Perché continuare a vivere così?

Ho 28 anni.

Ho conseguito una laurea triennale qualche anno fa e attualmente lavoro e studio.

Ho appena iniziato un nuovo percorso di studi entrando presso la Facoltà che desideravo da tantissimo tempo, forse troppo.
Tanto da divenirne negli anni una vera e propria ossessione.


Mi sento un fallito, un fallito sociale.

Ho 28 anni e non ho mai avuto amici in tutta la mia vita, solo conoscenze che cercavo di tenermi stretto per non rimanere solo.

Non so davvero come proseguire questo testo perché non ho la più pallida idea di come descrivere il mio problema.

Mi sento costantemente invisibile agli occhi delle persone.
Non ho idea perché mi accada questo, so solo quando sono insieme alle altre persone, nessuno mi rivolge la parola, mai una attenzione, mai uno sguardo, nulla! Non sono così taciturno da starsene in un angolino, provo ad inserirmi, provo a dir la mia, ma niente.

Nessuno mi ascolta.
Mi sento frustato, come se fossi bloccato da non so cosa.

Non so se ho qualche problema mentale, so solamente che quando sono insieme ad un'altra persona o in mezzo ad altre persone, mi sento trattenuto, non mi sento libero di parlare.
La mia mente si concentra costantemente sulla ricerca di attenzione altrui in maniera del tutto autonoma e quando ciò non avviene, mi innervosisco.

E' come se quando sono con gli altri mi sforzassi ad essere me stesso per guadagnare l'attenzione dell'altra persona, ma questo non fa altro che rendere tutto ciò una forzatura.

Es.
Mi sforzo ad essere me stesso ma penso che gli altri ora non mi ascolteranno, provo a parlare e non mi ascoltano
Non so come spiegarlo, mi sento imprigionato da catene invisibili.
Non riesco ad essere me stesso neanche con i miei parenti o con degli sconosciuti.

Altro esempio, penso di essere antipatico, e questo si ripercuote nei volti altrui.
Lo vedo che mi guardano con aria di antipatia, TUTTI dal conoscente allo sconosciuto.

Penso di essere antipatico, brutto.
Non riesco a guardarmi in foto.

So solo che mi odio.

Pure su Whatsapp.
Scrivo un messaggio in gruppo X (QUALSIASI) e nessuno mi calcola, anche ora.
Ho appena conosciuto dei nuovi colleghi in Uni.

Ho creato un gruppo Wa, parlano tra loro ma nessuno mi calcola quando scrivo io qualcosa.


Ormai mi son fatto l'idea che c'è qualcosa dietro, come se fosse destino che io non debba avere amici.
Mi sono stancato...
Ho seguito per mezzo anno un percorso di psicoterapia, la psicologa in questione ha voluto interrompere perché secondo lei non aveva senso andare avanti se alla psicoterapia non accompagnassi una terapia farmacologica prescritta da un neurologo, a causa (secondo lei) del mio 'pensiero ossessivo' troppo radicato da poter estrapolare con la sola psicoterapia.


Non so più cosa fare, ci sarebbe molto altro da dire ma il numero max di caratteri non me lo permette
Non ho mai pensato al suicidio, è una cosa che non mi sfiora neanche lontanamente, ma mi sono stancato, sto cominciando ad accettare questa situazione che mi porterà alla depressione
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
immagino quanto sia dolorosa la sensazione che ci descrive.
L'esperienza di essere ignorati in un qualche ambiente o in un qualche gruppo WhatsApp può capitare del tutto occasionalmente a chiunque, ed è sempre sgradevole anche quando ci sono delle spiegazioni (linguaggio diverso, profonda estraneità agli argomenti del gruppo, etc.); ma vivere quest'sperienza in maniera costante dev'essere molto spiacevole.
Lei stesso fa delle ipotesi sulle ragioni di questo, che appaiono però troppo generalizzate e catastrofiche: "penso di essere antipatico, e questo si ripercuote nei volti altrui. Lo vedo che mi guardano con aria di antipatia, TUTTI dal conoscente allo sconosciuto. Penso di essere antipatico, brutto. Non riesco a guardarmi in foto".
Apparire antipatico a tutti è praticamente impossibile. Inoltre sia la bruttezza che il suscitare antipatia hanno dei correttivi, e certamente la sua psicologa glieli ha proposti, prima di concludere che la sua sofferenza nasce da una percezione soggettiva, quindi da una malattia che va curata.
Per quale ragione lei non ha voluto nemmeno sperimentare la veridicità di tale diagnosi, assumendo gli idonei farmaci?
Restiamo in attesa della sua risposta.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentil Dr.ssa,
non ne ho idea del motivo per cui penso di essere antipatico a chiunque o esteticamente brutto. Per ciò che concerne l'estetica, non le nascondo che ho sempre avuto complimenti e reazioni irrisorie quando provavo ad esporre tal problema a qualsiasi conoscente del mio stesso sesso. Chiunque afferma che sia oggettivamente un bel ragazzo, dai cosiddetti amici a qualsiasi conoscente. Nessuno mi crede se faccio cenno circa la mia bassa autostima relativa all'estetica, dalla serie che pensano che lo faccia di proposito per ricevere complimenti. Non so, sarò un bel ragazzo, ma non mi piaccio proprio e se non mi piaccio io, non vedo come possa piacere agli altri.
Sulla questione antipatia, non lo so. So solo che agli occhi delle persone mi sento un completo sfigato o perlomeno un soggetto molto poco interessante e questo pensiero, giusto o sbagliato che sia, credo sia alquanto radicato per poi riflettersi effettivamente nella realtà.
Sono con una persona o tra un gruppo di persone, mi sento poco interessante o antipatico, provo a parlare con un po' di forzatura, come se fossi trattenuto ---> nessuno mi ascolta
Non saprei, esistono pensieri autoavveranti?

Vorrei solo liberarmi da queste catene, ed essere me stesso senza ricercare constantemente l'attenzione altrui, ma è una cosa che vien da sé, io vorrei solo che scompaia

Qualcheduno in passato mi ha detto che non sono per niente timido, ma che sono troppo sulla difensiva o addirittura apparentemente arrogante, con la puzza sotto il naso (il che non è neanche così non veritiero)

Perché non ho seguito la Terapia?
In passato ho sofferto di DOC (circa 8 anni fa) a causa di grande cambiamento di vita, ho preso una terapia a seguito di una consulenza psichiatrica.
L'ho presa solo per pochi mesi, sono stato subito meglio.
Tuttavia sono molto diffidente verso l'assunzione di tali farmaci, ho molto paura di entrare in un circolo vizioso...
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
la prego di leggere la mia risposta con maggiore attenzione di quanto non abbia fatto con la precedente. Capisco che a volte si scrive a Medicitalia anche per chiarirsi le idee, ma ripetere le stesse cose in un loop di fissazioni, anziché rispondere alla domanda specifica che le avevo rivolto, non la fa stare meglio.
Per stare meglio è necessario imparare a staccare la spina dell'eccessiva concentraziuone su di sé e prendere una boccata d'aria pensando ad altro: per esempio alle risposte degli specialisti.
Io le avevo scritto: "Apparire antipatico a tutti è praticamente impossibile. Inoltre sia la bruttezza che il suscitare antipatia hanno dei correttivi, e certamente la sua psicologa glieli ha proposti, prima di concludere che la sua sofferenza nasce da una percezione soggettiva, quindi da una malattia che va curata".
Ripeto il tutto con parole più semplici:
1) E' presumibile che la sua idea di essere insopportabile a tutti sia un'idea presente solo nella sua mente e non nella realtà, perché non è possibile essere antipatici "a tutti".
2) Gli psicologi assegnano degli esercizi per cambiare le cose, se il paziente ha davvero un comportamento antipatico, o in caso contrario per far verificare al paziente che la sua percezione del giudizio degli altri è falsa.
3) La psicologa a cui si è rivolto ha compreso che lei è affetto da DOC, come lei stesso conferma nella sua successiva risposta, quindi le ha proposto una terapia farmacologica, indispensabile per recuperare la salute.
4) Lei conferma che tempo fa, quando aveva assunto i farmaci, era stato subito meglio.
5) Malgrado questa evidenza e la dichiarata volontà di guarire, scrive: "Tuttavia sono molto diffidente verso l'assunzione di tali farmaci, ho molto paura di entrare in un circolo vizioso".
Quale sarebbe questo circolo vizioso? La guarigione?
Se lei rilegge la sua prima email sembra proprio così. La psicologa le dice che "non aveva senso andare avanti se alla psicoterapia non accompagnassi una terapia farmacologica prescritta da un neurologo, a causa (secondo lei) del mio 'pensiero ossessivo' troppo radicato da poter estrapolare con la sola psicoterapia".
Abbiamo quindi la diagnosi di una specialista: pensiero ossessivo, e la prescrizione terapeutica: farmaci specifici.
E lei cosa fa? Anziché rasserenarsi per aver individuato la malattia e la cura, abbandona tutto.
E' evidente che a lei piace raccontare incessantemente la sua tristezza e la sua sofferenza, non guarire, e la psicologa per correttezza deontologica ha interrotto questo suo cullarsi nella malattia.
Adesso lei ripete lo stesso percorso: scrive a noi, si lamenta, ma si rifiuta di curarsi e perfino di prendere in considerazione le nostre risposte. Tanto varrebbe scrivere un diario.
La vita è la sua, dopotutto.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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