Mi ha lasciata per gli antidepressivi

Salve, sono una ragazza di 18 anni che è stata, fino ad una settimana fa, con un ragazzo di 21 per un anno e un mese.
Lui soffre di depressione da molti anni, gli sono sempre stata vicina e ho insistito molto affinché andasse da una psicologa ed eventualmente da uno psichiatra per stare meglio con se stesso.
Tuttavia gli è stata prescritta la duloxetina e dopo 2/3 settimane di assunzione è diventato completamente apatico, ha smesso di sentire qualsiasi cosa in ogni ambito della vita, e anche per me, così ha deciso di lasciarmi.
Io sarei stata con lui nonostante il suo malessere, nonostante l’apatia, mi interessava solo dell’amore che provavo e volevo stargli vicina.
Le cose tra noi andavano benissimo, ci eravamo visti per il nostro anniversario un mese fa (avevamo una relazione a distanza) e aveva organizzato una giornata splendida per me, pensavo fosse l’uomo della mia vita e non ho mai avuto motivi per smettere di amarlo poi è come se lui di colpo fosse morto.
Non è più la stessa persona, e ogni volta che parliamo mi sembra di essere schiacciata dalla realtà dei fatti: cioè che lui non mi ama più.
Sento un dolore immenso, da quando è successo non riesco a dormire, mi fa sempre male il petto, non riesco a concentrarmi e piango ogni giorno.
Non riesco ad andare avanti, perché non sopporto l’idea che la nostra relazione sia finita per colpa di una medicina, e che lui si sia subito arreso al fatto che le cose stavano così e non abbia neanche provato a sistemare le cose o a cambiare farmaco.
Non sono per niente arrabbiata con lui, e ci siamo lasciati bene, ma non riesco più a guardare avanti, mi sento come in un incubo da cui non riesco ad uscire.
Ho letto online che gli ssri possono provocare la perdita delle sensazioni di affetto e amore e mettere a repentaglio le relazioni ma voglio chiedervi: se lui cambiasse farmaco, potrebbe evitare questo effetto collaterale?
C’è un’altra strada per risolvere la sua depressione (sempre farmacologica intendo)?
Se questa fosse l’unica soluzione lo accetterei, gli voglio bene e voglio che lui stia meglio ma quanto può essere considerata vita, se non provi nulla e nemmeno quando esci coi tuoi amici senti qualcosa?
Teoricamente se un paziente non prova proprio nulla, il medico non dovrebbe cambiare farmaco?
Vi prego aiutatemi
[#1]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Mi scusi ma si è accertata che le cose stiano così, perché il discorso non torna molto. Una persona depressa si cura, e in corrispondenza della tempistica di azione del farmaco "diventa" apatico (prima non lo era quindi) e decide di lasciarla, facendolo però con cordialità e in maniera decisa però. "Apatico" non vorrei significasse che non sembra importagli della fine della storia (l'ha fatta finire lui, per cui se è una decisione presa con convinzione, ovviamente ne sarà soddisfatto, anche se potrà dispiacergli in generale o per lei).
Inoltre, se lui sta peggio e addirittura la storia fosse finita per questa apatia, perché lui prosegue nell'assunzione ?
Quindi qualcosa non torna nel corso degli eventi: racconta di una persona felice, innamorata etc che però si va a curare per quella che è diagnosticata come depressione. Non è che semplicemente la cura non funziona ? O che lui sotto cura ha maturato in maniera più decisa e quindi indifferente (dal suo punto di vista) una decisione di rottura ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Non è detto che la responsabilità sia dei farmaci come lei ipotizza


Dr. F. S. Ruggiero


http://www.francescoruggiero.it

https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/

[#3]
dopo
Utente
Utente
Non sono io che faccio coincidere per mie ipotesi la sua apatia con l’effetto del farmaco, e non sono nemmeno io che lo definisco apatico. Ma è lui stesso che si definisce tale e che mi ha detto espressamente che ha perso ogni tipo di sensazione, che sia positiva o negativa: non gli interessa più dell’università, quando esce con i suoi amici si sente estraniato da ciò che gli sta attorno, si sente vuoto e mi ha lasciato per questo, ha detto anche che vuole mantenere un bel ricordo della relazione e non ha senso stare assieme se non sente nulla. Poi ovviamente io non posso leggergli nella mente e sapere se lui invece non abbia maturato una scelta che non c’entra con l’assunzione del medicinale, ma onestamente penso che non si sarebbe fatto problemi a dirmi la verità. Per il resto anche io ho perplessità, perché se mi immagino al suo posto credo che avrei tempestivamente chiamato il medico che mi segue per dirgli che il farmaco mi stava facendo sentire apatica e che la cosa non mi stava bene. Però appunto penso che magari proprio perché è apatico non gli interessa di fare in modo di risolvere la situazione, è in generale molto arrendevole nei confronti della vita e penso che accetti passivamente come vanno le cose
[#4]
dopo
Utente
Utente
Inoltre, quando io dico che era felice mi riferivo prevalentemente al fatto che stessimo bene insieme. Nella sua quotidianità provava un forte dolore, e per un anno ci siamo fatti forza a vicenda senza che il suo malessere compromettesse la nostra relazione
[#5]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
In tal caso si avrebbe piuttosto l'impressione che la cosa sia peggiorata, per cui o nella diagnosi qualcosa non torna, oppure semplicemente il farmaco non funziona, e il disturbo è in fase di aggravamento (infatti si è deciso a farsi curare).

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

Allergia ai farmaci

Allergia ai farmaci: quali sono le reazioni avverse in seguito alla somministrazione di un farmaco? Tipologie di medicinali a rischio, prevenzione e diagnosi.

Leggi tutto