Situazione di debolezza

Buongiorno, premetto che vado regolarmente da una psicologa da diverso tempo, ma oggi è successa una cosa che devo affrontare subito, almeno parlarne e al momento non me la sento di farlo con amici e parenti.
Sono sposata da un paio di anni con diversi anni di convivenza sempre dove siamo ora, abitiamo in un quadrilocale di proprietà nostra ognuno per metà (era la mia casa di infanzia, lui ha acquistato da mio papà il suo 50% e io ho preso il restante 25% che mancava, perché avevo già la parte di mia mamma mancata anni fa).
Io sono molto disordinata, ci sono 2stanze quasi inagibili per la quantità di oggetti accumulata negli anni dalla mia famiglia e da me, come ricordi d'infanzia o ricordi di mia mamma.
Con mio papà e compagna stiamo cercando di sistemarle, ma non è facile e io soprattutto faccio fatica.
Mio marito le vorrebbe a posto, libere dagli oggetti accumulati e sa che è una cosa che devo fare io (fosse per lui butterebbe tutto).
Stamane mi ha mandato un audio piuttosto brutto, dove dice che si è stancato e che se non metto a posto almeno una delle stanze entro aprile disdice la prenotazione per un viaggio che abbiamo organizzato insieme, perché "non me lo merito" visto che secondo lui me ne frego dell'ordine in casa ecc.
Sinceramente mi ha fatto più male di uno schiaffo, mi sono sentita debole, come se mi controllasse, a livello economico è messo meglio lui e io mi sono sentita come se non avessi scelta.
So di aver colpe sul disordine, sto provando a migliorare... Anche in casa spesso fa quasi tutto lui, pulizie e cose simili, io in genere cucino e bado alle nostre tre gattine.
Mi ha fatto male sentirmi dire che non merito un viaggio per cui anch'io ho lavorato, ho fatto doppi turni in asilo (part time pomeridiano) dopo aver concluso con successo una seconda laurea, anche se la paga è bassa però mi piace ed è stato un periodo tosto anche a livello di salute mia (non gravi). . . Ho avuto l'impulso di andarmene di casa per stanotte, ho pensato a come sarebbe separarsi e cose simili, rendendomi conto che non ce la farei economicamente senza di lui, tutta una serie di pensieri che aumentano il mio senso di debolezza.
Inoltre se restasse in casa senza di me, mi butterebbe tutto ciò a cui tengo nelle stanze senza badarci troppo.
Non guido, ho la patente ma non riesco a guidare in città, in genere guida lui e lui ha l'auto.
Mi sento così da tempo, non mi fa pesare che guadagno poco ma mi dà fastidio in ogni caso, perché devo chiedere sempre a lui eventuali soldi se non mi bastano i miei ad esempio per visite mediche... sento che gli dà potere e ciò che mi ha detto ora me lo conferma.
Cosa mi conviene fare?
Cedere al "ricatto" o impuntarmi e trovare un'altra soluzione che al momento non ho?
Sto forse sbagliando io?
Tenevo molto a questo viaggio ma dopo ciò che mi ha detto non so se voglio ancora farlo con lui.
Spero di aver dato un quadro chiaro, non è facile a distanza ma se potete aiutarmi vi ringrazio
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Dr. Mariateresa Di Taranto Psicologo 157 17 3
Gentile utente,

Da quello che descrive in merito al disordine e le stanze inagibili, sembrerebbe trattarsi di un Disturbo da accumulo.
È un' ipotesi naturalmente, non una certezza.
In ogni caso, sia che questo disordine sia sconfinato nel disturbo, sia che sia rimasto entro i suoi limiti, credo che esso nasconda un dolore molto profondo.

Ho letto nei suoi precedenti consulti che ha perso sua madre e sembrerebbe inoltre aver vissuto, anche in virtù di ciò, dei momenti di grande incertezza e sofferenza.

Credo che dovrebbe essere più buona e comprensiva con sé stessa. Probabilmente si sta attaccando ai resti di sua madre e del suo passato, a quel che vi rimane.
Sappia che quei resti sono dentro di lei, non li perderà mai; non deve vederli nel suo ambiente, anche se comprendo questo bisogno.

Non è assolutamente una colpa, è uno dei modi del suo dolore di manifestarsi.

La perdita di una persona che amiamo ci lascia sempre tramortiti. È devastante. Inoltre non perdiamo solo la persona che amavamo e da cui ci sentivamo amati, ma anche una parte di noi che avevamo riposto in lei. Oltre a ciò passiamo dall' avere una consapevolezza della morte sepolta in qualche parte dentro di noi a divenirne spettatori. Poi c' è il rimpianto di quello che non potrà più esserci. E ci sono ancora tante, ma tante emozioni dolorose.

Suo marito forse non sta cogliendo il suo profondo dolore, ma di ciò non voglio fargliene una colpa.

In una coppia capita che pur stando insieme, ci si senta lontani in alcuni momenti.
Capita di non accorgersi di ciò che l' altro vive, perché troppo impegnati a combattere la propria battaglia, perché troppo presi da sé stessi o della proprie difficoltà, perché non si ha il coraggio di vedere la sofferenza, la si vuol negare, o si vuol sperare che non faccia poi così male.

Comprendo cosa ha provato nel sentirsi dire che non merita quel viaggio. Si è sentita forse ferita per aver percepito non solo incomprensione, ma anche esercizio di un potere su di lei.

Sembrerebbe che ci siano due parti dentro di lei. Una sente di non meritare nulla forse, o meritare poco. L' altra, quella che qui si è intravista quando ha scritto che la lavorato tanto, riconosce che lei fa quello che può, che si impegna.
Forse lei crede più alla prima, ma la seconda c' è. Impari a darle più ascolto.

Certo che merita il viaggio, e non solo quello. Merita tutto ciò che desidera.

Può provare anche in casa ad essere più collaborativa, così da non sentirsi meno rispetto a suo marito, anche se credo che il suo meno, purtroppo sia dentro di lei, nella sua rappresentazione interna.

Io le consiglierei di parlarne in seduta con la sua psicologa di ciò e prendere in considerazione l' ipotesi di cominciare una terapia di coppia.
In ogni caso le consiglierei di parlare con suo marito, aprirgli il suo cuore, come ha fatto con noi, cercando di comprendere anche le sue ragioni.

Lei ha bisogno di qualcuno che la aiuti, che la comprenda, che la accolga, che la accarezzi, non solo con le mani, ma anche con le parole, con gli sguardi, con l' amore.

Se vuole ci tenga aggiornati.

Auguri di cuore.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno Dottoressa, la ringrazio molto per la sua risposta. Pur non conoscendomi personalmente è riuscita a cogliere perfettamente molti aspetti del mio vissuto e di ciò che provo.
Ho aspettato qualche giorno per seguire l'evolversi della situazione a casa, il giorno stesso ho chiamato il marito in pausa sfogandomi per circa mezz'ora di tutte le problematiche che ho espresso qui, lui mi ha risposto che non voleva in alcun modo esercitare un potere su di me, che anzi mi ritiene forte e in gamba e vuole che sia libera in tutte le mie scelte ma che si sente soffocare per la questione dell'accumulo nelle stanze (quella cosa del viaggio me l'ha detta come provocazione per farmi reagire). Su questa cosa gli ho risposto che al viaggio ci tengo e che non avevo nessuna intenzione di rinunciarci, e che non serve far leva sulla questione del "merito" che anzi mi fa stare peggio. Ci siamo tenuti un po il muso la sera ma alla fine mi ha abbracciata e ci siamo riappacificati confermando il viaggio, e il giorno dopo abbiamo ripreso a mettere a posto delle cose in una delle stanze. Quindi insomma la questione del riordino/pulizia/accumulo è molto importante ed è sempre al centro delle nostre discussioni, non litighiamo per altro alla fine tutto riporta a questo argomento.
Sento di potercela fare, nonostante tutto il dolore che sento voglio riuscire a vivere serenamente in questa casa che amo senza dimenticare tutto ciò che ho vissuto negli anni. Ho sempre un po addosso questo mio senso di "meno" che ha compreso anche lei, mi sono resa conto che non è a causa di mio marito ma credo sia più legato a scelte e vissuti che non posso più cambiare, e con cui sto imparando a convivere. Quest'anno è anche il decimo anniversario della scomparsa di mia mamma, forse è anche questo fatto che risveglia in me tante insicurezze che pensavo di aver risolto rendendomi ancora più sensibile. Gli ultimi mesi (da febbraio a giugno) li aveva vissuti con noi in casa con le cure palliative e senza accorgermene sto rivivendo tutti quei momenti ad esempio entrando in cucina, o in camera ecc. Non sono stati solo momenti brutti, anzi ho tanti bei ricordi soprattutto di marzo 2013 di cose che facevamo assieme in casa anche in quel contesto difficile e di sofferenza. Pensavo che dopo tutti questi anni avrei provato meno dolore, eppure è sempre vivo e presente in ogni momento. Mio marito sa di tutto questo, eravamo amici a quel tempo (ci conosciamo fin da bambini essendo stati vicini di casa) e cerca di comprendere e starmi vicino come può.
La ringrazio ancora per il tempo che mi ha dedicato, davvero le sue parole mi hanno aiutata molto. Buon inizio settimana!
[#3]
Dr. Mariateresa Di Taranto Psicologo 157 17 3
Gentile utente,

sono davvero contenta di averle dedicato tempo e soprattutto di averla aiutata, per quel che qui è possibile.
Sono contenta inoltre di percepire una speranza nelle sue parole.
Le suggerirei di guardare a come stava mentre ha scritto questo consulto e a come si sente ora, dopo essere riuscita a sintonizzarsi con suo marito attraverso questo chiarimento, per cogliere da questa esperienza la possibilità di ricucire le parti scucite, di noi, degli altri, delle relazioni.

Da quel che scrive in effetti, sembrerebbe che suo marito si sia sentito oppresso da questo accumulo, che l'abbia vissuto come qualcosa di asfissiante che ha occupato il proprio spazio. Anche lui probabilmente aveva bisogno di essere compreso. Mentre lei, viveva il dolore dell'impossibilità di separarsi dai resti di sua madre e della sua storia.
Resti solo materiali però, perché i resti dei ricordi nessuno potrà mai toglierglieli.

Rispetto al viaggio, secondo me avete fatto bene a decidere di farlo, non solo perché è un modo per divertirvi insieme, per trovare uno spazio per voi, per crescere ed arricchirvi, ma anche perché è un modo per concedervi qualcosa. E' un modo per volervi bene.

Ciò non toglie che potreste prendere comunque in considerazione l'ipotesi di una terapia di coppia per affrontare in un ambiente neutro e non giudicante i vostri vissuti. Per imparare ad incontrarvi e comprendervi pur nell'alterità delle vostre personalità e di bisogni a volte poco conciliabili; anche nella crisi e nella delusione.

Immagino che l'anniversario della morte di una persona cara sia estremamente doloroso. Si respira l'aria della perdita, del vuoto e del ricordo struggente.
E anche il dolore, so che non scompare e neanche si attenua nella misura in cui molti credono.
Diventa diverso; forse non è più la pungente disperazione e desolazione senza alcuna possibilità di conforto, ma assume le note di un'inappagata nostalgia, di una malinconia di sottofondo che accompagna sempre.

Purtroppo non abbiamo il potere per vincere la malattia e la morte.
Possiamo però imparare qualcosa da esse; lasciare che ci aprano scenari inediti non solo di avvilimento, impotenza e disperazione, ma anche di crescita, scoperta e ricchezza, pur nel dolore.
Lo so, suona come una magra consolazione e sicuramente in parte lo è.
Ma l'unica alternativa che abbiamo al rinunciare a vivere è accettare di rimetterci sulla strada della vita, pur col cuore ferito e la sensazione di essere stati mutilati di qualcosa.
Anche per questo non deve sentirsi in colpa per essere sopravvissuta alla morte di sua madre. Vivere non implica dimenticare, ma solo dover andare avanti comunque, anche senza chi ci ha lasciato.
Però chissà quante cose belle potrà ancora incontrare, su quella strada che è la vita.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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