Consulto per perplessità terapeutiche

Salve doc, ho 23 anni sono un ragazzo e lavoro (vivo con i miei).
Faccio terapia da 1 anno, già in passato ho fatto qualche domanda ai dottori sul sito.
Ho iniziato la terapia per ansia nel 2021 con una psicologa ma l'ho interrotta dopo 4 mesi poichè non mi sentivo compreso in terapia e notavo una leggerezza nel parlare e negli atteggiamenti che mi faceva sentire solo.
Nel 2022 inizio il percorso con la mia attuale terapeuta, mi sono sentito più compreso, anche magari durante le settimane piu difficili con la sua disponibilta'telefonica in caso di difficolta (che per me è importante).
Sono cambiate molte cose, abbiamo lavorato e stiamo lavorando sulle mie paure, i problemi evidenti erano:
-difficoltà ad entrare nel mondo adulto (lavoro, nuovo modo di vivere e relazionarsi)
-ansia e somatizzazioni
-difficoltà nel conflitto (lasciare il partner, dire la mia ecc.
)
-evitamento di problemi e decisioni (università scelta dai miei genitori ma che non avevo il coraggio di cambiare, relazione, ecc.
)

Man mano ho iniziato a lavorare buttandomi e la situazione è migliorata tra alti e bassi.
Poi siamo passati alla sfera familiare ed emotiva
-rapporto con le emozioni (riconoscerle), poiche'soffro molto di bolo, dolori al petto, cervicale
-rapporto con i miei genitori e con gli altri (genitori ottimi ma non sul piano emotivo, su quello ignoranti)
-difficolta ad arrabbiarmi

Sono abbastanza soddisfatto di ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo il punto è che nonostante tutto io continui a non sentirmi "bene":
-continuo a soffrire di somatizzazioni (anche se non come prima)
-ho difficoltà a instaurare relazioni stabili anche se mi piacerebbe
-ho a volte la sensazione di essere spaesato, sentirmi solo o malinconico non mi è ben chiaro, di non sapere bene chi sono ne di cosa voglio, ne di aver chiaro di come stia vivendo, ci sono magari giorni o qualche settimana in cui mi sento bene emotivamente e riesco a gestire o esprimere ciò che sento e altre in cui mi sento a zero.


Mi è stato detto durante le sedute che tutto questo deriva dal fatto che non mi sono mai sentito ascoltato, visto, sempre in conflitto con i miei genitori tra ciò che volessi io e quello che volessero loro e quindi mi chiudevo.
Evito per non stare male e perchè non sono mai stato abituato alle relazioni intime.
Il fatto è che vedendo tutto il percorso ma sentire ancora ciò mi fa stare male e sfiducioso.
Credo che il mio desiderio è volere una diagnosi, nel senso un disturbo di personalità o nulla di simile (ma almeno comprendere se c'è qualcosa oltre tutte questo di cui ho parlato.
Leggendo la cosa in cui mi rispecchio di più (oltre il disturbo evitante) è quello del bordeline.
Non ho chiesto una diagnosi esplicitamente poichè temo cosa possa pensare la mia terapeuta, cioè vedermi un pò paranoico.


cosa ne pensate?

grazie in anticipo
[#1]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 67
Gentile utente,

mi sembrano apprezzabili i risultati conseguiti finora, in rapporto al tempo di lavoro terapeutico.

"Disturbo evitante"? "borderline"?
L'uso stesso di questi termini nel suo consulto ci fa intuire che Lei compulsa Internet; e ciò Le fa sprecare energie, quell'energia che potrebbe applicare invece nel percorso assieme al Suo Psicoterapeuta.
Ha informato lo specialista di tutto ciò?
Del fatto che interpella altri terapeuti (cioè noi)?
Come pensa la prenderebbe lui? Come interpreterebbe questi comportamenti?

In uno dei precedenti consulti Lei ci diceva che lo specialista Le aveva segnalato una certa passività tra i tratti del Suo carattere, una passività che La portava ad impegnarsi poco. Sta avvenendo questo anche nella psicoterapia in corso? Può accadere, purtroppo, quando la scena è troppo affollata: Internet, consulti online, ipotesi, il tutto in aggiunta alle sedute in presenza.

Saluti cordiali.
Dott. Brunialti

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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