Genitori oppressivi

Buongiorno, scrivo dalla panchina di una stazione. Il treno che avrei dovuto prendere per andare dal mio ragazzo (con il quale sto da tre anni) per il weekend è andato via 50 minuti fa senza di me. Perchè per l'ennesima volta sono succube dei miei genitori. Ho 25 anni, ho studiato da fuori sede per 3 anni lontana 600 km da casa. I miei genitori, soprattutto mia madre, mi hanno sempre reso la vita impossibile fin da adolescente, non ho amici nel mio paese natale, non ho mai potuto coltivare delle amicizie perché mia madre non mi faceva uscire. Ha l'arte di rigirare la frittata, ama sminuirmi, farmi sentire inadeguata e immeritevole di ciò che ho, mi fa pesare ogni cosa che fa per me, soprattutto i soldi che ha speso per farmi studiare da fuori sede e il regalo che le ho fatto è stato portarle un fidanzato,nulla di ciò che posso fare o dire andrà mai bene a meno che non corrisponda esattamente a ciò che farebbe o direbbe lei. Pretende rispetto ma è la prima che non rispetta i pareri e le scelte altrui, se non la penso come lei. Sa come manipolarmi e distruggermi e smontare ogni mio entusiasmo,fomentando tutte le mie insicurezze. Il suo ultimo regalo per il mio compleanno è stata una lettera in cui mi dava della donna di facili costumi perché ha scoperto che avevo un ragazzo (che le avevo nascosto conoscendola e sapendo che mi avrebbe reso la vita impossibile anche a distanza, come già faceva per altri motivi oltretutto, non crediate che io abbia assaporato la libertà vivendo da sola, anzi, attacchi di panico a non finire). Loro conoscono questo ragazzo (non si droga, studia, ottimi voti, rispettoso) dato che l'ho portato in casa per fare le presentazioni ufficiali in famiglia ed io sono andata da lui per fare lo stesso, è amato da tutti ed io pure da parte dei suoi cari. I miei genitori invece hanno detto che è stata una mancanza di rispetto nei confronti della mia famiglia e della sua fare queste presentazioni, dato che abitiamo a 3 ore di macchina di distanza e quindi abbiamo dovuto dormire dalle famiglie dell'altro/a (non insieme, precisiamo). Ho tentato di ribellarmi, sono arrivata fino in stazione stamattina, ma alla fine non ce l'ho fatta, memore dei vestiti che mia madre ha buttato dal balcone ieri cacciandomi, degli epiteti, i pianti che mi hanno fatta sentire in colpa. Stamattina mia padre per rincarare la dose ha detto che non avrei più dovuto considerarlo neanche in caso di morte. Il mio ragazzo mi ha lasciata dicendomi che sono un mollusco, è la seconda volta che succede questo, arrivo alla stazione e non parto pensando alle minacce dei miei. Sono sull'orlo di una crisi di nervi, Non vivo, vivo in funzione dei miei. Quello che penso è così sbagliato? quello che vorrei fare è così ingiusto? sono una brava ragazza e non lo dico tanto per. Non mi sembra di ammazzare nessuno prendendo in mano la mia vita e pensando con la mia testa. MI sento in carcere e penso di star peggiorando mentalmente.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Gentile utente,

Lei è stata tre anni fuori sede, da sola,
e ce l'ha fatta.
Questo Le parla della Sua forza interiore e delle Sue possibilità.

Peccato quei treni persi...

"..Quello che penso è così sbagliato?.." per nulla,
si tratta di una strada evolutiva che porta a lasciare la famiglia d'origine per formare la propria coppia.

"..quello che vorrei fare è così ingiusto?.." No,
ma il problema è che non riesce a farlo.

Chissà se c'è ancora tempo per recuperare la relazione affettiva.

Se non ce la fa da sola,
se scrivere a noi non La dà la forza necessaria,
si rivolga di persona ad uno/a psicologo/a.

Per riprendersi la vita.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/