Adolescenza, amicizie anomale e apatia

Salve,

Gentilissimi medici di "medicinaitalia", ho preso la decisione di scrivere qui dopo una serie di eventi che si distribuiscono in un arco di tempo piuttosto lungo.
L'argomento di questa domanda è una amicizia, o quello che ne rimane, tra due ragazzi di 17, (ora 18). Io sono uno di questi, e sto cercando di dare una spiegazione al comportamento, al modo di pensare e ai gesti della persona che fino a tempo fa consideravo uno dei migliori amici che abbia mai avuto, che adesso racconterò.
Ci siamo conosciuti a scuola in prima liceo, all'inizio non parlavamo molto, entrambi eravamo molto chiusi. Lo vedevo come un ragazzo insicuro, un po' malinconico e molto sensibile e siamo stati sempre molto simili sotto sto punto di vista. Col tempo abbiamo scoperto di avere interessi comuni, e, uscendo con gli altri della compagnia che si era creata, siamo diventati molto amici.

Da quel momento, abbiamo parlato spesso. Dalla persona chiusa che era ha cominciato ad aprirsi con me e a darmi delle fiducie che all'inizio non mi sarei mai aspettato. Lo stesso feci io, ho cominciato a fidarmi e ad affezionarmi particolarmente a lui. nel corso di qualche mese si instaurata questa bellissima relazione di fiducia reciproca, ci supportavamo e sapevamo di poterci dire di tutto senza nessun timore, una cosa rara che mi faceva sentire fortunatissimo e bene, cosa che molto spesso mi diceva anche lui.

Dopo tanto tempo, avvenne un cambiamento repentino e inspiegabile delle cose. Tutto avvenne nel giro di poche settimane. Lo vedevo strano e tormentato. Ha cominciato anche a guardarmi in modo strano, era esitante nei miei confronti e scoprivo che anche sulle cose più banali mi mentiva. La cosa è precipitata sempre di più, finchè un giorno mi dice che deve confessarmi una cosa, e nella freddezza più assoluta mi rivela che " gli davo fastidio e che per farlo stare bene avrei dovuto tenermi lontano".
Una coltellata così mi colpì tremendamente, all'inizio reagii arrabbiandomi ma poi,cercando di rimanere calmo, gli chiedo cosa fosse successo e come fosse possibile tutto ciò. Glielo chiesi più volte, ma ottenevo solo risposte vaghe e disconnesse. Diceva che era cambiato e che non poteva più essere mio amico, che non sarebbe riuscito a spiegarmi le cause di tutto.
A complicare le cose, questa persona tentò in modo indiretto di spingermi fuori dal gruppo di amici.
In più, la cosa più orrenda che mi capitò fu quando qualche giorno dopo venne da me e mi ridò indietro qualsiasi oggetto che lo rimandasse a me dicendo che non gli servivano più.
Da quel giorno cominciai a pensare di aver fatto qualcosa di orrendo, ero rimasto "massacrato " da tutta sta storia e cominciai ad annullarmi, a disgustarmi per qualcosa che non sapevo. Gli altri amici facevano fatica a credere a quello che dicevo. Tutto ciò provocò un forte disgregamento e divisione tra tutti, e io cominciai a soffrire di insonnia e di attacchi di ansia che mi tormentarono per tanto tempo.

Le cose si risollevarono per me dopo un po',anche grazie al sostegno di chi mi aveva dato ragione,e anche grazie al fatto che in seguito sono stato lontano da casa per un lungo periodo e ho avuto tanto altro a cui pensare.
Tuttavia, al mio ritorno, le situazioni e i vecchi ambienti mi hanno richiamato in mente gli avvenimenti passati, che ancora non avevano ricevuto risposta e che in un certo senso mi facevano vedere me come la causa di tutto.
Le notti tormentate da tutto ciò ritornarono, finchè stanco di tutto questo ho preso il coraggio di scrivergli e ci siamo visti per parlarne dopo tanto tempo.

All'inizio parlammo di altro, come degli sconosciuti, ma la conversazione si sbilanciò verso tutto ciò che era successo. Inizialmente non fece discorsi coerenti, erano vaghi e disconnessi come un tempo, ma dopo un po' "molla il freno" e comincia a parlare.
Gentili dottori, se avete letto la storia fin qui, vi dico che la vera motivazione che mi ha spinto a cercare aiuto medico sta in questa ultima parte, perchè ciò che mi disse va oltre ciò che io possa comprendere, e nonostante tutto quello che mi ha fatto io sono ancora preoccupato per lui, e lo vedo ancora come quella persona che un tempo stimavo e volevo bene.

La discussione di quel giorno andò a toccare ogni aspetto della sua personalità, il modo di vedere il mondo e le sue relazioni, sia di amicizia che le altre. Ne uscì un quadro strano, anomalo e anche molto inquietante che non riesco a comprendere. Non c'è obiettivo, non c'è sentimento e non c'è etica nella vita che descrive, un apatia totale e una sorta di egocentrismo che gli fa cercare le persone solo per sfruttarle finchè gli servono, per poi allontanarle, come fece con me. C'è confusione e non distingue amicizia, amore , rabbia . Anche se sottoposto a certi tipi di provocazioni non piange, non si altera e rimane totalmente gelido. Ma i discorsi che fece quella volta erano lucidi, coerenti e connessi, e sono convinto che non stesse mentendo.

Arrivato ad un certo punto, mi sono reso conto che non sarei stato in grado di ricordare tutto e soprattotto comprendere sul momento le sue parole. Nonostante andasse contro la mia morale, ho registrato 40 minuti di quella conversazione, che contengono gran parte di ciò che ne venne fuori. Un botta e risposta pesante e "oscuro" al quale, dopo più ascolti, non trovo giustificazioni per le sue parole.

Tengo questi file audio con molta cura, non voglio che si sappia e tantomeno influenzare l'opinione degli altri verso di lui. Su questo sito non vorrei pubblicarlo. Se uno di voi Psicologi si interessasse della questione, potrei mandarli per e-mail.

Spero veramente che possiate aiutarmi a risolvere questo dilemma. Fare luce su questa cosa che mi assilla e mi tormenta sento che potrebbe rendermi i giorni molto più facili, e magari, poter far qualcosa per questo amico che, per come lo vedo io, sta soffrendo.

Grazie in anticipo per il vostro servizio e le possibilità che date alle persone col vostro contributo su sto sito.
[#1]
Dr. Gianluca Raffa Psicologo, Psicoterapeuta 19 1
Gentile utente,

dalla sua lunga email emergono i suoi vissuti di tristezza, delusione e dispiacere riguardo a quella che a prima vista sembra la fine di un rapporto di amicizia, che per lei è stato molto prezioso e significativo.

A mio avviso, più che "analizzare"il comportamento del suo amico, dovrebbe cercare di "accettare" quello che è successo fra di voi, nonostante tuttora le sembri assurdo e surreale.

Lei dice di sentirsi preoccupato per il comportamento del suo compagno, ma dopotutto c'è stato un confronto e sicuramente lui le ha spiegato quelle che sono le sue motivazioni.

Purtroppo non si possono prevedere le reazioni degli altri: quello che possiamo fare, invece, è comunicare agli altri le nostre emozioni senza aspettarci comunque il risultato da noi atteso.

Cordiali saluti,

Dott. Gianluca Raffa
Psicologo Clinico e Psicoterapeuta
Grottaminarda - Avellino

[#2]
dopo
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Salve,

Grazie della risposta. Probabilmente a causa della lunga email e della grande quantità di cose da dire non sono riuscito a far passare in modo corretto lo scopo della mia domanda.

Lei ha capito già che C'è una cicatrice,profonda, che mi correla a tutto ciò, ma ci ho già combattuto. Ci ho messo tanto, ma alla fine è una cosa che ho già accettato.
Ma mi era rimasta una cosa, un interrogativo, la sensazione che ci fosse un problema che stava fuori da me, un disagio che affliggesse questa persona già da prima che ci conoscessimo.
Ora so, dopo che me lo ha raccontato, cosa c'è... ma non sono in grado di comprenderla, e quindi ho chiesto aiuto.

Ora lei si chiederà perchè io non lo "lasci stare" se ho accettato ciò che è successo e non voglio più ripristinare questa amicizia.
Sarebbe come stare su un ponte,da solo, a guardare una persona che si sta per buttare giù. Questa persona sta procedendo in una direzione che la logora, mi ha raccontato di vivere in una attesa continua sperando di andare a dormire e non rialzarsi più, di avere pensato qualche volta al suicidio, e tanto altro.
A complicare le cose sta il fatto che su questo "ponte" ci sono solo io, perchè sono l'unico a saperlo, e me la sento come responsabilità, e sono preoccupato.

è giusto dire che "ognuno si distrugge come vuole, e che gli altri non devono intromettersi"? Ognuno ha la sua morale e credenza, e per come la vedo io, la mia posizione ora mi spinge a fare qualcosa.

Spero di essere stato più chiaro, è molto difficile spiegare certe situazioni, la lunga storia che ho raccontato l'ho ritenuta necessaria per far capire la mia posizione in tutto ciò. Forse ho sviato raccontando le mie reazioni in quella maniera o dicendo che io ci veda ancora la persona di un tempo. La gente cambia, sopratuttto in queste età , guardandomi indietro ce ne sono tante di amicizie finite, i ricordi belli rimangono, lo so che non saranno mai riproducibili ma ai vecchi amici riconosco comunque il bene che una volta mi fecero. Spero di essermi spiegato meglio.

Grazie
[#3]
Dr. Gianluca Raffa Psicologo, Psicoterapeuta 19 1
Gentile utente,

da quello che scrive emerge il fatto che lei, come depositario della confessione del suo amico, si senta preoccupato per lui e voglia aiutarlo in qualche modo.

Purtroppo non so come stia realemente il suo amico, ma da quello che riporta sembra che stia passando una fase di crisi molto complessa.

La metafora del ponte è molto significativa: lei solo dall'alto che guarda il suo amico soffrire mentre si sente lontano da lui ed impotente.

A mio avviso, considerata la gravità della situazione, potrebbe consigliare al suo amico di rivolgeresi ad uno Psicoterapeuta che possa "accompagnarlo" ad uscire da questa fase critica di cambiamento.

Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Cordiali saluti
[#4]
dopo
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie ancora per la disponibilità,

Ora vorrei aggiungere un' altra cosa. Come scrissi in precedenza sia prima che durante e dopo gli avvenimenti che ho raccontato ho avuto modo di parlare molto con questa persona del più e del meno.
Prima che diventasse veramente esplicito, si percepivano delle sfumature un po' "anomale" nei pensieri che formulava, sulla sua visione della vita e delle relazioni.

Man mano che tutto ciò emergeva, mi sono insospettito e per curiosità ho provato a fare delle ricerche in base ai ragionamenti che faceva. Leggendomi svariate pubblicazioni, per esempio sui siti di altri psicologi, sui vari disturbi della personalità, dai più "estremi" a quelli più "celati", trovai una cosa che mi stupì incredibilmente, la sua descrizione combaciava quasi totalmente con le idee che mi ero fatto e i suoi comportamenti.
Tendenzialmente prendo molto coi guanti queste conclusioni, d'altronde ciò che si trovare sul web può essere tanto corretto quanto falso, e considerando che non ho nessuna formazione che mi permetta di trarre conclusioni in modo autonomo, lasciai stare.

Tuttavia in seguito rimasi sempre un po' convinto di ciò che avevo letto, e ora che mi si presenta l'occasione le vorrei chiedere se potrebbe dirmi un po' di più su questo disagio: " Disturbo Istrionico Di Personalità" , in particolare nel come si manifesta nel genere maschile.

Grazie
[#5]
Dr. Gianluca Raffa Psicologo, Psicoterapeuta 19 1
Gentile utente,

mi sembrava di aver capito che lei volesse essere d'aiuto e di supporto al suo amico.
Improvvisarsi "psicologi" e fare "diagnosi" non è certo il comportamento di un amico che cerca di dare una mano all'altro.

Le etichette non fanno bene a nessuno, figuriamoci a chi vive una fase di confusione e crisi personale.

Piuttosto si interroghi sul perchè lei voglia indagare il comportamento del suo amico quanto reputerei piu' utile che lei facesse un' autovalutazione del suo comportamento verso di lui, visto che qui a scrivere è lei e non il suo amico.

Cordiali saluti,
[#6]
dopo
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Salve,

A meno che non sia stata letta una riga si e una no, non vedo da dove possa emergere che qualcuno si sia messo a fare lo "psicologo" e a buttare analisi, è per questo che sono qui a chiedere aiuto. Figuriamoci se sono andato a dire a questa persona di questa cosa, come se non me ne rendessi conto che ci sono già abbastanza problemi.
C'è una persona che mi è venuta a dire di aver pensato più volte al suicidio e che spera di morire ogni giorno...
Gli è già stato consigliato di chiedere aiuto a qualcuno di esperto, ma sempre che se ne sia reso conto di avere un problema, non ha intenzione di farlo. Allo stesso tempo però, che faccia apposta o per davvero, vuole farmi credere che lui stia lì in bilico verso una decisione drastica.
Dovevo limitarmi a dire " guarda, io ci sono se vuoi parlare" e poi sperare giorno per giorno che non si butti sotto una macchina? Ho fatto del male a cercare di capire, con le dovute precauzioni, cosa stesse succedendo veramente?

Non c'è bisogno che mi risponda, se per lei essere preoccupati di una persona e sentirsi di provare a fare qualcosa per aiutarla,almeno provando a capire che cosa le stia accadendo, non si addice ad un amico, allora ho sbagliato io a continuare questo consulto con lei, anzi, ho sbagliato proprio ad affidarmi a questo sito che non ti permette di sapere che tipo di persona ti risponderà ed a una disciplina che, da una parte ammette di non essere scienza, e dall'altra cataloga, da un nome e attribuisce delle caratteristiche precise ai casi.

Con le scuse per questo fraintendimento "etico", la saluto e finirò di intervenire su questa pagina. Nel caso avesse inteso veramente questo, stia sicuro che non prenderò iniziative per conto mio nella situazione che ho descritto. Tuttavia, avrei preferito dei consigli sul come comportarmi, e sul cosa fare e cosa meglio non fare, dato che se proprio devo avere un "problema" , è proprio questo.

Saluti

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