I risultati dello studio di Vò confermano che il COVID-19 cammina sulle gambe degli asintomatici

antonio.valassina
Dr. Antonio Valassina Ortopedico, Chirurgo vascolare

Dalla lettera ai vertici della sanità della Regione Toscana
da parte di Sergio Romagnani
già Professore di Immunologia Clinica e Medicina Interna
Professore Emerito dell’Università di Firenze

 

Sono pronti i risultati dello studio sugli abitanti di VO’

È stato eseguito il tampone per la ricerca del Covid-19 a tutti gli abitanti del paese (circa 3000) di Vò ed è stato dimostrato che la grande maggioranza delle persone che si infetta - tra il 50 e il 75% - è completamente asintomatica, ma rappresenta comunque una formidabile fonte di contagio.

A Vò infatti con l’isolamento dei soggetti infettati il numero totale dei malati è scesa da 88 a 7 (almeno 10 volte meno) nel giro di 7-10 giorni.

Quello che è anche più interessante e in parte sorprendente, è stata anche la dimostrazione che l’isolamento dei contagiati (sintomatici o non sintomatici) non solo risultava capace di proteggere dal contagio altre persone, ma appariva in grado di proteggere anche dalla evoluzione grave della malattia nei soggetti contagiati perché il tasso di guarigione nei pazienti infettati, se isolati, era nel 60% dei casi pari a soli 8 giorni.

 

Questi dati forniscono due informazioni importantissime:

  1. la percentuale delle persone infette, anche se asintomatiche, nella popolazione è altissima e rappresenta la maggioranza dei casi soprattutto, ma non solo, tra i giovani;
  2. l’isolamento degli asintomatici è essenziale per riuscire a controllare la diffusione del virus e la gravità della malattia. Alla luce di questi dati straordinari, è evidente che le attuali politiche di contenimento del virus devono essere riviste. Risulta infatti assolutamente fondamentale per bloccare la diffusione del virus identificare il più alto numero possibile di soggetti asintomatici che sono fonte importante della malattia e di identificarli il più precocemente possibile.

Sulla base dei dati ottenuti a Vò, è già iniziata in tutto il Veneto una “sorveglianza attiva massiva”, cioè si è deciso in quella regione di sottoporre a tampone tutti i lavoratori più esposti al contagio (medici, infermieri, forze di polizia, lavoratori costretti per il loro tipo di lavoro ad avere molti contatti inter-personali), anche se asintomatici, uno studio finanziato da un industriale veneto il cui nome è sconosciuto, allo scopo di scovare tutti gli individui infetti, anche se asintomatici, e quindi di isolarli come è stato fatto nello studio pilota di Vò.

La prima considerazione che scaturisce da questa esperienza è che l’attuale modalità nazionale e quindi anche della nostra regione di affrontare il problema della infezione da Covid-19 (fare tamponi solo alle persone sintomatiche) è l’opposto di quello dovrebbe invece essere fatto. Infatti, adesso che il virus circola ampiamente non è più così importante fare il tampone ai soggetti sintomatici.

Tutti coloro che presentano febbre, tosse e sintomi respiratori dovrebbero comunque essere posti in isolamento o essere trasportati in ospedale e curati in modo appropriato alla loro sintomatologia e tutti coloro che sono stati esposti a questi soggetti dovrebbero comunque stare in isolamento.

Quello che però sembra adesso cruciale nella battaglia contro il virus è cercare di scovare le persone asintomatiche ma comunque già infettate, le quali hanno una maggiore probabilità di contagiare visto che nessuno le teme o le isola.

Questo è particolarmente vero per categorie come i medici e gli infermieri che essendo esposti al virus sviluppano frequentemente un’infezione asintomatica continuando a veicolare l’infezione tra loro e ai loro pazienti.

In molte regioni infatti, sia italiane che internazionali, si sta infatti decidendo di non fare più il tampone ai medici e agli infermieri a meno che non sviluppino sintomi.

Ma alla luce dei risultati dello studio di Vò, questa decisione può essere estremamente pericolosa; gli ospedali rischiano di diventare zone ad alta prevalenza di infettati in cui nessun affetto è isolato.

Il rischio di contagio per i pazienti e tra colleghi rischia di diventare altissimo ed esiste anche il rischio di creare delle comunità ad alta densità virale che sono quelle che, secondo lo studio di Vò, favoriscono anche la gravità del decorso della malattia.

E’ quindi assolutamente essenziale estendere i tamponi alla maggior parte della popolazione, in particolare alle categorie a rischio (cioè esposti a contatti multipli), e quindi isolare i soggetti positivi al virus ed i loro contatti, anche se asintomatici, quanto più precocemente possibile.

In particolare, è assolutamente necessario fare i tamponi a tutti coloro che hanno una elevata probabilità di trasmettere il virus, specialmente se vivono in comunità chiuse e con contatti molteplici e ravvicinati.

Infine, è importantissimo che tutti i soggetti a rischio indossino le mascherine, non tanto per proteggere sè stessi dall’infezione, ma piuttosto per proteggere gli altri da sè stessi, anche quando non presentano sintomi.

Si potrebbe obiettare che i costi di un numero elevato di tamponi, nonché le difficoltà di ordine tecnico che ne derivano) siano state le motivazioni addotte per sconsigliare finora questa strategia a livello di politica sanitaria nazionale e quindi anche della regione Toscana, scegliendo quella di effettuare il tampone solo alle persone fortemente sospette a causa della loro sintomatologia.

Ma i costi, valutati in termini di vite salvate, di numeri molto inferiori di soggetti che richiedono i costi ed i rischi di una terapia intensiva, ed anche in termini economici, sarebbero alla fine enormemente inferiori a quelli legati alla esecuzione di un numero di tamponi molto maggiore di quello attualmente effettuato.

Del resto risultati similari stanno arrivando in questi ultimi giorni dall’uso di una simile strategia nella Corea del Sud.

La mia lettera vuole anche essere una forte raccomandazione ad esaminare il problema ai vertici della sanità della Regione Toscana.

 

Sergio Romagnani

 

Tratto da

https://www.scienzainrete.it/articolo/facciamo-tutta-italia-come-vo%E2%80%99-e-corea-del-sud/sergio-romagnani/2020-03-16

 

Data pubblicazione: 16 marzo 2020

22 commenti

#10
Dr. Antonio Valassina
Dr. Antonio Valassina

Un nuovo studio di ricercatori cinesi pubblicato su Science confermerebbe quello eseguito a Vò dimostrando il ruolo cruciale svolto dai malati contagiati asintomatici. Sono stati studiati i dati delle infezioni rilevate prima e dopo il blocco di Huan, la mobilità sul territorio e le tipologie di interazione sociale tra la popolazione, per stimare il numero di casi non rilevati, nonché i tassi di infezione reali. Si è scoperto così che, dopo che il governo cinese ha bloccato Wuhan, la città al centro del primo focolaio, il 23 gennaio e ha iniziato i test a tappeto, il quadro è cambiato drasticamente. Col tempo, infatti, i tamponi hanno permesso di identificare circa il 60% dei soggetti positivi, rispetto al precedente 14%. Inoltre, gli autori suggeriscono che i malati portatori sani del virus non per questo sono meno contagiosi o in grado di trasmettere forme meno mortali. Huan sottolinea infatti che solo perché si prende la malattia da qualcuno con sintomi lievi non significa che i tuoi saranno altrettanto lievi . Il team di scienziati comprendeva autori di cinque istituzioni, tra cui l’Imperial College di Londra, la Tsinghua University di Pechino e l’Università di Hong Kong.

Link: https://science.sciencemag.org/content/early/2020/03/13/science.abb3221.abstract






Substantial undocumented infection facilitates the rapid dissemination of novel coronavirus (SARS-CoV2)
Ruiyun Li1,*, Sen Pei2,*, , Bin Chen3,*, Yimeng Song4, Tao Zhang5, Wan Yang6, Jeffrey Shaman2,
See all authors and affiliations

Science 16 Mar 2020:
eabb3221
DOI: 10.1126/science.abb3221


https://science.sciencemag.org/content/early/2020/03/13/science.abb3221.abstract

#13
Dr. Antonio Valassina
Dr. Antonio Valassina

Un nuovo studio di ricercatori cinesi pubblicato su Science confermerebbe quello eseguito a Vò dimostrando il ruolo cruciale svolto dai malati contagiati asintomatici. Sono stati studiati i dati delle infezioni rilevate prima e dopo il blocco di Huan, la mobilità sul territorio e le tipologie di interazione sociale tra la popolazione, per stimare il numero di casi non rilevati, nonché i tassi di infezione reali. Si è scoperto così che, dopo che il governo cinese ha bloccato Wuhan, la città al centro del primo focolaio, il 23 gennaio e ha iniziato i test a tappeto, il quadro è cambiato drasticamente. Col tempo, infatti, i tamponi hanno permesso di identificare circa il 60% dei soggetti positivi, rispetto al precedente 14%. Inoltre, gli autori suggeriscono che i malati portatori sani del virus non per questo sono meno contagiosi o in grado di trasmettere forme meno mortali. Huan sottolinea infatti che solo perché si prende la malattia da qualcuno con sintomi lievi non significa che i tuoi saranno altrettanto lievi . Il team di scienziati comprendeva autori di cinque istituzioni, tra cui l’Imperial College di Londra, la Tsinghua University di Pechino e l’Università di Hong Kong.

Link: https://science.sciencemag.org/content/early/2020/03/13/science.abb3221.abstract






Substantial undocumented infection facilitates the rapid dissemination of novel coronavirus (SARS-CoV2)
Ruiyun Li1,*, Sen Pei2,*, , Bin Chen3,*, Yimeng Song4, Tao Zhang5, Wan Yang6, Jeffrey Shaman2,
See all authors and affiliations

Science 16 Mar 2020:
eabb3221
DOI: 10.1126/science.abb3221


https://science.sciencemag.org/content/early/2020/03/13/science.abb3221.abstract

#15
Dr. Antonio Valassina
Dr. Antonio Valassina

L'articolo NON è contrastante.
1. Una cosa è dire che gli asintomatici trasmettono il virus e MISURARLO, come hanno fatto gli Autori di un lavoro pubblicato su una rivista scientifica top come SCIENCE
2. Altra cosa è domandarsi QUANTI siano gli asintomatici, che è tutt'altro problema...come fa un giornalista di Focus che cita l'OMS che come sappiamo, purtroppo, è sempre in ritardo rispetto ai risultati dei ricercatori essendo un organismo politico e molto meno tecnico-sanitario...

#16
Utente 425XXX
Utente 425XXX

voglio sperare che la "carica infettiva" negli "sputacchi" di un asintomatico (passatemi i termini volgari) sia decisamente minore/quasi nulla rispetto a quella di un sintomatico

#18
Utente 589XXX
Utente 589XXX

Articolo molto interessante, ma ho due domande per un esperto. Innanzitutto mi piacerebbe sapere se un soggetto positivo asintomatico sviluppa mai la malattia ed inoltre vorrei conoscere il tempo nel quale lo stesso soggetto rimane positivo e può infettare altre persone.

#19
Utente 112XXX
Utente 112XXX

Analisi molto interessante. Invece l'ultima isteria collettiva è accanirsi contro chi va a fare una passeggiata o una corsa o si siede su una panchina da solo in mezzo al nulla (non giustifico chi lo fa in gruppo o troppo vicino ad altre persone, beninteso! Ho visto anch'io comportamenti dissennati nei parchi o per strada fino a pochi giorni fa...).
Chiedo un chiarimento: il decorso mediamente più favorevole di chi sta isolato non potrebbe dipendere dal fatto che testando molte persone si scoprono anche molti casi lievi? O hanno "depurato" i dati da questo fattore?
Inoltre, c'è qualche notizia su quando finalmente si avrà un numero sufficiente di mascherine? Ovviamente va data la precedenza a quelle "serie" necessarie a chi lavora in ospedale, ma se avessimo un numero sufficiente di mascherine anche banali potremmo indossarle tutti e proteggerci a vicenda.

#20
Dr. Antonio Valassina
Dr. Antonio Valassina

Nessuno ha mai dimostrato che "il decorso sia mediamente più favorevole in chi sta isolato".
0. La domanda "Un soggetto positivo asintomatico sviluppa mai la malattia" è sbagliata. TUTTI i positivi sono malati. I Malati SENZA sintomi possono avere nessun disturbo a vaghi somiglianti ad un lieve raffreddore. Le ragioni per cui alcuni sviluppano i sintomi e altri no, A PARITA' DI CONDIZIONI (sesso, età, comorbidità, probabilmente inquinamento) per ora non sono note. Sicuramente, per ora, vediamo dalle statistiche relative a questa prima parte della curva epidemica che ci dicono che un maschio, sopra i 65 anni con almeno 1 o 2 malattie pregresse ha molte più probabilità di aggravarsi o morire di una donna della stessa età senza comorbidità.
Il tempo x cui può restare contagiato è ancora molto variabile e, per ora, oscilla intorno alle 5-8 settimane (4-7 giorni di incubazione + 2-3 settimane di malattia acuta, 2-4 settimane di isolamento per eseguire tamponi di controllo e periodo di quarantena. Tenga contro che sono descritti alcuni casi di ricomparsa della positività legata ad una coda NON spenta della malattia (NB: non si tratta di una seconda infezione!).
1. Il rischio di contagio e il picco dei contagiati in relazione al numero di tamponi eseguiti è una cosa e
2. Il decorso è tutt'altro. Ancora non si sa il motivo della mortalità di tanti, troppi pazienti in quanto i dati sono pochi e dispersi. In genere l'analisi epidemiologica si fa ad un anno di distanza di ogni epidemia influenzale proprio per questo motivo.
3. Sicuramente i contagiati sono molti di più rispetto a quelli riferiti per vie ufficiali, vedi lo studio di Vò e il nuovo studio di ricercatori cinesi pubblicato su Science (citato da me sopra) che dimostrano il ruolo cruciale svolto dai malati asintomatici. Alcune proiezioni ipotizzano per l'Italia un numero reale di contagiati pari a 5 o 10 volte quello fino ad ora ufficiale. Se fosse così, il numero di morti, pur restando significativo, si abbasserebbe notevolmente.
4. Sulle mascherine abbiamo solo notizie di quelle che NON abbiamo, visto il mezzo milione di mascherine partite di nascosto per gli USA da Brescia.
Da diverse fonti sembrerebbe che finalmente il governo abbia deciso di mettere sotto la nostra industria manifatturiera (la seconda in Europa) e stiano per iniziare delle conversioni provvisorie di fabbriche e stabilimenti per tutto quello che manca ancora. Peccato che anestesisti, infermieri e personale sanitario non si possano stampare con stampanti 3D.
Speriamo che decidano di prendere l'unica decisione giusta. Aprire PER SEMPRE l'accesso alle Scuole di Specializzazione soprattutto di Anestesia e Rianimazione come quelle di Medicina d'Urgenza e si decida che anche in Italia nasca la figura dell'infermiere anestesista, come nel resto dei paesi di molti Paesi Occidentali.

#21
Dr. Antonio Valassina
Dr. Antonio Valassina

Ancora nuovi studi sui contagiati sommersi...

"Uno studio accademico cinese di inizio marzo che, spostando l'attenzione sulla regione di Hubei, individuava proprio in quel rapporto - uno a dieci - il moltiplicatore da applicare nella Cina più colpita. Altri studi delle università cinesi parlano di uno a quattro. Ma il numero dei contagiati non avvistati, così importante sia per approntare politiche di contenimento che per comprendere a quali tempi le politiche devono riferirsi -, trova riscontro nel nostro Paese tra due ricerche lontane tra loro e approntate con metodologie diverse.

1) Il professor Carlo La Vecchia, docente di Statistica epidemiologica dell'Università di Milano, ha coordinato un'indagine Doxa sul Covid-19 che ipotizza un 10 per cento di italiani contagiati: sono sei milioni, "di cui un milione nella sola Lombardia". Bene, a questo lavoro, reso pubblico da La Stampa, ora si affianca un paper di dodici studiosi italiani, sottoposto in questi giorni a revisione internazionale, chiamato "The Covid-19, infection in Italy: a statistical study of an abnormally severe disease". Una malattia grave in maniera anormala. Bene, al 25 marzo scorso, con 74.300 mila casi positivi, gli infettati reali erano in un range tra 600 mila e 3,3 milioni. Oggi, quindi, seguendo la curva della crescita, i positivi sarebbero 5,7 milioni. Lo studio "An abnormally severe disease", coordinato dal professor Giuseppe De Natale, ribadisce le cifre - 5-6 milioni - dell'indagine Doxa del professor La Vecchia. "Sono numeri sufficientemente alti per mettere a rischio i sani, troppo bassi per garantire l'immunità di gregge", ha spiegato lo statistico della Statale. L'immunità di gregge prevede il 60-70 per cento di colpiti e, quindi, immunizzati per consentire una tutela per tutti i residenti.

2) E' interessante addentrarsi nel lavoro dei dodici studiosi (Cnr, Ingv, Università Federico II e Università Vanvitelli di Napoli e Università di Zurigo). La tesi è che i casi italiani sono "fortemente sottostimati" e si mette in comparazione la letalità specifica del nostro Paese - 12 per cento nel rapporto contagiati-deceduti, con percentuali maggiori in Lombardia - con i dati intorno al 4 per mille di Germania, Austria, Norvegia, Irlanda e Australia e con una letalità media dell'1-2 per cento riscontrata negli Stati Uniti, in Danimarca, Belgio e Portogallo. Lo studio italiano prende in esame il fatto che il 23 per cento dei connazionali sia fumatore, ma la media europea sale al 29 per cento; che l'area al di sopra del Po sia tra le più inquinate d'Europa, ma ve ne sono di altrettanto compromesse in zone industriali del continente; che la popolazione italiana sia la seconda più anziana al mondo - ma il Giappone, la nazione più vecchia, ha un indice di letalità più basso del nostro-. E ancora che abbiamo meno posti letto e terapie intensive, per esempio, della Germania. La questione centrale, sostiene però "An abnormally severe disease", non sono le sigarette, né l'inquinamento, neppure la sanità tagliata. La questione è la forte sottostima del dato dei contagiati. E la controprova ci è data dall'unico caso in cui, ad oggi, un'intera comunità è stata sottoposta a tampone: è accaduto sulla nave da crociera "Diamond Princess", ormeggiata a fine febbraio nel porto di Yokohama, in Giappone.

Bene, delle 3.711 persone a bordo della "Diamond Pricess", 705 sono risultate positive al tampone e 7 sono decedute. Nel "caso perfetto", perfettamente isolato e quindi ideale per uno studio statistico, il Covid è stato fatale all'un per cento dei presenti. Quello è il riferimento: un morto ogni cento contagiati. Anche le statistiche italiane dovrebbero tendere a questa letalità. Un milione e mezzo di persone affette, almeno, per salire a sei milioni di fronte a percentuali di letalità che in Italia possono essere comunque più alte (mai al 12 per cento oggi certificato).

Questi due lavori sono in linea, tra l'altro, con lo studio europeo realizzato lo scorso 30 marzo dagli epidemiologi dell'Imperial College di Londra: l'università inglese attribuisce al nostro Paese un'infezione diffusa pari al 9,8 per cento medio (in una forchetta larga, compresa tra il 3,2 e il 26 per cento). Il dato medio corrisponde a poco più di sei milioni di italiani, appunto.


Vi sono, ancora, monitoraggi di società private che, con campioni ridotti, portano il livello del contagio al 38 per cento (la Meleam di Bitonto che ha cercato gli anticorpi Igm-Igg). Per fare statistica seria la base considerata è insufficiente. Si rende necessario, per approfondire questo passaggio fondamentale in vista della fase 2 della convivenza, uno studio del Consiglio superiore di Sanità, nazionale e su un campione rappresentativo. Lo assicurano pronto entro il mese di aprile.

https://www.repubblica.it/cronaca/2020/04/06/news/coronavirus-253286203/?ref=RHPPLF-BH-I253309558-C8-P4-S4.4-T2

#22
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