Credo di aver paura avere una relazione

Salve,
Sono una ragazza di 29 anni e negli ultimi mesi sto notando di entrare in stati di ansia quando un ragazzo mi chiede di uscire da soli.

Onestamente, potrà sembrare strano, ma non ho mai avuto una relazione con un uomo che andasse oltre la conoscenza o l'amicizia.
E onestamente, forse potrà sembrare strano anche questo, ma la cosa mi è sempre stata ok, sono sempre stata in pace con me stessa e non l'ho mai percepito come una mancanza (forse anche perché nella mia cerchia di amicizie non sono l'unica a non aver mai avuto una relazione e a non cercarla).
Da un paio di anni ho iniziato un nuovo lavoro, mi sento sicura di me, abbastanza realizzata dal punto di vista professionale e soddisfatta del mio fisico.
Mi sento bene in tutto quello che mi riguarda come individua.
Socialmente sono sempre stata timida, nel periodo delle scuole ho fatto fatica a fare amicizia ma poi all'università la cosa è migliorata anche se la rete amicale che ho oggi non deriva da lì, ma viene altri ambienti di conoscenza.
Mi accorgo che messa in un gruppo sono diventata molto più gioviale e socievole rispetto ad anni fa.
Ed è tutto bello, ma questo mio essere "gentile e sorridente" sta portando un fatto a me totalmente nuovo: attirare l'attenzione dell'altro sesso.
Negli ultimi sei mesi tre ragazzi mi hanno, chi più e che meno, apertamente detto che avrebbero voluto "conoscermi meglio anche per vedere se si poteva andare poi oltre l'amicizia" (testuali parole di uno di loro).
A me, però, sapere di star seduta a fare un aperitivo con qualcuno che mi sta pensando in un ipotetico "oltre l'amicizia" fa venire (quasi) un attacco di panico.
Con uno di questi ragazzi sono uscita due o tre volte da sola in situazioni informali (aperitivo, caffè, mercatino) ma da parte mia non c'era alcuna intenzione di niente.
Mi ero però detta: perché no?
Solo che ad un certo punto ho cominciato a dare buca perché mi metteva molta ansia uscirci (non che mi trovassi poi male quando ero lì, lì per lì ero ok, ma l'idea che il mio "starci" potesse essere frainteso in un interesse che da parte mia mancava mi spaventava).
Ora il pattern si sta riprendendo: uscite in gruppo con gente nuova sto bene, poi un ragazzo mi chiede di vederci e io sento una morsa allo stomaco.
Che devo fare??
Come devo interpretare questo mio sentire di "non volere una conoscenza che finisca in una relazione"?

Per favore chiedo ai professionisti che risponderanno di non rispondermi dicendomi di dover intraprendere un percorso psicologico, lo so già e sto riflettendo per eventualmente muovermi in quella direzione.
Cerco qui dei "consigli pratici per farmi passare la paura", o qualcuno che mi dica che le mie sensazioni sono "normali".
Insomma cosa posso fare io da sola per vivere questa per me nuova situazione in serenità senza sentire la necessità di ghostare tutti??

Grazie a chi risponderà
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Buonasera,

partirei da questa affermazione: "... non che mi trovassi poi male quando ero lì, lì per lì ero ok, ma l'idea che il mio "starci" potesse essere frainteso in un interesse che da parte mia mancava mi spaventava...".

Anche se all'inzio potrebbero esserci sensazioni (ma anche idee) diverse, alla fine Lei ha sperimentato che, una volta uscita, è stata bene.

Non mi pare così strano, d'altra parte Le è mai capitato di non avere voglia di fare qualcosa e di averlo poi fatto, sperimentando di essersi divertita moltissimo?

A volte sono le nostre idee a metterci i baston tra le ruote.

Inoltre, sta a Lei scegliere se un incontro può avere un seguito oppure no.

Ma Le suggerirei di non sottrarsi a queste uscite, sia perchè possono risultare molto piacevoli, sia perchè è un modo per capire che cosa Lei vuole o non vuole.

D'altra parte, se non sperimentiamo alcune cose, non possiamo davvero capire cosa vogliamo o cosa ci piace.

I processi decisionali sono frutto dell'interazione tra decisioni "automatiche", più istintive e decisioni più ragionate. Ma non solo una o solo l'altra.

Cordiali saluti,
Angela Pileci

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Utente
Utente
Salve dottoressa Pilierci,
La ringrazio tantissimo per avermi risposto e per essere stata così gentile e comprensiva.
Mi scuso di arrivare a risponderle praticamente più di un mese dopo.
Le sue parole mi hanno molto rincuorata e anche messa nella condizione mentale di non partire prevenuta davanti alle eventuali frequentazioni.
In questo mese però non credo che io sia cambiata molto.
Se posso raccontarle più nello specifico alcuni eventi: nella comitiva di amici che frequento un ragazzo entrato da poco nel gruppo mi ha chiesto di uscire due volte da soli e io ci sono andata; nel mezzo con il gruppo ci siamo visti altre due volte, praticamente quasi tutti i we (considerando che lavoriamo entrambi e che abitiamo distanti). Lui è una persona simpatica e oggettivamente credo che siamo caratterialmente affini.
Ma alla domanda "Ma lui ti piace?" nel mio cervello c'è il bianco.
Mi viene da dire "no" cioè "non lo so" ... cosa dovrei sentire?
Onestamente quando siamo usciti da soli ho percepito da parte sua la richiesta di qualcosa di più (probabilmente voleva un bacio) che non c'è stato. Ma da parte mia non ho provato nessun desiderio. E anzi percepivo come troppo presto la sua implicita richiesta.
Alchè ad oggi niente, continuiamo a vederci in gruppo con gli altri e basta.
Ho sbagliato qualcosa? Perché un po' sento di "aver perso l'occasione"? è solo un condizionamento sociale?
Onestamente non lo so perché scrivo questa risposta, non ho davvero una domanda specifica, forse vorrei solo sentirmi dire che è ok e normale il mio sentire.
Come detto nel messaggio precedente so che questo non è il luogo per risolvere i miei dubbi, chiedo quindi ancora di non rispondermi dicendo di intraprendere un percorso psicologico altrove. Qui cerco solo un confronto e qualche consiglio.
Grazie per la disponibilità.
[#3]
dopo
Utente
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Mi scusi Dottoressa Pileci,
nel precedente messaggio ho sbagliato a scrivere il suo nome.