Fratture vertebrali osteoporotiche

L’Osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla compromissione della resistenza ossea. Vediamo come è possibile diagnosticarla e trattarla
Cos’è l’Osteoporosi e qual è il suo ruolo nelle fratture vertebrali?
L’Osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla compromissione della resistenza ossea. In tale condizione, infatti, si osserva una progressiva riduzione della matrice trabecolare del tessuto osseo (Fig. 1), cioè della trama di sostegno dell’osso.
Quando l’osso si impoverisce eccessivamente i pazienti vanno incontro a fratture spontanee o anche solo per sollecitazioni meccaniche di poco conto. Le ossa che vanno incontro più frequentemente a fratture sono quelle soggette al traumatismo accidentale (ad es. il femore) e le ossa che per loro caratteristiche anatomo-funzionali intrinseche sono sottoposte a sollecitazioni meccaniche intense, come ad esempio le vertebre.
Le fratture vertebrali osteoporotiche vengono definite da “compressione” (Fig. 2) poiché conducono al collasso del corpo vertebrale allorquando le forze che devono sostenere eccedono la loro resistenza.

Fig. 1 A sinistra l’osso vertebrale sano; a destra l’osso osteoporotico

Fig. 2 Frattura da compressione
Quali sono i fattori di rischio?
Per le donne: carenza di estrogeni causata da menopausa precoce (prima dei 45 anni), interventi in età precoce di asportazione dell’utero, in particolar modo se si associa l’asportazione di entrambe le ovaie, dimagrimento eccessivo da diete alimentari.
Per gli uomini: bassi livelli di ormoni maschili (testosterone).
Per entrambi: uso prolungato di corticosteriodi (ad es. nelle malattie reumatiche), storia familiare di osteoporosi, sindrome di Cushing, malattie epatiche e tiroidee, problemi di malassorbimento (celiachia, malattia di Crohn, pregressi interventi gastroenterologici), fumo, alcool, obesità, scarsa attività fisica.
Come si diagnostica l’osteoporosi?
Il sospetto di una malattia osteoporotica può partire, ad esempio, proprio dal riscontro di una frattura vertebrale. L’indagine di elezione quantitativa e qualitativa sulla densità ossea è la Mineralometria Ossea Computerizzata (Fig. 3-4).
Mediante questo esame è possibile misurare 2 indici, il T-score e lo Z-score, che confrontando così la densità ossea del singolo paziente con quello medio della popolazione definita sana.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito le seguenti categorie, in base alla densità ossea, nelle donne bianche:
- Normalità: T-score non inferiore a -1
- Osteopenia iniziale: T-score compreso tra -1 e-1,5
- Osteopenia: T-score compreso tra -1,6 e -2,5
- Osteoporosi: T-score inferiore a -2.5
- Osteoporosi grave (consolidata): T-score inferiore a -2.5 e una o più fratture atraumatiche oppure fratture per traumi di lieve entità.
Fig. 3 Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC)

Fig. 4 Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC)
Come si diagnosticano le fratture vertebrali?
La diagnostica delle fratture vertebrali inizia dalla clinica.
I pazienti lamentano comparsa di intensi dolori alla schiena in seguito ad uno sforzo o anche spontaneamente. I dolori sono esacerbati dalla posizione eretta, non tendono a migliorare nei giorni successivi alla loro comparsa e non sono responsivi alle usuali terapie mediche.
Nel sospetto di una frattura vertebrale viene eseguita una radiografia della colonna (Fig. 5). Se il sospetto clinico viene confermato si approfondisce la diagnostica ricorrendo alla Risonanza Magnetica (Fig. 6) che fornisce informazioni sul “timing” : cioè se la frattura è recente o di vecchia data.

Fig. 5 La freccia indica la vertebra osteoporotica fratturata in un esame RX

Fig. 6 Acquisizioni RM in cui si evidenzia una frattura osteoporotica recente
La TAC (Fig. 7) fornisce ulteriori informazioni complementari e spesso più dettagliate, essendo l’esame d’elezione nello studio delle ossa.

Fig. 7 Ricostruzione TAC sagittale con frattura osteoporotica
Quali sono i trattamenti possibili delle fratture vertebrali osteoporotiche?
Come sempre il miglior trattamento rimane quello preventivo, mediante la modifica dello stile di vita (attività fisica, dimagrimento ecc.) o cure mediche atte a contrastare i fattori di rischio visti in precedenza. Quando, tuttavia, ci si trova davanti ad una frattura vertebrale osteoporotica si renderà necessario trattarla.
Vi sono fondamentalmente 2 modalità di trattamento: conservativo e/o chirurgico. Il primo trattamento in alcuni casi non esclude di dover ricorrere al secondo.
Il trattamento conservativo consiste nel mantenere il paziente allettato per un determinato periodo di tempo variabile in relazione all’entità della frattura. Successivamente la mobilizzazione avverrà facendo indossare un busto specifico (Fig.8-9) diverso a secondo del livello vertebrale fratturato. Anche in questo caso, il periodo di tempo per cui è necessario indossare il busto potrà variare in considerazione del tipo di frattura e dello stato di guarigione.

Fig. 8 Busto Taylor Fig. 9 Busto Camp 35
Il trattamento chirurgico consiste, invece, nell’eseguire un intervento in cui si inietta all’interno del corpo vertebrale fratturato una sostanza cementante. Il cemento ha la duplice finalità di stabilizzare immediatamente la frattura e di far diminuire rapidamente il dolore grazie al danno che provoca sulle fibre sensitive della vertebra.
Questo intervento viene eseguito mediante due procedure mininvasive molto simili tra loro che sono la Cifoplastica (Fig. 10) e la Vertebroplastica (Fig.11). Ha l’indubbio vantaggio di poter mobilizzare in tempi molto stretti il paziente accorciandone drasticamente la permanenza a letto e le complicanze ad essa legate (infezioni, tromboflebiti, piaghe ecc.), nonché influire positivamente sul controllo del dolore.
Sia in caso di trattamento conservativo che chirurgico si somministra una terapia medica di supporto per “facilitare” la guarigione ossea.

Fig. 10 Cifoplastica

Fig. 11 Vertebroplastica
Qual è il rischio di non trattare adeguatamente una frattura?
Una frattura osteoporotica mal trattata predispone all’insorgenza di ulteriori fratture, ma soprattutto fa sì che il paziente possa sviluppare una grave cifosi (Fig. 12), cioè una deformità della colonna vertebrale con dolore difficilmente controllabile e disabilità permanenti.