Problemi a relazionarsi in età adulta e conseguenze

Ho 26 anni e nessun amico. Dall età di 14 anni in pratica non ho più avuto nessun amico. Ne ho avuto uno solo ma se ne è andato perché probabilmente il mio stile di vita lo annoiava troppo. Da 12 anni quindi non ho nessun amico e neanche conoscente con cui scambiare due parole. Vivo coi miei adesso, prima vivevo da solo un periodo ma poco cambiava. Anche stando a stretto contatto con miei coetanei non sono mai riuscito a socializzare. Vengo sempre inevitabilmente escluso e la cosa peggiore è che mene rendo conto ma non rriesco ad evitarlo. Non riesco ad inserirmi nelle conversazioni, se dico qualcosa è molto stupido o banale e ne sono consapevole quindi tendo a stare zitto. Non mi sento timido, non mi sento a disagio, mi sento solo patetico, vuoto e sfigato. E non n si tratta di avere pochi rapporti sociali, perché quando ne ho avuta l occasione mi rendevo ancora più conto di quanto sono patetico e mi sento peggio. Per un periodo cercavo almeno di concentrarmi nello studio, anche se studiavo materie che mi interessavano poco. Ho retto fino ad un certo punto poi in pratica ho mollato, peccato perché credo che almeno lì potevo ottenere qualche risultato, ma ad un certo punto ho perso anche la mia forza di volontà. Ho smesso di studiare e da due anni non fo un esame. Dovrei semplicemente riguardare cose già fatte e già sostenute e neanche quello riesco a fare, non mi organizzo, mi lascio andare, mi sembra di non essere capace. Studiare mi sembrava inutile, avevo sempre la sensazione di essere troppo stupido e di non ricordare niente. Inoltre anche in anni di università non sono riuscito a legare con nessuno. Non che non ne avessi voglia, la verità è che mi sento vuoto dentro e mi vergogno, non voglio che la gente mi conosca per l essere patetico che sono diventato. Ho provato ad andare da vari psicologi per dei periodi ma non ne ho tratto il minimo giovamento. Psicologi di tutti i tipi ed anche uno Psichiatra psicoterapeuta. Non mi hanno neanche fatto una diagnosi quindi (ho chiesto e rispondevano in modo evasivo) non so eesattamente cosa ho, probabilmente non ho nessuna malattia, sono semplicemente così. Alla fine (dopo anni ho smesso, spendevo soldi ed avevo solo la sensazione di perdere tempo a dire cose che già sapevo. Ho provato a lavorare un periodo, mi sono trovato male, al di là del lavoro che percepito alienante, almeno gli altri socializzavo e passavano il tempo a chiacchierare, io sono rimasto fuori, come al solito, incapace di dire qualcosa oltre alle solite banalità. Eppure erano miei coetanei e persone normali e tranquille. In verità sono molto preoccupato della mia situazione, a volte non ci dormo letteralmente la notte, mi sveglio senza un qualcosa di minimamente interessante da fare e soprattutto con questa parente sensazione di vuoto. Ora magari sono semplicemente fatto così e mi devo rassegnare perché la vita che avevo sognato E che vedo fare ai miei coetanei semplicemente non fa per me, però mi chiedo se ci sia una cur
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Dr. Adriano Raffaele Principe Psicologo 70 3
Caro ragazzo,
ci spiegherebbe cosa significa essere un amico per lei?
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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile ragazzo,

I suoi vissuti sembrano, apparentemente, aver " segnato " la propria esperienza di vita in ogni ambito, oltre che relazionale!


< mi sento vuoto dentro e mi vergogno, non voglio che la gente mi conosca per l essere patetico che sono diventato. Ho provato ad andare da vari psicologi per dei periodi ma non ne ho tratto il minimo giovamento. Psicologi di tutti i tipi ed anche uno Psichiatra psicoterapeuta. Non mi hanno neanche fatto una diagnosi ...

... Esiste una cura? >


La "sensazione di vuoto" e anche di " inutilita' ", che percepisce, ben rappresentano lo stato di " isolamento che ci descrive.

Mi sovviene... " quanto di mio " ha giocato un ruolo preponderante in questi accadimenti?

La motivazione ad " esserci "!


Non c'è una " pillola magica ", ma un percorso complesso e de visu (Psichiatra/Psicoterapeuta), che andrebbe, eventualmente, preso in considerazione nonostante le sue premesse su questo tipo di esperienza...

Se non credo in questo tipo di aiuto, cosa si aspetta da noi?


Un caro saluto

[#3]
dopo
Utente
Utente
Rispondendo alla domanda delndottor Principe, ritengo un amico come patologico? ?con cui ci sia un legame di amicizia ovvero un qualche affetto condrto spazio vitale e di idepersonalità amaripisco il senso della domanda però
Rispondendo all altra domanda della dottoressa Albano mi chignifichi la frase "quanto di mio ha giocato un ruolo preponderante in quesri avvenimenti?". Che poi non capisco il senso di tutte le virgolette nello specifico.
Sinceramente non so perché ho scritto qui però mi piacerebbe sentire una opinione che vada un po oltre il consiglio di andare dallo psicologo. Consiglio cche non accolgo per i motivi che ho citato.
Per esempio secondo la situazione descritta da me emerge un quadro patologico o solo un tipo di personalità strutturata in un certo modo? Se è come temo nel senso che la mia pesonalita si è strutturata in un certo modo non mi illudo di cambiare con qualche chiaccherata dallo psicologo. Piuttosto dovrei iniziare a considerare questo come il mio futuro standard esistenziale e ridimensionare progetti ed aspirazioni
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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissimo,

mi riferivo, come ho specificato, alla sua motivazione a diventare amico di qualcuno.

Da questa postazione on line ci è totalmente impossibile (e non sarebbe professionale e vietato deontologicamente) esprimerci a favore della sua domanda.

La persona va osservata e con lei condivisa la conoscenza della sua storia e dei suoi vissuti.

Nel setting terapeutico, grazie alla motivazione e all'alleanza, fiducia che si crea tra terapeuta e cliente, è possibile avviarsi al cambiamento.

Perché le sue terapie non hanno funzionato? Forse non si è dato il tempo debito di "lavorare" sugli aspetti, che la rendono sofferente...?!

Occorre tempo, un tempo anche doloroso, affinché si possano riconoscere e ristrutturare i nostri " pensieri" e " comportamenti"!


Un caro saluto
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Mi aggancio alla frase della dotto Albano: diventate amico di qualcuno...
Forse prima dovrebbe diventare amico di se stesso.

Ho riletto lo storico del suoi tanti consulti e mi sembra palese un disagio profondo con la sua immagine corporea.

Stare bene con gli altri, obbliga allo stare bene con se stessi...perché altrimenti sarà sempre attento a se, a quello che non va e non si godrà l'incontro ed il legame con altro da se.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

Lei riferisce di aver sentito il parere di diversi professionisti in passato, tra cui anche uno psichiatra: nessuno, psicologo o psichiatra, ha mai fatto una valutazione del tono dell'umore? Le risposte evasive che Lei dice di aver ricevuto in che cosa consistevano? Può farci un esempio?

In ogni caso, mi pare che nel dirsi: "non sono mai riuscito a socializzare." oppure "sono brutto" (come nei precedenti consulti), ci sia una Sua personalissima attribuzione di significato e di senso. Lei avrebbe cioè bisogno di trovare una giustificazione al Suo essere e sentirsi solo, azione che ogni essere umano fa perché tutti tendiamo a dare spiegazioni a ciò che ci accade.

Lei cerca però spiegazioni che in qualche maniera sembrano deresponsabilizzarLa: "sono brutto", oppure gli altri mi trovano noioso, ecc...

Invece è possibile imparare ad iniziare una conversazione, a stare con gli altri, a socializzare, ecc... Una prima ipotesi che ho in mente è questa.

La seconda è quella di valutare l'umore, anche se potrebbe trattarsi di una conseguenza del primo problema.

Dice anche di aver girato per molti psicologici... non ha più senso sceglierne uno, di cui si fida e continuare con lo stesso?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr. Adriano Raffaele Principe Psicologo 70 3
Caro utente,
noi tutti lavoriamo con voi per poter arrivare ad un miglioramento a patto che la persona sia disposta a lavorare per un periodo non troppo breve.
Se pretendiamo di andare in terapia e spicciarcela con 6 sedute non stiamo lavorando.
L'amico di cui lei parla come dovrebbe essere?
[#8]
dopo
Utente
Utente
Gentilissima dottoressa Pileci, le dico nello specifico perché sono giunto alla conclusione di una sostanziale e concreta inutilità della terapia o delle terapie subid me: a circa 14 anni iniziamo la terapia familiare, siamo un po' disfunzionali tecnicamente (io li definisco semplicemente sfigati) ma soprattutto lo sono i miei come coppia ed io vengo coinvolto nella terapia come conseguenza.il miglior centro di terapia della città in cui vivo. Poi una delle due psicologhe della terapia familiare, bravissima solare positiva insomma il meglio del meglio, inizia un lungo percorso di terapia con me da solo... Di cheparlavamo esattamente non ho mmemoria ma di certo i miei problemi allora come adesso erano lo studio ed in secondo piano le difficoltà sociali con i compagni, che a suo tempo comportavano isolamento o mobbing, ora solo isolamento. Sono stato anni a dire le stesse cose, con zero risultati concreti. Verso i 18 anni su mia richiesta di farmaci per l umore mi da in consegna ad un suo collega Psichiatra e terapeuta, anche lui bravissimo con ottimo curriculum etc. Passo altri anni di nuovo a ripetere gli stessi problemi e con zero risultati concreti. Non che mi stia deresponsabikizzando, sicuramente dipendeva tutto da me, ma allora che senso hanno queste costose sedute, se poi sono io che ho o non ho delle risorse?IInfine dopo anni dallo Psichiatra ho smesso prima ad intermittenza poi totalmente.
Ultimamente ho ripreso da un altra psicologa trovata in rete, ho fatto un paio di mesi di sedute settimanali ma proprio non sentivo alcun feeling, niente neanche di vagamente utile, ero sempre io che ripetevo le solite cose, con il miraggio di una terapia che non si sa come non si sa quando avrebbe dovuto migliorarmi... Insomma, sempre aspettare aspettare non si sa bene cosa, e poi le stesse frasi retoriche sulle potenzialità, che sono tanto intelligente etc... Che ormai di fronte alla mia situazione mi suonano quasi una presa in giro.

Per quanto riguarda le risposte evasive, ho chiesto insistentemente quale era la patologia di cui soffrivo, se aveva un nome, ma la risposta era che non era importante, sono solo definizioni, non era il modo in cui lavoravano... È cose simili.

Per quanto riguarda il mio derespknsabilizzzarmi, mi baso molto sui fatti e sulle cose che vedo. Anche io pensavo in passato che sforzandomi le cose sarebbero cambiate, il fatto è che se sei in un certo modo è uno sforzo costante, che si nota, ed è brutto da vedere, e sei comunque indietro rispetto a quelli più abituati a stare tra la gente è più sereni, che attirano ovunque simpatia senza nessuno sforzo. il concetto è che non mi piace partire svantaggiato e poi ogni occasione mi mostra con estrema evidenza la mia diversità e le mancanze ed il mio impegno conta be poco, potrei fare mille esempi. In passato con estrema volontà mi costringevo ad inserirmi in situazioni sociali, ho fatto il servizio civile, lavori, ed ero sempre emarginato oppure venivo avvicinato unicamente da persone con grossi ritardi mentali da cui ero forse riconosciuto come simile mentre dal resto della gente normale ero palesemente evitato o trattato con sufficienza come is tratta una persona a cui si deve usare cortesia per educazione ma che sotto sotto si disprezza profondamente ... Sinceramente sono cose che si percepiscono ma sono sgradevoli da sopportare.

L umore o la timidezza o l aspetto fisico cui imputavo i miei problemi in realtà son solo la copertura ed anche ttogliendo questi non basterebbe, perché ci sono fior fior di timidi o depressi che comunque riscuotono successo, perché hanno altre qualità spendibili nel sociale e tutto sommato risultano gradevoli. Il problema secondo me è quando è proprio l essenza e la natura di una persona ad essere sbagliata, in quel caso non capisco cosa si possa fare, del resto le recenti ricerche nel DNA hanno dimostrato l'importanza preminente di questo nel determinare il nostro carattere ed i nostri comportamenti,piu di quanto si pensasse in passato.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

quali erano gli obiettivi della terapia?
Perché per ottenere un miglioramento dobbiamo anche capire su che cosa lavorare e in che direzione.
Ad esempio: imparare ad iniziare una conversazione, declinandolo in comportamenti che sono prerequisiti per raggiungere questi obiettivi.

Non va bene se il pz non sa neppure di che cosa si parla in una terapia!
[#10]
dopo
Utente
Utente
Gli obiettivi erano abbastanza vaghi, cioè in pratica io avevo espresso i miei disagi ma non mi sono mai state date indicazioni nello specifico oppure degli obiettivi concreti da raggiungere in nessun caso. No anzi solo con l ultima psicologa come unica indicazione mi è stato detto di parlare dei miei interessi, tipo il cinema ad esempio, ma il problema è che proprio non mi viene, non riesco a farlo e non ricordo neanche abbastanza bene le cose in modo da poterne parlare in modo da essere. Minimamente interessante quindi il discorso è finito li.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Capisco. Se Lei fosse stato in grado di parlare di sé e dei Suoi interessi, insomma di stare con gli altri serenamente, certamente non sarebbe andato in terapia.
In effetti, ciò che bisogna FARE in una psicoterapia è proprio aiutare il pz a compiere piccoli passi per raggiungere obiettivi decisi insieme dal pz e del terapeuta e che naturalmente riguardano il pz e il suo problema.

Mi dispiace se non è stato seguito in una maniera ottimale fin qui, ma è importante non rinunciare a stare bene, anche perché Lei è una persona molto giovane.

Non ricordo se nei consulti precedenti Le avevo già linkato questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html

In ogni caso mi pare che quello delle difficoltà relazionali è un aspetto che tiene in piedi altri problemi che potrebbe affrontare con una psicoterapia magari più attiva e prescrittiva, come ad esempio la cognitivo-comportamentale, che funziona in modo un po' diverso da quella che ha già fatto: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html

Cordiali saluti,
[#12]
Dr. Adriano Raffaele Principe Psicologo 70 3
Allora,
come mi raccontava mio nonno che era un primario geriatra con cinque specializzazioni sulle spalle: <<nella vecchia medicina, se non si è risolto nulla o quello che si è dato non ha funzionato come l'esperienza ci ha insegnato, si riparte da zero; si levano i farmaci si rifanno le analisi e si usano tutti gli strumenti a disposizione, mentre si rielencano i sintomi e si riaprono obbligatoriamente i libri. Anche anatomia se è necessario>>
Uso queste parole che sono una delle basi della mia vita per parlarle.

La mia opinione è che da quello che ci racconta ha bisogno di uno Psicoanalista per questo le consiglio di scegliere il suo terapeuta da qui; è diviso per regione, provincia e qualsiasi altro modo voglia cercare:

http://www.spiweb.it/index.php?option=com_comprofiler&task=usersList&listid=6

Dalle sue parole però si nota che qualsiasi cosa le diciamo non la voglia accettare

[#13]
dopo
Utente
Utente
Sinceramente mi sento perplesso, a volte mi sembra di non avere nulla altre volte invece mi sento molto demoralizzato per il futuro. Anche per il tipo di terapia che eventualmente dovrei fare, non so quale scegliere anche anch perché ognuno mi consiglia il suo tipo e non sono per niente sicuro che sia la cosa migliore, ma se non riesco a trovare alternativea concrete sarò costretto a rinizare per l ennesima volta, certamente. L idea non mi entusiasma soprattutto perché ho spesso avuto la sensazione di spendere soldi inutilmente, ma mi auguro sia solo una mia sensazione. Io sono sempre stato Dell idea che con la forza di volontà si superi tutto o quasi ed ancora ne sono convinto solo che la forza di volontà ha i suoi limiti e non sempre è costante. se per esempio mi sento demoralizzato i miei sforzi mi sembrano tutti inutili o comunque insufficienti mentre invece se mi sento più ottimista perché ho avuto qualche successo aumenta anche la forza di volontà, in un circolo vizioso o virtuoso.
Comunque ho preso in considerazione i vostri consigli, solo che come dite l efficacia della terapia dipende anche dal terapeuta e non conoscendo se non quelli con cui ho avuto pochi risultati sarebbe di nuovo un salto nel buio, che potrebbe andar bene come andar male. A quanto pare non sono poi molto fortunato di norma.
Grazie dei consigli mi hanno comunque aiutato a riflettere.
[#14]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
La forza di volontà non è bastevole...

Se dovesse rompersi una gamba, immagino che deciderà di ingessarla e non aspetterà che guarisca con la sola forza di volontà

Ogni orientamento va bene, l'importante che il professionista sia formato, adeguato, empatico ed adatto a lei.
Valuti prima di iniziare con qualche colloquio preliminare; se decidesse di andare privatamente , nel nostro portale puó inserire la sua città e vedere molte cose sul clinico che potrebbe scegliere: la foto, i consulti, il suo stile lavorativo, i suoi articoli e così via


La scelta è importamte, come in un matrimonio, se il partner è sbagliato, la coppia non funzionerà ..
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

mi perdoni, ma quando Lei dice di aver fatto anni di psicoterapia, ma di non aver visto risultati, è chiaro che questo vale come regola generale per capire se un trattamento non va bene, indipendentemente dalle motivazioni, dall'orientamento, e da tutti i fattori che potremmo elencare.

Di solito i risultati di una psicoterapia si vedono presto, perché il pz inizia a cambiare ad esempio se mette in pratica le prescrizioni dello psicoterapeuta (es nella psicoterapia cognitivo-comportamentale). Ma se Lei in passato non aveva neppure chiari gli obiettivi della psicoterapia, è ovvio che non poteva immaginare quale strada percorrere. E' anche vero che è compito dello psicoterapeuta stare accanto al proprio pz e sinceramente da quello che scrive non è chiaro come questo sia avvenuto.

Per quanto riguarda la scelta dell'orientamento della psicoterapia dipende da quello di cui Lei ha bisogno, perché le psicoterapie sono molto diverse tra loro: è diversa la teoria di base e la sua applicazione.

Chiaramente lo si potrà capire meglio dopo una valutazione di persona. La motivazione del pz è molto importante, ma a mio avviso è altrettanto importante cercare anche uno psicologo che sia anche psicoterapeuta in grado di aiutarLa.

Cordiali saluti,
[#16]
Dr. Adriano Raffaele Principe Psicologo 70 3
infatti non le sto proponendo una Psicoterapia, ma un percorso Psicoanalitico