Problemi di lavoro

Gent. dottori,
chiedo il vostro aiuto in quanto dopo vari anni non sopporto più il mio lavoro: è ripetitivo, non considerato, non professionalizzante e non ci vengono date le informazioni aggiornate per svolgerlo al meglio. L'ambiente umano non è migliore: antipatie e rivalità che, per quel che posso, cerco di mediare, e totale disinteresse nei miei confronti (es. quando ritorno dalle ferie o dalla -rarissima- malattia). Il personale che si dimette o va in pensione non viene sostituito, il tempo è sempre troppo poco e io non amo fare le cose male e di corsa.
La situazione mi ha portato a varie forme di somatizzazione (dolori di schiena e di stomaco, tremori, dermatite e soprattutto una invincibile insonnia: crollo verso le 22, addormentandomi letteralmente in pochi secondi, e mi sveglio definitivamente, dopo una notte agitata, incubi e vari risvegli, al massimo verso le 4 o 4,30. Ho provato a coricarmi più tardi, ma non serve a nulla, se non ad anticipare ancora il risveglio. Risultato, in qualsiasi ora del giorno, basta che io mi metta in posizione sdraiata e mi addormento, salvo poi svegliarmi di soprassalto dopo poco. Non riesco mai a staccare, né in vacanza, né nel weekend, che per me finisce il sabato sera -la domenica sono già con la testa al lavoro.
Prendo ogni sera l' alprazolam, prescritto dal medico di base. Mi sono rivolta a due psicologi per lungo tempo ma senza grandi risultati.
Non ho tempo né voglia di dedicarmi a hobby o passatempi, che prima avevo e che ora non mi interessano più, anzi mi disturbano.
I casi della vita, il poco tempo libero e la stanchezza, mi hanno impedito di mantenere delle relazioni sociali. Non ho parenti stretti o che abitino vicino a me.
Purtroppo non ho nemmeno le energie per stare al passo con i miei doveri familiari (ad esempio, col tempo i ruoli si invertono e ci si trova a fare da genitori ai propri genitori, anziani e malati). Mio marito, preoccupato, da tempo mi dice di licenziarmi, ma ho troppa paura del futuro, mi sento anche in colpa verso i disoccupati involontari nel considerare questo suggerimento.
Non so cosa fare, la scelta è tirare avanti (ma è sempre più difficile) o lasciare e dedicarmi alla famiglia e a lavoretti occasionali in attesa della ancora lontana pensione di vecchiaia. Ma come combattere le paure, come avere sufficiente lucidità per scegliere bene?
Grazie a Medicitalia e a chi vorrà fornirmi il suo prezioso aiuto. Cordiali saluti.
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

Lei scrive: "Mi sono rivolta a due psicologi per lungo tempo ma senza grandi risultati."
Posso chiederLe come si svolgeva il lavoro psicologico? Quali obiettivi vi eravate posti? Quali risultati ha raggiunto?

Purtroppo oggi moltissime realtà aziendali rispecchiano appieno ciò che c'è fuori, nella nostra società e quindi manca completamente non solo l'attenzione alle Risorse Umane, ma anche un po' di buon senso.

Ma se trascorrere otto ore al giorno al lavoro genera tali crisi, il suggerimento più saggio è quello di Suo marito, perchè -dal momento che presumo che Lei sia una persona sana ma sottoposta a stress notevole al lavoro- di solito una persona come Lei, tolta da un ambiente tossico e collocata in un ambiente lavorativo più disteso, ritrova la serenità in breve tempo.

Diverso è il caso di una persona che non funziona da nessuna parte, ma non credo sia il Suo caso.

Ovviamente capisco le Sue paure e nessuno Le dice di dimettersi oggi, ma iniziare a fare progetti per cambiare lavoro potrebbe essere un'ottima idea.

Secondo Lei ci sono condizioni al lavoro che, se modificate, potrebbero portare beneficio? Quali?

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Attivo dal 2017 al 2021
Ex utente
Buonasera e molte grazie per la risposta, dr.ssa Pileci,

ho frequentato il primo psicologo (non psicoterapeuta, privato, costruttivista e presentatomi dal medico di base) per circa 3 anni; non ci siamo dati alcun obiettivo, forse perché dovevo affrontare altri problemi oltre al lavoro (es. malattie in famiglia): di solito parlavo io, ma mi venivano anche fatte domande per farmi riflettere su quanto accadutomi fra un incontro e l'altro. Mi trovavo umanamente bene, lo psicologo era empatico e gentile. In effetti, anche il suo consiglio finale è stato di lasciare il lavoro, visto che non erano possibili altre soluzioni. All'epoca, non mi aveva convinto: pensavo che avremmo ancora potuto lavorare insieme per trovare il modo di farmi star meglio senza arrivare a tanto.

Il secondo, che mi ha seguito per meno tempo, era del locale CPS, non mi faceva nessuna domanda, non ha fissato obiettivi, per me le sedute erano essenzialmente degli sfoghi; mi è passata del tutto la voglia di andarci quando ha cominciato a sbadigliarmi in faccia.

In effetti, non credo di essere una persona che funziona male anche in contesti extra lavorativi, ho sempre portato avanti i miei impegni es. a casa, nello studio e in famiglia, mi godevo i momenti di svago, avevo molti interessi, insomma, potevo (posso?) definirmi una persona normale.

Sono felice che Lei ritenga che io possa riprendermi in un ambiente lavorativo migliore, ma alla mia età e col mio curriculum sarebbe quasi impossibile trovare un impiego diverso e di fatto mi accontenterei di piccoli lavoretti saltuari, almeno per cominciare e per poter seguire al meglio anche la casa e i miei cari. Anche questo potrebbe essere un progetto futuro su cui concentrarmi per cambiare?

Mentre starei meglio dove sono se le relazioni umane fossero meno fredde e meschine e se ci fossero date le informazioni per svolgere bene i nostri compiti, ma ormai lo status quo è quello che è e margini di miglioramento non si vedono, nè nel mio ufficio, nè in altri settori dell'organizzazione per cui lavoro, lo scontento e l'ansia dominano ovunque.

Ma come posso gestire il senso di colpa che provo nel paragonarmi a coloro che non trovano o hanno perso il lavoro?
Grazie ancora per la Sua gentilezza e disponibilità. Un saluto cordiale.
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