche simili difficilmente le potranno essere d'aiuto per liberarsi definitivamente del suo problema.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#30]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gent.mo dottor Santonocito,
grazie anche a Lei.
Sono piacevolmente sorpreso di vedere quanta gente si dedica all'aiuto del prossimo su questo sito.

Ho letto il suo articolo

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/376-che-cos-e-la-psicoterapia-breve-strategica.html

e l'ho trovato interessante.

Ha perfettamente ragione quando dice:

>>Perché il punto importante è assodare la difficoltà a *tollerare* i sintomi dell'ansia, prima di arrivare a decidere la cura.

Come spiegato in precedenza ci ho provato per qualche giorno, probabilmente sbagliando e continuando a sbagliare peggiorando le cose, come nell'esempio della macchina che non parte che lei ha usato nel suo articolo.

Comunque qui le opzioni di scelta cominciano a diventare davvero molte... aiuto! :)
Scherzi a parte terrò presente anche il suo consiglio come quello dei suoi colleghi. L'ulteriore problema, purtroppo, è sempre anche quello che vivo in una zona molto periferica per cui trovare specialisti delle varie terapie non è nemmeno così facile.
Se sul vostro albo fossero indicate sarebbe davvero una manna! :)

Per quanto riguarda:

>>Se devo essere sincero, il guazzabuglio di termini tecnici che ha usato sembra più il risultato di un corso accelerato di auto-formazione che il risultato di 3 anni di terapia.

Ho recepito il messaggio, non è il primo che me lo dice... come avevo già risposto ad un Suo collega pensavo che esprimendomi tecnicamente potesse essere più facile spiegare la mia situazione... ora capisco, e lo devo anche a voi, che per voi dottori psicologi è più importante il parla come mangi, in modo che siano pensieri e sensazioni realmente da noi provati o percepiti a venir fuori, e non delle descrizioni magari fuorvianti.

Che dire, grazie anche a lei del suo punto di vista.
[#31]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Come spiegato in precedenza ci ho provato per qualche giorno, probabilmente sbagliando e continuando a sbagliare peggiorando le cose, come nell'esempio della macchina che non parte che lei ha usato nel suo articolo
>>>

Da un punto di vista TBS, nei casi come il suo le tentate soluzioni che mantengono in vita il problema sono l'evitamento, le precauzioni e la rimuginazione. Perciò se avesse fatto uno sforzo per tollerare l'ansia - e se lo avesse fatto nel modo dovuto - questo non sarebbe una tentata soluzione, sarebbe ciò che le ci vuole per uscire dal problema. Solo che probabilmente non lo ha fatto abbastanza a lungo e/o nel modo appropriato.

Proprio per questo è importante farsi seguire da un terapeuta, perché quando si è preda della paura non si riesce a distinguere bene cosa vada fatto, cosa alimenta il problema e cosa non è altro che il modo sottile del problema di mantenersi in vita.

Le faccio i migliori auguri.
[#32]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Dottore, posso chiederle, se non è troppo complicato, cosa si intende per precauzioni?
Su evitamento e rimuginazioni ci sono...

Evitamenti sto cercando di evitarli (scusate il gioco di parole), mi sto forzando a fare un po' di tutto.
Le Rimuginazioni non riesco ad arginarle invece.

Ma le precauzioni cosa sono?
[#33]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
In un'ottica TBS, le precauzioni sono una forma evoluta di evitamento.

L'evitamento è la tentata soluzione principale del fobico, che scappa dalle situazioni che lo spaventano quando ci si trova in mezzo. E così facendo alimenta il problema.

La precauzione è il passaggio dal fobico verso l'ossessivo, cioè il pre-munirsi e far sì che le situazioni spaventose non si producano nemmeno. Prende precauzioni affinché non ci si trovi mai in mezzo, cioè mette in atto strategie di controllo. E anche questo alimenta il problema.
[#34]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Ahio...
mi ci riconosco più di quanto vorrei.

Putroppo cercando un po' su internet ho visto che questa psicoterapia breve strategica è un po' "di nicchia". Più che nelle grandi città non trovo molto. Un peccato davvero.

Faticosamente ho trovato un centro qui vicino, nella cui descrizione dice:

Servizi:
Tipo di psicoterapia:
Psicoterapia Integrativa

Tecniche e metodi utilizzati:
Terapia Strategica
Training Autogeno
Psicoterapia dinamica
Psicoterapia breve

Magari vale la pena contattare e vedere se è ciò di cui parla lei.
[#35]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
Gentile utente,

Nessuna "carenza" di serotonina, i farmaci agiscono sul sistema tramite i recettori della serotonina, e non solo quelli (dipende dal farmaco specifico), producendo nel cervello alcuni adattamenti. In alcuni circuiti ci interessano per ottenere l'effetto terapeutico, e questo processo richiede dalle 4 alle 12 settimane, dipende dalla diagnosi di partenza, visto che hanno diverse indicazioni. Se uno non è efficace è possibilissimo che risponda ad un altro.
La TCC produce le stesse modificazioni della farmacoterapia, e in alcuni disturbi i due trattamenti lo fanno sinergicamente, cioè insieme rendono meglio che separatamente.
[#36]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Grazie dottor Pacini,
come dicevo il termine carenza non sono nemmeno sicuro l'abbia usato il mio psichiatra, credo sia stata una mia interpretazione; credo d'aver anche capito perchè non si può parlare di carenza e di che meccanismi stiamo parlando (almeno a grandi linee).

Recentemente ho però ri-letto un libro di un medico specializzato nelle cure dei disturbi d'ania, fondatore di un centro europeo, (non faccio il nome, non so se si può far pubblicità, o parlare di centri e medici esterni, ma credo che sia facile risalire al personaggio di cui parlo). Per altro sono molto tentato di contattare questo centro: a differenza di altri "faciloni" da tv questo medico mi sembra molto più professionale e meno dedito al culto della propria immagine, ma questo è un'altro discorso.

In un capitolo dice che esiste comunque una % di pazienti in cui una volta sospesa la terapia farmacologica, a seguito anche di psicoterapia, il manifestarsi di ricadute porta alla necessità di una terapia di mantenimento. Lei cosa ne pensa?

So che qui siamo nella sezione psicologia e non psichiatria, eventualmente ho un consulto aperto anche di là:

https://www.medicitalia.it/consulti/psichiatria/374547-ansia-panico-ad-un-mese-dalla-sospensione-dell-escitalopram.html

Tornando all'aspetto psicoterapico, che mi dite dell'ipnoterapia? Ho letto qua e là i vari articoli su medicitalia volti a sfatare i miti che ci girano intorno, ma non sono ben riuscito a capire in cosa consiste.
Per una personalità molto razionale come la mia in cui spesso il pensiero prende il sopravvento sulla spontaneità delle emozioni, potrebbe essere utile?
[#37]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 992 248
"In un capitolo dice che esiste comunque una % di pazienti in cui una volta sospesa la terapia farmacologica, a seguito anche di psicoterapia, il manifestarsi di ricadute porta alla necessità di una terapia di mantenimento. Lei cosa ne pensa?"

Ma sono le percentuali che parlano. E' un dato noto, però mi lasci dire che funziona così per tutte o quasi le malattie.

Ogni disturbo ha terapie provate e altre non provate. L'utilità, se non è misurata, non si può neanche stabilire in cosa consista. L'errore di molte scuole di pensiero è misurare solo quello che di positivo osservano, senza la struttura metodologica per capire se è un effetto del trattamento e di quale componente del trattamento. L'esistenza di una teoria alla base di una pratica è l'ultima cosa importante per stabilire se il trattamento funziona.

Ben inteso, anche nelle pubblicazioni sui medicinali può essere che di un medicinale siano presentati i benefici (realmente misurati) ma che poco hanno a che vedere con le reali esigenze della malattia.
[#38]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Grazie di nuovo.

"Ma sono le percentuali che parlano. E' un dato noto, però mi lasci dire che funziona così per tutte o quasi le malattie."

Il pensiero comunque mi conforta, mi aiuta a pensare di non avere fallito, come detto non intendo "sedermi" sul farmaco non appena questo tornerà a fare effetto (forza e coraggio 13 giorni son passati), ma voglio provare altre strade psicoterapiche... magari come dicevo contattando un centro veramente specializzato e con un'equipe che lavora sinergicamente... ammesso che le mie tasche possano permetterselo, anche perchè così facendo si potrebbe, magari, ovviare a quest'altro problema:

"L'errore di molte scuole di pensiero è misurare solo quello che di positivo osservano, senza la struttura metodologica per capire se è un effetto del trattamento e di quale componente del trattamento."
[#39]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Gentili dottori,
in attesa di riparlarne con la psicoterapeuta nella prossima seduta pongo anche a voi una questione.

Premetto che sono al 16mo giorno di ripresa della cura farmacologica (cipralex) e che in passato non mi ha dato effetti collaterali sulla sfera sessuale (se non una quasi piacevole direi maggior durata).

Da quando sono ricaduto in questo periodo di ansia non ho più fatto l'amore con mia moglie. Dico fatto l'amore e non "sesso" perchè per me è sempre stato così: è sempre stato importante il coinvolgimento mentale, il potere dare tutto me stesso a lei e ricevere altrettanto.
In questo momento però non mi sento di riuscire a lasciarmi andare, lo stato di ansia mi frena... da un lato il desiderio c'è, dall'altro mi sentirei in colpa a non essere completamente presente e ho paura di come possa sentirmi durante e dopo... troppo attento al cervello e meno al cuore.
Mia moglie mi ha proposto, se lo ritenessi utile, anche di fare solo del "sesso", senza preoccupazioni o pensieri, come eventuale valvola di sfogo per distrarmi un po'. (Ovviamente sono consapevole del fatto che comunque anche per lei sarebbe importante riprendere l'attività). Per ora non me la sono comunque sentita.
D'altro canto ho anche "paura" di non funzionare perfettamente causa farmaco... è vero che in passato non è successo, ma ad oggi non ne ho la prova.

Quando mi viene in mente il problema mi dico che è una fase transitoria, che è normale non riuscire a lasciarsi andare quando si hanno tanti pensieri per la testa, e quindi cerco di non aggiungere ansia su ansia, ma il problema, attualmente, mi limita assai.

Per la cronaca, sto sicuramente meglio rispetto ai primi giorni, i pensieri ossessivi e le rimuginazioni sono diminuite (salvo su questo aspetto) anche grazie al precedente colloquio con la psicoterapeuta TCC che mi ha rinfrescato la memoria e aiutato a trovare la lucidità per mettere in pratica delle strategie utili, anche se oggi mi sento un po' peggio rispetto agli ultimi due-tre giorni causa risveglio notturno causato da sogno ansioso.
[#40]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

io direi, anche solo per non generare confusione, di parlare di questi aspetti con la Terapeuta che La conosce e che può certamente aiutarLa più di quanto si possa fare on line.
Altrimenti il rischio è di portare avanti due pareri contemporaneamente e di andare in confusione.
Invece è Lei che deve imparare a "leggere" meglio la questione: porre agli altri tali dubbi potrebbe ancora rientrare nel problema.

Cordiali saluti,
[#41]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Grazie dottoressa Pileci,

sospettavo che la risposta che avrei ricevuto sarebbe stata questa, ma ho voluto chiedere lo stesso perchè oggi sono in uno stato ansioso molto forte... confesso di aver passato la mattinata a refreshare la pagina in attesa di una risposta.
Ero (sono?) quasi più in ansia di ricevere una risposta che non per il problema di cui parlavo.

E' che dopo qualche giorno in cui le cose andavano migliorando oggi va male e ho cercato una valvola di sfogo, anche solo per mettere per iscritto alcuni pensieri. Di sicuro mi aiuterà ad avere più chiaro in mente il discorso quando dovrò parlarne con la mia terapeuta.

Ho questo continuo senso di pericolo... di qualcosa di irrisolto... del fatto che se inizio a pensare a queste cose rientro nel tunnel delle rimuginazioni e della paura di non uscirne, temo dovrò avere ancora pazienza e attendere sia che il farmaco faccia effetto (ormai un bel po' di tempo è passato, spero non manchi molto) sia di "leggere meglio" con l'aiuto della mia terapeuta.

Mi scuso e La ringrazio davvero di cuore.
[#42]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Niente di cui scusarsi, è in questi momenti che il pz. deve utilizzare la psicoterapia. in che modo? Non ricorrendo personalmente al terapeuta (ad es. se si trova tra una seduta e l'altra), ma è in questi momenti che il pz. dovrebbe saper utilizzare la relazione terapeutica, attraverso quello che in TCC definiamo il dialogo interiore col terapeuta.
Poi, può sempre utilizzare le tecniche apprese che, a questo punto dovrebbe maneggiare piuttosto bene.
Se però non riesce a gestire questi momenti, io direi di partire da qui nella prossima seduta.

Cordiali saluti,
[#43]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
>Non ricorrendo personalmente al terapeuta (ad es. se si trova tra una seduta e l'altra), ma è in questi momenti che il pz. dovrebbe saper utilizzare la relazione terapeutica, attraverso quello che in TCC definiamo il dialogo interiore col terapeuta.

Forse nessuno mi aveva mai esposto così chiaramente, in parole semplici e dirette, la questione...

Quello che dice lei un po' lo faccio, metto in pratica (cerco almeno) quello di cui abbiamo parlato, ma non ero consapevole che di questo effettivamente si tratta... dialogo interiore col terapeuta, è un concetto che mi piace molto.

Grazie anche per l'ultimo consiglio, ne farò tesoro.
[#44]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Buongiorno,
di nuovo qui, purtroppo.

Da quando sono ri-stato male ho fatto due sedute di psicoterapia, domani è la terza: la prima è andata bene, mi ha aiutato ad affrontare positivamente almeno una settimana e mezza, la seconda invece mi ha destabilizzato, forse perchè per la prima volta ho esplicitato il pensiero ossessivo di cui parlo sotto, e nei giorni successivi, fino ad oggi, sono stato molto male. Nell'ultima sessione mi ha anche sottoposto due test/questionari da fare a casa, si chiamavano "Young" qualcosa. Dice che servono per vedere se ci sono degli schemi mentali "sbagliati".

Sono 21 giorni che ho reintrapreso la terapia farmacologica, e per ora benefici non mi sembra di avvertirne, anzi, se in un primo tempo l'ansia era prettamente fisica, in seguito è subentrata una certa depressione (o demoralizzazione, non sono io il medico), accompagnata da pensieri ossessivi.

In particolare questi pensieri riguardano:
- il fatto che non ne uscirò questa volta, che non vuole saperne di passare...
- il continuare a cercare rassicurazioni, leggere cose su internet, stare qui su medicitalia...

- più importante e debilitante: la paura di non amare più mia moglie: questo continuo stare male, essere ansioso, essere depresso mi ha portato ad un'incapacità di provare sentimenti stabili e autosostenitivi: sono sempre in cerca di rassicurazioni anche da questo punto di vista, nonostante il momento più bello della giornata è la sera quando ci accoccoliamo a letto e ci addormentiamo nelle braccia l'uno dell'altra... ma poi di notte mi sveglio con l'ansia e tutto va a pallino.

La psicoterapeuta mi ha fatto capire che si tratta di un momento no, che è sbagliato cercare con la ragione determinati sentimenti o trovare serenità quando si sta così male, ma che questa non deve diventare un'ossessione... beh, non sto riuscendo ad arginarla.

Domani come dicevo avrò seduta dalla psicoterapeuta, credete valga la pena che io insista sull'affrontare questo problema delle ossessioni? Di solito si fa un po' il bilancio della settimana e magari si divaga su cose che a me sembrano meno importanti (ma magari lo sono per la terapia, per carità) e mi sembra di non andare a toccare il nocciolo della questione...
[#45]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Caro Utente,

riprendendo il filo del discorso da dove l'avevo lasciato: ha parlato con la dottoressa del fatto che, dati gli esiti, continuare ancora la TCC può non avere più senso e che forse è il caso che lei cambi tipo di psicoterapia?
O sta continuando tutto come prima?
La sensazione di navigare a vista che lei trasmette assieme alla poca fiducia nel trattamento che sta seguendo già da tempo fanno pensare che un cambiamento non le farebbe affatto male.
[#46]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Salve dottoressa

sì, gliene ho parlato durante la prima seduta posteriore a questa "ricaduta", quando le ho detto che avevo cominciato a cercare informazioni su internet.

Lei mi ha detto di non sentirmi in imbarazzo a parlare di questo con lei (Le ho detto che non volevo essere ingrato), e ha detto che il mio era un dubbio legittimo, però poi non si è esposta ulteriormente. Devo forse essere più esplicito?
E' che poi ho paura di non sapere dove andare a sbattere la testa, ricominciare tutto daccapo...

In realtà sto anche pensando di rivolgermi al CEDANS per avere un supporto integrato di psichiatria + eventuale psicoterapia, ma ho paura sia solo una continua ossessione, una continua ricerca di nuovi pareri e nuove rassicurazioni... pensavo infatti di farlo non appena le cose sarebbero migliorate, in modo sì di avere un altro parere ma di poterlo vivere serenamente e senza ulteriori preoccupazioni, insomma volevo prima uscire da questa fase acuta e profonda che mi sta letteralmente togliendo ogni energia.

Aggiornamento: mi scusi non avevo visto la sua modifica... è vero, ora come ora mi sembra solo di navigare a vista, non riesco a fare altro che aspettare il farmaco faccia effetto, però attendo anche con ansia le sedute nella speranza succeda qualcosa e le cose migliorino come fecero la prima volta.

[#47]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Se ho capito bene non le ha di fatto dato una risposta: è così?

Tanto più visto che non parliamo di approcci d'altro tipo, ma di un trattamento molto diretto del sintomo, lei ha il diritto di chiedere esplicitamente se continuare ha senso o meno e se il fatto di avere ancora ricadute di questa portata dopo 3 anni di TCC non significhi semplicemente che non è l'approccio che fa per lei.

Per continuare serenamente su questa strada dovrebbe avere delle risposte chiare e non un semplice invito a comunicare il suo malcontento.

A mio avviso se sente l'esigenza di "andare a toccare il nocciolo della questione" e quindi di un lavoro più "profondo" quello attuale non è l'approccio più indicato.
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dopo
Attivo dal 2009 al 2019
Ex utente
Capisco.
No una risposta precisa e diretta non me l'ha data.
E' che lo vivrei comunque in parte come un fallimento, come tempo buttato... anche se so che alcune cose che ho imparato sono importanti e utili;

certo, come dice Lei, la ricaduta (l'unica) è stata pesante, e molto anche.

Non so, è che in questi tre anni mi ero convinto che non vi fosse un "nocciolo della questione" o qualcosa di "profondo" da andare a modificare, ma solo degli schemi mentali sbagliati... fino alla ricaduta ero fiducioso di aver appreso cosa mi era successo negli episodi di crisi precedenti, ovunque si legge che per l'ansia non sempre è utile andare a scavare, anzi... però è anche vero che in questo momento mi sento più depresso e ossessionato che ansioso.

Domani cercherò di porle la domanda esplicitamente e di chiederle un parere diretto... ma se dovesse dirmi che secondo lei ha senso continuare? Eh beh, alla fine la scelta è sempre mia, come in tutto... come vorrei che qualcuno prendesse le decisioni per me in questo momento :) Sì, so che è un pensiero stupido, ma è che in questo momento non so nemmeno scegliere le cose più banali.

Se non ricordo male Lei mi consigliava dunque un approccio più di tipo psico-analitico. Proverò a sentire la dottoressa cosa ne pensa dell'idea.

grazie
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Come le ho detto fin da subito è importante che gliene parli e che vi confrontiate, ma alla fine la scelta rimane sua e deve dipendere anche da quanto reputerà convincenti le spiegazioni che riceverà.
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dopo
Attivo dal 2009 al 2019
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Fin troppo chiaro... :)

Grazie di nuovo.
[#51]
dopo
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Scrivo per aggiornarLa.
Sono stato poco fa dalla terapeuta... stavo malissimo di mio e tutto quanto, ma comunque le ho posto direttamente la questione, se alla luce di tutto può ancora essermi utile il suo aiuto e può fare qualcosa per me.

E' stata molto onesta e corretta a mio avviso, ha detto che alla luce degli ultimi due questionari che mi ha sottoposto la scorsa settimana ci sono delle evidenze di "schemi mentali" sbagliati, soprattutto per quanto riguarda l'espressione delle emozioni e la troppa razionalità, dice anche che dall'altro questionario risulta che questo possa anche trarre origine dal comportamento dei miei genitori... però non siamo scesi nel dettaglio perchè stavo troppo male, ho pianto quasi tutta la seduta e quindi ci siamo concentrati sul mio uragano emotivo.

Dicevo, dice che alla luce di questi dati ci sarebbe di che lavorare.

Dice anche però che se io voglio provare ad intraprendere un nuovo percorso sono liberissimo di farlo, e che anzi, per settimana prossima comincia a sentire la sua rete di contatti per sapere se c'è un qualche terapeuta di tipo dinamico cui "affidarmi", nel senso che mi farebbe lei da tramite e gli spiegherebbe quanto abbiamo fatto assieme.

Mi ha assolutamente pregato, nel caso dovessi sospendere con lei, di fissare immediatamente un nuovo appuntamento e di non restare assolutamente senza supporto.

Tornando invece al mio problema secondo lei sono troppo concentrato sul rapporto di coppia, dovrei riprendere a fare qualcosa per me, mentre per quanto riguarda il rapporto di coppia appunto continua a dire che devo relativizzare il tutto a questo stato ansioso/depressivo, insomma vedere ansia e depressione come la causa dell'apparente mancanza di sentimenti e stimoli e non come l'effetto. (Riassunto mio).

Visto che mi ha detto che in questo momento la componente depressiva è molto forte ho chiamato di nuovo lo psichiatra e fissato un appuntamento per domani... per telefono ha detto che effettivamente se anche lui riscontrerà questa componente depressiva dovremo probabilmente fare qualcosa in merito.

So che non è la sezione adatta, ma che voi sappiate esistono degli antidepressivi "sintomatici"? Qualcosa di analogo alle benzodiazepine per l'ansia tanto per intenderci. Così, giusto per sapere.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cosa pensa dell'idea che sia la sua terapeuta attuale a inviarla a un collega di sua conoscenza?
Si sente più tranquillo o preferirebbe andare da qualcuno che le faccia sentire di aver cambiato del tutto percorso?
E' importante che si ponga queste domande per decidere il da farsi.

Per quanto riguarda i farmaci, non mi risulta che esistano antidepressivi sintomatici (ad azione rapida), ma non sono un medico: ha fatto bene a prendere un appuntamento con lo psichiatra così domani potrà discuterne con lui.
[#53]
dopo
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Ex utente
Non lo so, in realtà ho già contattato anch'io, poco fa, una psicoterapista di tipo psicanalitico, anche se non so bene di che tipo, l'ho trovata su internet, attendo una sua risposta.

In realtà la mia psicoterapeuta dice che lei collabora soprattutto con colleghi del suo tipo, o affine, tipo sistemico o strategico, per cui non ha conoscenze dirette e collaborative di terapisti dinamici...chiederebbe a dei colleghi se conoscono qualcuno e semplicemente si offrirebbe di parlarci per darle il suo "consulto"... e credo lo farebbe anche con una terapista che scegliessi io.

Non la vedo come una cosa negativa.

Settimana prossima ho anche fissato un appuntamento al CEDANS con il professor Perna per avere anche un secondo parere di tipo psichiatrico da un professionista come lui.

Le sto provando tutte...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"si offrirebbe di parlarci per darle il suo "consulto"... e credo lo farebbe anche con una terapista che scegliessi io"

In realtà uno psicoterapeuta psicodinamico, soprattutto se di stampo psicoanalitico, non accetterebbe di essere ragguagliato su un caso che ancora non conosce con il rischio di influenzare la propria valutazione del paziente e di creare in lui dei fantasmi su cosa i due terapeuti possono essersi detti o non detti.
Tutto ciò inquinerebbe il setting e agirebbe a svantaggio della terapia, nella quale la relazione terapeuta-paziente è centrale.

Ci faccia conoscere gli esiti del consulto psichiatrico di domani.
[#55]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
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Interessante, non lo sapevo. Farò tesoro anche di questo.

Non mancherò di farvi sapere l'esito del consulto psichiatrico... anche se quasi l'unica cosa che spero, è che mi ricoverino... non ce la faccio più da solo.

Ho perso 8kg dei 66 che ne pesavo, mangio e bevo pochissimo, dormo tre ore a notte nonostante gocce e pastiglie. E' un incubo. E la cosa peggiore è il convincimento di stare distruggendo tutto con la mia mente, ma senza trovare il modo di arrestarmi.

E' uno stato di angoscia perenne.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Tenga presente che è possibile ricoverarsi volontariamente (Trattamento Sanitario Volontario) in SPDC:
http://www.regione.piemonte.it/sanita/program_sanita/dip_salute_ment/
[#57]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
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Grazie dell'informazione, non lo sapevo.
[#58]
dopo
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Buongiorno,
vi aggiorno come d'accordo... lo psichiatra ha ravvisato anch'egli un evidente stato depressivo legato all'attacco di ansia che ha scatenato questa nuova ricaduta...

Mi ha affiancato un'altro antidepressivo SNRI oltre al cipralex, dicendo che già nel giro di una settimana dovrei avvertire miglioramenti in quanto non parto appunto da zero ma da ben 23 giorni di cipralex.

Al di là di questo è stata una visita molto bella, ci conosciamo da molto tempo ma non è mai stato così "empatico" direi, forse perchè mi ha visto davvero provato.
Mi ha spiegato come la depressione sia una lente distorcente che appunto distorce la percezione di sè e degli altri, affetti compresi.

Questo pensiero della lente distorcente mi aiuta molto quando mi vengono cattivi pensieri.

Ho chiesto un parere anche a lui sul tipo di psicoterapia da proseguire ma non si è sbilanciato, nonostante come tutti gli psichiatri si avvalga anche della qualifica di psicoterapista non si è mai dimostrato molto interessato nel propormela egli stesso ad esempio.

Dice che l'importante sono le motivazioni e l'atteggiamento con cui eventualmente la proseguirò.

Nel frattempo la psicoterapeuta psicanalitica che ho contattato mi ha risposto, dobbiamo aggiornarci tra due settimane (ora è impegnata) per decidere se fissare un appuntamento o meno, spero per allora di stare un po' meglio. Nel breve scambio telematico che abbiamo avuto mi ha semplicemente detto che la sua prassi è quella di fare due-tre incontri conoscitivi per poi decidere se e quale strategia adottare... ovviamente credo sia l'approccio bene o male di chiunque.

Vabbè, intanto ieri sera ed oggi per ora sto "bene", nonostante il senso di irrisolto permanga... mercoledì avrò la visita col prof. Perna, sentiremo anche cosa dice lui.

Grazie dell'attenzione e della vicinanza. :)
[#59]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
E' preferibile che prima di cominciare un nuovo percorso lei superi il momento di acuzie, quindi rimandare di un paio di settimane le sarà utile.
Se ne sentisse il bisogno e le permettesse di sentirsi più tranquillo nel frattempo potrà sempre chiedere un altro colloquio con lo psichiatra, dal momento che durante l'ultima visita si è sentito accolto e compreso come non le era successo in precedenza.

Per quanto riguarda la terapeuta che ha contattato, come anche lei immaginava gli incontri di valutazione all'inizio della terapia sono una prassi comune e servono a inquadrare la situazione e a conoscersi.

Ci faccia sapere dopo la visita di mercoledì!
[#60]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
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Buongiorno dott.sa Massaro
come promesso la aggiorno.

Ieri sono stato dal prof. Perna, in pochi minuti ha espresso la sua diagnosi: Disturbo Ossessivo Compulsivo.

In particolare le ossessioni sarebbero domande insistenti che mi faccio sulla vita di coppia e sulla mia vita in generale (La amo veramente? Voglio davvero passare il resto della mia vita con lei? E' davvero questa la vita che voglio fare? Sono davvero felice?) e le compulsioni sarebbero tutte quelle strategie di ricerca di rassicurazioni e conferme alle mie domande che vado a mettere in atto.
Il fatto che questi periodi di crisi sono quasi sempre coincisi con cambiamenti nella mia vita gli fa appunto pensare che nel momento in cui si tratta di programmare ed investire sul futuro o fare bilanci io vado in crisi.

Mi ha detto che la cura farmacologica che sto seguendo, secondo lui, non è la migliore, ma non è nemmeno sbagliata, e dato che in passato ha funzionato dice di continuare comunque, a patto che il problema si risolva e non abbia ricadute, in caso contrario interverrebbe lui proponendomi la sua cura (zoloft invece di cipralex).

Gli ho anche chiesto consigli sulla psicoterapia: mi ha detto che per il DOC la psicoterapia da seguire è la TCC, ma mirata e dedicata a quello, ma dice che per il momento l'importante è stabilizzare l'effetto farmacologico altrimenti anche la psicoterapia potrebbe non funzionare.

Io ho sempre vissuto questi pensieri come estranei a me, li sentivo quindi come ossessivi, ma nessuno mi ha mai formulato una diagnosi precisa, il mio psichiatra ha sempre parlato di stati ansioso-depressivi.

Qualcuno di voi dottori aveva anche ravvisato questa mia tendenza ossessiva.

Beh, che dire, a parte il fatto che da venerdì scorso le cose comunque stanno, lentamente e con alti e bassi, migliorando, domani vedrò la mia psicoterapeuta TCC e la aggiornerò su questa nuova ipotesi di diagnosi. Nel frattempo avevo comunque maturato la convinzione di proseguire con lei, anche alla luce di quei questionari in cui dice sono emersi problemi... vediamo cosa propone per il DOC.

Grazie dell'attenzione e del supporto.
[#61]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"mi ha detto che per il DOC la psicoterapia da seguire è la TCC"

Sì e no, nel senso che i 3 anni di TCC che lei ha già fatto non depongono particolarmente a favore di questo tipo di terapia nel suo caso.
Ciò che conta però è che lei si trovi bene con chi la segue e che sia disposto a continuare sulla stessa strada.

Se non concluderà nulla potrà sempre cambiare approccio in un momento successivo, ma le auguro che non ce ne sia bisogno.
[#62]
dopo
Attivo dal 2009 al 2019
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Grazie, lo spero anch'io.

Spero anche che alla luce della nuova diagnosi si possa fare qualcosa di nuovo rispetto a quanto già fatto, non so bene in cosa si differenzi la TCC per l'ansia da quella per il DOC, se vi sono degli elementi comuni o meno... non lo so...

Lo scoprirò domani. :)
[#63]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Il DOC è un disturbo d'ansia, le ossessioni-compulsioni sono una delle forme con cui si esprime l'ansia patologica.

Ci faccia sapere!
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Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.

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