Impulso aggressivo?

Gentili medici,
vorrei domandare il vostro parere su un fatto sgradevole che mi è appena successo. Premetto che finora non ho mai avuto particolari problemi di natura psicologica, anche se riconosco di essere una persona tendente allo stress, soprattutto causato dal lavoro e dal regime di vita che faccio, che mi porta a passare molto tempo in solitudine. Ma di solito sto bene, salvo periodi un po' "pieni".
Oggi invece mi è successa una cosa a me nuova, che presumo sia causata appunto da un oggettivo stress eccessivo che ho notato da qualche tempo (da qualche settimana sono pieno di lavoro fino al collo, e da un paio di mesi non faccio molta attività fisica - vuoi per il tempaccio, vuoi per il lavoro... non sono uno sportivo, ma mi manca l'aria aperta).
L'episodio è questo. Ho un gatto, che adoro, e oggi mentre era sulle mie gambe a riposare ho avuto un impulso a... strangolarlo. Non l'ho fatto, naturalmente, e mi sono immediatamente spaventato a morte, sentendomi moltissimo in colpa per averlo solo pensato. Eppure non riuscivo fino in fondo a scacciare il pensiero, o meglio la paura, di poterlo rifare... e a un certo punto, è stato più forte di me, come se fosse scattata una "sfida" a quell'impulso, mi è scappata la mano intorno al suo collo per nemmeno 1 secondo di tempo, prima che la ritraessi. Il gatto non si è praticamente accorto di nulla, ovviamente, ma io sì, nel senso: mi sono sentito al tempo stesso ancora più impaurito ma anche quasi sollevato, perché in fondo ho pensato: ecco, non lo farei mai "davvero". E' stato quasi come se una parte di me cedesse all'altra per farla "tacere". Ho ritratto la mano istantaneamente, ripeto, e rimanendo perfettamente lucido tranne quel secondo di "follia". Dopo di ciò mi sono sentito appunto impaurito, ma mi sono anche detto, "se ho paura di farlo, e di certo ce l'ho perché mi sento una cacca per averci "quasi" provato... basta che non lo faccia, di che devo avere paura?". Fatico a spiegare le mie sensazioni ma probabilmente a voi suoneranno più familiari.
Al momento, ora mentre scrivo, non ho più questo impulso né sono più impaurito (e il gatto è tornato a dormire in grembo a me). E' stata una sorta di "parentesi" di "follia" che mi ha fatto poi naturalmente riflettere, ed eccomi qui. Ne ho concluso che questo episodio potrebbe avermi portato di fronte al fatto che evidentemente sono davvero un po' esaurito: sono abbastanza sicuro di non stare "davvero" male perché mi sembra che tutto funzioni - ovvero: sono lucido, razionale, il mio senso di colpa pare ben oliato (nel senso che si è fatto sentire, e non per "auto-punirmi" o convincermi di essere un serial killer, anzi: colpa più quasi verso me stesso, perché mi dovrei riguardare e cercare di rilassarmi, in modo da evitare altre situazioni del genere).
Ora, secondo voi, questa auto-analisi può avere un senso e una sua correttezza? Oppure, che so, "nella mia testa" è così mentre a voi traspaiono segni di un disturbo?
Grazie mille,
Ale
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Ale,
la sua auto-analisi può essere utile a formulare delle ipotesi sull'accaduto, ma di certo non a produrre alcuna diagnosi.

Quindi, non potremo nè concludere nè escludere alcunchè.

Innanzitutto, vorrei farle alcune domande sull'accaduto. Le prenda per quello che sono, ovvero "ipotesi" che solo lei può confermare o disconfermare.

Sta attraversando un periodo di forte stress, per diversi motivi che ci ha elencato: carico lavorativo, riduzione del tempo libero, etc.

In un momento in cui aveva in grembo il gatto, riferisce un "impulso" aggressivo nei confronti dell'animale. Come ha capito di avere questo impulso? Cosa è accaduto "dentro" di lei? Ha avuto sensazioni, spinte ad agire, pensieri del tipo "E se ora lo strangolassi?", immagini mentali?
[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissimo,

comprendo il suo disorientamento e concordo sul fatto che, da questa postazione e con gli strumenti che abbiamo, non possiamo offrire una "chiarificazione" completa e complessa all'accaduto, proprio perché sarebbe opportuno conoscere un po' la sua storia e il suo vissuto.

Possono sottendere meccanismi inconsci di diverso genere (ci può stare lo stress lavorativo!) che andrebbero individuati in un setting adeguato e ...
.. comprendere ad es. se ha mai manifestato tendenze aggressive in altri contesti e nei confronti di animali e persone....

Mi sovviene, anche, se il suo "spavento" era riferito al timore di fare del male al gatto o a quello di "vedersi" persona "aggressiva"?


Proviamo a riflettere, se può aiutarla...


Un caro saluto
[#3]
dopo
Utente
Utente
Gentile dr. Calì,

grazie per la sua risposta. Direi che ho avuto, nell'ordine e a partire "dal nulla" (stavo lavorando) una sensazione di disagio generale che mi ha quasi inconsciamente diretto verso di lui, con una sorta di misto fra desiderio di fare quanto detto sopra, e paura di farlo sul serio. Immagini mentali di "me" che lo faccio no, e credo nemmeno pensieri del tipo "E se...". Semplicemente un desiderio (quasi impulso) a farlo ma esattamente giustapposto alla paura di farlo, e anche già con un senso di colpa. Insomma una cosa del tipo "mi viene da farlo, ma non devo e non posso". In quei secondi è come se non lo vedessi come al solito (cioè come un animale che rispetto e tratto con enorme affetto), ma come una sorta di "vittima" (questo forse è un azzardo, fatico un po' a ricordare esattamente le sensazioni, trattandosi di un disagio molto rapido e passeggero). Poi, subito dopo sì, ho pensato razionalmente: "e se lo facessi davvero?". Ma non come desiderio, semplicemente come visualizzazione di cosa significherebbe farlo (cioè un atto gratuito e orribile). Il tutto mi ha lasciato comunque un po' di angoscia e di disagio, in parte ancora rivolta a quel pensiero ("in fondo" - dicevo fra me - "può tornare, e se una volta non riuscissi a resistergli?"). Questa a grandi linee l'evoluzione della cosa. Se ci ripenso mi ritorna un po' di disagio!
Va detto che sono davvero legatissimo a questo animale, e mi capita di pensare che la sua morte sarà altrettanto triste come quella di un parente "umano" (ma per fortuna è ancora piccolo e ha tanto tempo davanti a sé!). Quindi non ha alcuna colpa (non sono "esasperato" o altro), è un pezzo di pane. Una volta ho letto che controintuitivamente, è proprio con chi si ama di più che può esprimersi questo tipo di "impulsi" (ma non vorrei dire una fesseria).
[#4]
dopo
Utente
Utente
Gentile dr.ssa Albano,

grazie per la sua risposta. Effettivamente so che è difficile dare un parere non sapendo nulla di me. Come riassumevo sopra ho una vita che definirei "tranquilla" ma certamente tutti hanno ombre e problemi che andrebbero discussi... diciamo che a me pare che tutto vada decorosamente, ecco.

Il mio spavento era in prima battuta centrato sul gatto, nel senso del timore di fargli del male; e di seguito, a quanto ciò mi avrebbe reso il classico "mostro" (ai miei stessi occhi, più che a quelli altrui). E' stata come una sorta di attrazione per qualcosa di cui ho orrore, cioè questa idea di fargli del male.

Non ho mai avuto episodi di aggressività verso persone o animali, nemmeno verbali, detesto litigare e sono sempre stato una persona molto calma - non nel senso che "ingoio" la rabbia, ma nel senso che proprio la provo molto raramente! Non sono un santo ma il massimo di aggressività che mi capita di esprimere è un'imprecazione, oppure mettere su il classico "muso" per qualche ora, ma sono un disastro a tenerlo.
[#5]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

forse Lei si sta solo facendo prendere dal momento stressante, perchè anzichè lasciare andare questo pensiero e vederlo semplicemente per ciò che è (= un pensiero), lo sta caricando di significati:

"mi sono immediatamente spaventato a morte, sentendomi moltissimo in colpa per averlo solo pensato. Eppure non riuscivo fino in fondo a scacciare il pensiero, o meglio la paura, di poterlo rifare... "

Lottare per scacciare il pensiero in realtà lo tiene fermo lì.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#6]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissimo,

accolgo la riflessione della Collega ....


Proviamo a non investire di così tanti " significati " l' accaduto e proviamo a difenderci, possibilmente, dagli eventi stressanti!

Ci tenga aggiornati...

Un caro augurio
[#7]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Spesso abbiamo impulsi, idee, immagini, pensieri che non ci piacciono, e che magari sono in forte contrasto con i nostri modi abituali di comportarci e pensare.

E, secondo una prospettiva Cognitivo-Comportamentale, questo è fisiologico. È esperienza comune, ad esempio, avere pensieri blasfemi in chiesa, oppure pensare di saltare sulle rotaie mentre passa il treno.

Questo non implica necessariamente "volerlo" fare; a volte, potrebbe significare semplicemente "pensare" di farlo, e sentirci magari "attivati" all'idea. A quel punto, potremmo magari far qualcosa per "metterci alla prova". E, come le hanno fatto notare le colleghe, "caricare" di valenze e presunti significati esperienze che, forse, non ne hanno...

Che ne pensa?
[#8]
dopo
Utente
Utente
Gentilissimi,

vi ringrazio per il vostro tempo e per le riflessioni, mi hanno dato tanto da pensare ieri e oggi (voi direte: è quello che non devi fare, pisquano!), anche se è solo uno scambio scritto mi ha effettivamente da un lato tranquillizzato molto e dall'altro dato alcuni spunti.

E' vero, sono d'accordo, la semplicità del concetto per cui è solo un pensiero e quindi pensarci non fa che rafforzarlo è davvero disarmanente eppure vera. Effettivamente un tratto del mio carattere che a volte mi torna utile, ma a volte è deleterio, è appunto quello di pensare, ripensare, dissezionare un po' tutto quello che mi capita, che penso e che provo; e con questi eventi fuori dall'ordinario il rischio sembra proprio questo, di ingigantire le cose e vederle come deviazioni da una norma (che forse, appunto, non esiste, se come scrive il dr. Calì, è fisiologico vivere questi contrasti - una cosa che non sapevo). E quindi spaventarmi, e ripensarle, e ingigantirle, e vivere male e così via.

Ed effettivamente, questo in un certo senso lo pensavo anche prima, i periodi stressanti culminano spesso in momenti del genere: la cosa ironica è che sapendolo, lo percepisco anche prima che accada, nel senso che mi rendo conto di quando sto attraversando periodi di iper-lavoro, e mi dico "ok, fermati un po'...", poi regolarmente non lo faccio prendendo sottogamba le mie abilità di resistenza. Solo finora non mi era mai capitato un episodio del genere.

Quello che mi ha spaventato è stato il fatto che per un secondo (proprio di orologio) abbia ceduto, finendo per mettere davvero la mano lì intorno al collo; mi ha spaventato l'idea che in futuro potrebbe ricapitare e i secondi potrebbero essere due, la volta dopo tre... ma ragionandoci ora capisco benissimo che sono io stesso a stabilire queste eventualità, e basta non cadere nel tranello (e a monte, semplicemente magari fare un passo indietro e vivere con più rilassatezza).
[#9]
dopo
Utente
Utente
Gentili medici,

aggiungo una riflessione: poiché a distanza di un paio di giorni ancora sto un po' ripensando a tratti all'evento, e sempre con un filo di angoscia non appena il pensiero ritorna, leggendo qua e là (so che non dovrei...) m'è sembrato di rivedermi un po' - per questo episodio - nel discorso delle "ossessioni" così come descritte ad esempio qui (non conosco l'etichetta professionale, mi scuso per l'indelicatezza di sottoporre materiale di altri colleghi):

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/895-la-trappola-delle-ossessioni.html

e articoli connessi. In realtà mi sono trovato a leggere queste cose non tanto per dare seguito alla mia "ossessione", quanto per smodata curiosità di capire di più dell'evento. E naturalmente (per questo dicevo che non avrei dovuto) sono finito a pensare, come da manuale: "interessante, ma... diventerò mica un malato anche io? E se vorrò "mettermi alla prova"? E se, e se... ?"

Le risposte a queste domande in realtà parrebbe che le abbia già (anche solo da quegli articoli, in cui se ho ben capito si dice ad esempio che il timore di fare qualcosa di male, in quanto paura mette "al riparo" dal farlo proprio perché sottende grande attaccamento e paura di perdere l'oggetto), ma ho capito che il meccanismo stesso dell'ossessione rende inutile - e anzi ingannevole, perché da lì si alimenta - la ricerca di risposte perché in quanto ossessivo, farà spuntare come funghi nuove domande, è un meccanismo indipendente dalla logica e la risposta è appunto a monte di tutto, nel "cancellare" la domanda.

Eppure, ogni tanto mi "rispuntano" questi dubbi!

Quindi effettivamente, se non abbia davvero qualche problema me lo domando. Ho sempre pensato (o meglio, ho sempre sentito dire) che il discrimine per capire quando si ha bisogno di un aiuto è il momento in cui un disturbo diventa invalidante e impedisce lo svolgimento delle attività quotidiane, e non è certo il mio caso, visto che il massimo di effetto è un po' di senso di colpa e forse un impercettibile senso di ansia (lo definisco impercettibile perché se ripenso anche solo all'ansia da esami universitari, quella sì che era ansia!). Questo pensiero ricorrente è stato limitato a qualche momento, perlopiù durante l'esecuzione di attività noiose o poco "coinvolgenti" a livello fisico e mentale. Mi domando se magari la progressione di queste cose sia "matematica" e una volta "innescate" diventino via via più croniche (e quindi, prima si interviene e meglio è), oppure a stadi così lievi e superficiali, passino da sole non appena, magari, passi "il periodaccio" che rappresenta il terreno a esse fertile (come nel mio caso, relativo a lavoro e sedentarietà).

Con la promessa di non ammorbare con altri commenti... buona domenica!
[#10]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Con una sola risposta, mi permette di indicarle il motivo per cui non avevo più risposto alla sua pur importante sollecitazione... e forse anche una possibile via d'uscita...
[#11]
dopo
Utente
Utente
Gentili dottori,

è passata una dozzina di giorni dal "fattaccio" di cui sopra, so che in termini "psicologici" sono pochissimi per vedere qualche cambiamento in una situazione anche minima di disagio; torno ad aggiornarvi su com'è andato il periodo. Prevedibilmente, svagandomi un po' le cose sono andate meglio, mi sono sentito comunque un po' sottotono come umore (niente di forte, ma a momenti lieve angoscia, altri lieve ansia... ma anche serenità e tranquillità, in altri) ma le cose sono progressivamente migliorate. Credo di conoscermi e sapere che funziona sempre distrarmi un po', soprattutto perché senza minimizzare, credo appunto che questo mio lato ansioso sia finora sempre stato gestibile "imponendomi" un po' di svago e riposo.

Oggi in particolare le cose sembravano andare particolarmente bene, mi sentivo tranquillo e contento, più del solito. Eppure... a ciel sereno, poco fa ho avuto di nuovo quell'impulso di cui sopra, a strozzare il povero gatto. Come l'altra volta, non per ucciderlo, ma solo come...non saprei, come gesto fine a se stesso, come impulso irrazionale. E l'ho fatto, di nuovo, come l'altra volta, per pochissimi secondi, stringendo la mano intorno al suo collo, ovviamente poi sentendomi in colpa (se non altro perché mi chiedo: ma perché 'sto povero gattino? Non potevo avere questi pensieri verso una pianta, che al limite si cambia?).

Il brutto, o bello, è che capisco benissimo il "meccanismo", so che non mi devo concentrare sul fatto in sé, so che distrarmi e dedicarmi ad altro è la migliore cura per scacciare questo circolo, e so soprattutto che sono solo pensieri che ironicamente io stesso richiamo e mantengo vivi proprio nello sforzo di combatterli, mentre per combatterli davvero devo vederli come trappole da evitare appunto non dandoci peso. Ho tutto chiaro "teoricamente", e infatti non mi sento un mostro né mi sforzo di pensare al fatto, perché so che è peggio ed è negandogli spazio nella mia mente che posso sperare di annichilirlo, per quanto lieve sia (so che ci sono persone che hanno questi impulsi in modo molto forte e quasi costante...). Ho capito che ci vuole forza di volontà, forse più di quella che ci ho messo, e so che passerà il periodo con queste modalità negative di sfogo dello stress che sto vivendo. Eppure... eppure ho ceduto di nuovo al gesto in sè, e questo mi dispiace molto. E mi stupisce che il cedimento sia venuto così a ciel sereno in un giorno particolarmente felice. So che non farò mai del male al micio, ma forse ho preso sottogamba questo impulso?

Perdonate se non ho una domanda precisa... forse voleva essere più uno sfogo e una velata richiesta di conferma/rassicurazione per quello che ho scritto. Di certo questa volta intendo sforzarmi a non farmi prendere da ansia o senso di colpa come l'altra volta!