SSRI - azione e "smaltimento"

Gentili (mi auguro) medici psichiatri, ho una domanda da farvi. Capisco che questo spazio dovrebbe essere dedicato alla richiesta di consulti specifici su problemi in corso piuttosto che sulla spiegazione del funzionamento di alcuni farmaci (o veleni), ma le seguenti domande devono precedere per forza di cose l'esposizione del mio triste problema: per quanto tempo gli SSRI influiscono nella vita di chi li ha assunti? questi farmaci, e gli psicofarmaci in generale, vengono mai "smaltiti" dall'organismo? Immagino che dipenda da individuo a individuo, dalle dosi giornaliere assunte, dal tempo per cui li si ha utilizzati, ma non ci sono delle linee guida di base? Ho letto un termine in passato: emivita. Solo un 50% di quel che è stato assunto "svanisce"?
Anni fa, in un periodo fragile della mia vita, in cui mi sono sentita particolarmente insicura, ho deciso di rivolgermi ad una psicoterapeuta per iniziare un percorso di analisi; alla fine della prima seduta fatta di fredde domande e scarsa o nulla empatia, mi sono ritrovata in mano una prescrizione di psicofarmaci. Alla fine dopo alcune settimane, mi sono lasciata convincere a provare. Li ho assunti a dosi elevate per mesi, meno di un anno. Ho smesso per via degli effetti collaterali che mi rendevano difficile la vita quotidiana (disturbi gastrointestinali incessanti ed apparentemente immotivati, sindrome RLS, serissima difficoltà a dormire per un numero sufficiente di ore mista a colpi di sonno bruschi e improvvisi, disturbi sessuali di ogni sorta). Durante il trattamento non notai comunque dei rilevanti miglioramenti della mia situazione, l'unica conseguenza vagamente positiva fu l'iperattività. Ora, a distanza di anni, io a volte provo ancora i malesseri fisici e psichici che provavo durante il periodo di assunzione di quei farmaci. A volte solo alcuni, da soli, altre volte tutti insieme, ed è bruttissimo. L'alienazione che ne consegue è drammatica, non provo più emozioni forti, travolgenti, non riesco a provare empatia, affetto, amore, interesse per gli altri, passioni trascinanti o i piaceri più comuni. Questi farmaci mi hanno fatto del male a livello intimo, ma anche più ampiamente sociale. Il piacere sessuale è solo un lontano ricordo, ed io ero giovane, troppo giovane. Lo sono ancora. Il piacere fisico mi ha lasciato prima ancora di aver avuto le esperienze sufficienti per viverlo completamente. Non meritavo tutto questo, il mio fu un errore di scarsa fiducia in me stessa che pago ancora caro. Mi chiedo: per quanto durerà? Non rispondetemi che varia da persona a persona, per favore. Non ditemi che non è prevedibile, che i tempi non sono definiti, che alcuni meccanismi sono ancora da capire, che non ci sono abbastanza dati. So tutto questo, nonostante non capisca come sia possibile. Ditemi qualcosa che non so, che possa in qualche modo aiutarmi a comprendere.
E per favore pensatemi per un attimo quando vi troverete a prescrivere certe cose sotto il nome di un giovane.
A presto, buon anno.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41k 1k 63
Non esiste nessuna azione a “smaltimento”. Ciò Chen descrive che effetti decennali dei farmaci assunti possono essere dei sintomi che vanno trattati adeguatamente.


Dr. F. S. Ruggiero

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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 196 21
Confermo il giudizio del collega. Leggere informazioni su internet senza possedere basi scientifiche è fuorviante. L'emivita di un farmaco è un valore di interesse farmacologico, volendo si può calcolare anche l'emivita dello zucchero da cucina nel sangue, poi è logico che in tempi brevi (ore, giorni, settimane a seconda dei casi) tutta la sostanza venga eliminata o consumata dall'organismo.
Lei descrive una condizione di anedonia, sintomatica di un disturbo che andrebbe diagnosticato e trattato. Dare la colpa a un farmaco assunto anni fa non l'aiuterà a uscirne.

Franca Scapellato

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dopo
Utente
Utente
Dr.ssa Franca Scappellato purtroppo non ho capito il giudizio del suo collega. Sarà per la mancanza di una laurea in psichiatria? O forse non so più leggere. È molto carino da parte vostra cercare di mettermi in testa che tutto è risolvibile con la cura adatta (che ovviamente proprio uno di voi psichiatri dovrebbe prescrivermi in cambio di un centinaio di Euro), ma purtroppo sono già passata per questa strada, ho provato ad andare contro le mie sensazioni, le mie idee, la mia natura, ho voluto essere per una volta ingenua, e ho pagato. Sto pagando ancora. Non descrivo nel dettaglio i comportamenti della vostra collega che ebbi la sfortuna di incontrare perché forse farebbe vergognare anche voi. I miei problemi sono nati assumendo SSRI, prima non li avevo. Prima ero una ragazza insicura per via dei tanti problemi familiari -e non solo- in cui sono vissuta fin dalla nascita. Probabilmente se vi raccontassi la mia storia mi definireste molto forte.
Alcuni effetti collaterali da SSRI, come l'anestesia genitale o altri disturbi sessuali sono arcinoti, ma ciò che non sapevo è che potessero continuare o addirittura insorgere/peggiorare dopo il trattamento. Non è internet a farmi scrivere queste cose dopo anni, sono io, che non posso continuare a voltarmi quando mi trovo di fronte al fatto che quella scelta mi abbia danneggiata sotto diversi aspetti. Forse vi risulterà difficile crederlo ma non state parlando con una sciocca o una squilibrata. Semplicemente mi rivolgo a voi perché non ho alle spalle gli studi scientifici necessari. Ok che l'organismo elimini certe sostanze, ma mentre ancora agiscono, COSA FANNO? Il CAMBIAMENTO che mettono in atto NEL CERVELLO è TEMPORANEO o PERMANENTE? I ricaptatori della serotonina restano un po' inibiti per sempre o col tempo tornano ad agire esattamente come prima? Lo chiedo per motivi precisi, diversi da quelli sessuali. A volte mi sento instancabile e iperattiva come quando li prendevo, non riesco a dormire bene o a controllare i pensieri, che vanno troppo veloci. Non mi parlate d'ansia perché v'assicuro che è tutt'altra cosa! Quella la conosco, non sono qui per farvi perdere tempo... l'ansia era poca e controllabile... per lo meno la mia. Era uno stato d'animo più che un problema vero e proprio... e non m'ha mai impedito di dormire o di provare piacere e passioni. Quello di cui parlo, che la serotonina mi faceva, è invece una sorta di abnorme impazienza costante e profonda, gran confusione, perdita di controllo del pensiero, iperattività motoria, estrema difficoltà di concentrazione, una inutile ed eccessiva velocità interiore che nella pratica mi dà problemi perché non ho i super poteri. A volte tornano anche i vuoti di memoria e la difficoltà a reperire le parole. Quando questi effetti ritornano vorrei solo far fermare la mia testa, che non mi dà pace. Nemmeno quando sto sveglia da molte ore e per forza dovrei dormire.
Io credo che sia serotonina in eccesso, come allora. Non so nulla di queste cose ma so che è qualcosa di chimico, di cerebrale, che prescinde dalla mia vita, da quello che faccio, da quello che vivo, da quello che vorrei fare e provare. Conosco il mio corpo e il mio modo di pensare/agire, non posso sbagliarmi su questo.
E se è serotonina in eccesso quali sono gli stratagemmi da mettere in atto? So che esistono degli antagonisti della serotonina, ma...
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 196 21
Lei ha costruito una teoria che si basa su interpretazioni e non su dati scientifici, e quindi non sta in piedi. Questo non sarebbe un problema, se non si fosse ficcata mentalmente in un vicolo cieco. La sua tesi è: prima di assumere ssri ero quasi normale, ora sono cambiata PERCHE' gli ssri hanno alterato il mio equilibrio mentale, e continuano a danneggiarmi, anche se da anni non li assumo più. Infatti ho i sintomi!
Le ho detto, concordando col collega, che i suoi sintomi indicano una condizione mentale alterata (non facciamo diagnosi su persone non visitate direttamente) che va curata. Se è convinta che i farmaci la possano danneggiare, nessuno la obbliga a prenderli, ma è opportuno che si rivolga a uno psicoterapeuta (psicologo o psichiatra) per un trattamento non farmacologico, che potrà aiutarla.
Questo implica un cambiamento di punto di vista da parte sua: al pensiero: "il farmaco mi ha rovinato, come posso trovare un 'antidoto' all'effetto del farmaco?', si sostituisce: "Sto male, FORSE è conseguenza del farmaco (è il suo pensiero, io non sono d'accordo, intendiamoci), FORSE c'è qualcosa che IO posso fare se mi impegno nella terapia.
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dopo
Utente
Utente
Credo che lei non capisca... ! Anzi non capisce proprio...
Appunto perché non ho dati né conoscenze scientifiche sto qui a chiedere a voi! Il mio è un sospetto, una supposizione; sto cercando di capire le cause di più malesseri che, che le piaccia o meno, sono sorti in concomitanza con l'assunzione di SSRI e si ripresentano da allora insieme o solo in parte. Prima non li avevo... è un dato di fatto, non una suggestione personale. Certo, cercare in rete e scoprire che determinate sensazioni o disfunzioni sono descritte in modo incredibilmente simile o uguale da altri, e accorgermi che tutto ciò anche nei loro casi viene ricondotto agli stessi farmaci non aiuta a liberarsi del sospetto, semmai lo rafforza.
Mi dice "non sono d'accordo", ma non m'ha ancora spiegato niente! Mi dice "non facciamo diagnosi" ma definisce la mia condizione mentale alterata! Insomma... anche io definisco la mia condizione mentale alterata, altrimenti non avrei chiesto questo consulto!
Non ho mai scritto che gli psicofarmaci continuino a danneggiarmi dopo anni, ho scritto che secondo il mio sentire fisico e psichico quei mesi hanno cambiato qualcosa nel mio cervello, e questo cambiamento/squilibrio che a quanto pare nemmeno voi che li prescrivete sapete comprendere e spiegare, mi crea tuttora dei malesseri ed inconvenienti non da poco. Questo desiderio di salute passa per la ricerca di risposte ed è colmo di una mia profonda volontà di miglioramento. Se così non fosse avrei forse commesso gesti estremi nei confronti di me stessa o soprattutto di chi me li ha superficialmente prescritti. È incredibile la vostra capacità di "patologizzare" individui colpevoli solo di essere pensanti. Una cosa è chiara: per un motivo o per l'altro lei non risponderà alle mie domande.

In ultimo la ringrazierei per il "consiglio" (meglio dire "dritta") datomi nelle ultime righe, se non fosse che l'ho fatto e faccio già, da molto! E che quindi mi è utile solo a capire che lei non è all'altezza della questione. Saluti.
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